La seconda ondata industriale


Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 si avvia il meccanismo perverso della cultura industriale; tutta una serie di gruppi, spesso strettamente legati tra loro, seminano germi che iniziano ben presto a fiorire e riprodursi, e, all’inizio degli anni ’80 nasce un gran numero di progetti che, pur mantenendo una buona dose di originalità nella loro musica, sono fortemente influenzati dagli eventi e dai suoni sopra descritti. Tra questi, alcuni hanno rivestito particolare importanza per le idee introdotte, per la ricerca sui suoni, per i temi trattati e per l’influenza che, a loro volta, hanno avuto sulle generazioni successive di musicisti.
Ad esempio i Test Department (molto spesso compare il loro nome abbreviato, Test Dept) nascono nel 1981; la loro struttura è quella di un collettivo aperto, infatti collaboreranno, durante la loro carriera, con numerosi musicisti ed artisti. L’idea iniziale è quella di generare un suono simile a quello “naturale” (le virgolette sono d’obbligo) delle città, utilizzando materiali di scarto come bidoni di petrolio, bombole per il gas di varie dimensioni, pezzi di metallo o di legno riassemblati in modo da costituire uno strumento (in tal senso seguono una strada simile a quella di Z’Ev, pur con le ovvie differenze, trattandosi di un ensemble). Una importante particolarità dei Test Dept è il fatto che, per la prima volta, un gruppo si schiera politicamente: nel 1984, infatti, sposano la causa dei minatori gallesi in sciopero [ ], prima suonando ed incidendo un disco intitolato “Shoulder to shoulder” insieme al coro dei minatori, poi collaborando ed eseguendo la colonna sonora per uno spettacolo della compagnia gallese di balletto d’avanguardia Brith Gof (balletto incentrato sul poema epico gallese “Gododdin”). La consapevolezza della propria missione, carattere peculiare di tutti i gruppi fin qui citati, si unisce per la prima volta ad una ben precisa scelta: la tattica dello shock viene sostituita da una forte presa di posizione, con conseguente assunzione di responsabilità.
Inizialmente il suono è quindi fondamentalmente percussivo, a tratti anche piuttosto confuso e rumoroso, che sembra riprodurre in qualche modo il rumore di una fabbrica siderurgica. Dopo questa primissima fase, si iniziano ad intravedere strutture più composite e ordinate, a cui si aggiunge anche una parte elettronica prima inesistente, e talvolta sghembe sezioni di fiati. La vicinanza con i minatori, e quindi con la cultura popolare gallese e celtica, e la scelta di sostenere realtà artistiche e culturali in via di estinzione, li spinge ad inserire nell’ensemble in pianta più o meno stabile una cornamusa scozzese, che caratterizzerà il loro suono per diverso tempo. La continua evoluzione dei suoni, poi, li porta a fare un uso sempre più frequente e consapevole della strumentazione elettronica, come si può ascoltare in uno dei loro migliori lavori, intitolato “The Inacceptable face of freedom”, ed a creare strutture sempre più complesse, pur senza mai perdere di vista il loro punto di partenza, cioè l’uso di percussioni riciclate: da tutto ciò nasce un lavoro interessantissimo, intitolato “Pax Britannica”, una sorta di sinfonia per elettronica, percussioni industriali, cornamusa, coro ed orchestra, lavoro che rappresenta un po’ il culmine della loro evoluzione. Infatti, dopo un live ed un 12” contenente più versioni di “New World Order” (non so dire esattamente se o come questo brano sia legato all’omonimo pezzo dei Ministry; in ogni caso, l’idea di fondo è la stessa), incidono un 12” intitolato “Bang on it!”, che apre un nuovo corso nella storia del gruppo: la vicinanza ideologica alla scena rave nella lotta al liberismo forsennato del governo Thatcher (in particolare contro proposte di legge che tendono a limitare la libertà di espressione artistica come il famigerato “Criminal Justice Act”), e l’interesse mai sopito nello studio dei ritmi fanno sì che abbiano inizio degli esperimenti che sconfinano spesso in ritmi techno, poggiati su fondamenta elettroniche e coadiuvati in maniera encomiabile dal complesso di percussioni acustiche. Sul palco, iniziano ad avere un dj e ad improvvisare sui ritmi da questi impostati, rivelando capacità tecniche e ritmiche notevolissime: il solo vederli suonare è uno spettacolo, il loro modo di colpire le percussioni, l’ampiezza e l’impostazione del palco, la velocità con cui si spostano da un strumento all’altro, rendono affascinanti i loro concerti. Attualmente, i Test Dept continuano a portare avanti questa forma di ricerca: rispetto ai primi lavori questi ultimi perdono un poco in efficacia e potere detonante, pur essendo forse il meglio di ciò che questa scena sta proponendo attualmente.

