NONA RELAZIONE DEL

COMMISSARIO PER IL COORDINAMENTO

DELLE INIZIATIVE  ANTIRACKET ED ANTIUSURA

 

 

Maggio 2000

 

 

 

 

  1. L’applicazione della legge

 

Il 31 maggio e il 1° giugno si è svolta la seconda riunione seminariale del Comitato di Solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura allargata ai referenti delle Prefetture. In questa sede si è fatto il punto su alcune questioni emerse in questi primi mesi di applicazione della legge e sono state svolte alcune significative valutazioni, utili alla successiva applicazione della legge.

Si sono definite alcune linee guida nell’interpretazione della legge che, comunque, non possono considerarsi definitive né esaustive delle possibilità di applicazione della normativa.

 

In particolare, fra l’altro, ci si è soffermati sui seguenti argomenti:

 

 

A. Valutazione equitativa nelle procedure di accesso al Fondo di Solidarietà, con particolare riferimento all’applicazione dell’art. 14 della legge 108/1996.

 

Il criterio di valutazione “in via equitativa” estende la sua applicazione anche alla procedura per l’accesso al Fondo di solidarietà di cui all’art. 14 della legge 108/1996.

 

In merito alla sua applicazione:

 

  1. dovrà riferirsi, in via ordinaria,  alla determinazione del mancato guadagno; in casi particolari, motivati dal Comitato in relazione alle difficoltà di accertamento del danno usurario, anche tenendo conto della documentazione giudiziaria allegata, potrà riguardare anche lo stesso danno usurario, per effetto degli interessi e degli altri vantaggi usurari corrisposti all’autore del reato;
  2. si potrà fare ricorso ad essa allorché non sia possibile fare riferimento  ad altro criterio codificato in disposizioni di legge specifiche;
  3. la determinazione dovrà svilupparsi secondo un giudizio di merito logico, di natura - secondo i casi - giuridica o contabile; dovrà essere dettagliatamente esplicitato nella informativa istruttoria di cui all’art. 11 del D.P.R. 455/1999, nonché ripreso e riverificato negli atti del Comitato.

 

 

B. Omissione o ritardo di integrazioni istruttorie nella procedura di accesso al Fondo di Solidarietà: le determinazioni da assumere sulla sorte del procedimento.

 

Il dibattito sviluppatosi sul tema ha consentito di pervenire alla determinazione di distinguere i due seguenti casi:

 

·         quello in cui gli atti e le informazioni da integrare siano espressamente richiesti quali elementi essenziali dell'istanza, ai sensi degli artt.7, 9 e 10 del D.P.R., n. 455/1999: in tal caso, può essere considerata la possibilità di una prima diffida (termine entro cui provvedere: 30 giorni) a produrre la documentazione integrativa al momento della ricezione dell'istanza e, successivamente, di una seconda diffida (termine entro cui provvedere: 15 giorni dopo la scadenza dei 60 previsti per l’istruttoria), allorché, decorso infruttuosamente il tempo dell'istruttoria (60/90 giorni), il Prefetto competente dovrà trasmettere il rapporto di cui all'art.11, comma 3, D.P.R.455/1999.

La contestazione - diffida deve essere:

 

1.     redatta per iscritto;

2.     corredata di motivazione e di previsione delle conseguenze;

3.     indicativa di un congruo termine per provvedere;

4.     formalmente comunicata.

 

Ciò non impedirà al Comitato, di considerare, poi, sospeso il corso dei termini o di intimare all’interessato un’ulteriore diffida;

 

 

·         quello in cui gli elementi sono richiesti ad uffici pubblici ovvero  all’Autorità Giudiziaria solo ai fini della valutazione dell'accoglibilità di un'istanza: il Comitato, specie nel caso di mancato parere del P.M., ritenuto indispensabile, potrà decidere di sospendere la procedura deliberativa sull’istanza, per un periodo di tempo congruo in relazione alla natura delle problematiche che impediscono l’acquisizione del parere.

 

C. Presentazione della domanda di accesso al Fondo. Termini.

 

Si riassumono, in via indicativa, le sottonotate situazioni con le interpretazioni correlate, circa i termini ritenuti validi per l’accesso al Fondo di Solidarietà; la questione, purtroppo, assume una particolare rilevanza per le istanze delle vittime di usura (non sono poche le domande non accolte perché fuori termine):

 

1)    denuncia di usura: nei successivi 180 giorni potrà essere presentata domanda (ciò potrebbe favorire la sospensione ex art. 20);

 

2)    notizia riscontrabile in atto processuale significativo dell’inizio delle indagini (tali sono quelli di cui è obbligatoria la notifica alla parte offesa, ovvero quelli attraverso cui l’interessato può acquisire la notizia di essere parte offesa): nei successivi 180 giorni potrà essere presentata istanza di accesso.

