INTRODUZIONE
L'animazione giapponese deve parte della
propria fortuna planetaria al popolare disegnatore Go Nagai, che più volte ha scosso
l'opinione pubblica nipponica proponendo temi legati al sesso e alla violenza, troppo
innovatori per la cultura del Sol Levante.
Nel 1972 sono prodotte e trasmesse due delle
serie più importanti della sua vasta produzione: Devilman e Mazinger Z. I due personaggi
rivoluzionano l'approccio al cartoon nipponico, non tanto per l'originalità dei loro
soggetti, che il più delle volte appaiono simili e banali, ma per il particolarissimo
"cattivo gusto" dell'autore. Entrambe le serie, anche se in maniera molto
diversa, propongono la violenza come unico strumento per la lotta contro il male, ed
entrambe sono realizzate con un tratto grezzo, piuttosto trascurato, e una
caratterizzazione dei personaggi molto forte e delineata.
Nagai, grazie all'appoggio della famosa casa di
produzione Toei Doga, traspone l'ambientazione e i personaggi di Devilman in una serie
animata destinata al grande pubblico, prodotta quasi contemporaneamente al fumetto (la
prima puntata televisiva appare appena un mese dopo la fortunata uscita del manga). La
storia, però, non solo è presentata in maniera estremamente addolcita, ma arriva a
travisare e stravolgere l'intera sceneggiatura, tradendo il preciso spirito rivoluzionario
per un sentimento di generica insofferenza. Devilman segna comunque l'affermazione di una
nuova moda che presenta tematiche horror e splatter e accosta a un'ambientazione lugubre,
dipinta con toni cupi e malinconici, un gusto per il grottesco e per l'umorismo nero.
Le storie di Nagai si basano su un meccanismo
perverso di sadismo e di raccapricciante violenza, che frequentemente evade dal contesto
narrativo per sfociare in un puro esercizio di ripugnanza. Per questo, sia in Giappone sia
nel resto del mondo, le numerose associazioni di genitori, moraliste e benpensanti, hanno
tentato invano di ostacolare la fruizione del "fenomeno Nagai".
Quasi in contemporanea, viene presentata sul
circuito televisivo nipponico anche Mazinger Z, una storia dal meno marcato spirito
bellico, ma ugualmente ricca di nuovi presupposti. Dopo i piccoli androidi dotati di
coscienza propria e i giganteschi automi antropomorfi radiocomandati, si assiste, in
questa serie, all'unione della componente umana con quella tecnologica: il robot
protagonista viene guidato da un ragazzo che a bordo di un congegno volante, il Pilder, si
innesta nella testa del Mazinger partecipando personalmente alla battaglia. Uno dei
concetti fondamentali che traspare nelle opere di Nagai è l'importanza del lavoro di
squadra. Koji Kabuto combatte con altri due robot minori, Boss Borot e Aphrodite A, che
spesso però si dimostrano inefficaci contro gli attacchi del nemico, ma che risultano
ugualmente importanti nel contesto dell'episodio. Aphrodite, oltre ad essere il primo
automa dalle sembianze femminili, viene pilotato da una ragazza che interviene senza paura
nel combattimento, nonostante il potere assai limitato del suo mezzo. Non più, quindi,
un'egemonia di valorosi samurai in uniforme, ma eroine dalla forte personalità che, al
pari degli uomini, hanno dei diritti e dei doveri nei confronti del pianeta Terra.
Il cartone animato, apparso in Italia nel
gennaio del 1980, dopo il successo di alcune serie giapponesi, è il primo capitolo di una
famosa saga che interessa i principali robot del prolifico autore: Great Mazinger,
Grendizer, e Getter Robot, anche se questo ultimo è coinvolto in maniera meno esplicita.
In Italia, le serie sono state presentate secondo un diverso ordine cronologico, con
l'aggravante di modifiche nei nomi dei personaggi, generando dubbi e incomprensioni.
Tratto da: "A N I M E: Guida al cinema d'animazione giapponese"
Granata Press, Bologna 1991.