A New York, nel frattempo, dall’unione di Michael Gira e XXXXX, si crea la cellula che porterà alla creazione di un altro caposaldo della musica industriale: gli Swans . È molto dibattuta la correttezza del loro inserimento nell’ambito della musica postindustriale: anche se il periodo in cui iniziano a lavorare e la somiglianza di alcune delle tematiche trattate spesso spingono ad inserirli in quel tipo di cultura, per altri versi essi costituiscono un caso decisamente a parte nell’ambiente musicale di cui ci stiamo occupando. D’altra parte, la loro musica ha influenzato in maniera molto forte quella di numerosi gruppi che, al giorno d’oggi, vengono definiti “industriali”. La prima cosa che colpisce, nel loro suono, è la notevole diversità rispetto a quella di buona parte dei gruppi fin qui presi in esame: non c’è l’elettronica al centro di tutto, ma il gruppo ha una costituzione piuttosto “normale”, i suoni sono quelli di strumenti convenzionali, a volumi elevatissimi, che creano un tappeto potente di rumore. Le strutture ritmiche sono potentissime, e in alcuni casi coadiuvate da percussioni abbastanza atipiche come i gong. Come la musica, i testi sono rivolti al nichilismo più estremo, è presente un pessimismo di fondo nero come la pece, i suoni sono spesso quasi privi di struttura, la voce di Gira è oscura e profonda, l’insieme è fortemente estraniante. Nel 198? Michael Gira entra in contatto con una sua fan californiana, che diverrà presto la sua compagna: Jarboe. Questo incontro probabilmente cambia qualcosa in lui, poiché da questo momento in poi i suoni cominciano a mutare, la musica inizia ad assumere una struttura: una sorta di folk nero, sporco e fumoso, spesso contaminato da oscuri rumori di fondo. La sua voce, sempre cupa, inizia a modulare suoni che non sono più urla, i testi, in cui il pessimismo di fondo è pur sempre presente, sono meno volti al nulla assoluto di quanto lo fossero in precedenza. E’ in questo periodo che nasce il progetto parallelo di Gira e Jarboe, denominato Skin. Questo progetto nasce probabilmente come valvola di sfogo per l’attività creativa ed artistica di Jarboe, e per molti versi anticipa, sia nei suoni sia nei temi, la musica che gli Swans avrebbero prodotto da questo momento in poi. Iniziano ad essere presenti lente ballate, scandite da ritmi pacati e caratterizzate dalla voce calda e profonda di Jarboe, talvolta solo di sottofondo, talaltra da protagonista. La maturità viene raggiunta forse nel lavoro, concepito come unico anche se uscito in tempi differenti, costituito dai due dischi “White light from the mouth of infinity” e “Love of life”. Questi saranno seguiti da un disco, “the great annihilator”, molto bello ma chiaramente di transizione verso la nuova forma di ispirazione che caratterizza le loro ultime produzioni: una musica costituita da brani molto lunghi e in cui l’elettronica assume una certa importanza, sommata ai suoni lunghi e dilatati della chitarra; suoni che sono a tratti ambientali, in altri momenti più rumorosi e distorti; è un ritorno a sonorità difficili, ma in maniera completamente diversa da quelli dei primi lavori; con la pubblicazione del doppio CD “Soundtracks for the blind” e di un live celebrativo dal significativo titolo “Swans are dead”, l’esperienza Swans si spegne, forse anche a causa della fine del rapporto sentimentale tra Gira e Jarboe, che comunque continuano a collaborare di tanto in tanto. Ciascuno dei due ha avuto un’attività da solista, e Jarboe è spesso ricercata per collaborazioni a causa del particolare timbro della sua voce; dopo lo scioglimento del gruppo, Gira ha iniziato diverse attività, sia da produttore (US Maple, ad esempio), sia come musicista (The Body Lovers, che continuano nella scia degli ultimi lavori degli Swans, The Body Haters, Angels of Light, molto più folk e minimale, semplici ma splendide ballate acustiche). L’influenza che gli Swans hanno avuto su tutta la schiera di musicisti che oggi mescolano suoni elettroindustriali, metal e noise è forte ed evidente: basta ascoltare uno dei primi lavori degli Swans per rendersi conto di quanto siano loro debitori gruppi come Scorn, Skin Chamber, Godflesh ma anche Nine Inch Nails e Ministry.