         Tra gli atti di cui sopra sono infatti da inserire le notifiche di ufficio (informazione di garanzia – art. 369 c.p.p.; la citazione in qualità di persona offesa – art. 377 c.p.p.; la richiesta di proroga di indagini preliminari – art. 406 c.p.p.; la richiesta di incidente probatorio – art. 395 c.p.p.; l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare a seguito della richiesta di rinvio a giudizio – art. 419 c.p.p.), nonché le risultanze di atti di iniziativa dell’interessato (accesso al registro delle notizie di reato mediante richiesta di certificazione ai sensi dell’art. 335 c.p.p., se il P.M. non ritiene - in presenza di specifiche esigenze - di apporre il segreto sulle relative iscrizioni);

 

3)    soggetto che ha presentato denuncia e non ha ricevuto alcun'altra comunicazione: poiché è verosimile che non abbia avuto conoscenza dell’inizio delle indagini, il soggetto potrà, dal momento in cui riceve comunicazione qualificata di essere parte offesa in un procedimento penale per usura, presentare l’istanza nei 180 giorni successivi;

 

4)    soggetto che non ha presentato denuncia ma viene sentito dalla P.G. o dal P.M. nel corso delle indagini: non sempre può presumersi che abbia acquisito consapevolezza di essere parte offesa, in senso tecnico, nell’ambito di un procedimento penale. Il termine di 180 giorni, per la presentazione della domanda potrà, in tal caso, decorrere dall’effettiva conoscenza di tali elementi;

 

5)    applicazione del D.L. 67/1997 (ammissibilità dell’istanza per fatti di usura verificatisi prima del 1° gennaio 1996):

 

a)    il soggetto sa, per atto formale, del procedimento in cui è parte offesa, prima dell’entrata in vigore del D.L. 67/1997: in tal caso egli ha avuto 6 mesi dal giorno successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. 67/1997 in oggetto per presentare istanza di mutuo (termine scaduto il 27.09.1997), purché il procedimento non sia stato definito in 1° grado al 24.3.1996, data di entrata in vigore della L. 108/1996;

b)    il soggetto ha presentato denuncia, anche dopo l’emissione del D.L. in questione, per fatti di usura anteriori al 1996. Successivamente non ha avuto alcuna notizia delle indagini, non ha ricevuto notifica di provvedimento significativo (informazione di garanzia, richiesta di rinvio a giudizio, decreto di rinvio a giudizio ecc.).

Senonché, in data successiva all’entrata in vigore del D.L. 67/1997 di cui sopra, riceve notifica di provvedimento in cui risulta parte offesa nel procedimento penale per il reato usura: in tal caso egli potrà legittimamente presentare nei 180 giorni successivi alla notifica del citato provvedimento istanza di accesso al mutuo purché nel procedimento non sia intervenuta sentenza di 1° grado.

 

 

D. Le fattispecie estorsive considerate dalla legge n. 44/1999.

 

Premesso:

  • che il Fondo è  uno strumento di prevenzione che risponde alla scelta legislativa di incoraggiare, con interventi di solidarietà, la vittima del “pizzo” a non cedere al ricatto. Lo scopo è quello di combattere una certa criminalità – spesso organizzata e di stampo mafioso – che si configura nei confronti di soggetti economici come racket, imponendo agli stessi un sistema di tangenti affinché possano continuare a svolgere (e talvolta iniziare) la loro attività.

Il racket è l’estorsione – nella maggior parte dei casi sistematica e reiterata nel tempo – che uno o più  soggetti criminali pongono in essere nei confronti di un soggetto che svolge un’attività economica. Il racket è l’unico fine rilevante per l’accesso della vittima al Fondo; solo la richiesta di “pizzo” soddisfa i presupposti previsti per l’elargizione antiracket dall’art. 3 della legge n. 44/1999.

L’assenza di tale specifico scopo ed anche solo la concomitanza con altri fini (ad esempio il pagamento di interessi usurari) delineerà la configurazione di altri istituti.

Le attività estorsive, per le caratteristiche presentate, devono rivestire connotazioni potenziali di ripetitività e sistematicità, cioè sono (per la loro natura intrinseca) o si avviano a costituire “sistema”, talché l’episodio rappresentato è espressivo di un metodo vessatorio; inoltre devono avere ad oggetto l’esercizio dell’attività economica esercitata dalla vittima;

 

  • che non sempre c’è identità tra fattispecie penale e fattispecie erogativa del Fondo, di natura amministrativa. La legge n. 44/1999 non  opera mai un riferimento diretto alla fattispecie di cui all’art. 629 c.p. (l’art. 1 fa riferimento a soggetti danneggiati da attività estorsiva, l’art. 3 a “richieste estorsive”); l’estorsione è utilizzata in forma aggettivale di sostantivi sotto il profilo penale ed in forma plurale (sembra riferirsi piuttosto che ad un singolo episodio ad un’attività reiterata e protratta nel tempo; ciò non esclude la configurabilità delle attività estorsive anche in una sola richiesta, ma evoca piuttosto una potenziale reiterazione di tale attività criminale).

