Intervento di Luciano Violante[1]

 

Vorrei innanzitutto porgere un saluto ai familiari delle vittime. E' sulla scia del loro esempio che abbiamo iniziato questo percorso. Vorrei anche salutare il Prefetto di Roma, che è stato uno dei primi ad aprire il fronte delle associazioni antiracket.

 

Credo che ci sia ancora molto da fare nell'azione di contrasto ai fenomeni dell'usura e del racket. Chi si occupa di questi problemi non può tuttavia non rilevare una profonda differenza, rispetto al passato, nell'attenzione che questi temi ricevono oggi da parte delle istituzioni. Rendersi conto di quanto siamo riusciti a realizzare fino ad oggi nella lotta al racket e all'usura è importante per riuscire a portare a termine quanto resta da fare.

 

Su temi come questi è facile esercitare l’arte dello stuzzicare il dolore o di criticare in modo generale ed immotivato il sistema bancario, che ha indubbiamente le sue colpe. Quali sono però i dati? Ne cito solo uno: dal 1992 al 1999 per l’estorsione sono stati spesi 20 miliardi, nel 2000 ne sono stati spesi 27. In un anno si è fatto più di quanto è stato realizzato nei sette anni precedenti. Mi pare che sia un punto da tenere in considerazione e che ci permette di dire che le cose vanno un po’ meglio.

 

Un altro elemento che è emerso sono i vari tipi di usura. Come diceva bene il Presidente Frattini, viene qui in rilievo un elemento significativo di attacco al mercato, di attacco all’economia. E' una cosa che deve interessare tutti, nel senso che la crescita di questi fenomeni non può non preoccupare tutti gli operatori economici "sani" che possono essere indirettamente toccati da un indebolimento del tessuto economico e produttivo del Paese. Da questo punto di vista, se mi permettete, io non vedo un "divorzio" fra il mondo del "credito" ed il mondo del “debito”, vedo innanzitutto un interesse complessivo a che l’economia e il mercato funzionino. All'interno di tale interesse ci sono poi interessi diversi.

 

Un ulteriore dato al quale hanno fatto accenno anche le relazioni dei procuratori generali e che è particolarmente delicato in Sicilia è quello dell’usura “autorizzata”. Ci sono capimafia che autorizzano l’esercizio dell’usura nelle singole aree o nelle singole città al fine di esercitare un controllo complessivo sulla rete economica attraverso il soggetto con cui dividono gli utili.

 

L’usura cambia le sue forme. Da questo punto di vista credo che il Forum presieduto dal Presidente Conso sia uno strumento particolarmente utile che ci informa passo per passo dei cambiamenti che avvengono in questo mondo e che indica a quanti hanno il compito istituzionale di reprimere il fenomeno i segnali sui quali bisogna intervenire. Prendiamo ad esempio il leasing: si costringe l’usurato a prendere in leasing determinati oggetti - macchine fotocopiatrici, computer, o altro - che poi passano all’usuraio. Quest'ultimo li vende ed entra in possesso del denaro mentre chi va sotto processo è l’usurato.

 

Si è giustamente distinto fra prevenzione e repressione. Sul fronte della prevenzione la priorità spetta all’educazione all’uso responsabile del denaro. Nelle scuole qualche esperimento è stato fatto, bisogna però vedere come procedere in questa direzione. L'usura di consumo, per abitudini e tradizioni di spese eccessive, mi pare che sia un dato importante sul quale iniziare a lavorare.

 

L’altro elemento, molto delicato, è l’educazione all’esercizio dell’impresa e alla gestione della crisi. Io ricordo quando la FIAT a Torino promosse gli autopensionamenti elargendo somme di denaro. Molti operai si improvvisarono piccoli imprenditori senza avere la formazione necessaria. Molti di loro non hanno retto la concorrenza e la durezza dell’attività commerciale. Se il soggetto, che rischia la crisi, può contare su un supporto formativo e sull'attività di consulenti, probabilmente riesce ad evitare la crisi grave. Se invece pensa di dovere cavarsela da solo perché non bene educato all’esercizio d’impresa, probabilmente finirà con l’inserirsi in un sistema da cui non riesce a venire fuori. So che in altri Paesi gli organismi corrispondenti alle nostre camere di commercio svolgono un’attività di formazione. Non so se questo sarebbe realizzabile in Italia.

 

Il Professor Conso faceva un riferimento al rapporto usura-estorsione. L’usura è un reato “vergognoso”; la repressione dell’usura nel nostro ordinamento non nasce con il codice penale, nasce con il Testo Unico di polizia del 1922 nel quale figurava una misura di prevenzione nei confronti dell’usuraio, ma non veniva definito il reato di usura. Quando mi occupavo di questi problemi studiai attentamente il Corriere della Sera e la Stampa e mi accorsi di un fenomeno singolare: il quotidiano torinese riportava la notizia degli usurai puniti a Milano ed il quotidiano milanese di quelli puniti a Torino, perché era un reato “vergognoso”.

 

C’è poi una differenza di fondo tra la vittima dell’estorsione e la vittima di usura: quest'ultima è un soggetto debole perché è già in crisi, altrimenti non si sarebbe rivolto all’usuraio. Ha già ricevuto una serie di "no", è in cerca di qualcuno che lo aiuti a stare a galla. L’altra vittima è un soggetto forte che improvvisamente subisce un'aggressione e che reagisce. La vittima dell’usura è in una condizione psicologica totalmente diversa e questo spiega l’enorme difficoltà di venirne fuori. Anche perché l’imprenditore sotto usura considera se stesso uno sconfitto e questo comporta una difficoltà nel rapportarsi ad altri. Considera quasi un punto d’onore riuscire a venire fuori con le sue forze piuttosto che ricorrere a terzi soggetti e quando lo fa è perché è in condizioni sostanzialmente disperate.

 

La necessità di costruire un rapporto di fiducia fra chi comincia ad essere vittima dell'usura e le istituzioni che lo circondano è un nodo centrale in cui l’incoraggiamento alla denuncia svolge un ruolo essenziale. Certamente non è facile. Mi pare che sia ottima la campagna di informazione fatta dal Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura e mi pare significativo che i Ministri dell’Interno e del Tesoro abbiano destinato 100 miliardi a fondazioni e confidi.

 

Credo che sia utile pubblicizzare queste notizie positive e non limitarsi a dire che si deve denunciare il fenomeno. In questo modo contribuiamo infatti a costruire una rete di intorno alle vittime del racket e dell'usura che le può aiutare a venirne fuori.

 

Dal punto di vista del processuale l'usura è particolarmente complessa perché ricostruire la contabilità dell’usurato è un esercizio di pazienza, spesso la vittima è confusa, ha perso i documenti. L’usurato è poi un soggetto in stato di confusione, mentre l’usuraio è psicologicamente lucidissimo. Mentre il primo non aveva programmato dall’inizio come sarebbe andata a finire, il secondo lo ha fatto con precisione, si è precostituito tutte le vie per non essere incastrato dal processo. Il soggetto istituzionale che dovrebbe aiutare l’usurato a ricostruire la sua “carriera” si trova in estrema difficoltà; primo perché spesso non ha le competenze, secondo perché è difficile ricostruire le fasi della vicenda.

 

A questo proposito voglio porre l’accento sulla necessità della formazione degli operatori. Un qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria che non abbia avuto una preparazione specifica in questo settore non è in grado di affrontare un caso di usura, che è inoltre noioso e non dà alcuna pubblicità.

 

Da questo punto di vista ritorno sulla questione della formazione dei magistrati. Non occorrono tante persone, è sufficiente che presso ogni livello degli uffici giudiziari ci siano due o tre persone in grado di trattare questa materia: presso le procure, presso gli uffici dei giudici per le indagini preliminari ai fini della valutazione della prova, presso gli organi giudicanti. Ormai il giudice è monocratico e questo significa che, se il caso finisce davanti a quel giudice che non è in grado di affrontarlo il problema è serio. La specializzazione è utile perché è essenziale conoscere la rete e i nomi delle persone coinvolte. Il problema della formazione credo che sia un tema assolutamente essenziale.

 

C’è infine il problema della necessità di pubblicizzare risultati esemplari, perché bisogna rafforzare psicologicamente la vittima. Si è parlato di abbandono e di solitudine. Un punto di fondo è che il fatto materiale non si vede se non lo mette davanti la vittima, cioè la prova dell’usura può essere offerta solo dalla vittima. E questa lo farà soltanto se troverà nella società, nella collettività strutture che le diano forza. Da qui il problema del mettere in luce i risultati esemplari. Un esempio. Il più importante latitante mafioso è Bernardo Provenzano. Io credo che sia importante che arrivino coralmente e in modo unitario da parte di tutte le forze politiche alcune indicazioni di priorità. La cattura di quella persona, se e quando avverrà, sarà un elemento di sollievo, di liberazione per quel mondo che è oppresso dalla mafia, dall’estorsione, dall’usura. E, di fronte al complesso delle cose da fare, il fatto che ci siano soggetti politici che indichino determinate priorità e che queste priorità vengano attuate alimenta un circuito della legalità e della fiducia che è molto importante.

 

Da questo punto di vista è importante pubblicizzare in modo adeguato fatti o cose positivi per far capire che la legalità va avanti, con difficoltà, ma va avanti e che chi denuncia è parte di questa legalità.

 

Io penso che uno dei segni più importanti dei passi avanti fatti è la vostra presenza qui oggi. Tutto questo ci deve dare la forza di comprendere la strada che abbiamo percorso ma anche di fare nostri i valori delle persone che sono cadute. Non perché, come si dice in modo un po’ retorico, quelle morti non siano state inutili, ma per un motivo diverso. Perché c‘è un rapporto che lega chi non c’è più a chi c’è ancora che è determinato dal fatto che chi c’è ancora ha il dovere di portare avanti i valori di chi non c’è più. La continuità laica tra chi muore e chi resta si esplicita nel segno dei valori. E la liberazione del mondo economico dall’usura credo che sia un valore importante per la nostra collettività.

 

Dobbiamo riuscire a costruire un clima di fiducia e di sostegno che favorisca l'emergere della consapevolezza che non ci stiamo misurando su questioni freddamente tecniche, ma su un grande valore democratico che è la libertà dell’impresa e dell’economia.



[1] Bozza non rivista dall'autore