Dentro la vita del PROTONE
di Robert Klanner


Foto: Vista d'interno del tunnel di Hera

Il mondo in cui viviamo è governato da quattro forze: la gravitazione, la forza elettromagnetica, la forza debole e la forza forte. E fin qui è tutto facile. È la forza di gravità a far cadere la mela dall'albero e a mantenere la Terra in orbita intorno al Sole. La forza elettromagnetica lega gli elettroni, di carica negativa, al nucleo atomico, di carica positiva, ed è responsabile del passaggio della corrente dalla rete agli elettrodomestici. La forza debole assicura la produzione di luce e calore per opera della fusione nucleare nel Sole, come pure il decadimento radioattivo di certi nuclei atomici. Infine, la forza forte lega i mattoni più elementari della materia: essa mantiene unite particelle puntiformi - i quark e i gluoni - all'interno dei protoni e dei neutroni, e impedisce ai nuclei di disintegrarsi per la reciproca repulsione fra i protoni. Nella vita quotidiana la gravitazione è la forza che percepiamo nel modo più immediato. Essa non svolge invece alcuna funzione nella fisica delle particelle, poichè a scala subatomica è di gran lunga più debole delle altre tre forze.
La fisica moderna ha ormai svelato i segreti della forza elettromagnetica e della forza debole. I dati sperimentali possono essere descritti secondo uno schema di ordinamento, il modella standard della fisica delle particelle, che comprende tutte le particelle elementari conosciute. Finora il modello standard ha superato tutti i test condotti con misurazioni molto precise, fra cui alcuni di quelli descritti in questo articolo. I fisici sono convinti che questa teoria debba essere ampliata ulteriormente, dal momento che lascia ancora senza risposta troppe domande fondamentali.
La forza forte, invece, ci propone ancora diversi enigmi: in che modo quark e gluoni si uniscono a formare il protone? Come varia la forza forte al variare della distanza fra coppie di particelle? Perchè quark e gluoni sono sempre racchiusi all'interno di particelle come protoni e neutroni e non possono mai essere osservati come particelle libere? Le quattro forze fondamentali possono avere un'origine comune, come sospetta la maggior parte dei fisici, ed essere descritte da una teoria unitaria? Gli esperimenti condotti con gli acceleratori di particelle, come quelli eseguiti negli ultimi otto anni nel collisore Hera, ad Amburgo, dando un contributo essenziale a trovare risposte a queste domande.
Hera (acronimo di Hadron-Elektron-Ring-Anlage, ossia «impianto ad anello per adroni ed elettroni») è il più importante acceleratore di particelle del Laboratorio DESY (Deutsches Elektronen-Synchroton). L'impianto è formato da due anelli di accelerazione di 6336 metri di circonferenza ciascuno, costruiti a una profondità di circa 30 metri in un tunnel sotto i quartieri urbani di Bahrenfeld e di Lurup. Un anello accelera elettroni (ma volendo anche le loro antiparticelle, i positroni), portandoli fino a un'energia di 27.5GeV, mentre l'altro accelera protoni fino a un'energia di 920GeV.
Nel vuoto spinto dei due anelli di accumulazione, elettroni e protoni sfrecciano per ore in direzione opposta. Essi viaggiano quasi alla velocità della luce, percorrendo il loro itinerario circa 47'000 volte in un secondo, e si scontrano frontalmente in due spazi sperimentali. Qui hanno luogo gli esperimenti chiamati H1 e Zeus: rivelatori grandi come case, del peso di varie migliaia di tonnellate, registrano gli urti fra le particelle e le tracce delle particelle secondarie che si generano nelle collisioni. Delle molte migliaia di tali eventi che si verificano ogni secondo, quelli più interessanti vengono registrati per la successiva interpretazione.
A ognuno degli esperimenti, che sono in corso dal 1992, partecipano circa 400 fisici di 50 istituti di 12 paesi. I gruppi di ricercatori analizzano l'enorme quantità di dati, di vari miliardi di byte, per svelare i segreti del protone e delle forze fondamentali. Attualmente Hera viene sottoposto a modifiche, nell'intento di aumentare di cinque volte la frequenza degli eventi, di poter utilizzare nella sperimentazione lo spin degli elettroni e di migliorare i rivelatori. Gli esperimento dovrebbero essere ripresi nell'autunno del 2001.
Hera è il primo e unico acceleratore in cui si possono far collidere particelle così diverse come elettroni e protoni. Gli elettroni, secondo la comprensione attuale, sono puntiformi e veramente «elementari», ossia non scomponibili in particelle ancora più piccole; le loro interazioni sono comprese molto bene. Essi vengono usati come sonde per saggiare la struttura interna del protone - particella molto più pesante, del diametro di circa 10^-15 metri - e per investigare le forze fondamentali. Hera integra così il programma di altri due grandi acceleratori: il Large Electron-Positron Collider (LEP), al CERN di Ginevra, e il collisore di protoni e antiprotoni Tevatron, l'acceleratore più potente del mondo, al Fermilab, nei pressi di Chicago.
L'energia delle particelle disponibile negli esperimenti con Hera è una decina di volte maggiore di quella delle ricerche simili sui protoni compiute finora per mezzo di collisioni con elettroni o muoni (i «parenti» pesanti degli elettroni). Hera è anche, in un certo senso, un «supermicroscopio elettronico» che permette di osservare il protone col massimo ingrandimento oggi possibile al mondo, fino a strutture 2000 volte più piccole del protone stesso, ossia 5x10^-19 metri. A questa scala di grandezza, i fisici possono investigare oggi anche le forze agenti fra elettroni e quark, nonchè fra quark e gluoni. Questo fatto comporta un vantaggio inestimabile; quanto più piccole sono infatti le distanze alle quali si investigano le forze naturali, tanto più i fisici delle particelle possono spingersi in direzione della forza originaria e addentrarsi nella storia dell'origine dell'universo.

