Parlo in rappresentanza del CNEL, che svolge una funzione di monitoraggio e studio di questi fenomeni e di collaborazione con il Commissario per indicare strategie possibili di contrasto e di prevenzione.

Non sono un tecnico, sono un cittadino che ha passato la vita a prestare attenzione ad alcune cose. Cerco di capire il possibile impatto sull’opinione pubblica di alcuni convegni, compreso questo, delle statistiche, dei fatti che si denunciano.

Appartengo a quelli che non sono stati contenti quando hanno letto i giornali stamattina per due motivi.

Uno: la statistica dei reati, 9 commercianti su 10 sono soggetti al pizzo a Gela; che città è e in quale Stato si trova una comunità di persone che convive con la illegalità? E poi le statistiche successive, 8 su 10 a Reggio Calabria. Non so se sia vero, ma anche se fosse stato vero non l’avrei detto.

Due: nel campo dell’usura si estende il fenomeno e diminuiscono le denunce. È una cosa assai seria. Perché? Le risposte possono essere tante, compresa qualcuna di carattere inquietante che forse nel nostro Paese abbiamo una ipersensibilità sulle emergenze ed una minore sensibilità alla strategia. Da noi è più facile che l’emergenza diventi permanente, c’è invece una minore tendenza alla strategia che non comporta lo stravolgimento dell’ordinamento, ma che fissa una strategia delle priorità all’interno dell’azione penale obbligatoria per tutti. Priorità in un percorso strategico soprattutto quando si tratta di fenomeni che operano sul diritto fondamentale delle persone, inquinano il tessuto economico, procurano povertà: criminalità e sviluppo sono infatti in stridente contraddizione fra loro.

Una strategia a tempo determinato. 5 anni? Dopo non ci dovrà essere una proroga e ciascuno dovrà rendere conto del proprio operato.

In una strategia ci sono poche armi a disposizione: sono gli Organi dello Stato che hanno dimostrato di essere capaci ed efficienti. Non c’è bisogno di un titolo al giorno, basta lavorare con tranquillità e fermezza.

Non può esistere una emergenza a tempo indeterminato. Queste sono le cose. E il ricorso all’usura ha molte facce: può essere un cedimento alla debolezza del momento, una predisposizione al disastro economico; una condizione di necessità che si determina perché non esistono alternative. Dobbiamo sapere allora cosa succede e dire la verità.

Le banche: in Italia non esistono, c’è solo Mediobanca; gli altri sono Istituti di Credito regolati da leggi simili a quelle che regolano il Catasto italiano, per cui i cosiddetti banchieri sono in realtà alti funzionari bancari con responsabilità amministrative. Non esistendo le banche, esiste un sistema di erogazione del credito che ha vincoli preventivi, e che costringe i soggetti preposti all’erogazione del credito ad una serie di vincoli e di garanzie che rendono impossibile l’esercizio di un sistema bancario vero con alla base un fattore di rischio ed uno di fiducia.

Seconda questione: le statistiche parlano delle 4 regioni del Mezzogiorno. Mi rifiuto di credere che lì c’è la concentrazione dei criminali e dei cretini. Ci sono  invece fattori che producono alcuni comportamenti.

Nei fattori di rischio del Sistema bancario italiano ho letto che le sofferenze sono nel Mezzogiorno 4 volte superiori a quelle del Centro-Nord. Nel Mezzogiorno però non ci sono più Istituti di Credito meridionali; i centri di direzione si fermano a Napoli con una banca, e niente altro a sud di Roma. I maggiori centri di credito operanti nel Mezzogiorno sono stati acquistati con capitali delle banche del nord.

Una cosa è sicura: si è stabilito un sistema di comunicazione locale che non ha più dietro le spalle la cultura che avevano una volta le piccole banche che dialogavano con i clienti del posto. Questo modello anonimo di gestione del capitale finanziario si aggiunge ad una serie di fattori che determinano condizioni ambientali che non facilitano la fiducia nelle Istituzioni, negli Organi dello Stato, nelle proprie Associazioni di Categoria e quindi non incentivano la capacità di organizzarsi per prevenire e reprimere.

Nei casi di racket non si può prevedere una forma, rispettando le garanzie, di testimonianza associativa al posto del singolo? Una sorta di certificazione in sede privata della denuncia che si trasferisce poi in una sede collettiva.

Quando si arriva a questi criminali, io credo, e sono un garantista, che il patrimonio debba essere requisito, messo in custodia pubblica ed essere poi irrevocabilmente destinato a scopi solidali.

 

     Pietro Larizza

Presidente del CNEL