Sono convinto che il lavoro fatto qui darà dei frutti: ho colto una dimensione, regola d’ora del mondo del volontariato, che l’associazione organizzata e libera nell’antiracket sicuramente mette in moto due meccanismi importanti: sveglia le istituzioni ed opera con le istituzioni; anticipa soluzioni e propone soluzioni. Stesso ragionamento fa con la società.

Non è azzardato sostenere che l’associazionismo antiracket è il frutto migliore della stagione della lotta alla mafia. È vero, non c’è più la stagione straordinariamente emotiva, che ci ha aiutato tantissimo; dopo quella stagione oggi nella società civile abbiamo però frutti positivi ed intelligenti, che stanno dentro il meccanismo della progettualità.

L’ho capito in due occasioni. La prima, quando a Siracusa voi, il movimento antiracket riusciste a fare una cosa straordinaria: contenere la rabbia e produrre la proposta, il progetto; in quella occasione si diede un fortissimo impulso per arrivare alla legge; la seconda, a Capo d’Orlando: fatta la legge, era scattato il solito meccanismo, ritardi, pigrizia e la scelta era tra tornare alle origini per fare un salto di qualità o rassegnarvi. Voi  sceglieste la prima. Quell’incontro fu un momento di verità e di verifica in cui avete parlato ancora un linguaggio vero ed è nata la possibilità oggi di questo cammino: la struttura, la realtà, il Commissario. Ringrazio il Ministro perché ha colto questa storia progettuale, e credo che il percorso che ha portato alla  scelta di Tano Grasso possa e debba essere applicato anche in altre occasioni.

Nei confronti delle istituzioni la vostra sollecitazione è stata forte ed alcuni meccanismi si sono messi in moto, altri ancora devono farlo, così anche nella società. Un elemento mi aspetto ancora da un pezzo di società che ancora manca all’appello: il sistema delle imprese organizzato nella Confindustria. Con il vostro associazionismo avete attivato un’azione di stimolo nei confronti delle famiglie e delle associazioni di categoria, la presenza e l’attività di questi anni della Confesercenti e della Confcommercio lo dimostrano; adesso mi aspetto che anche la Confindustria comprenda l’attività che voi operatori economici svolgete nella società. Ho apprezzato anni fa l’attuale presidente della Confindustria, perché ruppe con una idea, una cultura, un modo di essere dell’associazionismo industriale in Italia, che era quello di dire che la mafia sostanzialmente non esisteva: basta prendere in mano le audizioni della Commissione parlamentare Antimafia: i verbali parlano chiaro.

Lui ebbe una grande intuizione e disse che la prima condizione per radicare le imprese nel mezzogiorno non era il credito, sicuramente importante, né le infrastrutture, altrettanto importanti, non era la capacità di produrre servizi, formazione, la prima condizione era la sicurezza dalle mafie: una grande intuizione rimasta monca, non l’ho sentita ripetere da Presidente di Confindustria, e mi aspetto che non solo ripeta questa intuizione, ma che possa dialogare con questo pezzo di autorganizzazione di impresa che alla lotta alla mafia dà un contributo progettuale.

Un banco di prova aspetta noi e loro: spezzare il meccanismo di convenienza nel pagare; non c’è convenienza nel pagare perché molti commercianti sanno che significa perdere libertà, dignità, economia, mercato. C’è però la convenienza nel mercato degli appalti; pagare lì significa avere cittadinanza nel sistema che le mafie organizzano nel regolare gli appalti e lì bisogna chiamare ad una nuova responsabilità: pattuire in modo condiviso in un rapporto moderno fra istituzioni ed imprese che chi paga il “pizzo” venga escluso dalle gare, a meno che non denunci. Ma non deve essere questa la strada.

Ai gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione della regione Sicilia che hanno adesso all’orizzonte l’approvazione di una legge sugli appalti e il recepimento della Merloni-ter chiederò due cose: il ripetersi di una vecchia legge che in Sicilia conteneva la costituzione delle cosiddette stazioni uniche appaltanti, ma anche un emendamento in cui si preveda la  possibilità di escludere le imprese che pagano, tranne una loro denuncia e collaborazione.

 In questo modo ci si allontana da quella stagione triste che Pina Grassi ci ha raccontato all’inizio dei lavori.

C’è anche un’altra indicazione che voi fornite alle istituzioni: che abbiamo bisogno di un processo veloce, efficace. Un meccanismo perverso di impugnazioni, incompatibilità, notifiche mette in condizione la vittima nel processo di avere molte difficoltà; questi tre elementi, uniti agli organici ed un’idea sbagliata di custodia cautelare…e il danno è fatto. Ecco perché è importante che questo indirizzo inizi a cambiarsi; dobbiamo guardare al doppio binario e garantire l’accesso al processo; dobbiamo garantire che la vittima non lo sia due volte, ma che abbia pari dignità rispetto all’imputato.

È un salto di qualità che dobbiamo fare. Ci siamo avviati in questa direzione, il gratuito patrocinio lo testimonia; abbiamo fatto bene ad approvare la norma che mette nelle condizioni di poter constatare se i mafiosi sono veramente poveri oppure no, perché l’abuso del gratuito patrocinio svuota di significato un istituto di grandissima civiltà.

Dobbiamo continuare lungo questa strada, come abbiamo fatto con le video conferenze e rispetto al clamoroso errore del rito abbreviato; attraverso la corsia preferenziale che il procuratore Vigna indicava nei processi. È importante che continuiate a stimolare  le istituzioni che devono fare un salto di qualità. Non bisogna mettere da parte il rapporto che voi state costruendo con le novità che il panorama mafioso presenta a tutti noi.

L’ho visto un po’ eclissato in alcune valutazioni: il lavoro che fate voi è decisivo per capire com’è la mafia oggi e per dare un importante contributo. C’è una novità che dobbiamo riconoscere: nel nostro Paese abbiamo raggiunto risultati impensabili, inediti nella lotta contro le mafie militari, ma nei confronti della mafia che punta a colludere con la società e con le istituzioni, a erodere i rapporti democratici, a consumare i rapporti economici, siamo appena all’inizio; stiamo avviando un cammino che si può fare e con il lavoro fatto in questi mesi il cammino si è avviato: il problema non è stato risolto, ma l’elemento di fiducia è che il cammino è stato avviato.

La forza, la novità e il rapporto di fiducia stanno nel dire che abbiamo creato i presupposti per iniziare questa lotta, per affrontare questo gravissimo problema.

Avanzo queste proposte: che il Ministro ed il Commissario possano produrre un manuale della lotta al racket ed all’usura aggiornato da diffondere a tutte le famiglie e a tutti gli operatori economici.

Secondo: lavorare sui testimoni: c’è un’inversione di tendenza. La Commissione parlamentare Antimafia approvò anni fa un documento di censura severissimo nei confronti dell’allora gestione dei testimoni di giustizia; ieri abbiamo avuto una prima audizione ed abbiamo espresso una valutazione positiva per l’inversione di tendenza che abbiamo potuto constatare.

Terzo: l’aggressione ai patrimoni. Le organizzazioni mafiose tolgono la libertà economica, aggrediscono i patrimoni delle famiglie e degli operatori: devono essere aggrediti su questa dimensione. Quella mafia che si trasforma e si riorganizza deve essere colpita severamente in questa direzione.

Il migliore riconoscimento che vi si possa fare non è quello di darvi una pacca sulla spalle, di fare un brindisi in vostro onore, ma è quello di riconoscervi soggetti progettuali di cambiamento in grado di indicare le mete e raggiungerle insieme.

 

 

Giuseppe Lumia

Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia