Do il benvenuto agli ospiti di questa Conferenza nazionale contro l’usura e l’estorsione: al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, al Ministro dell’Interno, Enzo Bianco, al Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, Tano Grasso, al Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio ed alle altre autorità e agli ospiti qui presenti.

 

Io sono Pina Grassi, la vedova di Libero Grassi ed è per me un onore avere ricevuto l’incarico di presiedere questa conferenza.

 

Al prossimo 29 agosto saranno 10 anni dall’assassinio di Libero, un laureato in giurisprudenza che aveva deciso in giovanissima età, nell’immediato dopoguerra, di fare l’imprenditore tessile.

 

Ricordo qui sinteticamente quale vicenda (assurda in qualsiasi altra parte del mondo) abbia trasformato un cittadino, per quanto possibile rispettoso delle leggi, ma soprattutto del lavoro suo e di quello degli altri, in un simbolo.

 

Negli ultimi 30 anni della sua vita, Libero aveva creato la SIGMA, industria manifatturiera che produceva pigiameria maschile.

 

Si può affermare che la SIGMA, insieme ad altre esperienze imprenditoriali, nel corso degli anni, abbia costituito una fucina di effettiva formazione sul campo di più di 1000 maestranze. La SIGMA impiegava 100 maestranze, ed il “manager” Libero nel corso degli anni alterna successi e difficoltà, normali in una impresa che sorge a Palermo ed estende la rete commerciale in tutta l’Italia ed in molti paesi europei, con clienti anche negli Stati uniti e ad Hong Kong.

 

Ma a Palermo niente è normale.

 

Nonostante le difficoltà causate dai maggiori costi di distribuzione, perché siamo alla periferia dell’Europa, perché le infrastrutture non sono certo le più efficienti e perché le banche applicano tassi penalizzanti, che oggi non esiteremmo a definire usurari, l’azienda va bene, cresce e… attira l’attenzione del clan mafioso che esercita il controllo nel quartiere della città in cui è ubicata la SIGMA.

 

Si susseguono richieste di “pizzo”, seguite da minacce sempre denunciate alla polizia e ai carabinieri; richieste regolarmente inevase.

 

Finché l’11 gennaio del 1991 nella prima pagina del Giornale di Sicilia c’è un articolo in cui Libero Grassi dice a chiare lettere: “cari estortori, non vi pago”.

 

La sua educazione e convinzione liberale non gli avrebbe mai consentito di entrare in società con i mafiosi.

 

Il rispetto per la sua professione di imprenditore e per il lavoro delle maestranze della SIGMA era in assoluta antitesi con un compromesso che, in cambio di un’ipotetica e non richiesta protezione, avrebbe condizionato la sua libertà di imprenditore.

 

Il valore dell’azione di Libero sta nella pubblica denuncia del racket.

 

Tutti lo sapevano e tutti lo negavano.

 

Dall’11 gennaio del 1991 nessuno avrebbe più potuto affermare: “non sapevo, non credevo”.

 

Era scritto nero su bianco.

 

E questo i mafiosi non l’hanno perdonato, perché l’omertà e la mafia passano attraverso l’azzeramento delle coscienze e Libero rischiava di diventare un organizzatore di coscienze.

 

Per evitare che altri imprenditori seguissero i suo esempio, il 29 di agosto del 1991, quando sarebbe ripresa l’attività dopo le ferie estive, uccidono Libero alle 7,30 del mattino, quando, appena uscito da casa, si stava recando in fabbrica.

Tutte le maggiori autorità dello Stato vennero a testimoniare che non sapevano che la situazione fosse così grave.

 

L’evento ebbe risonanza nella stampa internazionale perché Libero era un cittadino normale, che pretendeva di esercitare normalmente il suo lavoro.

 

Lo Stato, attraverso la GEPI, finanziaria pubblica che evidenziò i suoi limiti in questa vicenda, fece un maldestro tentativo di continuare l’attività della fabbrica, ma nell’arco di 3 anni l’azienda non riuscì a riprendere l’attività.

 

Il 29 agosto del 1991 è certamente una data storica, perché di fatto la storia e la morte di Libero hanno organizzato le coscienze e, a mio avviso, la costituzione delle associazioni antiracket rappresenta il punto più alto, che proviene dalla società sana, della lotta alla mafia.

 

Ora ci sono le associazioni antiracket ed antiusura, ora ci sono le leggi, ora c’è un Commissario efficiente, ora c’è lo Stato, consapevole, vicino ai cittadini, e ci siete voi imprenditori.

 

Se oggi Libero fosse qui sarebbe orgoglioso di partecipare a questo incontro e di passare il testimone alle future generazioni.

 

 

  Pina Maisano Grasso

Vedova di Libero Grassi