Possono esservi episodi di estorsione penalmente rilevanti, ma indifferenti ai fini della procedura di accesso al Fondo, mentre possono ben delinearsi comportamenti che non costituiscono – o non costituiscono ancora – la realizzazione di un reato di estorsione stricto sensu, e pur tuttavia tali situazioni si palesano rilevanti ai fini delle condizioni di accesso. Quanto sopra si presenta in linea con lo svolgersi dei lavori parlamentari;

 

  • che non tutte le richieste ricattatorie sono idonee ai fini della procedura, in quanto il concetto di richiesta estorsiva utile al procedimento in questione può trarre origine dalla norma penalistica ma non coincidere con essa, come avviene nel caso di intimidazione ambientale.

Se si diluisce il concetto di finalità estorsiva, ammettendo anche che possa concorrere con altri scopi estranei al racket, si corre il rischio di perdere qualsiasi parametro discretivo idoneo a delimitare i comportamenti che legittimino l’elargizione. La questione si evidenzia in tutta la sua importanza, ad esempio, allorché l’estorsione e/o gli altri delitti che hanno cagionato un danno, siano finalizzati all’estorsione di interessi usurari. Una interpretazione diversa da quella sopra indicata comporterebbe, da un lato, uno svuotamento di fatto della normativa antiusura (l’usuraio ricorre infatti spesso alla commissione di altri delitti per costringere la sua vittima al pagamento dei tassi usurari); dall’altro lato, ogni usurato, in caso di denuncia di attività latamente estorsive legate all’usura, potrebbe beneficiare della più favorevole disciplina antiracket che, opportunamente, invece, il legislatore con la nuova Legge 44 ha tenuta distinta da quella riservata alle vittime di usura. Ma, soprattutto, tale interpretazione sarebbe confliggente con lo stesso testo dell’art. 3 che al secondo comma precisa che in caso di condotte delittuose riconducibili a finalità estorsive non debbono emergere elementi di altre finalità concorrenti. 

Le suesposte considerazioni provengono dall’elaborato svolto, sul tema, dalla Prof.ssa Paola Balducci, docente universitaria, che costituisce parte integrante del presente verbale.

 

         Tali parametri possono costituire, senza irrigidimenti interpretativi – la casistica ci ha abituati a considerare ogni storia come esperienza a sé – un orientamento da seguire nell’applicazione della norma.

 

E. Concetto di intimidazione anche ambientale

 

L’interpretazione del 2° comma dell’art. 3 si presenta a valenza  generale, cioè da utilizzare per tutti i casi in cui la legge n. 44/1999 riprende tale concetto (art. 3, comma 2, art. 4 lett. d), art. 10, comma 1, lett. b), art. 13 comma 4, art. 6, con particolare riguardo alla lettera b); pertanto nell’esame della stessa vanno posti alcuni “paletti” di riferimento nel percorso che l’interprete deve seguire:

A.     possono essere considerate solo “condotte” aventi, nel sentire della comunità sociale, in quel determinato luogo e momento, finalità equiparate o corroboranti rispetto a quelle estorsive;

B.      le condotte devono essere interpretabili come estorsive per facta concludentia, anche sotto il profilo della “idoneità” (cioè valenza intimidatoria), per il significato che hanno nel particolare ambiente in cui si verificano, per la personalità e la temibilità nella zona del soggetto che le ha poste in essere;

C.     non devono emergere - dalle indagini, da avvenimenti successivi, da acquisizioni di notizie provenienti da altri procedimenti penali - finalità diverse nel comportamento ritenuto intimidatorio;

D.     le circostanze ambientali vanno tenute distinte dalle “modalità del fatto” le quali giustificano la correlazione con quella espressione costantemente utilizzata dalla legge n. 44/1999 “intimidazione  anche ambientale”.

 

Gli elementi di identificazione di situazioni di intimidazione ambientale devono essere offerti dall'istante,  affinché sia possibile verificare - attraverso il riscontro con atti giudiziari e contabili - il  loro fondamento storico in fatti certi nonché l'attendibilità delle situazioni di danno assunte come conseguenti.

 

  L’organo istruttorio dovrà procedere dalla certezza dei fatti noti, al controllo serio e rigoroso del principio di logicità, nonché di quello di esperienza - quest’ultimo rappresentato dalle massime di esperienza e dal notorio che solo il Prefetto, organo istruttorio ma, altresì, autorità provinciale di P.S. è in grado di vagliare - affinché essi possano essere rilevati come dati significativi.

