Il problema dell’usura ha tormentato e fatto discutere per duemila anni filosofi, moralisti, economisti. Nell’antichità e fino a tutto il Medioevo era considerato usurario qualsiasi pagamento a fronte di una somma di denaro prestata a tempo determinato.

Nel XIII secolo tuttavia il massimo autore scolastico, nel riaffermare in termini generali la non produttività del denaro, riconosce, sia pure incidentalmente, la liceità del pagamento di un compenso al prestatore per renderlo indenne dagli effetti della privazione temporanea di una somma; riconosce la liceità della partecipazione ai frutti che il mutuatario trae dall’impiego di quanto ricevuto a prestito.

Il concetto viene ripreso ed esteso nei secoli successivi, in parallelo con lo sviluppo degli scambi commerciali, dei cambi di monete, delle fiere. Nasce in questo contesto il principio del premio per il mancato recupero delle somme impiegate.

L’obiettivo di sottrarre i bisognosi al ricorso agli usurai porta all’istituzione e allo sviluppo dei Monti di pietà.

La misura dell’interesse deve rimanere moderata. Per i prestiti di commercio si discute nel XVIII secolo di una misura massima intorno al 4 per cento.

La Chiesa a metà di quel secolo riafferma la generale illiceità dei prestiti a interesse, ma non vieta pagamenti a fronte di danni subiti dal prestatore e in relazione alla partecipazione ai frutti che il mutuatario ricava dall’impiego produttivo del denaro.

Nella Ricchezza delle nazioni Adam Smith ritiene socialmente utile la limitazione dell’interesse sul denaro prestato, al fine di evitare che venga dissipato in iniziative imprudenti e di incentivarne l’uso produttivo. Ne nasce una violenta polemica con Bentham, il quale ritiene che in tal modo si scoraggino gli investimenti più rischiosi, ma anche più redditizi.

Nel XIX secolo viene considerato usurario un prestito allorché la ragione dell’interesse è eccessiva rispetto ai valori moderati generalmente praticati sul mercato del denaro.

L’usura, così come oggi la intendiamo, può assumere molteplici forme. Contiene sempre in sé un elemento di violenza, che deriva dal radicale squilibrio tra la posizione di chi la pratica e quella di chi, costretto dal bisogno, la subisce.

Per le organizzazioni criminali l’usura rappresenta una fonte di profitto, sovente utile al compimento di altri delitti; si manifesta con l’imposizione di tassi di interesse elevatissimi; può essere praticata anche con lo scopo di asservire imprese che non potrebbero altrimenti essere piegate. Per questa via, l’usura è funzionale al controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali.

La valutazione dell’entità e della diffusione del fenomeno è difficile; tuttavia l’analisi delle denunce consente di acquisire elementi importanti sulle sue caratteristiche. L’usura tende a manifestarsi dove meno robusto è il tessuto sociale; si accresce nelle fasi di sfavorevole andamento congiunturale.

Secondo l’Osservatorio permanente del Ministero dell’Interno, gli indicatori del rischio di usura riferiti al periodo compreso tra il 1995 e il 1998 hanno assunto valori superiori alla media nazionale in tutte le province del Mezzogiorno, con esclusione di quelle dell’Abruzzo, e in alcune province dell’Italia centrale. Particolarmente esposte appaiono quattro regioni: la Sicilia, la Campania, la Calabria, il Molise.

L’esperienza lascia presumere che il reato sia diffuso anche in alcune grandi aree metropolitane, soprattutto nelle zone maggiormente degradate.

 

1.    L’usura e il mercato del credito

Il buon funzionamento del circuito creditizio legale contrasta l’usura.

Laddove altri fattori la favoriscano, la piaga dell’usura può svilupparsi negli spazi che il sistema legale di erogazione del credito, per quanto efficiente, non riesce a coprire.