Particelle senza un'estensione rilevabile

Il modello standard raccoglie tutte le conoscenze sicure sulla fisica delle particelle. Esso descrive i mattoni elementari della materia e le regole a cui essi obbediscono. Tutta la materia è composta da quark e leptoni (a questi appartiene anche l'elettrone). Le quattro forze elementari che operano fra le particelle vengono trasmesse da particelle mediatrici (che sono il gravitone per la gravitazione; il fotone per la forza elettromagnetica; i bosoni W e Z per la forza debole; il gluone per la forza forte). Tutte queste particelle sono «puntiformi»; qui il termine significa solo che, anche in esperimenti con la massima risoluzione, non è possibile misurare effetti riconducibili a una loro estensione.
L'intensità di ognuna delle quattro forze fondamentali viene determinata attraverso proprietà delle particelle che possono essere descritte come cariche generalizzate. Nel caso dell'elettromagnetismo questa proprietà è la ben nota carica elettrica, mentre nel caso della gravitazione è la massa. Le forze, debole e forte, non appartengono alla nostra esperienza quotidiana: anche i concetti di «carica debole» e «carica di colore» introdotti per queste proprietà dai fisici rimangono dunque un po' astratti.
Queste diverse cariche vengono misurate con unità differenti: per esempio la massa in grammi e la carica elettrica in coulomb. Per poter confrontare direttamente le forze, i fisici delle particelle usano però, in luogo delle cariche, costanti di accoppiamento adimensionali. Quanto più grande è questa costante, tanto più intensa è la radiazione della particella mediatrice, e quindi tanto maggiore è la forza. Come vedremo fra poco, non si tratta qui di costanti in senso letterale, poichè la grandezza delle cariche dipende dalla distanza alla quale vengono misurate.
La costante di accoppiamento della forza elettromagnetica è nota ai fisici come costante di struttura fine di Sommerfeld. Il suo valore è stato determinato sperimentalmente a circa 1/137. Poichè questo numero è molto più piccolo di uno, è possibile risolvere le equazioni della teoria quantistica dell'elettromagnetismo - l'elettrodinamica quantistica (QED) - e fare predizioni precise per le proprietà elettromagnetiche delle particelle fondamentali e per le loro reazioni. I dati sperimentali concordano con queste predizioni fino al dodicesimo decimale. La QED risulta quindi essere la teoria fisica verificata con la massima precisione e può essere considerata il modello per la descrizione di tutte le forze agenti fra le particelle elementari.
È la massa delle particelle mediatrici a determinare essenzialmente in che modo la forza dipenda dalla distanza: se la massa è nulla, come nel caso del fotone e del gravitone (ricordiamo essere le particelle mediatrici rispettivamente della forza elettromagnetica e della gravitazione), il raggio di azione della forza è infinito; perciò noi conosciamo queste forze anche dal nostro mondo macroscopico nella vita quotidiana. I cosiddetti bosoni W e Z, mediatori della forza debole, hanno invece una massa un centinaio di volte maggiore di quella del protone; perciò il raggio d'azione della forza debole è limitato alla centesima parte del diametro del protone, ossia 2x10^-18 metri.
La situazione è completamente diversa nel caso della forza forte. Benchè le sue particelle mediatrici - i gluoni - siano prive di massa, il suo raggio d'azione è pari solo al raggio del protone (circa 10^-15 metri). Il valore delle costanti di accoppiamento forti è quindi così piccolo che solo per distanze molto minori del raggio del protone noi possiamo usare l'immagine di singole particelle e risolvere le equazioni della cromodinamica quantistica (QCD) nello stesso modo già usato nella QED. Per distanze maggiori la costante di accoppiamento, in conseguenza delle intestazioni con i gluoni, portatori della carica di colore, diventa così grande che è impossibile, per esempio, separare dagli altri, uno dei tre quark che formano il protone. Qui falliscono anche i metodi di calcolo della QCD, e finora non si sono potute trovare risposte teoriche soddisfacenti alle domande sulla struttura del protone o sul confinamento dei quark e dei gluoni nel protone. Per poter andare oltre bisogna affidarsi innanzitutto a ricerche sperimentali, come quelle che vengono condotte nel collisore Hera.