 

  I fatti acquisiti (nella specie, le condotte riferite dagli istanti, spesso atti “mafiosi” compiuti da soggetti mafiosi) andranno, perciò, esaminati nella loro essenza e qualità (reati strumentali, comportamenti socialmente pericolosi, ammiccanti…) e nella loro quantità (abituali, reiterati e non casuali), in ragione delle loro relazioni di tempo (per esempio, episodio subito dopo la denunzia o in prossimità del dibattimento, o, ancora, dopo la sentenza di primo grado), di luogo e di ambiente (il territorio, “la zona di influenza” della cosca dedita all’estorsione di tutti gli operatori economici che vi operano) per essere filtrati attraverso le massime di esperienza (la conoscenza dell’incidenza e delle prassi criminali del luogo, il notorio investigativo, conosciuto dagli organi di polizia e dalle associazioni antiracket, nonché coagulato nell’istruttoria prefettizia) onde trarne gli elementi utili all’eventuale apprezzabilità del valore indiziante.

 

Una casistica esemplificativa potrebbe far rilevare ipotesi legate al c.d. “effetto isolamento”, alla presenza minacciosa nei pressi dell’esercizio, al terrore incusso nei creditori-fornitori, nella clientela di locali di intrattenimento del pubblico: un complesso di indizi,  talvolta, anche avvalorati dalla constatazione della particolare vigilanza esercitata dalle  Forze dell’Ordine.

 

L’organo istruttorio potrà trarre indiretti, ma significativi, riscontri “ambientali”:

 

1)      innanzitutto nelle informative degli organi di polizia di diretta vigilanza (Questura, Commissariati di P.S., Compagnia e Stazione dell’Arma dei Carabinieri, principalmente presenti sul territorio);

2)      nei procedimenti penali per associazione mafiosa aventi ad oggetto il territorio e la cosca mafiosa interessata, nonché negli interessi della cosca (cui appartengono coloro che sono stati denunziati dall’istante) nel settore o nel circuito distributivo delle merci;

3)      nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia da cui si evincano sia la finalizzazione estorsiva delle attività della cosca nella zona, che l’esistenza di una particolare pressione nel settore merceologico;

4)      in procedimenti relativi a misure di prevenzione, personali e patrimoniali, nei confronti dei soggetti denunziati ovvero dei maggiorenti della cosca cui i denunziati sono ritenuti affiliati;

5)      nel quadro dei reati a matrice estorsiva (attentati incendiari/dinamitardi, danneggiamenti di piante, uccisione di animali…) verificatisi nei confronti della cerchia di imprenditori in cui vive ed opera l’istante attraverso la sua azienda.

 

Occorre sottolineare che dovrà essere chiarito dall’istante, con motivazione adeguatamente sostenuta dai riscontri documentali che lo stesso ritenga opportuno allegare (contabili, bilancistici, testimoniali, certificativi ecc), come il complesso delle situazioni di intimidazioni ambientali si sia potuto tradurre in episodi o prassi concrete, con effetti di mancato guadagno e di riduzione del valore di avviamento commerciale dell’attività.

        

F.  Art. 6 con particolare riferimento alla lettera b)

 

L’art. 6 della legge n. 44/1999 in questione (e correlato art. 9, comma 3, del D.P.R. n. 455/1999) ricomprende tra i soggetti che possono beneficiare dell’elargizione del Fondo di solidarietà anche gli “appartenenti ad associazioni od organizzazioni aventi lo scopo di prestare assistenza e solidarietà ai soggetti danneggiati da attività estorsive”.

I componenti di associazioni od organizzazioni antiracket possono accedere al Fondo nei casi in cui:

 

a)     subiscano un danno a beni o lesioni personali, in conseguenza di delitti commessi al fine di farli recedere dall’associazione, di farne cessare l’attività svolta nell’ambito delle stesse,  ovvero per ritorsione a tale attività;

b)     subiscano, in quanto esercenti attività economica, un danno sotto forma di mancato guadagno relativo all’attività esercitata, causa dei delitti di cui alla lett. a) o di intimidazione anche ambientale determinata dall’appartenenza all’associazione o all’organizzazione.

 

Casi di cui alla lett. a)

 

Premesso che nei casi di cui alla lett. a) dell’articolo in questione non c’è alcun bisogno che gli appartenenti all’associazione od organizzazione siano soggetti esercenti attività economica, in quanto tale requisito è previsto solo nel caso in cui ci si dolga di un mancato guadagno, due appaiono le problematiche da approfondire:

 

1)     quali siano le associazioni ed organizzazioni rilevanti ai fini dell’art. 6;

2)     quali siano le condizioni affinché il partecipe all’associazione antiracket possa lamentare un danno.