Quando scelgono i progetti di investimento meritevoli di finanziamento, le banche assolvono la funzione di allocare le risorse all’interno del sistema economico; la correttezza e la prudenza contribuiscono in maniera determinante alla crescita equilibrata e allo sviluppo sociale di un paese. La difesa del risparmio e il carattere d’impresa dell’attività bancaria richiedono che l’allocazione del credito avvenga secondo criteri di economicità e di efficienza, ai minori costi di produzione e con un’adeguata remunerazione del capitale investito.

Nel selezionare la clientela le banche reperiscono e valutano informazioni sulla situazione finanziaria dei prenditori di fondi e sulla loro effettiva capacità di restituire sia il capitale sia gli interessi. Al crescere del saggio di interesse sui prestiti, i fondi vengono prevalentemente richiesti da quei clienti che intendono intraprendere progetti di investimento con più elevato rendimento atteso, ma anche più rischiosi.

Le difficoltà che la banca incontra nel reperire le informazioni nella fase di selezione fanno sì che, oltre una determinata soglia dei tassi di interesse, i profitti attesi delle banche non aumentino, ma piuttosto diminuiscano.

E’ un risultato consolidato della ricerca economica sulla banca che l’esistenza di asimmetrie informative tra finanziatori e finanziati può determinare casi di razionamento del credito.

A subire il razionamento è generalmente la clientela di minori dimensioni, spesso famiglie o imprese artigiane, riguardo alla quale può risultare difficile e costoso reperire le informazioni necessarie alla valutazione della solvibilità futura.

Interventi che nell’intento di eliminare gli effetti indesiderati del mercato ne forzino i meccanismi rischiano di determinare un danno al funzionamento del sistema finanziario, che può risultare più elevato del vantaggio che si cerca di ottenere.

Nel corso degli anni novanta sono sensibilmente aumentati i finanziamenti erogati alle famiglie, alla piccola imprenditoria e agli artigiani, anche da parte di intermediari non bancari.

Le famiglie, rispetto agli anni ottanta, hanno progressivamente ridotto la propensione al risparmio e aumentato la tendenza all’indebitamento. Nonostante la rilevante crescita, il credito al consumo resta inferiore rispetto agli altri principali paesi europei.

Il costo del finanziamento concesso dagli intermediari non bancari alla clientela di piccole dimensioni rimane relativamente elevato. Il maggior livello dei tassi è spiegato anche dalla più alta rischiosità media dei piccoli prenditori.

Lo sviluppo del credito al consumo ha tuttavia ampliato l’articolazione dell’offerta e ha ridotto la domanda di prestiti insoddisfatta.

La legge 108 del 1996 applica principi condivisibili circa gli strumenti di prevenzione e di ausilio alla repressione dell’usura.

Le condizioni di urgenza nelle quali il provvedimento fu emanato non consentirono, tuttavia, una sufficiente riflessione sull’opportunità dell’introduzione di un tetto ai tassi di interesse praticati dagli intermediari autorizzati.

Non c’è usura nel mercato legale.

Ma possono esserci, in condizioni difficili, particolare onerosità del credito e fenomeni di razionamento. Aspetti questi sui quali dobbiamo incidere in senso favorevole all’eliminazione dell’usura e allo sviluppo dell’economia.

L’applicazione alle banche e alle società finanziarie vigilate di limiti ai tassi ne riduce la dispersione, ma distorce i flussi finanziari e la corretta fissazione dei prezzi; la determinazione di tassi soglia uguali per l’intero territorio nazionale può, paradossalmente, favorire l’estensione del fenomeno dell’usura, soprattutto nelle aree del Paese in cui la rischiosità del credito è più elevata, riducendo l’ammontare dei prestiti legali.

La Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi hanno dato alla legge una puntuale e scrupolosa attuazione, individuando i mercati delle differenti tipologie di prestito e raccogliendo periodicamente dati corrispondenti all’effettiva distribuzione dei tassi di interesse nel mercato legale.

I problemi applicativi che si sono da ultimo determinati sono una ulteriore conseguenza dell’intervento legislativo, che aveva mancato di chiarire quale fosse il corretto riferimento temporale per l’applicazione dei tassi soglia di volta in volta vigenti.

 

2.    I controlli sull’attività creditizia e sull’intermediazione finanziaria

L’esercizio dell’attività bancaria è subordinato al possesso, oltre che di livelli patrimoniali e organizzativi adeguati, di requisiti di professionalità e onorabilità per gli esponenti aziendali. La regolamentazione mira in tal modo anche a evitare infiltrazioni di natura criminale che favorirebbero l’espansione dell’usura.

Nell’ultimo triennio, a fronte di 50 autorizzazioni rilasciate per la costituzione di nuove banche, sono state respinte 19 istanze.

Come avevamo sollecitato, nel 1999 sono stati ampliati i poteri di controllo dell’Ufficio italiano dei cambi sulle società finanziarie iscritte nell’elenco previsto dall’articolo 106 del Testo unico bancario. Risultano attualmente iscritti nell’elenco circa 1.400 intermediari. Negli ultimi tre anni abbiamo cancellato dall’elenco, per il venir meno dei requisiti e, in non pochi casi, per gravi irregolarità, 58 società finanziarie.

Di recente è stato emanato il regolamento governativo per l’albo dei mediatori creditizi. Si tratta di un settore in cui la previsione di requisiti professionali e la trasparenza dell’attività realizzano un’efficace selezione degli operatori, prevenendo i rischi di comportamenti scorretti.

L’azione della Banca d’Italia mira a innalzare l’efficienza nel sistema finanziario, anche promuovendo e tutelando condizioni di concorrenza. L’Istituto è attualmente impegnato, anche con l’ausilio delle sue filiali, in un’analisi accurata dei mercati locali e in una disamina dei comportamenti lesivi della concorrenza.

L’attuazione della disciplina in materia di condizioni contrattuali contribuisce ad assicurare la corretta informazione agli utenti dei servizi bancari e finanziari. I controlli ispettivi si rivolgono in misura crescente al rispetto delle regole sulla trasparenza da parte degli istituti nei confronti della clientela.

L’usura presenta strette connessioni con l’abusivismo finanziario.

Va riaffermata l’esigenza di rivolgersi esclusivamente agli intermediari iscritti negli albi.

La circostanza che in ambiti ristretti siano state autorizzate modeste e tradizionali forme di credito di tipo cooperativo non altera il funzionamento dei mercati e soddisfa una limitata domanda di prestiti di piccolo importo.

Assume rilievo l’immediata riconoscibilità dei soggetti legali. Le Istruzioni di vigilanza richiedono alle banche di segnalare i casi di sospetto abusivismo o di altre attività finanziarie illecite.

Nell’ipotesi di violazione delle regole in materia di riserva di attività prende avvio la procedura di collaborazione con l’Autorità giudiziaria. Essa si è fatta più incisiva negli ultimi anni, con la possibilità di sottoporre le imprese finanziarie abusive a forme di controllo giudiziario che arrivano fino alla nomina di un commissario e alla liquidazione delle società da parte del Tribunale.

Il compito principale nella lotta contro l’attività finanziaria abusiva è affidato alle Forze dell’ordine; esse possono avvalersi delle segnalazioni della Banca d’Italia e dell’Ufficio italiano dei cambi relative ai casi in cui emerga il sospetto di attività illegali. Nell’ultimo triennio la Banca d’Italia ha segnalato 56 casi di abusivismo; l’Ufficio italiano dei cambi ne ha segnalati 42.

La pratica usuraria, come di altre forme di criminalità economica, può essere contrastata nella fase in cui le risorse finanziarie che essa genera vengono detenute o reimpiegate nel sistema finanziario legale.

La disciplina in materia di antiriciclaggio fornisce strumenti specifici per evitare che il circuito dell’usura contamini quello della finanza.