Quello che avviene nel collisore Hera

Quando nell'anello di Hera un elettrone ad alta energia entra in collisione frontale con un protone, emette una particella mediatrice che interagisce con i componenti del protone. Dal momento (il prodotto di massa e velocità) trasmesso dalla particella mediatrice, dipende fino a quale distanza possano essere investigate le forze: quanto maggiore è il momento trasmesso, tanto migliore è la risoluzione spaziale del microscopio di Hera. Le energie dei fasci di elettroni e di protoni vengono scelte in modo tale che si raggiungano un valore massimo di momento trasmissibile di 320 GeV/C e una risoluzione di 5x10^-19 metri. Così la risoluzione di Hera consegue una precisione circa cinque volte maggiore del raggio d'azione della forza debole.
Per ogni singolo evento, energia e angolo dell'elettrone diffuso permettono di determinare l'impulso della particella mediatrice. Così, in Hera, l'intensità delle forze viene misurata direttamente in funzione della distanza.
A partire dell'energia e dal momento della particella mediatrice si può inoltre determinare la frazione del momento del protone posseduta dal quark diffuso. Grazie all'alta energia dei fasci di particelle usati nell'acceleratore Hera, possono essere investigati, con una risoluzione di 5x10^-16 metri, persino quark con una frazione di impulso di 10^-5. In precedenza il limite minimo era di 10^-3. Anche qui Hera ha aperto una finestra su un ambito della fisica completamente nuovo.

Alla ricerca della forza primordiale

Dall'intensità della forza elettromagnetica e della forza debole, misurate in Hera in funzione della distanza, scaturisce una conoscenza essenziale. Si è potuto infatti confermare direttamente che, per distanze minori del raggio d'azione della forza debole, entrambe le forze presentano la medesima intensità, e che il motivo della diversa intensità a distanze maggiori risiede nella diversità di massa delle particelle mediatrici. Forza debole e forza elettromagnetica sono perciò solo forme di manifestazione diverse di una medesima forza fondamentale: la forza elettrodebole. Questa conferma sperimentale è un passo importante verso la «grande unificazione» delle quattro forze fondamentali della natura.
Ci sono già i primi indizi di quello che sarà il prossimo passaggio sulla via verso questa unificazione: se si estrapolano a distanze minime le intensità misurate della forza elettrodebole e della forza forte, alla distanza inconcepibilmente piccola di circa 10^-29 metri esse dovrebbero avere la medesima intensità. D'altronde i fisici non potranno mai spingersi sperimentalmente a distanze così infinitesime: a tal fine si richiederebbe un acceleratore di particelle grande quanto la nostra intera galassia. Qui ci si deve perciò affidare al lavoro dei teorici.
L'impostazione più promettente è quella della supersimmetria. Questa teoria prevede nuove famiglie di particelle, la cui esistenza dovrebbe essere confermata dalla prossima generazione di acceleratori. I fisici ripongono le loro speranze in proposito nel Large Hadron Collider, un collisore per protoni attualmente in costruzione al CERN a Ginevra, e nel Tesla, l'acceleratore lineare per elettroni e positroni progettato ad Amburgo.
Dalla straordinaria coincidenza delle misure ottenute dal collisore Hera con le predizioni del modello standard, possiamo già trarre le seguenti conclusioni:

Un brodo ribollente di quark e gluoni

Neppure allora, però, l'energia di Hera sarà sufficiente a dimostrare l'unificazione della forza elettrodebloe con la forza forte. L'osservazione dell'interno del protone rivela però qualcosa sulla natura della forza forte. Così gli esperimenti di H1 e Zeus condotti con Hera hanno potuto misurare con maggior precisione l'intensità di questa forza che opera fra i quark, e determinare in tal modo la costante di accoppiamento più forte in funzione della distanza. È stata confermata in modo sorprendente la notevole crescita a grandi distanze predetta dalla QCD.
Qui descriverò solo uno dei modi di misurazione usati: oltre agli eventi in cui si vedono allontanarsi dal luogo della collisione, l'elettrone diffuso e un fascio di particelle generato dal quark diffuso, ci sono anche eventi in cui si osserva un fascio di particelle aggiuntivo. Questo deriva da un gluone, la particella mediatrice della forza forte, che viene emesso nell'interazione. La probabilità di una tale emissione è direttamente proporzionale alla costante di accoppiamento forte, ossia alla forza che agisce alla costante di accoppiamento forte, ossia alla forza che agisce fra i quark. Dal numero degli eventi con un gluone osservati in funzione del valore del momento trasmesso si può misurare la dipendenza della costante di accoppiamento forte dalla distanza. I risultati forniscono una conferma quantitativa della predizione della cromodinamica quantistica per distanze comprese fra 10^-16 e 10^-18 metri.
I valori forniti da altri metodi di misura, nonchè da misurazioni compiute in diverse reazioni di particelle, sia in Hera sia in altri acceleratori, concordano con le previsioni. Questo fatto rafforza la fiducia che la QCD fornisca effettivamente una descrizione corretta della forza forte. La possibilità di misurare esattamente la struttura del protone fu una motivazione essenziale per la costruzione del collisore Hera. Quest'obiettivo è stato raggiunto dai gruppi internazionali di ricercatori degli esperimenti H1 e Zeus. L'errore delle misurazioni eseguite è compreso fra il 2 e il 5 per cento, cosa che vale per impulsi delle particelle mediatrici che si disperdono su vari ordini di grandezza. Queste misurazioni sono uniche al mondo. Una prima grande sorpresa si è avuta nell'ambito di piccole frazioni di momento dei quark, in cui Hera è penetrato per la prima volta: qui il numero misurato dei quark e dei gluoni nel protone aumenta vistosamente. Ciò significa evidentemente che, se si osserva il protone con una lente attraverso la quale si possono riconoscere solo quei componenti che portano più dell'uno per cento del momento del protone, si vedono solo i tre quark di valenza, che sono responsabili della carica del protone. Se invece si usa una lente che mostra solo componenti che trasportano molto meno dell'uno per cento del momento del protone, allora si osservano d'improvviso quantità immesse di quark e di gluoni. Ne risulta un'immagine completamente nuova della vita intera del protone.
Dalle misurazioni compiute con Hera era noto che i quark presenti nel protone emettono gluoni, e che questi generano a loro volta altri gluoni o coppie quark-antiquark. La maggior parte dei fisici era però convinta che, oltre ai tre quark di valenza, nel protone si trovassero solo poche coppie quark-antiquark e solo pochi gluoni, e che il protone fosse dunque quasi vuoto. Secondo le nuove misurazioni, invece, l'interno di un protone assomiglia a un brodo spesso, ribollente, in cui gluoni e coppie quark-antiquark vengono incessantemente emesse e di nuovo annichilate. Questa grande densità dell'emissione dei gluoni rappresenta uno stato completamente nuovo, finora non investigato, della forza forte. A nostro avviso si deve proprio a questo stato se quark e gluoni sono «confinati» all'interno del protone, e non sono quindi mai osservabili come particelle libere.
Hera ha fornito anche un'altra grande sorpresa: gli sperimentatori prospettavano che, nelle violente collisioni che si producono in acceleratori di grande potenza, i protoni si frantumassero in un gran numero di nuove particelle. Nel 15 per cento degli urti il protone è rimasto invece integro, anche se aveva subito una vigorosa interazione. Ma come può un protone sopravvivere alla collisione, quando ne viene fatto schizzare violentemente via un quark? La cosa sembra dapprima del tutto incomprensibile. Essa dipende chiaramente da una proprietà straordinaria della forza forte, che dovrebbe aiutarci a capire perchè quark e gluoni rimangono confinati nel protone.
La scoperta di questi eventi ha condotto un'intensa collaborazione fra fisici teorici e sperimentali. Entrambi gli esperimenti condotti al collisore Hera - H1 e Zeus - furono variati per estendere le misurazioni a valori di impulso ancora minori e per poter meglio investigare i protoni diffusi. I teorici tentano innanzitutto, con l'aiuto di modelli, di spiegare l'elevata densità dell'emissione di gluoni nel processo di diffusione. Questa ricerca ha fatto nel frattempo grandi passi avanti. E forse si riuscirà presto a capire come la forte emissione di gluoni possa impedire che dal processo di diffusione emergano quark e gluoni come particelle libere e come i protoni possano restare intatti.