 

Quanto al primo punto, la soluzione più semplice potrebbe essere quella di individuare le associazioni od organizzazioni antiracket di cui all’art. 6, in quelle iscritte nell’elenco prefettizio, come disposto dal D.M. 614/1994 successivamente ripreso dal D.M. n. 451/1999.

 

        Occorre però evidenziare che il testo dell’art. 6 non fa alcun pregiudiziale riferimento ad un onere di iscrizione nell’elenco prefettizio. Ciò potrebbe essere significativo perché quando il legislatore ha richiesto l’iscrizione (art. 13, comma 2, art. 19. comma 1, lett. d)) lo ha detto espressamente.

 

        La questione può avere risvolti pratici quando si tratti di associazioni attive sul fronte antiracket ma che non abbiano ancora chiesto l’iscrizione nonché nel caso di associazioni che non l’abbiano ottenuta formalmente.

 

Per fissare parametri ulteriori a quello dell’iscrizione nel noto elenco, entro i quali individuare le associazioni antiracket alle quali fa riferimento l’art. 6,  una soluzione potrebbe essere la seguente:

-         in caso di associazione antiracket iscritta nell’elenco prefettizio, il controllo si svolgerà soltanto sull’effettiva appartenenza all’associazione del soggetto che chiede l’elargizione, fermo restando la successiva indagine sul nesso causale esistente tra il danno  e l’appartenenza all’associazione;

-         in caso di associazione antiracket non iscritta nell’elenco prefettizio sarà invece necessario verificare se la stessa ha (ed aveva) tutti i requisiti soggettivi e oggettivi che ne avrebbero consentito l’iscrizione; in particolare:

1)      avere tra i propri scopi sociali quello di prestare assistenza e solidarietà a soggetti vittime di attività estorsive;

2)      operare effettivamente nel settore con continuità e rilevanza;

3)      essere i propri associati, amministratori o promotori nelle condizioni soggettive indicate dall’all. 1 del D.M. 7 settembre 1994, n. 614.

 

Tale soluzione sembra garantire, da un lato, che non avvengano disparità di trattamento e, allo stesso tempo, che si impedisca un accesso indiscriminato (e perciò tanto più pericoloso).

 

         Peraltro tale parametro delimitativo appare conforme a quanto avviene in materia processual-penale, laddove è stata ammessa la costituzione di parte civile per associazioni anche non riconosciute, le quali, tuttavia, diano la prova di: essere state costituite prima degli eventi delittuosi per i quali si chiede il risarcimento; avere nel proprio oggetto sociale un chiaro ed inequivoco riferimento alla tutela dell’interesse diffuso di cui si lamenta la lesione; avere svolto la propria azione con continuità, aderenza al territorio, rilevanza del proprio contributo.

 

Casi di cui alla lett. b)

 

Anche in questo caso, come per l'art.3 della medesima legge, le situazioni di intimidazione anche ambientale (situazioni, pertanto, non necessariamente riconducibili alla individuazione di un reato, come si evince anche dall'art. 4 lett. d) e dall'art. 13, comma 4), sono lasciate all’interprete.

 

Ne deriva che, in caso di intimidazione ambientale, sarà utile all’istante rappresentare i fatti ritenuti rilevanti connessi alla partecipazione a manifestazioni dell’associazione di categoria cui egli appartiene, citare incontri, conferenze, interviste, iniziative di denunzia o promozionali dell’utilizzo della normativa, che hanno costituito esposizione diretta dell’interessato: un complesso di elementi concorrenti, tale che possa accreditarsi il nesso di causalità col danno da mancato guadagno nell’attività economica  dell’istante.

 

 

Quest’ultimo dovrà presentare le seguenti caratteristiche:

 

-         deve svilupparsi e cagionarsi nell’ambito dell’attività economica esercitata, la quale subisce il mancato guadagno con una contrazione del fatturato, o comunque con una riduzione del valore dell’avviamento commerciale (art. 10 legge 44/1999);

-         deve porsi in un rapporto di causalità diretta ed immediata con la commissione di delitti a finalità ritorsiva o di scoraggiamento rispetto all’attività associativa antiracket od ancora con l’intimidazione anche ambientale per l’appartenenza all’organizzazione stessa.

Ciò in quanto vi possono essere ipotesi di danno da mancato guadagno correlate ad attività economiche di un associato antiracket, che abbiano una causa o concausa nell’attività esercitata (tempo libero, tempo distolto da quello lavorativo per impiegarlo nell’associazione, con mancato guadagno alla relativa attività economica; danni da infortunio subiti nel corso dello svolgimento dell’attività antiracket, con conseguente impossibilità di attendere alla propria attività economica).

