Ringrazio vivamente il Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura Dott. Tano Grasso per avermi dato l’opportunità di intervenire a questa prima Conferenza Nazionale contro l’estorsione e l’usura.

L’estorsione e l’usura sono delitti che non apportano solo un danno alla vittima del reato, ma costituiscono anche un grave vulnus che colpisce l’intera collettività, determinando effetti distorsivi sullo sviluppo delle attività commerciali ed economiche ed innestando un meccanismo "parassitario" che si traduce in una forma di "tassazione criminale parallela" e costringe le vittime a pagare una sorta di "addizionale" su beni e servizi.

L’usura in particolare produce effetti negativi sul sistema degli investimenti, perché toglie alle vittime la possibilità di mantenere spazi di reale profitto e quindi di autonoma produttività.

La prospettiva dei criminali di realizzare ingenti e facili proventi e la paura che pervade il cittadino, spingendolo talvolta a non sporgere denuncia sono fattori che agevolano la consumazione del reato insieme al crescente utilizzo, da parte degli usurai, di sistemi che escludono rapporti interpersonali documentabili e che possono conseguentemente sfuggire all’ordinaria attività di indagine.

Il pericolo più consistente è dato dalla capacità del fenomeno di alterare gli equilibri del mercato con una conseguente vulnerabilità di alcune categorie di cittadini, soprattutto i piccoli imprenditori.

Sia nel caso dell’estorsione che in quello dell’usura la vittima è indotta a non rivolgersi alle Forze dell’Ordine perché teme vendette o crede di poter gestire autonomamente il rapporto coi malviventi, oppure perché non ha fiducia negli organismi investigativi, da cui ritiene di non poter essere adeguatamente tutelata.

Abbiamo tutti insieme il dovere di dimostrare che può essere vero il contrario e che è maggiore l’esposizione al pericolo di attentati per chi ha avviato trattative coi delinquenti.

Dobbiamo creare i presupposti perché aumenti la denuncia di questi reati per fare in modo che la denuncia della richiesta estorsiva sposti il piano del confronto con i criminali, chiamati a "fare i conti" con la professionalità e la forza degli apparati di polizia.

Al contrario, il tentativo di negoziare espone l’imprenditore od il commerciante ad una trattativa con malviventi che, valutata la consistenza economica e la psicologia del malcapitato, sanno dosare le proprie pretese con l’obiettivo di perpetuare e aggravare lo sfruttamento.

Una compiuta valutazione di questi fenomeni criminali non può certo prescindere da una attenta disamina delle risultanze statistiche, che comunque abbisognano di una lettura approfondita ed ispirata ad una doverosa cautela.

Le indagini statistiche sono certamente utili ad un approccio conoscitivo anche se i divari registrati tra le varie rilevazioni sono indicativi di una sostanziale resistenza di tali fenomeni alla loro piena comprensione in termini oggettivi, tanto più che gli stessi si atteggiano diversamente nei vari contesti territoriali.

I tradizionali indici di rilevazione - denunce presentate, episodi intimidatori strumentali, domande di accesso ai Fondi di solidarietà - appaiono di per sé inadeguati a fornire la reale dimensione dei fenomeni ed a tracciare indicazioni tendenziali effettivamente significative.

Estorsione ed usura, infatti, si presentano con intrinseche caratteristiche di scarsa "visibilità" perché presuppongono un rapporto fra l’aguzzino e la vittima fondato sulla soggezione e sulla paura .

Se questa è la cornice in cui vanno incasellati i due reati, è di tutta evidenza che la valutazione dei relativi indici statistici debba essere improntata alla necessaria prudenza.

Pur tuttavia, segnali indiretti, ma non per questo meno attendibili, dell’estensione del fenomeno estorsivo provengono dalle modalità efferate delle rappresaglie in caso di mancato pagamento delle somme richieste nonché dalle denunzie delle associazioni di categoria e del movimento antiracket e da quelle anonime, motivate dalla paura di possibili ritorsioni, anche sul piano personale.

Per l’usura, il discorso di emersione e della attendibilità degli indicatori tendenziali "di rischio" si rivela ancora più complesso in ragione della maggiore intensità del vincolo psicologico di soggezione e timore tra l’usuraio e l’usurato che, non lasciando alternative alla vittima, accresce le difficoltà a sporgere denuncia.

Se a ciò si aggiunge la disomogeneità delle situazioni sanzionate dalla fattispecie penale di usura - dalla grande impresa finanziaria al c.d. "strozzino" di quartiere – può ben comprendersi come il mero dato statistico renda di difficile lettura il fenomeno.

Siamo dunque consapevoli che quella che viene allo scoperto attraverso i dati statistici è solo una parte del fenomeno.

