PRIMA RELAZIONE ANNUALE

Dodicesima relazione mensile

Agosto 2000

 

1. L’applicazione della nuova legge n. 44/99

146 operatori economici hanno ricevuto £. 21.851.685.134 di risarcimento in 10 mesi di attività del Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura.

Dal 21 dicembre 1999 al 17 ottobre 2000, nelle 68 sedute del Comitato, sono state esaminate 764 istanze, di cui 323 d'estorsione, 424 di usura e 17 di estorsione/usura.

Il funzionamento e l’applicazione della nuova legge 44/99 sono stati gli obiettivi e la prassi dell’Ufficio del Commissario. Questi erano infatti gli atti decisivi per ricostruire un rapporto di fiducia fra lo Stato e le vittime.

Sintomi di crisi di questo rapporto si erano constatati con il calo delle denunce per l’usura (vedi tab. n. 7) a fronte dell’impennata avutasi nel 1994 al momento dell’annuncio della legge antiusura poi approvata nel 1996. L’annuncio di un impegno dello Stato a favore delle vittime aveva allora infatti creato aspettative che in parte erano andate tradite: per molte ragioni l’applicazione della legge non aveva dato i risultati attesi.

Nel momento in cui si è insediato il nuovo Comitato non c’era altra via per recuperare la fiducia delle vittime che quella di fare funzionare il nuovo strumento legislativo, ed è in questa direzione che si è operato.

Sono state accolte 107 istanze per estorsione e 39 per usura per un totale di 146; ne sono state respinte rispettivamente 94 e 198 e 17 per estorsione/usura, per un totale di 309. Sono state disposte integrazioni istruttorie su 166 istanze. Tra le principali cause di rigetto delle istanze vanno segnalate: il mancato rispetto dei termini per la loro presentazione (soprattutto per le domande delle vittime dell’usura, 91); la mancanza della condizione di essere parte offesa nel relativo procedimento penale (60); la mancanza della qualifica di operatore economico richiesta dalla normativa (26, di cui 18 a seguito di sentenza di fallimento).

Se si considera che dal 1991, anno del primo decreto legge per le vittime dell’estorsione, e dal 1996, anno di approvazione della legge antiusura, sono stati erogati fino alla fine del 1999 circa 20 miliardi, è possibile cogliere non solo lo straordinario sforzo che è stato richiesto a tutti membri del Comitato, all’Ufficio del Commissario ed all’Ufficio di supporto, ma anche la portata del messaggio politico che si è voluto inviare alle vittime.

In un momento in cui poteva esserci scetticismo anche sull’applicazione della nuova legge, si è dimostrato infatti che gli strumenti di cui ci si è dotati sono in grado di funzionare, sono efficaci e costituiscono ogni volta un’occasione di credibilità per le istituzioni.

La conferma che questo impegno è stato percepito si riscontra nel dato dell’aumento del numero delle istanze al Fondo di solidarietà verificatosi negli ultimi mesi: dopo un periodo in cui erano poche le istanze che pervenivano (sintomo di una scarsa attrattiva della norma), si è assistito ad un consistente aumento delle istanze, segno che i cittadini hanno ricominciato a credere a questo strumento, alle sue possibilità ed al suo funzionamento. Se dopo l’approvazione della L. 44/99 nel febbraio del 1999 erano state presentate 461 domande fino al marzo 2000, questo numero è via via cresciuto fino a 758 (ad oggi). Il maggior numero delle domande è concentrato nelle regioni meridionali (Sicilia 156, Puglia 125, Calabria 115, Campania 52). Va sottolineato che nel Lazio sono state presentate 64 domande per usura, mentre in Sicilia a fronte delle 131 domande per estorsione appena 24 sono quelle presentate dalle vittime di usura; ed in Puglia, a fronte delle 108 domande per l’estorsione appena 17 riguardano l’usura; è significativo rilevare che solo 14 domande per usura sono pervenute dalla Campania a fronte delle 23 della Toscana.

Le domande attualmente pendenti in attesa di un atto deliberativo da parte del Comitato sono in totale 552. Di queste, 209 sono state già discusse in Comitato ed è stata disposta una integrazione istruttoria (166) o il rinvio della trattazione (43). Sul totale di 552 pesa il numero delle istanze presentate prima dell’insediamento del nuovo Comitato: sono 354 le istanze pendenti presentate fino al 1999, e di queste 171 sono quelle presentate fino al 1998. Nella quinta relazione mensile (gennaio 2000) erano state censite (non era compiuto il passaggio delle istanze pendenti presso la Consap, che con la vecchia norma era l’organo a cui si presentavano le domande) come istanze pendenti 124 per l’estorsione e 271 per l’usura, per un totale di 395; solo in seguito è stato possibile censire correttamente il totale dell’arretrato, che era pari a 700: in questi 10 mesi l'arretrato è stato dimezzato. Come in quella relazione si è rilevato, questo arretrato ha costituito un impegno non secondario, oggi in via di definitiva soluzione. La ragione che induce ad una valutazione cautamente ottimistica è che la "macchina" istruttoria delle istanze si può considerare entrata a regime. Non bisogna dimenticare che con l’entrata in vigore del regolamento attuativo della L. 44/99 si è dovuta costituire ex-novo la struttura istruttoria. Se con la precedente normativa l’onere istruttorio gravava esclusivamente sulla Consap, con la nuova legge esso è stato distribuito alle Prefetture ed all’Ufficio di supporto, strutture che si sono dovute completamente costruire e sperimentare.

E’ stata così creata una rete di referenti dell’Ufficio del Commissario all’interno di ogni Prefettura, con i quali si è stabilito un contatto diretto, quotidiano, di scambio.