L’Ufficio italiano dei cambi negli ultimi tre ani ha individuato, tra le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse dalle banche, circa 300 casi riconducibili a ipotesi di usura. I fatti segnalati sono stati riferiti agli organi investigativi.

Abbiamo emanato nei giorni scorsi una nuova versione delle Istruzioni alle banche e a tutti gli operatori finanziari per l’individuazione e la segnalazione delle operazioni sospette.

 

3.    L’offerta di credito nelle aree a rischio di usura

Un sistema finanziario articolato che opera in condizioni di concorrenza e offre un’ampia gamma di strumenti di finanziamento riduce la possibilità che parte della domanda di prestiti espressa da clientela solvibile si indirizzi al mercato illegale.

Nello scorso decennio la riduzione dei costi di esercizio e nuove forme organizzative hanno consentito alle banche di trarre pieno vantaggio dalla liberalizzazione in materia di apertura di nuove dipendenze. Alla fine del 1989 gli sportelli erano 15.600, uno ogni 3.600 abitanti; sono oggi 27.800, uno ogni 2.050 abitanti. Il numero di comuni in cui è presente almeno una dipendenza bancaria è salito di 900 unità, a 5.941; ne hanno tratto beneficio quasi due milioni di cittadini.

Nonostante il consolidamento del sistema, è aumentato, a livello provinciale, il numero di banche alle quali famiglie e imprese possono rivolgere la domanda di finanziamenti. Non si è ridotta, anzi è cresciuta, la disponibilità di credito per la clientela di minore dimensione.

L’ampliamento della rete di offerta è stato intenso anche nelle aree più esposte al fenomeno dell’usura. Dall’inizio dello scorso decennio gli sportelli bancari sono passati nel Mezzogiorno da 3.700 agli attuali 6.300. Nelle quattro regioni a maggior rischio di usura il numero degli sportelli è aumentato da 2.400 a 3.700.

L’indebitamento bancario delle famiglie non si differenzia tra le diverse aree del Paese. Secondo i dati di contabilità regionale riferiti al 1998, esso era pari al 22 per cento dei consumi finali nel Centro-Nord e al 19 nel Mezzogiorno. Se a quelli bancari si aggiungono i finanziamenti concessi dalle società specializzate nel credito al consumo, il divario si riduce.

Negli ultimi anni, con il calo dell’inflazione e dei tassi di interesse, è stata particolarmente intensa la crescita dei finanziamenti alla clientela di dimensioni più contenute, imprese con meno di 20 addetti e famiglie; la loro quota sul credito bancario complessivo è salita dal 30 al 34 per cento, dalla fine del 1997 a oggi.

La crescita dei finanziamenti ai piccoli prenditori è stata più rapida che per le altre categorie anche nel Mezzogiorno.

In questa area, tuttavia, continua a pesare una rischiosità media sensibilmente più elevata rispetto al resto del Paese. Quasi un quinto dei prestiti concessi è in sofferenza; nelle altre regioni la quota è inferiore al 5 per cento. Il divario di rischiosità, ampio per tutti i principali settori di attività economica, tocca il valore massimo per le imprese con meno di 20 addetti; per queste il rapporto tra sofferenze e impieghi raggiunge il 30 per cento nelle quattro regioni maggiormente esposte al rischio di usura; è pari al 25 per cento nelle altre regioni del Mezzogiorno, all’8 nel Centro-Nord.

Nel Mezzogiorno tassi di insolvenza più elevati si associano a una più difficile protezione dei diritti dei creditori. Secondo i risultati di una indagine condotta dalla Banca d’Italia, le procedure di recupero dei crediti per via giudiziaria durano più a lungo; sono più costose, più incerte negli esiti.

Gli intermediari tendono a tutelarsi richiedendo maggiori garanzie o riducendo la durata del finanziamento. Una eccessiva richiesta di garanzie può costituire un ostacolo all’accesso al credito, soprattutto per la clientela minore. Uno sbilanciamento verso i debiti a breve termine rende fragile la struttura finanziaria delle imprese; può trasformare problemi temporanei di liquidità in crisi di solvibilità.

