UNDICESIMA RELAZIONE DEL

COMMISSARIO PER IL COORDINAMENTO

DELLE INIZIATIVE  ANTIRACKET ED ANTIUSURA

 

 

Luglio 2000

 

 

1.Ipotesi di legislazioni regionali

 

In questi mesi da più parti è stata richiamata l’esigenza di promuovere autonome iniziative legislative da parte delle regioni, anche prendendo spunto da alcuni significativi interventi già realizzati dalla regione Sicilia e dalla regione Piemonte. Nella relazione mensile dello scorso aprile ci siamo preoccupati di indicare alcuni possibili campi su cui intervenire. La legislazione nazionale, che affronta e risolve molti importanti problemi, può costituire un quadro entro cui vi sia spazio per specifici interventi regionali, complementari al sistema normativo di tutela delle vittime da parte dello Stato. L’esperienza delle legislazioni regionali finora emanate può offrire degli spunti propositivi assai interessanti che potrebbero essere attenzionati da altre regioni.

 

a)     Per quanto riguarda aspetti specifici delle legislazioni regionali si richiama l’opportunità di intervenire, come già fatto dalla regione siciliana (art. 9 L.R. n. 20/1999), con il finanziamento delle spese per la costituzione di parte civile delle associazioni che intervengono sia nei procedimenti penali per i reati mafiosi, che in quelli per usura e per estorsione.

b)     Sempre la regione siciliana, con l’art. 17, è intervenuta in un campo assolutamente decisivo per il consolidamento delle associazioni antiracket ed antiusura e per la loro promozione. Si tratta di associazioni che operano in regime di volontariato e che molto spesso si trovano ad avere concrete difficoltà di gestione. La legge siciliana per queste associazioni, regolarmente riconosciute e iscritte negli appositi albi prefettizi, prevede un contributo sino ad un massimo di 50 milioni per il perseguimento delle loro finalità.

c)     Un ulteriore intervento potrebbe essere rivolto a finanziare alcune attività delle medesime associazioni, in particolare quella rivolta all’assistenza e consulenza amministrativo-contabile a soggetti che hanno denunciato gli estortori o gli usurai. Molto spesso questo sostegno è indispensabile per consentire alla vittima che si espone di essere sostenuta nella gestione della propria attività aziendale. La risposta più efficace alla criminalità deriva anche dal mantenimento sul mercato dell’imprenditore che ha denunciato. In particolare nell’esperienza del Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura, questo tipo di attività di tutoraggio si rivela quanto mai indispensabile.

d)     E’ altresì importante garantire un’assistenza legale a quei soggetti che hanno denunciato gli usurai. L’usurato è ovviamente un soggetto con immense difficoltà economiche, assolutamente impossibilitato a sostenere l’onere di una adeguata assistenza legale e, quindi, a costituirsi parte civile nel procedimento penale. Un intervento di questo tipo può essere di forte incoraggiamento alle denunce, anche perché la presenza nel processo consente alla vittima di ottenere più agevolmente il risarcimento del danno subito.

e)     La legge regionale del Piemonte (art. 2 L.R. 11/2000) interviene per integrare il fondo statale riservato ai fondi speciali antiusura costituiti dai Confidi, entro un massimo del 20% delle erogazioni effettuate dallo Stato. Anche questo tipo di intervento può essere di notevole utilità in quanto consolida l’attività di prevenzione antiusura dei Confidi e, soprattutto, ne incoraggia la diffusione. Un intervento di questo tipo è tanto più necessario nelle regioni meridionali dove la diffusione dei Confidi, rispetto al nord del paese, è quanto mai limitata. La regione Piemonte (art. 6) prevede anche per le associazioni e le fondazioni che operano nel campo della prevenzione dell’usura contributi per iniziative a favore delle vittime.

f)       La regione siciliana (art. 12) è intervenuta inoltre offrendo un contributo del 60% fino ad un massimo di 10 milioni sugli importi per l’acquisto e l’installazione presso aziende di impianti elettronici di rilevamento di presenze estranee e di registrazione audiovisiva. Come è evidente, può essere questo un intervento utile a prevenire fenomeni criminali ai danni delle imprese e ad innalzare il livello di sicurezza delle stesse.

g)     La regione siciliana offre un ulteriore contributo alle vittime dei vari fenomeni criminali offrendo ad essi un indennizzo una tantum. Potrebbe questo essere un intervento utile nel caso in cui vi siano operatori economici che subiscono danni da attività criminali non riconducibili a quelle estorsive o usurarie tutelate dalla legge nazionale.