In tali ipotesi, l’eventuale mancato guadagno non è causato dalla commissione di delitti o da intimidazione anche ambientale, ma dallo svolgimento stesso dell’attività associativa; peraltro non potrebbe affermarsi che, in tale ipotesi, il mancato guadagno sia causato in modo diretto ed immediato  dai delitti o dall’attività intimidatoria;

 - infine, per poter essere rilevante ai fini dell’art. 6 lett. b), il mancato guadagno deve inerire direttamente all’attività economica esercitata, oggettivamente considerata (con perdita indotta di clientela o con diminuzione dell’avviamento commerciale dell’attività stessa).

In ogni caso, il mancato guadagno non può invece essere valutato sul piano dell’attività e delle scelte personali dell’individuo, cioè soggettivamente, in quanto verrebbe meno il necessario rapporto di causalità diretta ed immediata con i comportamenti delittuosi indicati dalla norma.

 

 

 

 

 

G. La quantificazione del danno

 

L’approfondimento del tema ha consentito di fissare il fondamento, l’ampiezza ed il calcolo del danno da considerare ai fini della procedura di accesso.

 

La normativa riprende e approfondisce con riguardo ai soggetti legittimati dalla normativa antiracket ed antiusura, la norma civilistica in materia di inadempimento di obbligazioni (art. 1223 c.c.) che statuisce la risarcibilità del danno subito e del mancato guadagno in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta e soprattutto (art. 1226) la possibilità della valutazione da parte del giudice in via equitativa del mancato guadagno ove questo non possa essere provato nel suo preciso ammontare; ribadisce infine (art. 2056) la valutazione con equo apprezzamento delle circostanze del caso da parte del giudice in relazione al lucro cessante.

     

In linea con i richiamati principi generali pare essersi mosso il legislatore che si è occupato della disciplina riguardante l’estorsione e l’usura.

L’art. 10, comma 1 della legge 44/1999 (criteri di liquidazione) afferma la liquidabilità sia della perdita subita sia del mancato guadagno ed aggiunge (comma 2) che se il mancato guadagno non può essere provato nel suo preciso ammontare (pedissequa ripetizione dell’art. 1226 c.c.) “è valutato con equo apprezzamento delle circostanze, tenendo anche conto della riduzione del valore dell’avviamento commerciale” [1].

 

         I provvedimenti relativi, poiché riguardano attività economiche che necessitano di una valutazione aziendale (e, quindi, rivolti a valutare, da un lato, il patrimonio, e, dall’altro, la redditività) vanno orientati secondo la definizione dei seguenti punti essenziali:

 

1)     che è indubbia la ristorabilità del danno in quanto danno emergente;

2)     che altrettanto indubbia è la ristorabilità del mancato guadagno (esempio il margine netto che avrebbe potuto determinarsi con la vendita della merce perita, danneggiata o sottratta);

3)     che è possibile il ristoro aggiuntivo della perdita totale di avviamento (in caso di cessazione dell’attività) o della riduzione di tale avviamento;

4)     che il danno può ragionevolmente assumersi come la sommatoria di questi elementi, anche ove concorrano contemporaneamente.

 

Ovviamente, occorre tenere presente che il patrimonio netto (la differenza tra il totale delle attività – strumenti, attrezzi, immobili, crediti…. – e il totale delle passività – debiti vari a fornitori e Stato – se positiva viene denominata patrimonio netto) va cercato nel documento contabile obbligatorio annuale costituito, a seconda dei casi, dal bilancio (società) ovvero dell’inventario (ditta individuale); esso esprime il valore cartolare dell’azienda e quindi, se questa dovesse perire totalmente  per azione malavitosa il danno emergente in tal caso coinciderebbe con il patrimonio netto dell’azienda.

 

Il valore di avviamento va estrapolato dal conto economico, quale risulta, oltre che dal bilancio e dall’inventario anche dalle dichiarazioni fiscali annuali (mod. UNICO, già 740, 750, 760).

 

Esso è determinabile mettendo in relazione i seguenti fattori:

a)     il volume delle vendite (o di affari) dell’azienda;

b)     l’utile realizzato;

c)     il rapporto tra utile e volumi;

d)     la media di tale rapporto per un triennio.

  • Il risultato di tale operazione va moltiplicato per tre ovvero capitalizzato con la formula finanziaria “ R/I ”, laddove “R” è la redditività media ed “I” il tasso di capitalizzazione.

 

In caso di perimento totale dell’azienda il valore di avviamento esprime il lucro cessante o mancato guadagno dell’imprenditore.