Anche in Germania il terreno è ormai pronto, e i primi germogli non si lasciano certo attendere: nel 1980 nasce a Berlino un importantissimo gruppo, il cui nome è Einsturzende Neubauten. Il significato del nome, “Nuove costruzioni che crollano” prende spunto dal crollo di diversi nuovi palazzi costruiti nel dopoguerra, a fronte della resistenza di edifici più vecchi sopravvissuti ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. L’immagine di questi musicisti non è così lontana da quella di alcuni punk, ma la loro musica è potente ed estrema: agli strumenti nuovi e da loro inventati (su tutti, uno stranissimo mollone che viene colpito, generando un suono a metà strada tra quello di uno strumento a percussione e quello di un basso), alle tipiche percussioni industriali (lamiere, barili, bombole di vari tipi e dimensioni), il gruppo berlinese aggiunge potenti generatori di rumore come martelli pneumatici o seghe circolari nell’intento, forse, di raggiungere un’intensità inusitata, mai raggiunta da nessuno dei gruppi che li ha preceduti. I primi concerti sono quindi rumorosissimi, al limite del dolore fisico, ma allo stesso tempo spettacolari nella loro fisicità. Verso la metà degli anni ’80, però, giunge a maturazione un cambiamento, seppur graduale, del suono espresso dal gruppo: ciò che prima era puro rumore, inizia a rivelare sotto di sé una melodia; ciò che era del tutto destrutturato, inizia ad assumere una forma più definita; con il loro lavoro “Fuenf auf der nach oben offenen Richterscala”, la mutazione diviene chiara: pur senza concedere nulla alla commercialità, e sempre mantenendo una forte dose di personalità, evidente nel sapiente uso del rumore, i suoni espressi dal gruppo diventano decisamente più avvicinabili, a tratti anche ballabili e melodici, caratterizzati da sonorità profonde ed a tratti oscure. Il discorso prosegue con il lavoro successivo, “Haus der Luege”, per diventare ancora più spinto in “Tabula Rasa”, che già dal titolo sembra voler sottolineare un rinnovamento radicale del loro suono: il lavoro è a tratti danzabile, a tratti minimale e silenzioso; sono presenti le prime, timide concessioni all’inglese, ma nel complesso, pur essendo molto lontano dalle rumorose ruvidezze del primo periodo, è un disco molto piacevole. Il successivo lavoro, “Ende Neu”, rappresenta forse l’unico passo verso una forma di parziale commercialità: è un lavoro decisamente più orecchiabile dei precedenti, nel quale alla voce aspra di Blixa Bargeld si aggiunge quella di una cantante ,??????. L’ultimo lavoro, un mini CD intitolato “Total eclipse of the sun”, ritorna alle atmosfere più rilassate e minimali di “Tabula Rasa”. Il gruppo è ancora in attività, e il futuro dei suoni da esso espressi è piuttosto difficile da prevedere; il dubbio principale è se continueranno sulla linea “danzereccia” (le virgolette sono d’obbligo) dell’ultimo lavoro a lunga durata o su quella più sottile del mini CD; oppure, considerando il loro passato, se si rivolgeranno in una dirazione ancora differente e del tutto imprevedibile. È da sottolineare che, accanto alla loro normale discografia, gli Einsurzende Neubauten hanno prodotto alcune colonne sonore di eventi e rappresentazioni teatrali (Die Hamletmachine e Faustmusik), in genere molto ostiche e di difficile interpretazione, in mancanza della controparte visuale.

