Come Fondazioni siamo convinti che come si organizza l’usura, con una cultura diversa, con la solidarietà concreta, con la legalità assicurata, con la speranza motivata, si può organizzare la lotta all’usura, vincerla o almeno limitarla, soprattutto se si allarga il coinvolgimento delle persone e dei responsabili delle istituzioni.

Restringo il mio intervento ad una premessa, ad una testimonianza, a due temi di particolare attualità ed interesse e ad alcune velocissime segnalazioni e messaggi condivisi dalle Fondazioni antiusura in Italia che certamente verranno ripresi e approfonditi da altri interventi.

 

Premessa

La prima Fondazione antiusura in Italia è nata a Napoli, grazie a Padre Massimo Rastrelli già nel 1991.

La Consulta Nazionale delle Fondazioni antiusura presenti oggi in 13 regioni italiane, è nata a Bari il 16 Maggio 1995, grazie ad una mia proposta raccolta da Padre Rastrelli, da Mons. Luigi Di Liegro, allora Presidente della Salus Populi Romani, da Padre Basilio Gavazzeni, Presidente della Fondazione Mons. Cavalla di Matera e da Mons. Sergio Baravalle, Presidente della Fondazione S. Matteo di Torino.

La Consulta nata a Bari, dove da un anno operava la Fondazione antiusura San Nicola e Santi Medici, sin dall’inizio ha voluto nel capoluogo pugliese la sua Segreteria Nazionale e da allora opera come organismo socio-assistenziale riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana e come ONLUS.

Il Direttivo attuale è formato da Padre Rastrelli – Presidente – da Mons. D’Urso, Segretario e da Mons. Granara, Mons. Di Tora e dott. Iaculli, consiglieri. Coordinatore il diacono Paolo Giusto.

Quasi tutte le Fondazioni nate da allora hanno confermato l’ispirazione ecclesiale delle prime ed operano per rendere concreta la solidarietà cristiana, sia con la promozione della prevenzione (vita sobria, educazione all’uso responsabile del denaro, diffusione delle informazioni per aiutare le persone a non cadere in usura e a non sovraindebitarsi….), sia con interventi concreti per liberare le vittime dall’usura (vengono ascoltate, consigliate ed aiutate tutte le persone che ne fanno richiesta), sia con interventi di accompagnamento (viene assicurato un tutor, una persona esperta e disponibile di facile accesso alla persona bisognosa), sia con la diffusione della legalità (educare a pagare i debiti contratti, a sporgere denuncia, a rispettare le leggi……).

Molte Fondazioni operano sul piano regionale, altre sul piano provinciale o cittadino, altre sul piano diocesano o di metropoli.

 

1) Testimonianza

Spesso si fa riferimento alle Fondazioni antiusura e mentre ne viene apprezzato l’impegno per promuovere la prevenzione e la solidarietà, si fa osservare che esse non obbligano alla denuncia degli usurai come premessa ad ogni possibile aiuto.

In realtà c’è qualche Fondazione (ad esempio quella Umbra) che impone la denuncia, mentre quasi tutte le altre cercano di educare chi è vittima dell’usura a fare la denuncia. Credo di poter affermare in questo contesto che molte denunce in corso sono il frutto di questo atteggiamento educativo. Purtroppo solo qualche volta….alle denuncie seguono la celebrazione dei processi e la condanna degli usurai.

Proprio questa mattina la Gazzetta del Mezzogiorno riporta un articolo con il titolo di seguito riportato che avvalora l’orientamento delle Fondazioni (cfr. Gazzetta del Mezzogiorno Martedì 16 Gennaio 2001-AB 3). “Sei anni di carcere all’ex deejay Antonio Giulio Abbruzzese. Fanno condannare l’usuraio con l’aiuto della Fondazione. Vittime un’orfana e gli zii che le avevano aperto una sartoria. Il debito era salito in sette anni da 15 a 200 milioni.

Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a cinque anni di reclusione, il Tribunale ha rincarato la dose e ha condannato un usuraio a sei anni. Il condannato è Antonio Giulio Abbruzzese, di 54 anni, ex deejay, originario di Altamura e residente a Bari. I giudici della seconda sezione (presidente Francesca La Malfa, a latere Pirrelli e Cafaro) hanno superato la richiesta del pubblico ministero Renato Nitti.

Per ristabilire la giustizia è stato decisivo l’impegno della Fondazione antiusura “San Nicola e Santi Medici” che ha convinto le vittime dell’usuraio a raccontare la loro storia alle forze dell’ordine e ha fornito loro assistenza legale, nelle persone degli avvocati Andrea Moreno e Angelo Lerario, che si sono costituiti parte civile.

La storia emersa durante il dibattimento ha contorni drammatici. Sul letto di morte, a metà degli anni 80, una donna di Bitetto affida l’unica figlia a un suo fratello e a una sorella: “Datele un futuro, povera ragazza”.

Gli zii della giovane non se lo lasciano ripetere e promettono: “Non ti preoccupare, ci pensiamo noi”. Dopo la morte della donna, il fratello e la sorella mantengono la promessa. Vendono alcune proprietà immobiliari e con grandi sacrifici aprono un laboratorio di confezioni, intestandolo alla nipote ventenne. La ragazza è specializzata in lavori di sartoria: ha frequentato un corso e sogna di diventare una stilista. Presto, però, gli zii benefattori si rendono conto che occorre altro danaro per avviare l’attività. Una somma non esagerata, della quale però non dispongono.

Per una di quelle coincidenze della vita, a Ottobre del 1985 incontrano Abbruzzese, che ascolta il loro racconto e si dichiara disposto a finanziare la piccola azienda. L’usuraio mascherato da benefattore presta loro 15 milioni di lire. Ma poi getta la maschera e inizia a pretendere interessi impossibili, su su fino a 200 milioni. Per la ragazza e i suoi zii benefattori – stavolta veri benefattori – sono anni terrificanti, fatti di angoscia e notti insonni, giornate con il cuore in gola a ogni squillo del telefono. Perché potrebbe essere lui, Abbruzzese, che pretende i soldi. L’imputato, dopo qualche anno dal prestito, infatti, costringe le vittime a firmare assegni e cambiali in bianco: “Firmate, altrimenti vi faccio chiudere il laboratorio di confezioni”. Zii e nipote, loro malgrado, firmano. Ma poi si rivolgono alla Fondazione antiusura. Che si rivela la loro salvezza.

La Fondazione e il suo Presidente, Monsignor Alberto D’Urso, si mettono a disposizione della famiglia di Bitetto. Tanti i colloqui, mille parole di conforto, in particolare il conforto della fede. L’antiusura contatta gli avvocati Moreno e Lerario. La giustizia finalmente arriva” Carlo Stragapede).

La testimonianza riportata dall’articolo non ha bisogno di commenti: conferma solo la bontà della scelta fatta dalle Fondazioni: una scelta educativa fatta di rispetto, di pazienza, di speranza……

 

2) Sovraindebitamento familiare

Le nostre Fondazioni antiusura mostrano una sempre maggiore attenzione al fenomeno del sovraindebitamento familiare che sia la Legge 108/96 che la 23/2/1999 n°44 hanno in poco o nessun conto.

Emerge sempre di più, durante le nostre esperienze di ascolto, la necessità di un tutor o di un consulente economico familiare che possa consigliare, informare, orientare la famiglia.

Il sovraindebitamento appare come un fenomeno sommerso e diffuso, legato a numerose persone o famiglie o a rischio di usura o già cadute in usura.

Le constatazioni che facciamo rilanciano con forza e chiarezza l’invito a ripensare le leggi sull’usura o sul racket che hanno fissato lodevolmente l’attenzione sulle attività commerciali o d’impresa, ma nel concreto hanno ignorato quasi completamente il sommerso familiare che conta oggi centinaia di migliaia di famiglie in difficoltà economiche.

