COME COMBATTERE IL RACKET

 

 

 

L’ASSOCIAZIONISMO ANTIRACKET

La crescita del numero di denunce per estorsione registrata negli ultimi anni indica come stia aumentando il numero di persone che, invece di subire i ricatti del racket, scelgono di opporsi. E se è vero che uscire dal racket è sempre il frutto di una scelta individuale, un forte sviluppo al contrasto di questo fenomeno è venuto dall’associazionismo antiracket, che ha permesso a imprenditori, commercianti e artigiani di uscire da quella condizione di solitudine e isolamento che è il punto di maggior forza per l’organizzazione criminale: se si denuncia insieme agli altri, si raggiunge un elevato livello di sicurezza, perché quando si è in tanti, nessuno è un bersaglio.

Negli ultimi anni, esponendosi nelle aule di giustizia attraverso le associazioni antiracket, centinaia di commercianti hanno portato testimonianze decisive per far condannare gli estorsori a migliaia di anni di carcere, senza con ciò subire atti di ritorsione. 

 

IL SOSTEGNO DELLO STATO

Lo Stato ha sostenuto e incoraggiato l’attività delle associazioni antiracket. Non solo, ha aggiunto all’azione di tutela della sicurezza personale svolta dall’associazionismo antiracket, una garanzia fondamentale per chi decida di opporsi al racket: quella della sicurezza economica. A tal fine il Parlamento ha adottato, nell’arco dell’ultimo decennio, una serie di norme basate sul principio di risarcire tutti coloro che abbiano subito danni a causa di attività estorsive, per aver deciso o di collaborare con le istituzioni per combattere il racket, o di smettere di pagare il “pizzo”.

Primo strumento per l’attuazione di tale principio, l’istituzione del Fondo di solidarietà per le vittime del racket (poi unificato con quello per le vittime dell’usura), grazie al quale chi abbia subito, per essersi opposto agli estorsori, danni alla persona o alla propria impresa può ricevere, a titolo di risarcimento, un’elargizione che gli consenta di riprendere l’attività.

Il Parlamento ha quindi approvato la Legge n. 44 del 23 febbraio 1999, “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura”, ampliando così la tipologia delle vittime del racket e dei danni risarcibili e assicurando tempi rapidi nell’erogazione dei contributi.  

Numerose e assai significative sono le innovazioni introdotte dalla Legge 44/1999. La nuova normativa ha snellito l’iter per la concessione del risarcimento e ne ha consentito l’accesso anche a persone che in precedenza ne erano escluse, a cominciare da quelle che siano state acquiescenti a richieste di estorsione, ma abbiano deciso di smettere (e mantengano il rifiuto anche dopo aver presentato la domanda). In questo caso, l’elargizione può essere concessa anche in relazione ai danni a beni mobili o immobili o alla persona verificatisi nei sei mesi precedenti la denuncia.

Con l’approvazione della Legge 44/1999, la pubblicazione del regolamento di attuazione, l’insediamento del nuovo Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, i primi risultati conseguiti nell’applicazione della nuova normativa, si sono create le condizioni per l’avvio di una nuova fase nella lotta al racket.

Nei soli ultimi 10 mesi, il Comitato di solidarietà ha concesso a 150 operatori economici 22 miliardi di lire di risarcimento.

 

IL CONTRIBUTO DEL FONDO DI SOLIDARIETA’: CHI HA DIRITTO A CHIEDERLO

Secondo la legge, ha diritto a beneficiare dei contributi previsti dal Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione colui che, esercitando un’attività economica o una libera professione, abbia subito un danno a beni mobili e immobili, o lesioni personali, o un danno sotto forma di mancato guadagno, in conseguenza di:

a)     delitti commessi per costringerlo ad aderire a richieste di estorsione, avanzate anche successivamente ai fatti;

b)     delitti commessi per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste;

c)     una situazione d’intimidazione anche ambientale.

Possono fare richiesta del contributo: l’interessato o, in caso di morte con movente estorsivo, i suoi eredi; le associazioni nazionali di categoria o le associazioni antiracket, con il consenso e per conto dell’interessato (per i professionisti, anche l’Ordine professionale cui il danneggiato aderisce). Possono inoltre accedere al contributo gli appartenenti alle associazioni antiracket che abbiano subito danni conseguenti all’attività svolta nelle associazioni, nonché soggetti terzi che, pur non essendo vittime dirette delle richieste estorsive, abbiano riportato lesioni personali o danni alle cose in conseguenza di azioni delittuose a fini di estorsione.

La domanda di richiesta va presentata al Prefetto della provincia nella quale si è verificato il fatto estorsivo, entro 120 giorni dalla data della denuncia o dalla data in cui l’interessato viene a sapere che l’evento lesivo da lui subito può derivare da finalità di estorsione.

In caso di intimidazione ambientale, la domanda va presentata entro un anno dalla data in cui sono cominciate le minacce o violenze o richieste di estorsione.

 


IL CONTRIBUTO DEL FONDO DI SOLIDARIETA’: CHI NE DECIDE LA CONCESSIONE

Su ogni domanda il Prefetto svolge un’istruttoria che conclude entro un massimo di 90 giorni. Dopodiché la domanda giunge al Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, che entro un massimo di 60 giorni la esamina e delibera sulla concessione dell’elargizione.

Per abbreviare ulteriormente i tempi, su richiesta dell’interessato, il Prefetto o il Comitato di solidarietà possono disporre la concessione di un’anticipazione fino al 70% del danno indennizzabile.

 

IL CONTRIBUTO DEL FONDO DI SOLIDARIETA’: A CHI RIVOLGERSI

Il Fondo di solidarietà può coprire l’intero ammontare del danno (danno emergente e mancato guadagno) fino ad un massimo di 3 miliardi per ogni domanda (6 miliardi nel caso di più domande da parte dello stesso soggetto nel corso di un triennio). Esente dal versamento delle imposte Irpef e Irpeg, il contributo viene corrisposto in una o più soluzioni.

Con l’elargizione ricevuta, la vittima del racket può sia riavviare la vecchia attività economica, sia decidere d’intraprenderne una nuova, anche in un luogo diverso.

Per conservare il diritto al contributo, l’interessato deve man mano documentare di aver impiegato le somme già ricevute per la ripresa della propria attività imprenditoriale, anche se in diverso luogo o di diversa natura. Se ciò non accade, dovrà  immediatamente restituire la somma percepita. Lo stesso accade se viene accertata, nei tre anni successivi alla concessione del contributo, l’accettazione da parte dell’interessato di nuove richieste estorsive.