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Tecniche di elaborazione e stampa

    Accanto alle "tradizionali" stampe a colori da diapositiva, in questa mostra sono esposte anche stampe in bianco e nero di immagini elaborate in camera oscura, stampe su carta da disegno ottenute secondo alcuni procedimenti fotografici ottocenteschi e stampe di immagini elaborate al calcolatore, tutte ottenute a partire dalle fotografie originali in diapositiva a colori.
    Qui di seguito illustro succintamente le varie tecniche fotografiche.
  • Bassorilievo: il negativo viene accoppiato con un suo positivo meno denso e leggermente sfalsato. I contorni delle immagini diventano leggermente più chiari o più scuri, dando così l’impressione di zone in luce e in ombra come i bordi di un rilievo.

  • Separazione di toni: dall’immagine originale si ottengono due o più negativi a diverso grado di densità su pellicola ad alto contrasto. Dopo l’eliminazione dei mezzi toni mediante successivi passaggi su pellicola ad alto contrasto, i negativi vengono stampati uno dopo l’altro sullo stesso foglio di carta, con tempi di esposizione diversi e mantenendo sempre il perfetto registro. In questo modo l’immagine risultante è costituita da un livello di nero, uno di bianco, e uno o più toni di grigio.

  • Tone-line: dall’immagine originale si preparano un negativo e un positivo su pellicola ad alto contrasto, e questi si sovrappongono a registro, leggermente separati da un sottile spessore ottenuto interponendo una pellicola trasparente. Questo sandwich risulta completamente nero perché le zone bianche del negativo sono coperte da quelle nere del positivo e viceversa. Se però esso viene illuminato con un fascio di luce diagonale, la luce può passare attraverso la piccola fessura provocata dallo spessore interposto tra il positivo e il negativo. Si stampa perciò un nuovo negativo per contatto, illuminando il sandwich con una luce diagonale e rotante. Il risultato è quello di una negativo trasparente con delle sottili linee nere che disegnano i contorni delle zone di transizione tra bianchi e neri. La scelta se stampare questa immagine o quella a toni invertiti è puramente soggettiva.

  • Solarizzazione (effetto Sabattier): dall’immagine originale si ottiene un negativo, preferibilmente su pellicola ad alto contrasto e ricca di argento. Lo sviluppo viene condotto in bacinella, evitando di agitare. Così facendo, il bromuro che si forma durante lo sviluppo del bromuro d’argento diffonde lentamente dalle zone annerite verso quelle non esposte. Circa a metà dello sviluppo il negativo viene esposto alla luce bianca e di conseguenza anche le aree precedentemente bianche iniziano ad annerirsi, ma in prossimità delle aree già nere l’eccesso di bromuro blocca lo sviluppo, formando così un contorno bianco più o meno pronunciato. Inoltre, spesso alcune zone risultano parzialmente invertite come se fossero in negativo.

  • L’effetto finale complessivo dipende dal grado di contrasto dell’immagine, dall’esposizione del negativo, dalla durata della prima parte dello sviluppo, dall’intensità della seconda esposizione e dalla durata della seconda parte dello sviluppo. L’intero processo può essere nuovamente ripetuto su quest’ultimo negativo.
        I processi "antichi" hanno alcune caratteristiche che li accomunano: il substrato è quasi sempre della carta da disegno e le emulsioni hanno una sensibilità così bassa da richiedere parecchi minuti di esposizione alla luce solare o di una lampada ultravioletta, e richiedono perciò negativi delle stesse dimensioni dell’immagine finale che vengono stampati per contatto.
  • Carta salata: è la tecnica, contemporanea del dagherrotipo, resa nota da Henry Fox Talbot nel 1839 e che dette origine al "calotipo". La carta viene inizialmente impregnata in una soluzione di cloruro di sodio e successivamente, quando è secca, viene pennellata con una soluzione di nitrato d’argento. La carta così trattata annerisce durante l’esposizione alla luce senza alcun trattamento successivo, ma necessita di un lavaggio e un fissaggio per asportare l’argento in eccesso; spesso viene virata con sali d’oro per migliorarne l’aspetto e la conservazione. In tempi successivi questa formulazione è stata migliorata con alcune varianti, tra cui quella al tampone citrato con la quale sono state ottenute le immagini qui esposte.

  • Carta seppia, VanDike, ecc: sono una serie di varianti dell’argentotipo, messo a punto da Sir John Herschel nel 1842 e basato sulla sensibilità alla luce dei sali di ferro. Nella formulazione tipica, la carta viene impregnata di una soluzione contenente citrato ferrico, acido tartarico e nitrato d’argento. Il ferro trivalente, alla luce ultravioletta, viene ridotto a bivalente e questo, a sua volta, riduce l’argento in forma metallica; il colore bruno è dovuto alla grande suddivisione delle particelle di argento. Anche in questo caso non esiste un bagno di sviluppo ma solo dei lavaggi per asportare i sali in eccesso.

  • Cianotipia: come la tecnica precedente, anch’essa è dovuta a Herschel e sfrutta le proprietà dei sali di ferro. In questo caso la carta è impregnata di citrato di ferro e di ferricianuro di potassio, il quale forma, con il ferro bivalente, un sale insolubile di colore blu intenso.

  • Gomma bicromatata: è un procedimento introdotto intorno al 1895 e adottato immediatamente da due movimenti di fotografi ("Linked Ring" in Inghilterra e "Photo-Secession" negli Stati Uniti), uniti nella ricerca di nuove forme espressive e in contrasto con molti schematismi allora nascenti.
    L’emulsione che viene stesa sulla carta è costituita da una miscela di gomma arabica sciolta in acqua e addizionata di un pigmento, sia esso in polvere, in pasta o liquido. Prima dell’uso questa miscela viene resa sensibile aggiungendo bicromato di potassio o di ammonio.
    L’esposizione alla luce ultravioletta provoca l’insolubilizzazione della gomma arabica e quindi l’immagine viene sviluppata per semplice immersione in acqua, che scioglie in modo diverso la gomma asportando così anche il pigmento dalle zone non colpite dalla luce.
    Una volta asciutto il foglio di carta può essere nuovamente ricoperto con altra soluzione di gomma, la quale può contenere un pigmento diverso per dar luogo così a delle sfumature di tono o a delle vere e proprie stampe a colori.
    Inoltre, la gomma ancora umida è delicatissima e può essere asportata molto facilmente. Questo fatto consente ampie possibilità di intervenire sull’immagine e ha determinato il successo di questa tecnica nei movimenti pittorialisti a cavallo del 1900.