Il sovraindebitamento familiare che rileviamo è riscontrabile nella sua triplice forma: passivo, attivo e differito.

Per questo fenomeno è possibile offrire solo alcune cifre: si tratta di un fenomeno sommerso e diffuso: pretendere di fotografare la realtà con assoluta precisione, sarebbe poco responsabile.

Il sovraindebitamento passivo è legato alle necessità che spingono le famiglie ad indebitarsi (malattie croniche, perdita o mancanza del posto di lavoro, figli o membri della famiglia tossicodipendenti…).

Una società attenta ai bisogni dei soggetti più deboli non può colpevolmente trascurare questa realtà.

Ricordo molto bene che negli anni “95 l’allarme intorno a questi bisogni è stato sottolineato e condiviso da tutti quelli che hanno promosso la Legge 108/96: la stessa Banca d’Italia parlava di oltre seicentomila famiglie legate a debiti di usura. Nell’euforia dell’approvazione della legge è sfuggito un po’ a tutti che il testo licenziato aveva ignorato la segnalazione dell’indebitamento familiare o l’aveva recepito solo parzialmente all’interno dell’art.15 sulla prevenzione. Le statistiche che lo scorso hanno ci ha offerto uno studio dell’ADICONSUM, ci danno indicazioni che debbono farci riflettere: Le famiglie sovraindebitate in Italia (sovraindebitamento passivo) risultano essere 1.900.000.

Il fenomeno del sovraindebitamento attivo – cioè di chi consapevolmente e coscientemente accumula debiti per le motivazioni più disparate, ma che fondamentalmente si riconducono a consumi ed investimenti – è certamente in crescita, fisiologico nella realtà economica in cui ci troviamo, ma va guardato con molta attenzione.

Gli esempi di piccole aziende familiari che falliscono o si sovraindebitano per non “chiudere” si moltiplicano laddove nascono supermercati o ipermercati: alle nuove assunzioni che assicurano posti di lavoro, bisognerebbe sottrarre i nuovi disoccupati che spesso sono anche sovraindebitati:

Sono interessate a questo sovraindebitamento attivo le famiglie che hanno ricevuto ingiunzione di sfratto, che hanno contratto mutuo casa, che hanno partecipato a concorsi, pronostici, giochi, lotterie o sono famiglie già cadute in usura. Le cifre parlano di 250.000 famiglie sovraindebitate per questi motivi per cui tra sovraindebitamento attivo e passivo, abbiamo oltre 2.100.000 famiglie.

Il sovraindebitamento differito o annunziato è legato a situazioni che solo apparentemente hanno una sicurezza reddituale perché questa deriva dal reddito pensionistico del convivente anziano. Le famiglie con reddito integrato da quello di un pensionato sono in Italia il 60%.

Gli alti consumi di reddito sia delle giovani coppie, sia dei figli vengono coperti solo fino a quando esisterà questo aiuto. Questo sostegno, infatti è incerto e durevole finché sono in vita il convivente o i conviventi anziani che assicurano la loro pensione.

In questo contesto il pericolo del ricorso all’usura è abbastanza concreto ed è reale in tanti casi: i dati ISTAT e Banca d’Italia parlano di 500.000 famiglie con sovraindebitamento differito.

Occorre ampliare la possibilità di accedere al fondo di solidarietà a queste famiglie e alle famiglie che denunziano gli usurai (attualmente questo accesso è previsto solo per coloro che esercitano un’attività imprenditoriale sia nell’art. 14 della Legge 108/96, sia nell’art. 19 della nuova legge antiracket).

In questa ottica è necessario ampliare il concetto d’impresa che sino ad oggi è stato estremamente restrittivo.

Le Fondazioni e le Associazioni antiusura già lavorano nel campo dell’usura familiare e in tante circostanze verificano che l’unico riferimento possibile per uscire dall’usura o per evitarla, è il ricorso alla solidarietà privata, patrimonio delle Fondazioni, frutto delle tante iniziative che vengono promosse attraverso la carità delle diverse comunità parrocchiali o tramite contributi che assicurano alle Fondazioni gli enti locali.