Con riferimento all’estorsione, i dati relativi all’anno appena trascorso dovrebbero confermare, pur con una lieve diminuzione, le 3.704 denunce del 1999, che costituiscono uno dei livelli massimi dell’ultimo quindicennio e rappresentano un segnale statistico di indubbia importanza, anche perché laddove c’è la denuncia di estorsione la percentuale di esito positivo delle indagini, con l’individuazione e l’arresto dei responsabili, è estremamente elevata e supera il 75% dei casi.

Altrettanto indicativo di una progressiva emersione dei reati e di una maggiore capacità di reazione delle vittime si presenta l’indice degli attentati dinamitardi, strettamente connessi al fenomeno estorsivo, che nel biennio 1998-1999 è risultato in aumento dopo un trend quinquennale decrescente.

Al riguardo va altresì evidenziato il dato delle regioni meridionali che continuano ad assommare ancora quasi il 50% del totale delle denunce a riprova che, nonostante le indubbie difficoltà ambientali, esse continuano a caratterizzare la capacità di reazione delle vittime.

Dobbiamo, invece, continuare a constatare l’andamento decrescente delle persone denunciate per usura.

L’indice del 1999 rappresenta il picco negativo dal 1992 ed il 1° semestre del 2000, a confronto con i medesimi periodi del 1998 e del 1999, non fa che confermare questo trend anche a livello regionale.

Eccezioni provengono da alcune realtà del Centro-Nord Italia, quali il Trentino Alto Adige, il Veneto, l’Emilia Romagna e la Sardegna, ove il numero delle persone denunciate è cresciuto in misura significativa. Così come appare degno di attenzione l’incremento delle denunce per usura nel Lazio, nella Toscana e nell’Abruzzo.

Volendo accingerci ad una riflessione di sintesi su tali dati occorre constatare, per un verso, che estorsione ed usura sono oramai più o meno omogeneamente distribuite nelle diverse aree geografiche del territorio nazionale, per altro verso che il maggior numero di denunce sembra realizzare un più ampio passaggio di situazioni dall’area del sommerso a quella del visibile.

Sotto il profilo strettamente investigativo, poi, la più recente esperienza operativa maturata nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata ha confermato non solo il coinvolgimento di quest’ultima in tali settori dell’illecito, sia in territori di tradizionale presenza mafiosa che nelle altre aree, ma anche una connessione tra l’attività di condizionamento e controllo degli appalti pubblici e l’estorsione.

Ma l’aspetto di maggiore novità che emerge è una sempre più frequente correlazione tra usura e riciclaggio. Tali nessi vengono in evidenza sotto tre aspetti:

·       in primo luogo, l’organizzazione criminale utilizza i proventi illeciti per l'erogazione del credito usurario (in questo caso il mercato illegale dell’usura rappresenta una forma di offerta di servizi per il riciclaggio);

·       in secondo luogo, attraverso il credito d’usura, l’organizzazione criminale è in grado di acquisire il controllo di imprese in difficoltà, poi utilizzate per il riciclaggio (nel momento in cui gli operatori economici, ricorsi al credito usurario, non sono più in grado di onorare i pagamenti, vengono costretti, con violenza e minaccia, a cedere le proprie attività commerciali);

·       l’usura, infine, costituisce una modalità di reinvestimento della liquidità "ripulita".

Anche in questi casi, comunque, non esistono indicatori segnaletici immediati che portino alla luce tali connessioni, che per essere evidenziate necessitano di lunghe e laboriose attività di indagine.

E proprio all’obiettivo della maggiore emersione di tali fenomeni criminali, dunque, che devono essere tesi gli sforzi investigativi, giacché questa è l’unica strada che consente di attivare un’azione di aggressione mirata ed efficace.

Accanto all’impegno profuso sul versante investigativo, che trova conferma nei positivi risultati conseguiti, il Dipartimento della pubblica sicurezza ha impresso in questi ultimi mesi un deciso impulso alle strategie preventive attraverso l’attivazione di stretti rapporti con gli operatori economici particolarmente esposti al rischio criminalità e l’introduzione di modalità di controllo del territorio fondate sulla piena conoscenza del contesto in cui si opera, sulla massima visibilità degli operatori, sul presidio dei luoghi e delle fasce orarie in cui è maggiore la percezione di insicurezza.

In particolare allo scopo di tutelare in modo ancor più efficace le categorie commerciali maggiormente esposte al rischio di aggressioni criminali sono state adottate molteplici iniziative nell’intento di coinvolgere sempre di più le associazioni di categoria nell’azione di prevenzione, individuando in ogni questura referenti attraverso cui convogliare proposte e suggerimenti o rappresentare particolari esigenze.