 

 

2. La campagna di informazione

 

L’avvio della campagna di informazione non è solo un obbligo di legge, ma risponde all’esigenza di costruire una nuova fase nell’iniziativa di contrasto. Essa è, pertanto, strumentale all’obiettivo di trasformare il movimento antiracket ed antiusura da una dimensione di testimonianza e di avanguardia in quella di un diffuso movimento di massa, attraverso un più ampio coinvolgimento delle vittime.

 

In questi mesi, la strategia di coordinamento dell’ufficio del Commissario ha posto al centro della lotta al racket ed all’usura una più consapevole assunzione di responsabilità da parte delle vittime; lo si è detto molte volte e lo si vuole ripetere: solo attraverso la collaborazione delle vittime con le istituzioni si possono ottenere significativi risultati sia sotto il profilo del contrasto giudiziario sia sotto quello della riduzione della diffusione di questi due fenomeni.

 

Per queste ragioni occorre essere in grado di comunicare in maniera chiara un messaggio positivo per coinvolgere le vittime.

 

I protagonisti dei fenomeni criminali trasmettono dei messaggi che scoraggiano le vittime a resistere e ad opporsi. Nell’attività del pizzo l’organizzazione mafiosa in questi anni ha consolidato un suo codice comunicativo con messaggi chiari, duraturi, efficaci e di immediata comprensione; una nuova fase di lotta al racket passa attraverso la contestazione, punto per punto, dei messaggi mafiosi.

 

L’esperienza di questi anni ci dice che il primo di questi messaggi è: “Se tu resisti o addirittura ti opponi al pagamento del pizzo, noi colpiamo la tua azienda e ti procuriamo un danno economico tale da rendere irrisoria la modesta cifra che ti chiediamo”.

 

Tale messaggio si contrasta valorizzando lo strumento di cui lo Stato si è dotato e che consente di risarcire in tempi rapidissimi l’eventuale danno prodotto dall’organizzazione mafiosa. Oggi, attraverso la nuova legge antiracket, lo Stato è in grado di dire con assoluta certezza ad un operatore economico: “Se subisci un danno alla tua azienda, noi siamo in grado di risarcirlo immediatamente; se la mafia ti danneggia il negozio, noi te lo facciamo riaprire più bello di prima e in tempi rapidi”.

 

Tale affermazione è oggi assolutamente credibile grazie all’attività del nuovo Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura che in poco più di sei mesi ha erogato più di 20 miliardi ad oltre 80 operatori economici.

 

Non siamo più di fronte ad una petizione di principio, ma ad un dato concreto. Se l’attentato all’azienda minaccia la sicurezza dell’impresa, la risposta dello Stato vanifica la ragione stessa dell’atto intimidatorio, e quando questo dovesse avvenire ugualmente, ne annulla gli effetti di insicurezza per le prospettive economiche del commerciante. Soprattutto per chi vive del proprio onesto lavoro, molto spesso con un piccolo negozio o una modesta azienda, frutto della fatica di generazioni, del sacrificio quotidiano, di notti insonni, la sicura garanzia offerta dallo Stato è un messaggio che ha un valore assolutamente eversivo.

 

Il secondo messaggio del codice comunicativo di “Cosa nostra” riguarda la minaccia alla sicurezza personale. Si dice, in un crescendo dell’atto intimidatorio rispetto al livello di reazione della vittima: “Se denunci noi ti uccidiamo”.

 

L’uccisione di un commerciante che denuncia non è motivata da sentimenti di vendetta per l’arresto dell’estortore o per il mancato profitto criminale. L’omicidio dell’imprenditore ha un valore altamente simbolico: se ne colpisce uno per educarne 100. La morte dell’imprenditore è lo strumento pedagogico dell’associazione mafiosa per impedire che altri possano seguirne l’esempio.