3) Diminuzione delle denunce = aumento delle richieste di ascolto.

“Il fenomeno criminoso dell’usura è certamente più vasto di quanto risulta dal numero delle denunce.

Le indagini sugli episodi delittuosi di tale tipologia si presentano complesse e di non facile espletamento.

E’ indispensabile una diffusione di informazioni, onde aumentare il ricorso, attualmente limitato, ai benefici economici del Fondo di solidarietà recentemente ampliato con la Legge n.44/99”.

Questo è quanto ha scritto e letto il Procuratore della Repubblica di Bari il 13/1 c.a. relazionando sull’amministrazione della Giustizia nel proprio Distretto.

Constatare che il dato sull’usura è un dato preoccupante, che le indagini sono “complesse” e che i benefici “sono limitati” al ricorso al Fondo di solidarietà, è troppo poco, né basta aggiungere: è indispensabile una diffusione di informazioni. La gente vuole che i processi vengano celebrati.

Alcune osservazioni:

·       la sfiducia dei cittadini che non denunziano. Perché non denunziano più? Perché tante denunzie non hanno avuto un epilogo nella celebrazione dei processi. Molte denunce sono di carattere familiare e non aziendale e non tutte le famiglie sono ricche di speranza come la famiglia di Bitetto di cui ho riferito prima.

·       gli usurati non hanno soldi per pagare un penalista e chi denunzia si sente solo e abbandonato, in particolare dalle istituzioni, sia perché le indagini sono lunghe e sia perché – e questo, come accennavo all’inizio dell’intervento, avviene spesso – il processo potrebbe non essere celebrato per scadenza dei termini.

·       con i processi sempre più lenti, il nostro sistema giudiziario conferma di essere un “sorvegliato speciale” del Consiglio d’Europa e della Corte di Giustizia di Strasburgo. La Magistratura deve poter assicurare a chi denuncia più certezze… . ove si trova attenzione alle proprie problematiche la fiducia è in aumento e infatti la richiesta di ascolti presso le Fondazioni ordinariamente è pressante. Le nostre Fondazioni ci confermano questo dato: la richiesta di ascolti è in aumento: c’è in particolare la richiesta di un’assistenza legale che gli usurati non possono sostenere perché in gravi difficoltà economiche. Su questo le attuali leggi non danno alcun conforto e perciò vanno riviste, perché non manchi a chi ha bisogno l’assistenza legale e perché la Magistratura venga messa in condizione di dare risposte certe, in tempi comprensibilmente necessari, per ridare fiducia a chi denuncia.

 

4) Segnalazioni e messaggi

Ometto di parlare, per rimanere nel tempo assegnatomi, del rifinanziamento a regime della Legge 108/96 che ancora non viene assicurato, del tema della disoccupazione che resta ancora molto alta (2.669.000 unità di disoccupati); del volume della povertà in Italia che registra un significativo, diverso andamento tra le Regioni: famiglie del Nord 5%, famiglie del Centro 8%, famiglie del Mezzogiorno 23%; delle famiglie con crediti bancari in sofferenza, ecc…. .

Il quadro riportato alle cifre è molto preoccupante, riportato alla speranza e alla esperienza del fenomeno che emerge, genera fiducia, ed è sulla fiducia che vorrei attestare la mia conclusione: che il germoglio di ieri, fatto di Fondazioni, Associazioni antiusura, di coinvolgimento di persone singole, di realtà ecclesiali e civili possa svilupparsi e diventare albero frondoso su cui posarsi e sotto il quale ricevere protezione, nella prospettiva di attenzione politica più coerente, incisiva e trasparente, di una comunità civile più informata e coinvolta e di una Magistratura capace di assicurare giustizia in tempi reali a chi la chiede con diritto.

 

Mons. Alberto D’Urso

Segretario nazionale della

Consulta nazionale delle Fondazioni antiusura