Ringrazio dell’invito che credo non sia casuale, perché da 10 anni, nella veste di Prefetto, ho affrontato le delicate tematiche dell’estorsione e dell’usura.

Ho ascoltato con grande attenzione gli interventi di notevole spessore e non voglio riprendere questioni trattate che riguardano le diverse dinamiche delle due fattispecie criminose.

Ieri il Prof. Conso ha definito l’usura la “sorella minore” dell’estorsione mentre il Presidente Violante ha calcato l’accento sulla estrema debolezza dell’usurato a fronte della situazione finanziaria dell’estorto.

Non voglio neppure ricordare il panorama legislativo. È certo comunque che negli ultimi 10 anni, dall’emanazione del d.l. 418 del 1991 che istituì il Fondo di sostegno per le vittime delle richieste estorsive, le forze politiche, in modo corale, senza distinzione di schieramento, hanno dato prova di grande attenzione ai temi specifici e varato i capisaldi di riferimento normativi a sostegno di una linea di controtendenza rispetto al passato, allorché le fenomenologie criminali di cui discutiamo trovavano le vittime indifese e prive di qualsiasi punto di riferimento: oggi l’imprenditore Sgarlata non avrebbe potuto fare l’intervento che ha fatto questa mattina.

Vorrei offrire un contributo delle esperienze vissute in altre parti del Paese dall’inizio della mia carriera di Prefetto e dei risultati conseguiti grazie anche all’entusiasmo ed alla passione che ho posto nell’affrontare problematiche quanto mai delicate e riassumibili nell’accezione più ampia delle situazioni che rientrano nell’ambito della sicurezza pubblica, tema specifico dei compiti attribuiti per legge alla competenza del Prefetto.

Una prima osservazione è questa: le iniziative legislative finora assunte mi sembra che non trovino accoglienza analoga nelle aree nelle quali ho avuto occasione, per la mia funzione, di interessarmi al problema; cambiano in relazione al contesto geografico, alle situazioni, alle culture, alle sensibilità, alle capacità di accogliere positivamente e mettere a frutto le opportunità che oggi lo Stato offre alle vittime con una sorprendente originalità di strumenti e di interventi; cambiano da regione a regione.

Sarebbe velleitario da parte mia esprimere valutazioni sulla capitale, realtà che conosco ancora poco (sono arrivato da pochi mesi). Ho però avuto conferma di quanto sia qui radicato il reato dell’usura a giudicare anche dalla rilevante quantità di casi segnalati al numero verde istituito dal Commissario e dai recenti interventi operati dalle forze dell’ordine con l’arresto di più persone legate a questo squallido crimine.

Posso invece fare riferimento alle pregresse esperienze svolte come Prefetto prima a Siracusa, poi a Catania, quindi a Salerno ed infine a Napoli.

So per certo che nelle province di Catania e Siracusa ancora oggi pulsano iniziative sorte nel lontano 1991/1992; in quell’epoca infatti, con una radicale svolta di atteggiamento mentale, le categorie dei commercianti, dei piccoli imprenditori, degli artigiani, scoprirono la convenienza di unirsi, di dare vita all’associazionismo conclamato e senza finzioni (perché l’associazionismo deve essere conclamato, esternato e senza finzioni) con lo scopo di respingere ogni forma di pretesa estorsiva o usuraria.  A distanza di quasi 10 anni quelle stesse persone sono qui in mezzo a noi, dando con la loro presenza un significato emblematico dei valori in cui hanno creduto e continuano a credere.

Le vittime o le potenziali vittime hanno acquisito due certezze: la forza che deriva dalla loro unione e la riacquistata fiducia nelle istituzioni, che in concreto si sostanzia, qualora denuncino, in affidamenti reali sulla loro tutela, in vario modo assicurata dalle forze di polizia. Mai ho sentito in questi anni un Questore o un Comandante provinciale dei Carabinieri rifiutarsi di prestare la necessaria attenzione nei confronti di chi aveva denunciato. Né è mancato il sostegno dell’autorità giudiziaria che in più casi ha orientato anche gli interventi delle forze di polizia nella prima fase della denuncia al fine di non esporre per quanto possibile la vittima.

C’era –come c’è tuttora- la paura di ritorsioni anche nei confronti della propria famiglia, la paura del rallentamento dell’attività lavorativa, un vero e proprio assoggettamento psicologico.

Proprio nell’intento di rimuovere tali legittime preoccupazioni, rammento oggi l’incontro avuto nel lontano 1992 assieme al Commissario Grasso con alcuni professionisti a casa di uno di loro, ad Augusta, una riunione che si pretese venisse fatta di notte perché si aveva preoccupazione e paura. All’esito di quell’incontro, maturò l’idea di costituire un’associazione che avrebbe visto esposti in prima linea parte della società civile di quel centro; allora lo ritenni un obbligo morale, ma lo rifarei oggi, di andare a casa di quella professionista per aiutarla, incoraggiarla e darle riferimenti di certezza.

