Per i geologi le Dolomiti sono i resti di  scogliere coralline,  mentre per i  matematici  i loro  profili sono spiegabili per mezzo di funzioni frattali.

    Secondo me le montagne hanno un'anima.
    Devono averla, altrimenti come fanno, appena si fa la prima luce,  a  dismettere quelle apparenze livide e spettrali  per arrossarsi in un attimo come le gote di un'adolescente, ad alzarsi radiose sopra i boschi  ancora scuri  e poi diventare  solenni e au-
stere in pieno giorno?
    Perché  si vestono da sera  con i colori  del sole tramontato,  e  cosa  pensano  immobili  di  notte sotto la luna?

    E se tutto ciò fosse solo un sogno?

    Per rimanere  ancora un po' sospeso  sul filo di un  sogno  che a volte è realtà,  ho cercato  prima nella  mia memoria  e poi nel mio  archivio di dia-
positive.
    Ho trovato le immagini di quando,  già in cam-
mino mentre era ancora buio, sentivo i miei occhi dilatarsi per adattarsi alla luce ancora fioca. Guar-
dandole bene,  sembravano irreali  tanto erano ni-
tide e precise.
    Ho cercato anche i colori,  le sagome e i  profili dei boschi,  delle case  e dei monti,  ma non erano come  li  ricordavo:  i  prati erano  più verdi  nella  mia  mente,  le finestre dei fienili  erano trine e il Castelletto  era  vero,  con le sue  torri  d'angolo e una bastionata inaccessibile orlata di merli.

    Allora perché non stare al gioco, e continuare a confondere  la realtà,  il ricordo  e  l'immaginario? Così per questa mostra  ho equivocato tra vere ri-
prese fotografiche e rielaborazioni grafiche, le pri-
me tese  a fornire colori  e suggestioni  apparente-
mente non reali, le seconde ad assecondare la per-
sonale percezione della realtà.
La  mostra può  essere idealmente  divisa in due se-
zioni distinte: la prima (quella delle foto "vere ma ir-
reali") è costituita da stampe da diapositiva, eseguite personalmente.  Non è stato adottato  alcun accorgi-
mento particolare,  sono tutte  "così come sono" an-
che in fase di ripresa.

    Nella seconda sezione  (quella delle immagini "co-
struite ma vere")  è stato fatto  uso  invece  di  varie tecniche di  manipolazione dell'immagine  in  camera oscura e al calcolatore.
 
    Spesso ci si riferisce ai prodotti di queste tecniche con il nome generico di  "elaborazioni", ma io prefe-
risco,  in questo caso, chiamarli  "semplificazioni":  i tratti principali  dei soggetti sono ridotti all'essenzia-
le,  i colori sono  volutamente  meno sfumati e le ca-
pacità  espressive  di ogni tecnica sono state poste al servizio di ogni immagine.
 
    Gli originali in diapositiva  sono stati duplicati co-
me  negativi in bianco e nero,  i quali a loro volta so-
no stati poi solarizzati,  separati nei toni, stampati su carta  da  disegno  secondo  alcune  tecniche  di  fine '800, oppure sono stati acquisiti con uno scanner e le immagini digitali sono state poi trattate al calcolato-
re.



Alberto Novo è un veneziano dilettante fotografo e appassionato di montagna.
Sposato, padre di due figli, lavora a Milano.
A San Vito di Cadore ha già esposto le sue opere nel 1997 e nel 1998 ("Camminando" e "Allegro, adagio, allegro").
 


http://space.tin.it/clubnet/alnovo/alberto

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