Verrà svelato il segreto delle forze?

Riepiloghiamo ancora una volta: gli esperimenti compiuti col collisore Hera, usando elettroni come sonde, hanno portato sotto la lente di questo supermicroscopio la struttura del protone e le forze fondamentali della natura, permettendo di osservarle con una risoluzione mai raggiunta prima. In quest'ambito, divenuto per la prima volta accessibile alla misurazione, la forza debole e la forza elettromagnetica si comportano esattamente come è stato predetto dal modello standard della fisica delle particelle; benchè a grandi distanze le loro intensità siano del tutto diverse, esse hanno tuttavia un'origine comune. La differenza dipende dalla diversità di massa delle particelle mediatrici.
La teoria della forza forte (la cromodinamica quantistica) è stata confermata nel modo più esatto alle piccole distanze. La struttura del protone si è rilevata molto complessa, poichè nel caso di piccoli impulsi la densità dei quark e gluoni è assai elevata. Inoltre, contro ogni attesa, dal processo di diffusione i protoni emergono spesso intatti. Le due nuove osservazioni ripropongono in forma del tutto nuova la domanda fondamentale: «Perchè quark e gluoni sono imprigionati nell'interno del protone?».
Già una volta lo studio dell'emissione di particelle mediatrici ha condotto a conoscenze del tutto nuove in fisica. Nell'anno 1900 il fisico Max Planck tentò di descrivere con un'unica formula la curva di radiazione osservata di un cosiddetto corpo nero. Ebbe successo solo quando fece l'ipotesi che l'energia della radiazione potesse aumentare non in modo continuo ma solo di quantità discrete. Questo modo di pensare segnò l'inizio della meccanica quantistica. Sarebbe poi trascorso più di mezzo secolo prima che si riuscisse a calcolare quantomeccanicamente, con l'elettrodinamica quantistica, la radiazione elettromagnetica di particelle cariche.
Le stesse formule e gli stessi metodi di calcolo ci permettono oggi, nel quadro della cromodinamica quantistica, di calcolare la radiazione di quark e gluoni a piccole distanze. I risultati di Hera potrebbero aiutarci a capire la radiazione QCD anche a distanze maggiori, e quindi a risolvere l'enigma della struttura del protone e dell'esistenza di quark liberi.
Il problema della comprensione della forza forte a grandi distanze e della coesione dei quark e gluoni nel protone è un nuovo aspetto dell'antichissima ricerca dei mattoni più piccoli della materia.
La via dal cristallo all'interno dell'atomo fino ai quark e ai gluoni, ci conduce, in quello che è finora l'ultimo passo, a particelle elementari sulla cui esistenza non sussiste alcun dubbio, ma che prevedibilmente non potranno mai essere osservate isolatamente.

L'Autore:

ROBERT KLANNER è professore di fisica sperimentale all'Università di Amburgo e dal dicembre 1999 è direttore di ricerca del Deutsches Elektronen-Synchrotron (DESY), nella stessa città. Al centro dei suoi interessi ci sono lo sviluppo di rivelatori di particelle e l'investigazione dell'interazione forte e della struttura degli adroni. Prima di trasferirsi ad Amburgo, nel 1984, aveva già lavorato con vari grandi acceleratori: a Serpuchov (in Russia), al Fermilab, presso Chicago, e al Laboratorio europeo per la fisica delle particelle (CERN) a Ginevra.

Bibliografia:

Maianni Luciano, La fisica delle particelle, «Le Scienze quaderni» nr. 103, settembre 1998

Rith Klaus e Schäfer Andreas, Il mistero dello spin dei nucleoni, in «Le Scienze» nr. 173, settembre 1999

http://www.desy.de/pr-info/desyhome/html/presse/hginfos/hera/forschung.en.html


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