Buongiorno a tutti.

Prima di parlare voglio fare una premessa: è bello essere uniti, perché solo così si risolvono i problemi; non dimentichiamoci che l’unione fa la forza.

Vengo da Foggia, mi chiamo Michele e sono il figlio dell’imprenditore Giovanni Panunzio, ucciso il 6-11-1992, perché non ha voluto piegarsi alle richieste del “pizzo”.

Nato a Foggia nel 1941 da genitori onesti e lavoratori, non ha mai conosciuto il padre, morto quando lui aveva solo due mesi; fin da piccolo è ha dovuto abituarsi a darsi da fare.

All’età di 9 anni cominciò a lavorare dapprima come panettiere e poi come carpentiere e così vi fino a diventare imprenditore stimato da tanti; grandissimo lavoratore.

È per questo che essendo l’unico figlio maschio ho il dovere di continuare la sua attività e di onorare le sue idee anche se con molti problemi economici.

I problemi sono cominciati subito dopo la morte di mio padre allorché, recatomi in banca per effettuare delle operazioni, il cassiere mi diceva di passare dal direttore e da lì la scoperta che mi avevano bloccato i conti correnti.

Non potete immaginare come mi sono sentito in quel momento, mi sentivo crollare tutto addosso, non sapevo in che direzione muovermi.

Molte volte si favorisce l’attività dell’usura per risolvere situazioni che si vengono a creare senza la volontà di chi è costretto e una volta entrati è difficile uscirne.

Grazie allo Stato ed alle leggi che ci sono per le vittime sono sicuro che riuscirò a portare a termine gli impegni assunti e vedere realizzato il sogno di mio padre.

Ringrazio per tutto quello che è stato fatto per la mia famiglia e per tutto quello che dovrà essere fatto. Saluto l’On. Grasso ed il suo staff, tutte le Istituzioni, il Sindaco di Foggia Paolo Agostinacchio, il Prefetto di Foggia, il dott. Di Bari, Viceprefetto di Foggia e tutte le associazioni antiracket.

 

Michele Panunzio