 

Gli omicidi di quest’ultimo decennio, pur essendo tra loro diversi, hanno purtroppo realizzato il medesimo risultato. Così è stato a Palermo con Libero Grassi, a Foggia con Giovanni Pannunzio, a Gela con Gaetano Giordano: in queste realtà l’omicidio ha impedito una significativa reazione da parte degli operatori economici, fatta eccezione per qualche significativo e isolato episodio di ribellione, e si è dovuto attendere anni perché avvenisse.

 

Quando è in gioco la vita stessa dell’operatore economico, non è facile contrapporre un messaggio positivo. Ma anche su questo terreno vi è un’alternativa che occorre comunicare con un messaggio capace di annullare il terrore prodotto dalla mafia. La risposta è più facile e, soprattutto, più efficace di quanto si possa immaginare.

 

Oggi non è più vero che chi denuncia rischia la vita: se si denuncia con altri, attraverso l’associazione antiracket, il rischio si riduce notevolmente. Anche questa non è una mera affermazione di principio, ma un dato di fatto frutto di una esperienza concreta, che ha portato centinaia di commercianti a testimoniare nelle aule di tribunale, a far condannare gli estortori a migliaia di anni di pena, senza che si sia mai verificato un solo atto di rappresaglia. Ciò è stato possibile perché quando la denuncia non avviene nella terribile condizione di isolamento e di solitudine, il rischio si riduce notevolmente, sino a divenire fisiologico.

 

Il messaggio alternativo a quello di Cosa nostra deve valorizzare l’efficacia della risposta associativa e quindi promuovere queste esperienze. Al terrore del messaggio mafioso dobbiamo contrapporre la forza che si ricava dall’essere in tanti. L’attività associativa, inoltre, determina una positiva reazione psicologica, per niente secondaria per contrapporsi alle dinamiche di potere dell’associazione mafiosa. Quando si è soli ed isolati, ci si sente sempre insicuri e si è alla mercè dell’intimidazione mafiosa; quando si è con altri colleghi e con essi si condivide l’esperienza del confronto con il fenomeno mafioso, la soglia di percezione dell’insicurezza si abbassa notevolmente, si diventa forti. L’estortore appare nella sua nudità, come un criminale che può imporre la sua violenza solo a seguito della debolezza della vittima, un criminale che può essere sconfitto.

 

Un terzo messaggio si manifesta in forme meno clamorose, ma altrettanto insidiose. Non ci sono atti di violenza ai danni delle vittime, ma si gioca semplicemente sulla debolezza dello Stato. “Chi te lo fa fare - dice il mafioso al commerciante - a metterti contro di noi, quando dall’altra parte vi è uno Stato per nulla credibile? In fondo - continua - non ti stiamo chiedendo una cifra impossibile, il pizzo può essere uno dei tuoi costi di impresa, del resto è proporzionale al tuo reddito e da questo punto di vista è giusto. Perché devi essere così stupido da metterti nelle mani dello Stato che poi ti lascerà in mezzo ad una strada e non riuscirà neanche a garantirti la necessaria protezione?”.

 

Questo è il messaggio che è più difficile contestare. Intanto, perché purtroppo in questi anni l’esperienza di chi ha denunciato è stata quella di soggetti “perdenti”, doppiamente penalizzati, costretti spesso a chiudere la propria azienda, ad abbandonare il proprio ambiente e i propri amici, a sradicare la propria famiglia. Per questo la risposta più efficace deve esser quella di presentare come modello vincente quello di chi si oppone: vincente sia sotto il profilo economico, in quanto il danno che potrebbe subire viene garantito dallo Stato, sia sotto il profilo dell’inserimento nella propria comunità.

 

Il risarcimento assicurato dalla legge antiracket interviene come strumento di difesa; si tratta invece di porsi in una condizione di attacco.Il messaggio decisivo deve essere: la collaborazione con lo Stato è assolutamente conveniente. Oggi si può parlare di una sensibilità nuova delle istituzioni su queste problematiche: da questo punto di vista ormai vi sono segnali quanto mai consolidati. L’impegno dello Stato toglie ogni alibi a quanti, per sottrarsi ad una personale assunzione di responsabilità, invocano l’inaffidabilità delle istituzioni.

 

Occorre, però, un’iniziativa che renda più credibile l’opzione della convenienza della denuncia rispetto alla rassegnazione. Intanto bisogna porre l’accento sulla caratteristica più insidiosa della dinamica estorsiva, che a fronte di modeste richieste di pizzo realizza pericolose forme di invischiamento e di coinvolgimento della vittima in pericolose attività criminali, fino a giungere all’inevitabile complicità; questa infatti entra in una torbida area di rischio, mettendo a repentaglio la propria stessa vita come orbitante nell’area delle associazioni criminali. Ma questo non basta; la convenienza deve manifestarsi in un netto ritorno economico. Questa oggi non è una generica speranza che si esibisce agli operatori economici, ma una concreta possibilità. Liberare l’economia dai condizionamenti criminali produce inevitabilmente un rinvigorimento della capacità di impresa, della voglia di investire e di lavorare. Non in una prospettiva lunghissima, ma nel medio termine si può realizzare un mercato in cui ogni impresa sia finalmente libera, in condizione di parità con tutte le altre e con le medesime opportunità: questa è la precondizione di un qualsiasi sviluppo economico.

 

La dimensione di massa dell’antiracket si fonda sul principio di convenienza. La scelta di denunciare non può più essere solo una scelta di tipo morale che impegni la propria coscienza: se si vuole costruire questa nuova prospettiva bisogna sollecitare l’interesse economico dell’imprenditore attorno alla convenienza.

 

Anche per contrastare il fenomeno dell’usura occorre promuovere messaggi comunicativi capaci di contrastare quelli degli usurai e non solo di essi.

 

Un primo messaggio che prioritariamente occorre contrastare è quello che considera l’usura come l’unica soluzione per una drammatica difficoltà economica. Quando si ha bisogno impellente di denaro e si trovano tutte le porte chiuse, l’usuraio può apparire come il salvatore; lo strozzino stesso accredita tale positiva immagine di sé e proprio su ciò fonda quel perverso legame di dipendenza con cui tiene legata la vittima. Sappiamo tutti che non è così, e bisogna insistere nel rappresentare al contrario le insidie dell’usura. Chiunque si sia rivolto ad un usuraio ha incontrato solo e sempre il proprio carnefice, colui che attraverso gli interessi a strozzo toglie ogni bene, ogni proprietà, anche la libertà alla propria vittima.

 

Un secondo messaggio negativo da aggredire è quello che porta la vittima a giustificare comunque il ricorso all’usuraio. Dice a se stessa che nessuno è disponibile all’aiuto, che vi è una grave responsabilità delle banche che non offrono denaro in prestito, che la comunità nel suo insieme manifesta ostilità nei confronti di chi si trova ai margini della vita economica.

 

Gli atteggiamenti giustificatori sono quanto mai pericolosi perché possono diventare un alibi per il ricorso all’usura. Il messaggio da promuovere, da un lato, deve essere quello di uno Stato e di una comunità che manifestano a chi si trova in difficoltà economiche o è già vittima di usura una concreta solidarietà, una concreta condivisione del destino di sofferenza: in tal senso a partire dagli aspetti normativi ha finalmente fatto passi avanti l’idea che chi è usurato è meritevole della condizione di vittima, indipendentemente dalla responsabilità che egli ha o ha avuto nel determinare il suo percorso d’usura. Dall’altro lato però non bisogna avere alcuna esitazione, né giustificare a nessun costo anche di fronte a qualunque altra difficoltà il ricorso al credito usurario; anzi, la solidarietà verso chi è vittima deve essere accompagnata da un atteggiamento di critica e di correzione di un errore compiuto. In questa prospettiva un messaggio positivo non può che essere anche educativo, in primo luogo rivolto a promuovere un uso responsabile del denaro.

 

Un terzo messaggio da contrastare è quello secondo il quale il soggetto che si trova in difficoltà economiche non ha di fronte a sé alcuna alternativa. Questo per fortuna non è più vero, anche se ancora molta strada deve essere compiuta. Esiste oggi nel nostro paese, da un lato, una realtà di associazioni capaci di costruire una credibile alternativa per chi si trova in difficoltà economiche, dall’altro, una impegnativa legislazione capace di offrire aiuto adeguato a chi si trova in difficoltà economiche o a chi è vittima di usura.

 

Lo Stato ha il dovere di valorizzare gli strumenti di cui si è dotato. Chi è sotto usura e svolge un’attività economica, se denuncia può ottenere un mutuo senza interessi per reinserirsi nell’economia legale. Oggi si è in grado di erogare questo mutuo in tempi brevi e ciò non può che costituire un oggettivo incoraggiamento ad abbandonare la condizione di dipendenza usuraria. E’ questa una ragione non secondaria che rende conveniente la denuncia. Per chi invece si trova in difficoltà economiche esiste la possibilità di un concreto aiuto in termini di prevenzione sia attraverso le fondazioni sia, in caso di operatori economici, attraverso i Confidi.

 

La campagna di comunicazione che abbiamo impostato, se punta a demolire quei messaggi negativi legati a fenomeni estorsivi ed usurari ha, e non potrebbe essere altrimenti, un’innegabile forza positiva. Non è drammatizzando la condizione delle vittime che si può aprire una prospettiva di speranza; bisogna al contrario valorizzare il più possibile la condizione di chi non è vittima, di chi non lo è più, di chi ha trovato la forza per uscirne: qui si fonda la forza del messaggio positivo.

 

 

 

Roma, 28-8-2000

 

 

(Tano Grasso)


 

ATTIVITÀ DEL COMMISSARIO

MESE DI LUGLIO 2000

 

Rapporti con le Associazioni

 

 

6 luglio: Roma, assemblea nazionale di SOS impresa

 

7 luglio: Gioia Tauro, riunione con l’associazione antiracket

 

10 luglio: Roma, incontro con l’Ambulatorio Antiusura

 

12 luglio: Roma, partecipazione all’assemblea nazionale della Consulta delle Fondazioni cattoliche

 

24 luglio: Messina, incontro con le associazioni antiracket con la partecipazione del Presidente della Commissione Antimafia, on. Giuseppe Lumia

 

24 luglio: Barcellona, partecipazione all’udienza del processo con la costituzione di parte civile dell’Associazione antiracket

 

Iniziative sul territorio

 

5 luglio: Palermo, dibattito sui temi della lotta alla mafia presso la Festa di “Liberazione”

 

13 luglio: Roma, partecipazione all’Assemblea annuale dei Confidi di Fedart – Fidi

 

17 luglio: Locri, incontro con il Vescovo, mons. Giancarlo Bregantini

 

28 luglio: Roma, incontro con associazioni e fondazioni antiusura del Lazio, in occasione della presentazione del disegno di legge regionale in materia di usura del gruppo DS alla Regione Lazio

 

 

Rapporti istituzionali

 

 

4, 5, 12, 18, 19, 25, 26 luglio: Roma, sedute del Comitato di Solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura

 

4  luglio: Roma, incontro con il Ministro dell'Interno, Avv. Enzo Bianco

 

6 luglio: Roma, incontro con il Ministro dell’Industria, On. Enrico Letta

 

6 luglio: Roma, audizione in Commissione Antimafia (comitato racket e usura)

 

7 luglio:  Vibo Valentia, Comitato provinciale per l’Ordine e la sicurezza pubblica, allargato ai rappresentati delle Associazioni di categoria

 

21 luglio: Roma, riunione della Commissione tecnica per la gara di appalto della campagna di informazione

 

27 luglio: Roma, briefing con le agenzie invitate per la gara di appalto della campagna di informazione

 

31 luglio: Locri, riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica allargato ai sindaci della Locride

Testo ospitato sul sito
http://www.antiracketusura.it/