Neppure la cortina di ferro è in grado di fermare l’estendersi dell’infezione industriale: ben presto le idee espresse da questa forma sottoculturale si espandono anche nei paesi dell’Europa orientale, trovando in essi un humus fertilissimo, cosa più che comprensibile considerando anche la situazione dei sobborghi industriali delle grandi città dell’Est. Uno dei luoghi più fertili si rivela la Yugoslavia, e tra i primi gruppi a rispondere al richiamo sono i Laibach, di Lubiana (il nome altro non è che la traduzione in tedesco del nome della loro città). La loro musica è solo una parte di un progetto a più ampio spettro, e lo si sente fin dall’inizio, grazie ai suoni complessi e teatrali, sempre ostici e talvolta cacofonici, ma comunque lontani dalla destrutturazione dei primi gruppi britannici. Fin dall’inizio l’uso di un’iconografia molto forte, talvolta vicina a quella nazifascista, talaltra a quella sovietica dell’immediato dopoguerra, utilizzata in entrambi i casi più per mettere in ridicolo certe forme di autoritarismo (in campo politico ma per estensione anche in campo artistico) che per un credo politico, fa sì che i loro spettacoli e i loro lavori siano banditi nel loro paese d’origine, riuscendo in tal maniera ad ottenere immediatamente il loro scopo, quello di mettere in risalto la contraddizione esistente in esso. La missione che si impongono è quella di studiare il rapporto che esiste tra arte ed ideologia, e a tale scopo decidono di tenersi sempre in bilico tra due posizioni, entrambe estreme, opposta l’una rispetto all’altra, rifiutandosi sempre e comunque di dichiarare apertamente la loro personale posizione politica. Le accuse di nazismo che molti giornalisti gli scagliano contro, si appoggiano, oltre che sulla pura iconografia, anche sull’uso frequente del tedesco nei loro testi e sulla fortissima marzialità dei ritmi dei loro brani, con cori che ricordano allo stesso tempo la tradizione corale russa e i canti patriottici tedeschi. D’altro canto, la loro tendenza a dare importanza al collettivo e mai al singolo, il loro spiccato senso dell’internazionalismo, le posizioni assunte nei confronti della guerra, spingono a pensare esattamente l’opposto, mantenendo l’ascoltatore in una perenne situazione di dubbio. Probabilmente è proprio questo una delle principali caratteristiche del gruppo, la capacità di sbeffeggiare violentemente argomenti generalmente considerati troppo seri per scherzarci sopra, mantenendo, allo stesso tempo, un’apparenza di profonda severità e distacco, volutamente complicando, se vogliamo, la vita di critici ed ascoltatori. Il loro primo LP, intitolato semplicemente “Laibach” e il successivo “Nova Akropola” rappresentano alla perfezione il loro primo periodo, molto teatrale ed acre, che sfocia in qualche modo nella colonna sonora di uno spettacolo che verrà pubblicata nel doppio album “Baptism/Krst Pod”, più classicheggiante e sperimentale. Caratteristica importante della loro musica, che non verrà mai a mancare, è l’uso della voce e delle strutture ritmiche: una voce baritonale, spesso coadiuvata da profondi cori sulla stessa tonalità, che si poggia su ritmi cadenzati e marziali, frequentemente tenuti in piedi da tamburi di tipo militare. “Macbeth” rappresenta in qualche modo un’eccezione, essendo in pratica il loro unico lavoro completamente strumentale (in realtà la voce è utilizzata, ma solo a scopo strumentale): questo lavoro non è altro che una lunga suite classicheggiante e molto intensa, a metà strada tra la musica industriale ed opere classiche per grande orchestra (mi vengono in mente Wagner e Mahler per l’intensità del suono e la forza trainante). Molto frequente è anche la registrazione di cover, in genere completamente stravolte rispetto all’originale, tanto da renderle praticamente irriconoscibili; se nel disco “Opus Dei”, forse uno dei loro capolavori, è presente la cover di “Life is life”, in “Let it be” sono contenute tutte reinterpretazioni di brani dei Beatles, così come i due EP “Simpathy for the devil” contengono cover del brano dei Rolling Stones interpretati da loro e da altri progetti a loro legati. Un notevole cambiamento si nota in “Kapital”, dove alle ritmiche militaresche si sostituiscono basi techno/EBM, talvolta molto semplici, e le tematiche analizzate sono quelle dell’economia; la tendenza a creare strutture ritmiche più semplici prosegue nel successivo “NATO”, costituito da sole cover di brani pop/rock e in cui ci si diverte a satireggiare sulla situazione dell’Europa e sul contrastante rapporto che questa ha con il patto atlantico qualche anno dopo il crollo della cortina di ferro. “Jesus Christ Superstar”, invece, rappresenta una sorta di avvicinamento ai suoni del metal, trasformando la musica dei Laibach grazie all’inserimento di chitarre elettriche veloci e metalliche; stavolta, a finire sotto il mirino sarcastico del gruppo sloveno, è la religione, o meglio il significato che essa sta assumendo nell’ultimo scorcio del 20° secolo, e il rapporto tra religiosità, massificazione e consumo, discorso che in qualche modo prosegue con “Also spracht Johannes Paulus II”, del progetto parallelo 300.000 vkr.