 

4.    La lotta all’usura.

L’usura, la concessione del prestito illegale, esiste nel nostro come in
altri sistemi economici. Oltre alle cause psicologiche e culturali, che influenzano le scelte soggettive, rilevano alcune caratteristiche ambientali.

Il ritardo nello sviluppo economico, il degrado sociale fanno sì che di una eventuale scarsa presenza degli intermediari, degli stessi problemi informativi che rendono più difficoltosa la concessione legale di finanziamenti approfitti chi pratica l’usura.

In presenza di tali sfavorevoli condizioni l’usura tende a diffondersi. Ne sono motivazione l’improvvisa mancanza di liquidità per la piccola impresa o le straordinarie necessità di spesa per la famiglia. Attratte dalle prospettive di profitto, legate non solo all’elevato tasso di interesse estorto ma anche all’aspettativa di impadronirsi del patrimonio del debitore, si appropriano del mercato dell’usura organizzazioni criminali presenti in parti importanti del territorio.

La Banca d’Italia è impegnata a contribuire alla lotta all’usura nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza.

Rimane primario il ruolo delle Forze dell’ordine e dell’Autorità giudiziaria nella lotta contro le attività finanziarie illegali. La forte e decisa azione di contrasto, con il contributo delle banche, delle società finanziarie, delle Autorità di vigilanza deve rappresentare il deterrente fondamentale per l’attività criminale in campo finanziario.

La prossimità della banca al cliente, la conoscenza delle sue abitudini finanziarie e di consumo, delle sue esigenze economiche aiutano lo stabilirsi di una buona relazione, dalla quale possono trarre beneficio entrambe le parti. Proprio i vantaggi in termini di radicamento nel territorio hanno reso il sistema del credito cooperativo, nelle regioni meridionali, un importante canale di finanziamento delle famiglie e delle piccole imprese artigiane.

Nello scorso decennio le banche di credito cooperativo hanno esteso significativamente la loro presenza sul territorio. Attraverso un’espansione della rete delle dipendenze; oggi al sistema della cooperazione di credito fanno capo quasi il 7 per cento della raccolta e il 5 per cento degli impieghi complessivi, circa un quinto della clientela.

Per la natura che le caratterizza, le banche di credito cooperativo sono chiamate ancora a contribuire, come è nella loro storia, a far arretrare il fenomeno dell’usura, soprattutto nelle aree meno sviluppate.

Una parte della clientela che oggi incontra difficoltà nel reperire risorse deve essere ricondotta nell’alveo del finanziamento legale. L’attuale livello dei tassi di mercato agevola questo processo; si tratta di un’esigenza di ordine sociale che poggia su solide basi economiche derivanti dall’allargamento del mercato. Gli stessi intermediari ne trarranno beneficio.

La quota di credito bancario a medio e a lungo termine può espandersi e le relazioni di finanziamento che le banche intrattengono con imprese e famiglie possono divenire più stabili.

I consorzi di garanzia collettiva dei fidi, riducendo i costi dell’istruttoria bancaria, possono agevolare la valutazione del merito di credito delle piccole e medie imprese e sviluppare forme moderne di condivisione del rischio. Sebbene in crescita, lo strumento dei confidi non appare ancora pienamente utilizzato. In un quadro di adeguata regolamentazione, l’ampliamento delle strutture di garanzia collettiva sarebbe vantaggioso, soprattutto per le regioni e le imprese del Mezzogiorno.

L’intermediazione “etica” fonda la possibilità di conseguire risultati positivi su una sua interazione con la logica bancaria tradizionale. Il suo scopo è quello di sostenere le iniziative dei soggetti non-profit, normalmente non finanziabili da banche, contando sulla speciale convergenza di motivazioni altruistiche di parte dei collaboratori, degli azionisti, dei depositanti.

Sul piano delle norme che regolano l’attività degli intermediari e delle imprese appare prioritaria un’azione che ammoderni la gestione delle situazioni di difficoltà aziendale.

 

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Keynes in uno dei capitoli conclusivi dell’opera che ha rivoluzionato il pensiero economico del XX secolo discute dell’usura e delle leggi antiche, delle analisi e delle polemiche dei dottori medioevali riguardanti il costo del denaro e il suo impiego; riconosce che quelle analisi e quelle leggi ebbero il merito storico di indirizzare i capitali disponibili verso il commercio e gli investimenti produttivi, contribuendo a far crescere il benessere generale.

L’Italia si trova per alcune componenti del suo sistema economico in una situazione di arretratezza che non ha consentito finora di eliminare la piaga dell’usura, con i suoi effetti devastanti sul tessuto civile e di freno allo sviluppo economico.

La via per uscire da tale condizione passa in primo luogo per una educazione all’uso responsabile del denaro da parte delle famiglie. Una quota della domanda di prestiti da queste avanzata è di per sé non bancabile. Come non lo è quella che proviene da medie e piccole unità economiche che già versano in una situazione cronica di squilibrio finanziario.

Al di là della riforma della legislazione in materia di fallimento e dell’intervento di istituzioni di assistenza, che con l’ausilio delle stesse banche possa permettere l’uscita da situazioni di illiquidità, la via maestra è quella di uno sviluppo economico più rapido; questo deve coinvolgere particolarmente le regioni dove ampia è la diffusione di organizzazioni criminali.

Una crescita e uno sviluppo equilibrati rappresentano le condizioni necessarie affinché aumenti la ricchezza delle famiglie e la struttura finanziaria delle piccole e medie imprese si irrobustisca.

Nelle zone dove prospera, l’usura frena le potenzialità di sviluppo economico.

L’impegno del sistema finanziario, in primo luogo quello delle banche, nelle articolazioni a livello locale e nelle aree e province più difficili deve volgersi a uno sforzo straordinario e sistematico, diretto a ridurre il costo del credito per le frange marginali di clientela. Occorre migliorare le analisi delle situazioni dei richiedenti il credito; restringere, con decisone, il divario tra i tassi massimi e quelli applicati alla clientela migliore.

Le condizioni macroeconomiche e il rafforzamento del sistema creditizio hanno ridotto in misura drastica il costo medio del denaro in Italia. Occorre restringerne ancora la varianza, estendendo i benefici a una massa più ampia di clientela.

Consentendo l’accesso al mercato legale a un numero più vasto di famiglie e di piccole imprese si riduce il bacino di domanda insoddisfatta cui attinge l’usura; si contribuisce all’affermazione della legalità e al progresso civile ed economico.

Questo impegno sarà coronato da successo se, insieme con il miglioramento delle prospettive di sviluppo delle aree arretrate, rimane efficace l’azione di contrasto svolta dalle Forze dell’ordine e dalla Magistratura nei confronti delle organizzazioni criminali.

L’usura non è invincibile; non può essere considerato un male irrimediabile. Criteri più rigorosi e consapevoli nell’agire economico individuale, intermediari finanziari stimolati all’efficienza da condizioni di concorrenza e trasparenza, appropriati strumenti finanziari integrativi fanno restringere l’area di azione degli usurai; accrescono la probabilità che, con l’apporto congiunto delle istituzioni e degli operatori di mercato, l’usura venga estirpata.

La liberazione da questo male afferma il riscatto della dignità della persona  assoggettata a violenza morale e anche fisica. La società civile e il corpo politico devono essere uniti nel combattere questa piaga sociale.

E’ un obiettivo di grande portata al cui conseguimento anche le banche sono impegnate.

E’ un auspicio che l’Italia, traendo forza dall’esempio di coloro che hanno avuto il coraggio di opporsi all’usura, sappia anche per questo aspetto portarsi al livello delle nazioni più avanzate, tra le quali, a buon diritto, viene annoverata.

 

Antonio Fazio

Governatore della Banca d’Italia