 

Al fine di consentire ai referenti di poter venire incontro alle esigenze dei danneggiati impossibilitati a richiedere l’aiuto di un perito sarà loro fornito l’allegato schema di indirizzo, tenendo presente:

  • che è indispensabile, nonostante il prospetto riporti sette annualità, che siano acquisite al momento della redazione della domanda, le due precedenti l’evento lesivo; tuttavia, in caso di perdita parziale dell’azienda è utile avere anche i dati relativi agli anni successivi (ma il legislatore non ha imposto questo obbligo);
  • che tutte le voci di bilancio sono rilevabili dai documenti ufficiali riportati nella fincatura a destra del prospetto con le lettere: A1/2/3/4 e che i dati vanno indicati in milioni con un decimale per l’arrotondamento per le centinaia di migliaia di lire.

 

Va tenuto presente che gli elementi contabili come sopra documentati costituiscono uno dei contributi, ma non l’unico per la quantificazione del danno, ove si tenga conto che possono esistere quei valori di beni extra aziendali che costituiscono, anch’essi, oggetto di ristoro, ove danneggiati, e che la loro valutazione potrà essere aggiunta ai risultati dell’elaborazione dei dati di bilancio.

Va tenuto conto, altresì, che il rapporto del Prefetto competente, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 455/1999, rappresenta la sintesi di accertamenti e valutazioni di varia natura, aventi tutte base su elementi documentali, e che anch’essi devono interagire con i dati contabili ai fini del parere sui presupposti e sulla congruità dell’istanza.

 

 

 

2. Campagna di informazione

 

L’art. 6 del D.P.R. 455 del 16 agosto 1999, regolamento di attuazione della L. 44/99 prevede che il Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura predisponga un programma di informazione, finalizzato a promuovere la più ampia conoscenza dei fenomeni dell’estorsione e dell’usura, dei danni da questi provocati sull’economia e delle misure di sostegno e di assistenza in favore delle vittime dei relativi reati previste dalla normativa vigente.

 

Certamente è sul terreno della risposta certa e rapida alle istanze al Fondo di solidarietà che si gioca la scommessa per il funzionamento degli istituti previsti dalla legge, come anche la credibilità dello Stato e la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.

 

E tuttavia è indispensabile valorizzare i risultati ottenuti. E’ necessario cioè attivare una campagna di informazione che rilanci l’offensiva delle istituzioni contro i fenomeni dell’estorsione e dell’usura e che svolga uno strategico ruolo di prevenzione; una campagna di informazione che mandi un messaggio chiaro ed univoco sulle priorità, sulle strategie e sugli obiettivi finali.

 

Per adempiere a questo compito il Commissario ha convocato una riunione il 30 maggio u.s. alla quale sono stati invitati soggetti istituzionali, del mondo dell’impresa e del mondo del volontariato, tutti impegnati in questo campo, ognuno per le sue competenze, con i quali si è affrontato il nodo dell’impostazione politica della campagna.

 

Alla riunione erano presenti rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’editoria, d’intesa con i quali la campagna stessa è stata costruita, i componenti del Comitato del Fondo di solidarietà, la Consulta delle Fondazioni antiusura, l’Adiconsum, la Federazione delle Associazioni Antiracket, l’Osservatorio sulla criminalità del CNEL, la Provincia e il Comune di Roma, la Regione Toscana, l’Associazione “Libera”, il Forum Antiusura, lo Sportello scuola e volontariato della Commissione antimafia, la Confartigianato, la Confcommercio.

 

La discussione è stata ricca e di grande utilità e si è trovata una convergenza di intenti sulle caratteristiche fondamentali della campagna di informazione.

 

Per prima cosa si è concordato sulla necessità di tenere distinti i messaggi informativi su estorsione ed usura: dal momento che i fenomeni sono diversi, che hanno caratteristiche distinte e che anche l’approccio alla vittima non può che essere diverso, è necessario “tarare” i messaggi in modo calibrato sui diversi utenti.

 

Sulla strutturazione della campagna si è concordato in primo luogo sulla necessità di intervenire con urgenza in relazione alla prossima scadenza dei termini per la presentazione delle domande per estorsione che è prevista per l’11 luglio 2000. Si è deciso di programmare l’uscita di un avviso sui maggiori quotidiani nazionali e su un numero consistente di quotidiani locali per ricordare tale scadenza.

 

Si è inoltre stabilito che la campagna si sviluppi su due livelli concettualmente e temporalmente distinti. Un primo livello, generalista, che prevede la trasmissione di spot di pubblicità progresso sulle reti nazionali pubbliche e private, nelle ore di maggiore ascolto per due settimane nel mese di ottobre. Si può poi valutare la possibilità di intervenire a trasmissioni televisive “contenitore” per approfondire le tematiche in oggetto.

 

Obiettivo di questo primo passo è quello di alzare il livello di attenzione dell’opinione pubblica sui temi dell’estorsione e dell’usura.