Inoltre, nell’intento di dare coerenza ed organicità alle singole iniziative programmate ho costituito ed è già operativo un Gruppo di progetto con lo specifico incarico di pianificare e favorire l’introduzione di strumenti operativi ispirati al modello della "polizia di contatto", di curarne le modalità di sperimentazione, di assicurare il raccordo degli interventi in ambito centrale e periferico, verificando costantemente i risultati conseguiti.

Sono infatti convinto che attraverso un profondo e duraturo radicamento nel tessuto sociale sarà possibile per le forze di polizia imparare a cogliere meglio le reali esigenze, le aspettative, le situazioni di disagio dei cittadini, anticipandone le richieste ed intervenendo con tempestività, professionalità ed autorevolezza in caso di necessità.

Alla luce di questi impegni, potrebbero rilevarsi utili forme di collaborazione sempre più intense ed articolate con l’associazionismo di settore, che rappresenta uno dei segnali più vivi di una reale crescita della cultura della legalità e della solidarietà ed il cui processo di diffusione va sostenuto ed alimentato da tutte le Istituzioni.

L’associazionismo costituisce un punto di riferimento, sul territorio, per chi non vuole cadere nella trappola dell’estorsione o dell’usura e per chi non vuole più passivamente subire. Esso fornisce i necessari supporti alla vittima che non resta più isolata, costituendo un importante osservatorio in grado di fornire agli organi inquirenti ed ai responsabili della sicurezza pubblica un quadro aggiornato della situazione locale.

È un dato di fatto inoppugnabile che proprio in quelle aree ove operano fattivamente queste associazioni, maggiore è la collaborazione dei cittadini con le forze di polizia.

Di qui il positivo parallelismo, oramai di tutta evidenza: il numero delle denunce di estorsione e di usura è maggiore laddove cresce il numero e la forza delle associazioni antiracket.

Può essere citato, al riguardo, l’esempio della Sicilia orientale, che rappresenta un po’ la culla di tale associazionismo, laddove le denunce per estorsione raccolte nelle sole provincie di Agrigento, Catania, Messina, Ragusa e Siracusa ammontano al 13% del totale nazionale.

Accanto e contestualmente alle formule di cooperazione con le associazioni di settore, occorre tendere con sempre maggiore convinzione al potenziamento di quelle formule di "partenariato" che vedono coinvolti in prima persona i Prefetti e che hanno trovato preziose sedi di confronto nei Comitati Provinciali per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, nei quali è emersa in tutta evidenza come sia premiante la prassi di chiamare referenti istituzionali ed associazioni a partecipare e condividere scelte di politica della sicurezza e di controllo del territorio.

Fenomeni allo stesso tempo così antichi ed attuali, atavicamente presenti in talune aree ma ancora purtroppo essenziali per l’economia e la sopravvivenza stessa della grande criminalità, vanno, dunque, affrontati con un’ottica di interdisciplinarietà, pur senza interferenze e sovrapposizioni di interventi.

Lo stesso legislatore, del resto, soprattutto con la più recente cornice normativa delineata dalla legge 44/1999, ha valorizzato l’approccio multidisciplinare ed aperto ai problemi, riconoscendo, tra l’altro, all’Ufficio del Commissario Antiracket una vera e propria funzione di raccordo fra istituzioni ed enti privati nonché uno specifico ruolo propulsivo, formativo ed informativo.

A tal ultimo proposito un’importante azione è stata svolta dal Dott. Tano Grasso che anche grazie alla realizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, ha fatto sì che il suo Ufficio divenisse un preciso ed autorevole punto di riferimento per l’intero settore.

In conclusione, ritengo di dover sottolineare che l’attività di polizia può colpire i responsabili ed annientare le organizzazioni delinquenziali, ma risultati definitivi possono essere colti solo laddove si eliminano gli spazi per i "mercati" dell’estorsione e dell’usura. Solo così si impedisce che nuovi aggregati si sostituiscano ai precedenti per ripristinare, in breve tempo, il preesistente stato di soggezione.

I successi conseguiti sotto il profilo della repressione si riveleranno tanto più duraturi quanto più saranno accompagnati da iniziative di reazione e dalla crescita di una diffusa cultura della legalità.

Ogni nostro sforzo continuerà comunque ad essere volto a favorire, a livello nazionale così come nelle realtà locali ove maggiore è il condizionamento criminale, un circuito virtuoso fatto di denunce – condanne – consenso sociale. Solo questo potrà rivelarsi, alla lunga, lo strumento vincente, perché starà a significare che, alla base, esistono una vitale reattività all’imposizione criminale determinata dal coraggio degli operatori economici e della gente ed una specifica sensibilità e professionalità degli organi investigativi e di sicurezza quotidianamente impegnati nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata e diffusa.

 

 

Prefetto Gianni De Gennaro

Capo della Polizia

Direttore Generale della Pubblica sicurezza