Come si diceva, quella musicale rappresenta solo un parte di un progetto a spettro più ampio, che sfocia, nel 1984, nella nascita dell’NSK (Neue Slovenische Kunst), fondato insieme al gruppo di pittori Irwin ed alla compagnia teatrale d’avanguardia Scipion Nasisce Sister Theatre Group: nato come una sorta di movimento artistico, col tempo l’NSK è diventato una specie di entità artistica sovranazionale organizzata come uno stato, con tanto di passaporti ed ambasciate, che estende le tematiche affrontate dal gruppo alle altre forme d’arte e alla cultura in genere. Molti gruppi hanno aderito al programma e sottodivisioni si sono create e sciolte nel tempo, ma la missione non sembra ancora essere terminata.

Abbiamo già visto come in diversi casi l’estetica industriale non si limiti al solo versante musicale, ma vada ad inquinare una gamma molto più ampia di forme d’arte. In quest’ottica, mi sembra importante almeno citare due nomi di una certa importanza che hanno fatto dell’esibizione e della performance a tutto campo, più che della musica, il loro centro d’interesse, spingendo all’estremo alcune soluzioni ed idee presenti nei primi Throbbing Gristle o in Z’ev. Il primo di questi nomi è certamente quello dei Survival Research Laboratories (S.R.L.), creati da Mark Pauline, famosi per i loro spettacoli detonanti e pericolosi, basati su strane strutture e sull’uso di esplosivi di vario genere. Lo stesso Pauline ha pagato su di sé la pericolosità delle esibizioni del gruppo, perdendo le dita di una mano in un’esplosione. È rimasta famosa una loro esibizione decisamente “fuori programma”: si trovavano a  Londra per uno spettacolo, e sono stati contattati da un gruppo di persone residenti in un quartiere periferico in fase di sgombero; la richiesta era quella di bloccare uno sgombero forzato da parte della polizia locale, perciò misero su un enorme impianto detonante, bloccando effettivamente la polizia, che credeva di trovarsi di fronte un vero e proprio esercito.

L’altro nome importante è quello della Mutoids Waste Corporation: essenzialmente si tratta di un gruppo di persone che vivono più o meno in giro per il mondo organizzando spettacoli notevoli e divertenti. Questi eventi sono preparati, in genere, in spazi piuttosto ampi e all’aperto; la scenografia è costituita da macchine, motori e sculture realizzate da loro stessi a partire da materiale di scarto: molto famosa è la scultura di un enorme scheletro metallico realizzato con pezzi di motori, automobili e meccanismi vari, il quale regge una sorta di spiedo nel quale vengono infilate ed incendiate alcune piccole automobili (a Roma si trattava di una vecchia 500). Alcuni motori, talmente arrugginiti e malandati da sembrare decisamente fuori uso, vengono talvolta accesi al solo scopo di saturare l’ambiente di rumore, che si aggiunge agli altissimi volumi della musica elettro/industriale usata come  tappeto sonoro di base. In questo ambiente, vengono integrate esibizioni teatrali decisamente splatter oppure partite di polo in cui i giocatori indossano strane corazze da medioevo prossimo futuro, ovviamente anch’esse costituite da materiale riciclato, con porte e palla incendiate; mentre ci si gode la partita, si rischia di venire investiti da strane moto o automobili dalle forme più strane ed improbabili, come il camion a forma di teschio mutante, o la lunghissima moto-missile di metallo riciclato, dai quali qualcuno si diverte a sparare fiamme qua e là. Oltre al fatto che uno spettacolo dei Mutoidi è qualcosa di molto divertente e coinvolgente, perché non esiste un “centro dell’azione”, ma tutto avviene in mezzo al pubblico, quello che è notevole, è la coerenza della scelta del proprio modo di vivere; per non parlare dei loro figli, che si possono vedere durante le fasi di preparazione degli spettacoli, mentre girano sulle loro piccole macchine in stile con tutto il resto delle strutture.