 

Se questa campagna è necessaria non è tuttavia sufficiente, perché bisogna puntare su strumenti che si sedimentino e quindi la prima fase sarà seguita da una seconda, che prevede la diffusione capillare attraverso i soggetti che operano sul territorio. E’ dunque essenziale attivare la collaborazione fattiva di organizzazioni sindacali e di categoria, associazioni antiracket, fondazioni antiusura, parrocchie.

 

In questa fase i messaggi devono essere diversificati a seconda del territorio.

 

Nel merito si è stabilito che i messaggi:

 

1)     informino in modo corretto e preciso sulla legge, le sue opportunità, i suoi limiti, per evitare di alimentare illusioni e fraintendimenti;

2)     abbiano carattere positivo, di speranza, e trasmettano l’idea che i reati in oggetto sono pericolosi non solo per gli operatori economici, ma per l’intero corpo sociale.

 

Si è sottolineato che la campagna deve essere accompagnata da un grande sforzo organizzativo degli uffici centrali e periferici, come degli enti impegnati sul territorio, perché non si venga colti impreparati a seguito delle richieste che inevitabilmente la seguiranno.

 

 

 

Roma, 3-7-2000

 

 

(Tano Grasso)

 

 


ATTIVITÀ DEL COMMISSARIO

MESE DI MAGGIO 2000

 

Rapporti con le Associazioni

 

 

3 maggio: Roma, riunione con i Presidenti ed i segretari nazionali delle Federazioni Nazionali dei Confidi

 

5 maggio: Foggia, Assemblea ordinaria della Fondazione  antiusura “Buon Samaritano”

 

6 maggio: Sinagra (ME), manifestazione dell’Associazione antiracket (ACIN) per il primo anniversario dalla costituzione

 

14 maggio: Santa Maria di Licodia, manifestazione dell’associazione antiracket in occasione del quinto anniversario dalla costituzione

 

16 maggio: Roma, incontro con Don Alberto D’Urso e Padre Rastrelli (Consulta delle Fondazioni)

 

17 maggio: Roma, partecipazione alla presentazione del Forum antiusura

 

18 maggio: Brindisi, incontro regionale con le associazioni antiracket

 

 

Iniziative sul territorio

 

4 maggio: Roma, presentazione della “prima” del film di Lucio Gaudino “Prime luci dell’alba”.

 

10 maggio: Palermo, Convegno su legalità ed economia, organizzato dalla Lega delle Cooperative e dall’Associazione Antiracket

 

22 maggio: Catania, incontro pubblico organizzato dalla Consulta degli imprenditori e dal CNEL

 

29 maggio: Roma, partecipazione ad una manifestazione promossa dalla Confesercenti

 

 

Rapporti istituzionali

 

 

2, 4, 8, 11, 16, 18, 24, 25, 30 maggio: Roma, sedute del Comitato di Solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura

 

11, 17, 25 maggio: seminario interno all’ufficio di approfondimento sulla normativa in materia di estorsione ed usura e sui rapporti con le vittime

 

5 maggio: Foggia, Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, allargato alle associazioni con la presenza dell’Arcivescovo

 

10 maggio:  Palermo, Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica

 

15 maggio: Roma, incontro con i rappresentanti della Comunità ebraica

 

16 maggio: Roma, incontro con il Sottosegretario agli Interni Massimo Brutti

 

17 maggio: Roma, festa della Polizia

 

18 maggio: Brindisi, incontro con il Prefetto

 

19 maggio: Roma, incontro con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vannino Chiti

 

24 maggio: Roma, incontro con il Ministro del Tesoro Vincenzo Visco

 

26 maggio: Roma, incontro con il Direttore del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Prof. Masi

 

30 maggio: Roma, riunione con rappresentati delle istituzioni e della società civile per la preparazione della campagna di informazione

 

31 maggio: Roma, incontro con il Ministro della Giustizia Piero Fassino

 

31 maggio e 1 giugno: Roma, seminario di approfondimento delle problematiche applicative della legislazione di accesso al “Fondo di solidarietà” con i delegati delle Prefetture

 

 



[1] Sull’argomento, ulteriori norme derivano dalla legge n. 44/1999 (art. 11, comma 2) e dal relativo regolamento di attuazione (art. 9, comma 1, lett. e) ed f) nonché comma 2 lett. c) (contenuti della domanda), lett. e) (indicazione del danno), lett. f) (redditualità); con particolare riguardo alla documentazione fiscale ed alla copia dei bilanci relativi ai due anni precedenti l’evento lesivo.

L’art. 10, comma 1, lett. d) e comma 2 lett. a) del D.P.R. suddetto, riproduce le medesime indicazioni in tema di usura e di concessione del mutuo.

 

 

Testo ospitato sul sito
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