Nella maggioranza dei casi, le istanze pervengono al Comitato istruite dalle Prefetture, con una valutazione sul merito, sulla sussistenza del nesso di causalità, sul permanere dei requisiti soggettivi e con il parere di congruità sull’importo richiesto.

Per raggiungere questo obiettivo si è richiesto un particolare impegno sul terreno della formazione dei referenti delle Prefetture: si sono tenuti due seminari di approfondimento sull’applicazione della L. 44/99 (il primo per 3 giorni nel mese di novembre 1999 e il secondo per due giorni nel mese di maggio 2000), affinché ogni referente avesse gli strumenti essenziali per svolgere il proprio compito e per farlo in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Alcuni referenti, quelli delle città capoluogo, sono stati coinvolti nella seduta seminariale del Comitato (gennaio 2000). Si sono svolte riunioni dei referenti nelle principali regioni e si sono moltiplicati gli incontri nelle singole Prefetture. Si è anche prodotta una fitta ed articolata serie di circolari ed è stata data massima diffusione alle informazioni utili.

I referenti delle Prefetture hanno dimostrato in questo anno non solo di avere compreso la peculiarità del loro ruolo, ma anche di avere le capacità per gestirlo: è grazie anche a loro che è stato dunque possibile invertire la tendenza nell’applicazione della legge. Ora sono chiamati ad un nuovo impegno con l’avvio della campagna di informazione, un’attività che richiede di rapportarsi non solo sul terreno delle istanze delle vittime dell’estorsione e dell’usura, ma più in generale con tutti quei soggetti che saranno sollecitati dalla campagna stessa.

La strategia dell’Ufficio del Commissario è stata quella di porsi quale attento interlocutore delle vittime e non come controparte delle stesse: il primo ufficio costituito è stato infatti quello dei Rapporti con il pubblico. L’obiettivo, condiviso da tutti, è stato quello di applicare la normativa tenendo sempre presente la finalità della legge, di allargarne il più possibile le maglie, nell’ovvio rispetto dei dettati legislativi. L’attività interpretativa è stata dunque tesa a venire il più possibile incontro alle legittime esigenze delle vittime.

Rimangono tuttavia alcune questioni di grande importanza ancora aperte che richiedono un rapido intervento normativo:

  1. la rimessione in termini per la presentazione delle istanze delle vittime di usura;

  2. la trasformazione dei mutui concessi alle vittime di usura da quinquennali a decennali;

  3. la definizione dei poteri e delle funzioni dell’Ufficio del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura.

Un importante argomento su cui è necessario un approfondimento riguarda la problematica del fallimento: la declaratoria di fallimento è per l’imprenditore una causa di esclusione dall’accesso ai benefici del Fondo di solidarietà; è in fase di elaborazione a cura del Ministero della Giustizia un disegno di legge-delega di riforma delle procedure concorsuali che potrebbe significare l’eliminazione di quelle forme sanzionatorie accessorie in capo all’imprenditore, utile ai nostri fini.

 

2. Racket ed usura

I fenomeni estorsivi in questi ultimi anni purtroppo hanno mantenuto la loro diffusione e in alcune realtà meridionali con questi problemi è chiamata a fare i conti la quasi totalità degli operatori economici, a partire da città come Palermo, Napoli e Reggio Calabria.

Eppure in queste realtà si sono conseguiti significativi risultati nell’azione di contrasto sul terreno dell’estorsione. Sono state numerose le operazioni di polizia che hanno portato allo scompaginamento di intere famiglie mafiose. Colpisce, però, la sistematica riproduzione del fenomeno. A seguito dell’intervento repressivo, un quartiere viene liberato dagli estortori e per alcune settimane i commercianti non pagano; ma non passa molto tempo che, con gli abituali estortori in carcere, altri si ripresentino a esigere il pagamento: nuovi estortori si sono sostituiti a quelli arrestati per garantire la continuità dell’affare.

La riproduzione avviene quando l’indagine giudiziaria non è il risultato della denuncia degli operatori economici, ma di un’autonoma iniziativa di polizia giudiziaria. L’affare si riproduce perché l’indagine non intacca, né può farlo, i meccanismi della domanda e dell’offerta. L’affare si fonda sul fatto che esistono degli operatori economici "disponibili" a pagare il pizzo: essi esprimono la domanda della cosiddetta "protezione". E’ questa domanda che, in parte, sollecita la stessa offerta.

Un’efficace strategia antiracket non può che puntare all’eliminazione di questa disponibilità a pagare, non può che tendere all’eliminazione di questa domanda. Per raggiungere questo obiettivo è decisivo incoraggiare l’assunzione di responsabilità da parte dei commercianti. Deve essere evidente a tutti che non si può pensare di ridurre la diffusione delle estorsioni solo attraverso il contrasto giudiziario: la risposta giudiziaria, per quanto importante, da sola non può risolvere il problema.

E’ utile non equivocare su un punto: se l’estorsione costituisce una variabile fissa in un mercato condizionato dalle organizzazioni mafiose, non bisogna generalizzare la condizione di chi opera dentro questo mercato. Una cosa è il ritorno economico che può avere una grande impresa dal mantenere rapporti non conflittuali con l’organizzazione criminale, un’altra cosa è la condizione di un piccolo operatore economico: la disponibilità di quest’ultimo a pagare non fa venire meno il carattere impositivo dell’estorsione.

E’ stata fatta rilevare in varie occasioni una caratteristica delle dinamiche estorsive che appartiene a diverse realtà territoriali: la cosiddetta orizzontalizzazione della pratica estorsiva. L’organizzazione mafiosa punta ad una estensione del numero dei soggetti da contattare, imponendo dazioni di modesta entità: "pagare poco per pagare tutti". Questa linea di espansione sembra preferita ad una ipotesi verticale di estorsione. L’esito complessivo delle entrate resta invariato; in più però si raggiunge l’obiettivo di un più ramificato controllo delle aziende e quindi di un più pervasivo controllo del territorio. Inoltre questa strategia riduce i rischi per la mafia, perché richiede un più basso livello di violenza.