Ricordo che l’evento luttuoso rammentato ieri di Libero Grassi, se da un lato fece riemergere paure mai sopite, dall’altro suscitò un moto di ribellione davvero corale che non poteva andare disperso. Di fatto le associazioni che hanno ormai un loro consolidamento nel tessuto sociale, anche perché sostenute dalle istituzioni, hanno dato un significativo contributo nella faticosa opera di convincimento a denunciare, nella convinzione che la sicurezza del singolo si rafforza con la presenza dei molti.

Ho fatto riferimento a questa esperienza siciliana perché mi ha gratificato anche sul piano personale.

Giunto in Campania, regione nella quale si registrano in maniera pervasiva le fenomenologie criminali di cui parliamo, avviai intensi contatti con le associazioni di categoria, con alcuni sindaci che ho voluto incontrare, nell’intento di costruire iniziative analoghe a quelle intraprese. Devo dire che ad un iniziale entusiasmo ha fatto seguito la generica pretesa di una più intensa presenza delle forze di polizia per il controllo del territorio: come se davvero potesse essere delegato alla mera presenza fisica dei tutori dell’ordine il contrasto alle fattispecie criminose dell’estorsione e dell’usura che presuppongono, come è noto, i contatti a vario titolo fra il carnefice e la vittima; sulla materia è chiaro che non è possibile delegare.

In proposito il mio avviso è che occorra insistere con caparbietà allo scopo di favorire, proprio nei contesti più riluttanti, l’attivazione di un circuito virtuoso con fatti ed esempi di concreti interventi da parte di soggetti istituzionali. C’è l’esigenza di una crescita delle esperienze associative, siano esse di categoria o di volontariato, che inducano i loro iscritti al rifiuto della pressione estorsiva od usuraria ed evidenzino i vantaggi dell’associazionismo, che aiuta ad evitare l’isolamento e le rappresaglie.

Il rischio è sempre presente in considerazione del fatto che come nel caso dell’usura la presenza di una forte offerta di prestiti è significativa di un’altrettanta forte domanda.

Prescindendo dalle considerazioni sulla diversità comportamentale dei soggetti rischio per aree geografiche (per lo meno quelle a me conosciute), penso di poter confermare che il reale rimedio per opporsi all’estorsione o all’usura è affidarsi alle associazioni, costituendole ove non esistono, alle fondazioni, ai confidi.

Non penso che queste citate siano le uniche soluzioni al problema. Ho appreso in questi giorni a Roma dell’intento di varare una legge regionale per finanziare nel Lazio un fondo di prevenzione che favorisca il reinserimento delle vittime dell’usura nel circuito dell’economia legale, mediante un vero e proprio sostegno che si affianchi al mutuo a tasso zero già previsto dall’attuale normativa: ben venga!

In buona sostanza a proposito dell’usura occorre istituzionalizzare l’attività di promozione e potenziamento dell’associazionismo solidaristico, quale vera scelta di campo, ed in tal senso stanno ben operando le associazioni iscritte nell’albo prefettizio di Roma e su queste bisogna investire. Ma non basta perché è chiaro che occorre l’altro presupposto essenziale, esigenza che è anche obbligo civile, della denuncia fatta nelle sedi appropriate e recepita con la giusta attenzione da parte di chi è deputato a riceverla. Quante volte ho ascoltato vittime che lamentavano scarsa attenzione da parte di chi non era aduso a ricevere una denuncia. Il presidente Violante ha parlato di formazione dei magistrati, io aggiungo anche delle forze di polizia.

Il Procuratore della Repubblica di Roma mi ha fatto avere copia di una nota trasmessa ai vertici delle forze dell’ordine nella quale vengono date dettagliate indicazioni agli organi di polizia giudiziaria per le iniziative da assumere a tutela delle persone che denunciano e per il buon esito delle indagini; ciò a significare l’estrema attenzione che l’autorità giudiziaria riserva al problema. Il messaggio di quanti sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale nella lotta a questi reati è di spingere la vittima alla denuncia, e che a questa faccia seguito il giusto ristoro secondo le previsioni di legge.

Devo dire in proposito che non mi sfugge, da un lato il segnale di allarme sui fenomeni, dall’altro le possibili strumentalizzazioni che i soggetti possono trarre dalle opportunità offerte dal quadro normativo.

 Pongo infine in maniera problematica la questione del superamento della diversità di reazioni registrate nelle realtà territoriali di cui mi sono occupato e dei mezzi più appropriati per porvi rimedio. Ho una certezza: che è stata realmente costruita attorno alle vittime una concreta rete di solidarietà. Lo Stato, egregiamente affiancato dalle associazioni, dalle fondazioni, dal confidi, ha di fatto e non astrattamente posto le basi per invogliare le vittime ad affidarsi alle istituzioni, trasmettendo loro la certezza di ottenere immediati e concreti interventi anche sotto il profilo economico. La strada intrapresa, la snellezza delle procedure, la professionalità dimostrata dai funzionari delle Prefetture, non solo nella trattazione delle pratiche, ma anche nei rapporti con quei soggetti che ai loro uffici si rivolgono, la disponibilità assicurata dall’autorità giudiziaria e la tempestività delle concrete risposte date dal Commissario, mi appaiono un ottimo viatico per un salto culturale che sono certo avverrà anche laddove le resistenze appaiono almeno oggi difficili da superare.

 

 

Giuseppe Romano

 Prefetto di Roma