Vorrei partire dal titolo di questa tavola rotonda: “Racket: denunciare conviene” e provare ad esprimere le ragioni che mi convincono di questa convenienza.
Gli economisti
distinguono i delitti in due grosse categorie: i delitti redistributivi, tra
questi l’estorsione, e i delitti produttivi (traffico di stupefacenti) e dicono
che i primi hanno una forte influenza negativa sulla efficienza produttiva.
Vorrei partire,
per indicare la prima ragione della convenienza da una ragione ideale ma non
troppo: l’art. 41 della nostra Costituzione afferma che l’iniziativa economica
privata è libera e allora la denuncia vale a garantire questa libertà, perché la
libertà dell’iniziativa economica non c’è se c’è l’estorsione, la quale infatti
implica pressioni perché l’imprenditore operi certe scelte di mercato: vendere
un prodotto anziché un altro, operare in una certa zona anziché in un’altra,
limitare la crescita della propria impresa per non entrare in concorrenza con
l'impresa mafiosa e così via.
Come mai in
certe regioni del sud nascono più imprese legali di quelle che muoiono, ma si
fermano anche se ci sono le premesse per un loro ulteriore sviluppo? Per condizionamento
mafioso.
L’art. 41 dà
una seconda indicazione: afferma che l’attività economica non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana. Se denuncio l’estorsione impedisco l’accrescimento
di ricchezza mafiosa che in parte è destinata a mercati illeciti, in parte si
rivolge ad attività lecite ed è un’economia apparentemente lecita, che, però,
non agisce in funzione dell’utilità sociale, che contrasta con la dignità e la
sicurezza della persona.
A cosa servono
i denari che vengono dall’estorsione? Servono anche ad un fine particolare: al
mantenimento, più o meno lussuoso, dei detenuti in carcere, alle spese
processuali, a mantenere in agiato tenore di vita le famiglie dei mafiosi.
Se a questo
servono, ci si rende conto che pagando si rafforza il vincolo di solidarietà
dell’organizzazione mafiosa? Il mafioso vive sul rapporto di solidarietà con il
gruppo. Cito un esempio. Nel 1994 a Giuseppe Graviano, detto “madre natura” perché
a tutto provvedeva, già arrestato, viene sequestrata una lettera dove lui si
lamenta che quando era fuori arrivavano decine di milioni per questi scopi ed
ora che sta dentro non più. “Non capite - dice ai suoi - che questo può
determinare la disgregazione del gruppo?”
Perché si paga?
Si paga per avere sicurezza. Noi, come istituzioni, a volte non siamo in grado
di dare sufficienti garanzie.
A fronte di questa
che è una fotografia della realtà c’è la fotografia di una realtà in divenire. Non
si era mai posto mano ed attenzione istituzionale, come in questi ultimi anni,
con Fassino, Diliberto, Flick, a questo: abbiamo fatto riforme di struttura,
arriverà il giudice di pace nel processo penale; manca un assestamento
complessivo delle norme, ma si sta facendo e sono convinto che le cose
cambieranno.
Il Ministro Fassino
ha impostato un discorso importante: di fronte all’andamento dei processi
bisogna individuare criteri di priorità. È inutile seguitare a processare ora, per
altri fatti, qualcuno che ha già due ergastoli definitivi, insieme ad altri che
potrebbero essere scarcerati; ecco allora il decreto-legge convertito in legge
dal Parlamento che crea una via di priorità per i processi a carico di detenuti
per reati gravi.
Un premio Nobel
dice: l’importanza funzionale della mafia quale garante nel territorio della
sicurezza verrebbe meno nel momento in cui l’influenza congiunta della garanzia
legale, del rispetto dei contratti, di una conformità di comportamenti basati
sulla fiducia reciproca e su codici normativi, rendesse questo ruolo delle
organizzazioni in questo settore del tutto ridondante.
Finisco col
dire che il nostro Stato è intervenuto non solo aumentando le pene, ma dando
anche sotto il profilo repressivo un esempio di come i numeri deprimenti (86%) di
ignoti, vengano, nel settore delle estorsioni, rovesciati: 75% identificati. Allora
la denuncia conviene anche per questo, perché ha un risultato positivo; in più si
può ritardare l’arresto per vedere chi è il mandante ed il nostro Stato è intervenuto
prevedendo il risarcimento.
Questo del
risarcire è un punto fondamentale per dare sentimento di sicurezza ai
cittadini. Sanno che non si possono impedire tutti i reati, ma possono essere
ristorati: questo alimenta il senso di sicurezza dei cittadini; in altri paesi
c’è un fondo per risarcire le vittime di tutti i reati compiuti da ignoti.
Non bisogna
cadere nella nuova strategia degli estortori. Se è vero quello che ha detto il Commissario “pagare
meno per pagare tutti”, questa è una strategia per demotivare la denuncia, far
diventare l’estorsione uno di quei reati in cui si confondono carnefice e
vittima.
Pierluigi Vigna
Procuratore nazionale Antimafia