Resta altresì diffusa un’altra variante nelle attività estorsive che si configura come l’imposizione di servizi, che costringe anche piccoli operatori economici, e non solo nell’edilizia, a rifornirsi presso aziende indicate dalla mafia (es.: trasporti, prodotti conservieri, etc.).

Per quanto riguarda l’usura, diversi elementi suggeriscono il permanere dell’ampia dimensione sommersa. Le ragioni della divaricazione tra numero delle denunce e diffusione del fenomeno possono essere comprese e spiegate. Se da un lato infatti il dato delle denunce per estorsione si mantiene tendenzialmente costante, quando non cresce sensibilmente, dall’altro invece, quello relativo alle denunce per usura, dopo l’impennata del 1994, si caratterizza per un costante decremento delle stesse, e i dati dello scorso anno e del primo semestre del 2000 confermano questa tendenza negativa.

Come si può spiegare tale divaricazione? C’è chi riconduce la difficoltà a denunciare gli usurai al timore delle vittime per la propria sicurezza personale; ma proprio il dato relativo alle denunce per estorsione smentisce questo richiamo alla "paura". Le denunce per estorsione infatti sono quasi sempre rivolte contro esponenti di organizzazioni criminali di tipo mafioso e per questo presentano una soglia di rischio molto elevata. Se per queste tuttavia il numero si mantiene stabile, o addirittura cresce, non si spiega con questa motivazione il calo di quelle contro l’usura, dal momento che gli usurai sono organicamente legati alle organizzazioni mafiose solo in alcune aree del Paese e solo da alcuni anni.

Se il discrimine non è questo, bisogna allora ricercare altrove le cause di questa "forbice". Può essere utile riflettere sulla peculiare situazione in cui viene a trovarsi la vittima di usura: ciò che pesa in maniera decisiva in questo caso è l’assenza di alternative. Per quanto possa sembrare paradossale, l’usuraio che distrugge il patrimonio e la serenità della sua vittima, rappresenta per essa, in un legame perverso, una "alternativa", una soluzione. E’ su questo allora che bisogna incidere (si veda la prima relazione semestrale del febbraio 2000).

Sono stati inoltre segnalati alcuni casi di denunce strumentali per usura: si denunciano i debitori al fine di annullare i debiti, facendoli apparire come situazioni usurarie e magari si immagina di potere accedere al Fondo di solidarietà.

 

3. Il movimento associazionistico

Il movimento associazionistico, sia sotto il profilo della lotta all’estorsione che sotto quello della lotta all’usura, è un fattore strategico e decisivo, che si concretizza anche nell’orientamento legislativo. Tale importanza è stata sottolineata anche in occasione degli incontri del Ministro dell’Interno con le Associazioni antiracket (11 novembre 1999) e con le Fondazioni antiusura (15 dicembre 1999).

Negli ultimi anni sono nate nuove associazioni antiracket sul modello di quella di Capo d’Orlando (di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario dalla costituzione); queste rappresentano un modello abbondantemente collaudato di organizzazione degli operatori economici: ormai si può ben parlare di superamento della fase sperimentale.

In primo luogo le associazioni costituiscono uno strumento per vincere la solitudine. E’ innegabile che proprio questa condizione sia quella che rende tanto debole la vittima quanto forte il criminale. La vittima ha sempre paura quando è sola ed è questa paura a rendere vincente l’attività intimidatoria della mafia. Sconfiggere la solitudine significa dare un colpo mortale agli estortori. Nel momento in cui ci si mette insieme, commercianti che si associano ad altri commercianti, si modifica la percezione del proprio livello di insicurezza. Il fatto stesso di poter condividere con altri colleghi un timore, una preoccupazione, un sospetto, rende tutti più sicuri, e comunque modifica l’approccio psicologico ai problemi che nelle politiche di sicurezza costituisce elemento niente affatto secondario.

In secondo luogo l’associazione costituisce uno straordinario strumento di raccordo tra le vittime e le istituzioni. In un campo così delicato, nel quale non è possibile concepire un’azione di contrasto senza un ruolo attivo delle vittime, avere un soggetto capace di svolgere attività di mediazione è assolutamente necessario. In più, grazie al rapporto tra le associazioni e le istituzioni, si può ottenere il massimo di risultato con il minimo livello di esposizione. Vi è una consolidata esperienza in questo campo basata anche su innovazioni investigative: non è sempre necessario che la denuncia porti ad una testimonianza in un’aula di tribunale, perché possono darsi forme riservate di collaborazione con le forze dell’ordine.

In questi ultimi anni è cresciuto l’impegno delle forze dell’ordine su questi problemi: è però necessario un ulteriore potenziamento del loro impegno. Il Commissario a questo proposito ha inviato una circolare ai Prefetti, affinché sollecitino le forze dell’ordine ad offrire nelle rispettive realtà territoriali unici e qualificati riferimenti per le vittime.

In terzo luogo l’associazione garantisce una valida prospettiva di sicurezza. E’ proprio la natura collettiva della denuncia che salvaguarda dai rischi di rappresaglia.

Il ruolo della FAI (Federazione nazionale delle Associazioni Antiracket) in questo contesto diventa rilevante perché non si limita ad essere di coordinamento dell’esistente, quanto piuttosto di impulso per la costruzione di realtà nuove e diverse, nonché per la possibilità di essere interlocutore credibile ed accreditato dei soggetti istituzionali a livello nazionale.

Un ruolo fondamentale nella promozione di nuove associazioni antiracket possono e devono svolgerlo i Sindaci e le amministrazioni locali, come già è avvenuto o sta avvenendo in alcuni centri (Giardini Naxos, Locride, Marsala, Milazzo, Gioia Tauro).

Anche nel campo dell’usura l’associazionismo e segnatamente le Fondazioni sono chiamate a svolgere un ruolo non solo nella veste che è loro propria, che ha consentito di salvare dal ricorso all’usura migliaia di persone, e cioè quella della prevenzione, dell’assistenza e della solidarietà nei confronti di chi si trova in difficoltà economiche, ma anche nel favorire la promozione delle denunce delle vittime degli usurai.

La denuncia non può essere considerata un accessorio della politica di contrasto all’usura, perché ne è il cardine quanto la prevenzione. E’ impossibile aiutare la vittima che non prenda coscienza dei propri errori e non spezzi in modo definitivo il legame con l’usuraio. E l’unico modo in cui entrambe le cose si realizzano è attraverso la denuncia: riuscire, come Fondazione, a trasmettere questo messaggio e ad incoraggiare la fiducia nelle istituzioni costituisce un punto di non ritorno nella strategia di contrasto. Dare denaro in prestito a coloro che mantengono un rapporto di dipendenza con l’usuraio non solo non consente di raggiungere l’obiettivo dell’aiuto, ma produce un effetto opposto rispetto alle intenzioni; il denaro finirebbe immediatamente nelle mani degli usurai, perpetuando il rapporto di dipendenza. "Pretendere" la denuncia non è dunque un atteggiamento cinico fondato su un astratto principio di legalità, ma condizione essenziale per l’aiuto.

Bisogna altresì considerare che avallare l’idea di una "bonaria" composizione con l’usuraio costituirebbe una legittimazione dell’usuraio medesimo, un riconoscimento del suo ruolo e della sua funzione. Tale legittimazione consente inoltre che altre vittime cadano nella trappola usuraria.

L’Ufficio del Commissario è stato dal primo momento impegnato a sostenere queste importanti iniziative di volontariato; numerosi sono stati gli incontri diretti con gli esponenti delle Fondazioni; ancora più impegnato sarà per contribuire all’estensione di queste esperienze alle aree del Paese non ancora coinvolte.

Infine non può non porsi l’accento sull’importanza dell’attività svolta dai Confidi. Quello che si chiede ai Confidi che hanno costituito i fondi speciali antiusura è di diventare soggetti attivi del movimento antiusura stesso. Sono stati coinvolti attraverso riunioni regionali, è stato sollecitato il loro impegno nella campagna di informazione, hanno partecipato ai seminari sulle tecniche di comunicazione; si è stabilito un dialogo costante con il Coordinamento nazionale dei Confidi; si è promossa la loro legittimazione quali interlocutori privilegiati, insieme alle Fondazioni ed alle Associazioni antiracket, dell’Ufficio del Commissario.

L’obiettivo è quello di riuscire a creare una rete (sia concettuale/politica che pratica) fra tutti i soggetti associativi impegnati sul territorio. Il primo passo indispensabile per la costruzione di questa rete è la diffusione delle informazioni, attraverso le circolari e la relazione mensile prodotte dall'ufficio.

Inoltre si è dal primo momento auspicata un’azione di controllo di queste strutture sull’operato dell’ufficio, perché quella del Commissario è prima di ogni altra cosa una struttura di servizio, a disposizione di coloro che ne hanno bisogno e deve svolgere la propria attività nella più assoluta trasparenza, con la partecipazione attiva di tutti i soggetti associazionistici.

Uno strumento efficace ed importante è stato quello delle riunioni dei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica. Esse si sono svolte, convocate dai Prefetti d’intesa con il Commissario, e vi hanno preso parte anche le associazioni: in questa sede, dove si decidono le politiche di sicurezza, si è stabilito un rapporto collaborativo tra le associazioni ed i referenti istituzionali tale da rendere più incisiva l’attività di contrasto e la tutela delle vittime. L’importanza della partecipazione non sta soltanto nell’utilità di concordare strategie comuni, ma anche nella legittimazione che ai soggetti associativi deriva da tale partecipazione, la legittimazione ad essere interlocutori e punto di riferimento sul territorio per la politica della sicurezza.

In molti casi sono le istituzioni a sollecitare la società civile ad un rinnovato impegno, a sollevare i problemi nel tentativo di individuare soluzioni; quasi tutti gli interventi svolti sono stati programmati "a freddo", senza il richiamo dei mass-media o di fatti rilevanti per l’opinione pubblica. Ciò è avvenuto tra le altre a Palermo, Napoli, Bari, Roma, Reggio Calabria.

Ma il modello associativo non ha valore solo come strumento di contrasto all’estorsione: ha invece potenzialità ancora inesplorate nel campo del controllo del territorio e della sicurezza degli operatori economici anche in regioni non tradizionalmente interessate dai fenomeni estorsivi.

Il commerciante di una media città del nord che avverte la minaccia di componenti criminali esterne alla propria comunità, che si sente sempre più esposto sotto il profilo della propria sicurezza personale, può trovare nel modello associativo un’efficace risposta alla propria insicurezza. Non solo perché la condivisione con altri operatori economici del proprio sentimento ha come effetto quello di ridurre la percezione dell’insicurezza stessa, ma anche perché se i commercianti associati trovano stabili forme di collaborazione con le forze dell’ordine, vigilando e riferendo al funzionario o all’ufficiale che è divenuto referente dell’associazione, su anomalie che possano riscontrare, se insomma assumono il problema della sicurezza senza delegarlo, il loro territorio potrà dirsi effettivamente controllato. In questa direzione abbiamo già cominciato a muoverci, organizzando e promovendo incontri riservati in diverse realtà territoriali fra rappresentanti delle organizzazioni di categoria e rappresentanti delle forze dell’ordine sotto l’attento coordinamento dei Prefetti.

 

4. Il sistema bancario

Abbiamo detto più volte che la lotta all’usura deve svilupparsi necessariamente sul fronte della prevenzione, offrendo valide alternative.

L’obiettivo deve essere quello di riuscire ad attivare meccanismi virtuosi tra il sistema creditizio tradizionale e quello sussidiario (Fondazioni e Confidi). Dall’esito di questo processo dipende anche il successo di tutta la strategia di prevenzione stabilita dalla L. 108/1996. E’ assolutamente indispensabile che il sistema bancario si faccia carico della riuscita della prevenzione. In questo senso sono stati segnalati vari limiti, che ci permettiamo di richiamare.

Le due questioni principali riguardano le convenzioni con i Confidi da una parte e il moltiplicatore dall’altra.

Il problema concerne quelle realtà in cui si riscontra una assenza di disponibilità e sottoscrivere le convenzioni con i Confidi per la gestione del fondo speciale, quando con gli stessi Confidi si ha invece la convenzione per i fondi ordinari.

Ma ancora più grave è la questione del moltiplicatore. Una larga parte dei Confidi opera con un moltiplicatore di uno a uno. Si ha la sensazione che si sia stabilito questo criterio in maniera acritica, rinunciando ad una valutazione di merito. Non si capisce come allo stesso Confidi a cui si garantisce un moltiplicatore di uno a venti per il fondo ordinario non si riesca a dare più dell’uno a uno, allorché si tratti di attivare il Fondo di prevenzione; e dire che l’istruttoria delle istanze è svolta dalle stesse persone la cui professionalità non è in discussione e non cambia.

Ancora più incomprensibile è che il rapporto con un moltiplicatore così basso avvenga a fronte di una bassa soglia di insolvenze, che riduce notevolmente le possibilità di rischio per gli investimenti degli istituti di credito. E’ in funzione di questa esigenza che si è chiesto all’ABI un forte segnale di volontà politica per sollecitare tutto il sistema bancario ad una maggiore apertura verso queste realtà, anche al fine di determinare comportamenti omogenei. E’ assolutamente indispensabile un diverso approccio, più aperto, sempre secondo una prospettiva economica, nella valutazione del merito del credito.

Certo, occorre assumersi anche un rischio, ma è lo stesso rischio, anche se quantitativamente di dimensioni minori, che si assumono tutti i soggetti impegnati su questo fronte: le associazioni di categoria, le associazioni professionali. Ma è un rischio che vale la pena correre, perché solo correndolo si può ottenere quel risultato di bonifica dei mercati finanziari, i cui principali beneficiari non potranno che essere le stesse banche.

Il problema del moltiplicatore non è questione tecnica, ma politica: se lo Stato ha affidato ai Confidi il compito di gestire denaro pubblico, lo ha fatto nella prospettiva di un moltiplicatore più elevato, affinché 100 diventasse 1000, altrimenti non ci sarebbe stata ragione di attivare tutta questa realtà di credito sussidiario. Per questo è stata chiesta una maggiore assunzione di responsabilità a tutto il sistema creditizio nazionale.

Nella prospettiva di una diversa apertura sul merito del credito vanno affrontate e superate alcune questioni. Ad esempio, che senso ha una posizione generalizzata di rifiuto di accesso al credito a chiunque sia stato protestato? Può esserci un soggetto meritevole anche se è stato una volta protestato, solo che occorre valutare caso per caso e comunque non rifiutare una valutazione sulla base del pregiudizio del protesto.

Un'altra questione da risolvere concerne i tempi delle decisioni sulle istruttorie. Quando si parla di imprenditori, soprattutto di quelli che si trovano in tali difficoltà economiche da chiedere l’accesso al Fondo di prevenzione, è necessario stabilire tempi certi e rapidi, sia in caso di risposta positiva che negativa.

Insomma all'esito di questo meccanismo virtuoso si dovrà consolidare la collaborazione tra i vari soggetti, ed è questa la ragione del tavolo comune fra ABI e Coordinamento nazionale Confidi che si è insediato presso l'Ufficio del Commissario. E' da valutarsi positivamente la disponibilità dei rappresentanti del mondo bancario a discutere i problemi posti sul tappeto, nella prospettiva di un rafforzamento del loro impegno. E' indubbiamente un fatto nuovo e importante l'avvio del tavolo comune.

Giustamente i Confidi hanno chiesto anche un investimento finanziario da parte delle banche per incrementare i fondi di garanzia soprattutto nelle aree del centro-sud. E' stato inoltre chiesto che il protocollo di intesa a cui si spera di pervenire, oltre a rappresentare uno schema per le intese da realizzare a livello locale con le singole banche, diventi parte integrante delle stesse convenzioni che si stipulano con i Confidi.

 

5. La prevenzione dell'usura

La questione dei Confidi non è del tutto riconducile alle questioni bancarie. C’è un problema che riguarda le associazioni di categoria affinché investano politicamente verso una migliore qualificazione dei fondi speciali che già esistono e soprattutto una loro maggiore diffusione nelle aree del centro-sud.

I dati di distribuzione dei fondi dell’art. 15 della L. 108/1996 nelle regioni del centro-sud sono assolutamente intollerabili. Per questa ragione il Commissario ha inviato una lettera aperta ai Presidenti nazionali delle associazioni di categoria per sollecitare un maggiore investimento politico: a questa iniziativa hanno già risposto i presidenti della Confindustria, della Confcommercio e della Confagricoltura.

C’è un altro aspetto invece che coinvolge le modalità di funzionamento di queste importanti realtà associative: fare prevenzione non può ridursi solo all’erogazione di un finanziamento, richiede anche una attività di formazione o di riconversione professionale. In certe situazioni di difficoltà finanziaria vale di più un consiglio, una consulenza che un finanziamento, che potrebbe solo aggravare l'indebitamento dell’operatore economico. Si tratta di puntare di più a questa preziosa attività di tutoraggio su cui già molte realtà dei Confidi stanno investendo.

E’ un dato di grande rilevanza politica quello contenuto nel disegno di legge per la Finanziaria 2001 licenziato dal Consiglio dei Ministri: vi si prevede all’art. 72, comma 14, che con decreto del Ministro dell’Interno, adottato di concerto con il Ministro del Tesoro, le somme del Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura possono essere destinate per gli anni 2001 e 2002 al finanziamento del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura di cui all’art. 15, comma 1 della legge 108/1996.

Il Fondo di solidarietà ha infatti ad oggi una disponibilità di circa 300 miliardi di lire, ed anche tenendo conto della eccezionale attività di questi primi mesi del Comitato di solidarietà per le vittime e dei prevedibili prossimi risarcimenti, è possibile stornare le somme necessarie al funzionamento del Fondo di prevenzione.

E’ un importante segnale politico che in occasione della partenza del Treno per la legalità della Confesercenti a Milano il 16-10-2000, il Ministro dell’Interno, Avv. Enzo Bianco, abbia espresso pubblicamente l’impegno ad emanare, non appena la legge finanziaria sarà approvata definitivamente, un decreto con il quale verranno destinati 100 miliardi prelevati dal Fondo di solidarietà al Fondo di prevenzione, per l’immediata prosecuzione dell’attività dei Confidi e delle Fondazioni. Questo, insieme ad un successivo intervento, potrà garantire la possibilità di funzionamento del Fondo di prevenzione fino al 2003. E’ inoltre necessario che in sede di approvazione della Finanziaria il Parlamento renda permanente lo stanziamento per il Fondo di prevenzione, così come già indicato nel collegato alla Finanziaria del 2000.

 

6. Aspetti normativi

Si sono avute alcune importanti innovazioni normative di cui è utile riferire.

1) Anagrafe dei rapporti di conto e di deposito (D.M. Tesoro 4 agosto 2000 n. 269): è stata prevista, presso il Ministero del Tesoro, dall'art. 20, comma 4, della legge 413/91 (disposizioni per ampliare le basi imponibili, razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento). Si riferisce a "conti, depositi nominativi o al portatore, in denaro o in titoli, di qualunque importo, nonché ogni altro rapporto continuativo rientrante nell'esercizio dell’attività istituzionale dell’intermediario relativo all'amministrazione o gestione di attività patrimoniale della clientela".

La portata innovativa del provvedimento consiste nella possibilità per i soggetti abilitati ai sensi dell'art. 4 del decreto medesimo (autorità giudiziaria, Presidenza del Consiglio, Ministro dell'Interno, autorità di sicurezza pubblica...) di richiedere, con riferimento a persone fisiche o giuridiche specificamente individuate, l'esistenza di rapporti di conto o di deposito alle medesime intestati o cointestati o relativamente ai quali essi agiscono in nome e per conto o ne possono disporre nell’ambito dell’archivio unico informatico tenuto dagli intermediari creditizi o finanziari.

Il provvedimento rappresenta un segnale normativo preciso, utile non solo a fini di trasparenza ma anche di prevenzione antiusura.

2) L. 18 agosto 2000, n. 235 (nuove norme in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti cambiari) che entrerà in vigore il 120mo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 3.8.2000 – Serie Generale n. 200.

Le linee guida della nuova normativa sono:

    1. maggiore congruità dei termini di pagamento di una cambiale o di un vaglia cambiario dopo la levata di un protesto;

    2. eliminazione del duplice elenco dei protesti – ora presso il Tribunale e presso la Camera di Commercio - e sostituzione con un unico registro informatico tenuto dalle Camere di Commercio;

    3. semplificazione delle procedure di iscrizione e cancellazione onde consentire agli operatori economici di poter rientrare al più presto nel circuito del credito, evitando il rischio di usura (in dettaglio, il debitore che intende eseguire il pagamento di un titolo di credito ha a disposizione un anno dalla levata del protesto e non 60 giorni, come prima);

    4. possibilità del debitore, dopo il pagamento, di proporre l’istanza di cancellazione non più al Presidente del Tribunale, bensì alla Camera di Commercio presentando il titolo quietanzato;

    5. l’obbligo da parte della Camera di Commercio di accertare la regolarità dell’adempimento e disporre la cancellazione nei venti giorni dalla presentazione dell’istanza;

    6. l’obbligo della Camera di Commercio di conservare la notizia di ciascun protesto levato nel registro informatico fino alla cancellazione, senza attendere i 5 anni prima previsti al fine di evitare gli effetti negativi della notorietà del protesto.

3) Albo dei mediatori creditizi. Tra le disposizioni attuative della legge 108/1996, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il regolamento attuativo dell’albo dei mediatori creditizi, previsto dall’art. 16, comma 2, della normativa antiusura, che prevede: la specificazione del contenuto dell’attività di mediazione creditizia, l’istituzione di un apposito albo e la fissazione delle modalità per la cancellazione e forme di pubblicità dello stesso.

Il regolamento è chiamato a disciplinare un settore collegato a quello creditizio e delineare il contenuto di quella mediazione e consulenza nella concessione di finanziamenti da parte di quei soggetti il cui libero esercizio la legge ha inteso subordinare alla iscrizione in un apposito registro per conferire al settore maggiore trasparenza, nella consapevolezza che, in talune realtà, tale settore assume un ruolo fondamentale nella concessione stessa del credito, ovvero nell’indirizzo della clientela verso gli operatori finanziari.

In concreto il regolamento definisce la funzione del mediatore creditizio; disciplina l’albo, i requisiti per essere iscritti e il contenuto della domanda di iscrizione; prevede la cancellazione e la sospensione dall’albo; assicura un regime di controllo sull’osservanza delle disposizioni in materia di trasparenza e antiriciclaggio, dettando disposizioni transitorie. Il regolamento in oggetto rappresenta una condizione indispensabile per la configurazione del reato di esercizio abusivo dell’attività di mediazione previsto dallo stesso articolo 16 della legge antiusura.

Per completezza è opportuno richiamare l’attenzione su un’ipotesi di schema di legge regionale al quale si è lavorato in questi mesi, anche prendendo spunto da alcuni significativi interventi già realizzati dalla regione Sicilia e dalla regione Piemonte. Nella relazione mensile dello scorso luglio si sono tracciate le possibili linee guida e sono state sottoposte all’attenzione di tutti i Presidenti delle Regioni.

 

7. La campagna di informazione

L’art. 6 del D.P.R. 455 del 16 agosto 1999, regolamento di attuazione della L. 44/99 prevede che il Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura predisponga un programma di informazione, finalizzato a promuovere la più ampia conoscenza dei fenomeni dell’estorsione e dell’usura, dei danni da questi provocati sull’economia e delle misure di sostegno e di assistenza in favore delle vittime dei relativi reati previste dalla normativa vigente.

Per adempiere a questo compito il Commissario, sulla base di una deliberazione del Comitato, ha investito 5 miliardi di lire in una campagna di informazione che prenderà l’avvio nel mese di novembre 2000. Strumenti di questa campagna saranno spot televisivi e radiofonici, manifesti murali e depliant informativi, oltre ad un sito internet e ad un call-center al quale corrisponderà un numero verde per richiedere informazioni.

Tale campagna, di cui si è parlato diffusamente nella relazione mensile dello scorso luglio, è stata concordata in una riunione tenutasi il 30 maggio u.s. alla quale sono stati invitati soggetti istituzionali, del mondo dell’impresa e del mondo del volontariato, tutti impegnati in questo campo, ognuno per le sue competenze, e con i quali si è affrontato il nodo dell’impostazione politica.

Alla riunione hanno partecipato i rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’editoria, i componenti del Comitato che gestisce il Fondo di solidarietà, rappresentanti della Consulta delle Fondazioni antiusura, dell’Adiconsum, della Federazione delle Associazioni Antiracket, dell’Osservatorio sulla criminalità del CNEL, della Provincia e del Comune di Roma, della Regione Toscana, dell’Associazione "Libera", del Forum Antiusura, dello Sportello scuola e volontariato della Commissione antimafia, della Confartigianato, della Confcommercio.

La discussione si è rivelata utile perché si è ottenuta una convergenza di intenti sulle caratteristiche fondamentali della campagna di informazione.

Prima di avviare la campagna di informazione, l’ufficio ha organizzato un’attività formativa rivolta ai "referenti per l’informazione" designati dalle associazioni e dalle Prefetture per gestire il rapporto con gli utenti. Si sono svolti tre seminari della durata di due giorni presso la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’interno per aree geografiche (nord, centro, sud) a cui hanno partecipato complessivamente 192 persone in rappresentanza di 94 Confidi, 19 Fondazioni antiusura, 28 associazioni antiracket e 37 Prefetture. L’obiettivo di tale attività formativa è stato quello di offrire adeguati strumenti di tecniche di comunicazione per mettere in grado i singoli operatori di affrontare le numerose esigenze degli utenti che saranno sollecitati dalla campagna di informazione.

 

8. L’ufficio

In questo anno si è provveduto a strutturare l’Ufficio del Commissario impegnando anche personale esterno all’amministrazione dell’interno, con la presenza di funzionari e ufficiali delle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Finanza) e con personale proveniente da altre amministrazioni (Giustizia). L’Ufficio oggi è così composto:

  1. un ufficio di Gabinetto, che cura l’organizzazione dell’ufficio nel suo complesso, la gestione del personale, le pubbliche relazioni, il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura sul territorio nazionale, il rapporto con il pubblico;

  2. un ufficio studi e coordinamento, per l’approfondimento delle problematiche giuridiche in materia di estorsione ed usura, nonché l’elaborazione di proposte ed interpretazioni.

A fianco della struttura del Commissario opera l’Ufficio di supporto al Comitato.

 

9. La svolta della convenienza

Con l’approvazione da parte del Parlamento della legge 44/99, la pubblicazione del regolamento attuativo, l’insediamento del nuovo Comitato e i risultati conseguiti nell’applicazione della legge si sono create le condizioni per l’avvio di una nuova fase nella lotta al racket ed all’usura. Queste condizioni devono essere pienamente comprese e valorizzate, in primo luogo per quanto riguarda la crescita del movimento antiracket.

Dopo l’esperienza ricca, preziosa ed importante di questi ultimi 10 anni, si tratta di trasformare la lotta di una avanguardia in una realtà di massa.

L’associazionismo che si è creato e che è cresciuto in questi 10 anni ha segnato un passo fondamentale nella costruzione di una efficace strategia di lotta al fenomeno dell’estorsione, ma ha avuto un limite fondamentale sotto il profilo numerico. E’ stato cioè un movimento che ha interessato una fetta ristretta degli operatori economici, prevalentemente piccoli e medi, un movimento che ha potuto diffondersi e radicarsi soprattutto nei piccoli e medi centri e in alcune aree geografiche (Sicilia orientale, province di Reggio Calabria e di Brindisi, etc.): si tratta di un movimento di avanguardia.

Per aprire una nuova fase, si deve investire sulla dimensione della convenienza: solo così la lotta all’estorsione e all’usura non rimarrà l’espressione di una coraggiosa testimonianza civile. Per incidere sui grandi numeri e per gettare le basi per la soluzione del problema, bisogna incamminarsi su questa strada.

Devono essere sempre di più i cittadini impegnati sulla strada della legalità e della libertà dai condizionamenti criminali. Per raggiungere questo obiettivo bisogna con coraggio far leva sull’interesse dell’imprenditore a trovare una ragione di convenienza nell’opporsi o nel resistere ai condizionamenti criminali. Per questo è necessario creare condizioni tali per cui stare dalla parte della legge e dello Stato diventi "economicamente" utile per ogni imprenditore: è questa una rivoluzione copernicana.

Lo Stato sta facendo la sua parte: c’è una legislazione che funziona e che riesce a neutralizzare gli attacchi alla sicurezza del bene impresa attraverso il risarcimento del danno causato da attentati di matrice estorsiva. E tuttavia questo non basta: la legislazione interviene solo successivamente al danno subito, ricreando le condizioni di equilibrio causate dal danno stesso, ma è necessario andare oltre.

Se si assume che è l’impresa che resiste al ricatto estorsivo a pagare un costo aggiuntivo ed è quindi svantaggiata rispetto a quelle imprese che cedono allo stesso ricatto; se in terra di mafia la presenza di "cosa nostra" si realizza in termini di controllo dell’economia al punto di determinare le regole stesse del mercato; se il porsi in una posizione non conflittuale con l’organizzazione mafiosa per l’impresa, soprattutto quando è di grosse dimensioni, può equivalere ad una legittimazione ad operare sul mercato, e quindi ad avere un ritorno indiretto; allora bisogna pensare ad altri strumenti che intervengano prima, e che rendano conveniente la scelta della legalità in una fase precedente.

Nelle scorse settimane si è posta all’attenzione del dibattito nazionale l’idea di prendere in considerazione la possibilità dell’esclusione dalle gare di appalto delle imprese che pagano il pizzo: è solo un’ipotesi utile a rendere il senso dell’operazione politica. Il problema è quello di tradurre in pratica quel concetto di convenienza che abbiamo individuato come il grimaldello capace di scardinare un sistema antico e consolidato.

Si tratta di costruire un sistema di compensazione capace di riequilibrare la condizione dell’impresa più svantaggiata sul mercato perché più esposta. Bisogna pensare ad iniziative correttive delle distorsioni del mercato causate dalla presenza mafiosa. Per raggiungere questo obiettivo bisogna attivare un meccanismo che da un lato favorisca chi resiste, e dall’altro scoraggi chi cede. Si può pensare a forme di sgravi fiscali, ad esempio, a partire dalla de-tassazione del costo del lavoro; un’ipotesi questa che fra l’altro avrebbe positive ripercussioni sul terreno occupazionale e coinvolgerebbe i dipendenti in un più complessivo progetto di legalità.

Per avviare questa nuova fase è necessario coinvolgere nella discussione anche i soggetti che tradizionalmente non hanno avuto un ruolo da protagonisti. E’ necessario in primo luogo il coinvolgimento del mondo della grande impresa. E’ per questo che in occasione dell’anniversario della morte di Libero Grassi abbiamo indirizzato una lettera al Presidente della Confindustria, Antonio D’Amato, ponendo l’accento sulla necessità di ristabilire le regole della concorrenza per garantire agli imprenditori condizioni di parità sul mercato, ma soprattutto abbiamo chiesto l’apertura di un dialogo serrato, di un impegno concreto di tutti, richiamando anche l’attenzione sull’importanza strategica che questa riflessione ha in un momento come quello attuale in cui con il progetto "Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia" il Governo ha investito molte risorse ed ha creato un’occasione per la costruzione di strategie di contrasto delle attività illegali. Abbiamo avuto segnali di disponibilità e di apertura dal Presidente D’Amato ed approfondiremo le riflessioni nelle prossime settimane.

Oggi abbiamo una grande occasione che sarebbe delittuoso lasciarsi sfuggire.

In primo luogo una legislazione nuova ed efficace: l’insieme delle disposizioni normative approvate dal 1999 ad oggi ha creato un quadro di riferimento che costituisce una base di partenza per garantire alcune condizioni essenziali. Il Fondo di solidarietà per le vittime è oggi, contro tutte le pessimistiche previsioni, una realtà che funziona (e i dati che abbiamo citato lo dimostrano) e che sta lentamente consentendo di ricostruire quel rapporto di fiducia fra i cittadini e le istituzioni che si era attenuato.

C’è poi una diversa e più forte sensibilità istituzionale, sia centrale che periferica. Non è solo l’Ufficio del Commissario ad essere impegnato, ma anche le Prefetture, dove lavorano senza clamore funzionari preparati, appassionati e motivati, che ogni giorno costruiscono una nuova frase all’interno del dialogo con i cittadini; comincia a costruirsi anche una rete all’interno delle forze dell’ordine che può costituire valido punto di riferimento su questi temi.

C’è una collaudata esperienza associazionistica, che, con i limiti detti, è però un punto di partenza irrinunciabile ed una straordinaria ricchezza per il ragionamento che portiamo avanti.

Infine c’è la possibilità per la prima volta di fare informazione sugli strumenti a disposizione, sulle opportunità offerte, sulle nostre ragioni: è la campagna di informazione che prenderà l’avvio nel mese di novembre e che sarà un’occasione irripetibile per coinvolgere gli uomini e le donne di questo Paese sui temi della legalità e dei diritti.

Al termine della campagna di informazione, a gennaio, si svolgerà la Prima Conferenza Nazionale contro l’estorsione e l’usura a Roma: un momento in cui tutti i soggetti, istituzionali e non, che sul territorio svolgono una battaglia quotidiana contro questi fenomeni criminali, potranno confrontarsi, ritrovarsi, conoscersi per dare nuovo slancio e nuovo respiro al nostro comune impegno.

 

 

(Tano Grasso)

 

 

Roma, 23 ottobre 2000

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