SECONDA RELAZIONE ANNUALE

Diciannovesima relazione

 

 

1. Un’aria nuova?

 

Lo scorso 15 settembre, in un’intervista rilasciata per commentare un’importante operazione antiracket resa possibile dalla collaborazione di alcuni imprenditori palermitani, Pina Maisano, la vedova dell’imprenditore Libero Grassi ucciso dalla mafia dieci anni fa, si è così espressa: “…Sento che c’è un’aria nuova, un clima favorevole…Ho avuto grandi momenti di scoramento ma oggi, per la prima volta, mi sento cittadina di Palermo, una cittadina che bussa allo Stato e viene ascoltata, una cittadina che viene messa nelle condizioni di lavorare…Io credo che oggi il cittadino abbia a disposizione strumenti importanti per fare qualcosa di buono, per dare una sterzata”.

 

E’ con queste parole, decise e impegnative, che si vuole aprire la seconda relazione annuale sull’attività dell’ufficio del Commissario antiracket e antiusura, e sottoporre queste affermazioni alla valutazione di istituzioni, di associazioni, dell’opinione pubblica per capire quanto rispondono alla realtà di oggi, ai risultati conseguiti nella lotta al racket e all’usura, alle speranze di ognuno, ai problemi, tanti e difficili, che sono aperti.

 

Subito vanno richiamati due dati innovativi di segno positivo di questa “aria nuova”: 1) l’attività risarcitoria del Fondo di Solidarietà e 2) i nuovi dati delle denunce.

 

La ricorrenza del decimo anniversario dell’omicidio di Libero Grassi è stata segnata dalla riapertura della fabbrica, la “Sigma Nuova”, da parte del figlio, effettuata grazie al finanziamento ricevuto con la nuova normativa antiracket. Una triste data è stata vissuta dagli organi d’informazione e dall’opinione pubblica come un momento alto della risposta dello Stato alla mafia: una risposta che va oltre quella giudiziaria e che in maniera inedita incide nelle relazioni economiche affermando la possibilità di una libera impresa. Un’industria chiusa da Cosa Nostra riapre grazie ad una legge dello Stato: un segnale di fiducia per quegli operatori economici che decidono di svincolarsi dai condizionamenti mafiosi, di tutela offerta dalle istituzioni.

Questo fatto è tutt’altro che isolato, riguarda oltre 300 operatori economici che hanno potuto beneficiare del sostegno economico dello Stato, a testimonianza della capacità dimostrata dalle istituzioni di aver raggiunto, finalmente, un livello di normativa efficace, nelle linee fondamentali, ed un trend di efficienza adeguato nell’amministrare gli strumenti offerti.

 

L’altro elemento positivo riguarda la rilevazione dei dati sulle estorsioni denunziate che ha segnalato per il primo scorcio del 2001, un balzo in avanti, di oltre il 20%.  In questo dato si legge la conferma che, a seguito della normativa e della campagna di informazione svolta, si fa strada nella società un processo di maturazione e di propensione alla denunzia  che va assumendo un andamento deciso, per consistenza e dislocazione geografica.

 

Tuttavia, se ciò può significare che la strada percorsa è quella giusta, non va trascurato quanto è emerso dall’esperienza del decennio trascorso nell’applicazione della normativa di solidarietà alle vittime dell’estorsione; cioè che l’andamento del fenomeno estorsivo ha una caratterizzazione che segue e si adegua a quella tipica dei reati di criminalità organizzata.

 

Si tratta, comunque, di segnali della indispensabile sinergia che l’attività di sensibilizzazione e di solidarietà ha svolto a supporto dell’azione di contrasto da parte delle Forze di Polizia e di quanto essa sia condizione per  conseguire più efficaci risultati nella  lotta all’estorsione e all’usura.

 

Che giudizio trarre da questi dati? Il valore dell’attuale nuova situazione si comprende meglio alla luce delle linee di tendenza dell’ultimo decennio.

 Agli inizi degli anni novanta si realizza una straordinaria rottura a seguito dell’esperienza di Libero Grassi e della nascita del movimento antiracket con la costituzione della prima associazione (Capo d’Orlando, dicembre 1990), per la prima volta emerge in tutta evidenza la ramificata diffusione del “pizzo” e come esso limiti pesantemente l’iniziativa imprenditoriale. Gli effetti immediati dell’avvio della nuova stagione sono due: una netta impennata del numero delle denunce che si stabilizzerà in tutto il decennio, facendo registrare una costante tenuta quando non un sensibile incremento; in secondo luogo, l’avvio della legislazione di sostegno alle vittime, sino alla sistemazione intervenuta con le innovazioni della legge 44 del 1999.

 

Il risultato positivo dell’incremento delle denunce nel 2001 non è una sorpresa; è il risultato di un processo che adesso giunge a maturazione grazie a strumenti più efficaci (Fondo di solidarietà e Campagna d’informazione), ma, soprattutto, è il frutto della crescita dell’associazionismo antiracket grazie al quale è possibile la denuncia e la collaborazione con le istituzioni e, al contempo, la garanzia della sicurezza degli imprenditori: non più eroi solitari, ma persone assolutamente normali.

 

In questi anni, con costanza, sono nate associazioni che hanno promosso la denuncia degli imprenditori anche in momenti di scarso “interesse” o di disinteresse per la problematica. Il fatto che questa esperienza, anche in situazioni difficilissime e a fronte di grandi delusioni, abbia avuto questa durata consolidata ne fa una delle realtà più importanti in tema di  reazione della società civile alla mafia.

 

Su queste basi si può e si deve parlare di un processo irreversibile?

Per questo l’aria nuova che si respira deve obbligarci a nuovi e più avanzati obiettivi per utilizzare al massimo l’occasione di oggi.

 

La parola chiave è fiducia: oggi lo Stato e la comunità hanno questo nuovo capitale da far fruttare, una risorsa al servizio del Paese, per rendere più forte l’iniziativa dello Stato contro la criminalità. L’esperienza ci insegna, però, che questo dato non è mai acquisito una volta per tutte, anzi è sempre esposto a  contraccolpi ed inversioni di tendenza; soprattutto nel momento in cui è in una fase iniziale ed i fenomeni, estorsivo ed usurario, restano ampiamente diffusi e non sempre denunciati.

 

2. L’andamento dei fenomeni

 

Negli ultimi anni i dati delle denunce d’usura hanno giustamente suscitato più di una preoccupazione in quanto all’esplosione del 1994 è seguita una costante caduta del numero delle denunce. Nel primo semestre dell’anno in corso, per la prima volta, si realizza una inversione di tendenza.

 

Non è facile affermare se il fenomeno usuraio è più o meno diffuso oggi rispetto alla metà degli anni novanta, allorchè si prese coscienza della gravità del fenomeno, sino all’approvazione della decisiva legge 108 del 1996; è tipico della fattispecie la natura sommersa, così come per l’estorsione, per cui il numero delle denunce non indica mai la diffusione del fenomeno quanto, invece, la reazione al reato; per questo l’aumento delle denunce rappresenta sempre un valore positivo. In questa sede non è possibile improvvisare; ci si può limitare ad alcuni fatti evidenti e, con moderazione, esprimere sensazioni derivanti dal continuo contatto col mondo associativo e del volontariato e, talvolta, direttamente con i soggetti interessati.

 

Ad esempio, merita attenzione quanto avvenuto durante la campagna d’informazione con l’enorme numero di telefonate pervenute al call center: certo è che, nel momento in cui si è offerta una sponda istituzionale ai soggetti in difficoltà economica (il numero verde e i servizi dell’URP), è esplosa la richiesta d’aiuto. Si è avuta conferma di quanto sia diffuso il rischio usura e di come esso si radichi laddove vi sono condizioni di marginalità economica, indipendentemente da aree geografiche ricche o arretrate e prescindendo da altre dinamiche criminali.

 

Ancora, merita d’essere valutato il lavoro di prevenzione svolto con grande passione dalle Fondazioni antiusura e dai Confidi. Nella “Diciottesima Relazione” (giugno 2001) sono stati offerti alcuni dati, provvisori, sino al 31 dicembre dello scorso anno: oltre ottomila soggetti sono stati aiutati attraverso l’erogazione di finanziamenti garantiti dalle fondazioni e dai confidi; e sicuramente tante di queste persone, imprenditori e famiglie, sono state sottratte al ricorso all’usura.

 

Proprio alla luce di questi risultati acquista notevole rilevanza l’aumento delle denunce. I dati provvisori delle denunce di usura forniti dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale, relativi al primo semestre del 2001, consentono di rilevare un incremento significativo rispetto al corrispondente periodo del decorso anno (con 576 denunce rispetto alle 474 del 2000), con una accentuazione progressiva dell’andamento, atteso che dai 199 casi del primo trimestre si è passati ai 377 del secondo trimestre 2001, a dimostrazione del consolidamento, sia pure provvisorio, della tendenza.

 

 

Regioni

1° trim.

2001

2°trim.

2001

tot. 1°sem.

2001

1° sem.

2000

 

Piemonte

7

4

11

15

 

Valle d'Aosta

1

0

1

1

 

Lombardia

9

18

27

33

 

Trentino A. A.

1

0

1

1

 

Veneto

13

3

16

30

 

Friuli V. Giulia

1

8

9

10

 

Liguria

1

2

3

18

 

Emilia Romagna

10

31

41

15

 

Toscana

11

8

19

23

 

Umbria

8

0

8

0

 

Marche

0

0

0

2

 

Lazio

30

41

71

66

 

Abruzzo

3

2

5

29

 

Molise

5

0

5

1

 

Campania

23

71

94

63

 

Puglia

32

20

52

37

 

Basilicata

6

3

9

7

 

Calabria

27

86

113

54

 

Sicilia

8

80

88

42

 

Sardegna

3

0

3

27

 

Totale

199

377

576

474

+21%

 

 

L’esame di tale dato nella sua articolazione regionale, fa registrare:

1.     la conferma, come per l’anno decorso, della presenza del fenomeno in tutte le regioni, comprese quelle di tradizionale esposizione a fenomeni di criminalità mafiosa, a comprova che il fenomeno usurario convive con quello estorsivo, talvolta si interseca con esso e molto più spesso ne prescinde;

2.     la conferma, anche per l’anno in corso, della sensibilità sviluppatasi nelle regioni meridionali, sui temi in questione, considerato che la somma delle denunzie relative alle cosiddette regioni a rischio risulta superare il 50% del dato nazionale;

3.     la rilevazione che in Campania (nr. 94 rispetto alle 63 del precedente anno), Calabria (nr. 113, a fronte delle 54 precedenti) Sicilia (nr.88, rispetto alle 42 del 2000), ma altresì in  Umbria (nr. 8, rispetto all’assenza di casi dell’anno precedente) ed in Emilia Romagna (nr. 41, rispetto alle 15 del precedente anno) il ricorso alla denunzia degli usurai ha conseguito un “salto” che lascia ben sperare, per consistenza, ampiezza e contestualità, su un possibile avvio di inversione della  tendenza negativa emersa dal 1994 in poi;

4.     la conferma del livello stazionario di incidenza del fenomeno nel Lazio; ma, altresì, della capacità di risposta delle vittime: il dato si attesta sempre su livelli di necessaria attenzione (71 denunce nel 2001 a fronte delle 66 del 2000).

 

La consolidata esperienza di questi anni dimostra che oltre alla denuncia il modo più efficace di combattere l’usura è quello di aiutare chi non è ancora usurato, rafforzando lo strumento della prevenzione: il ricorso all’usura si può evitare anche offrendo alternative alle difficoltà economiche delle persone. 

 

 

Per quanto riguarda l’andamento dei dati relativi all’estorsione forniti dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale, risulta di particolare significato che, alla sostanziale tenuta che ha contraddistinto l’andamento del dato negli ultimi anni, sia seguito nel primo trimestre 2001, un deciso incremento delle estorsioni denunziate e degli altri valori che ad esse si riconnettono: 1019 estorsioni denunciate di cui 738 scoperte con la denunzia di 1099 persone, a fronte delle 832 estorsioni denunziate, del corrispondente periodo del 2000, di cui 611 scoperte con la denunzia di 981 persone.

Anche qui va segnalato che Lombardia - nr. 87, (rispetto a nr. 75 del corrispondente periodo dell’anno precedente), Liguria -nr. 23 (19), Toscana - nr.53 (40), Umbria - nr.9 (2), Lazio - nr. 112 (51), Abruzzo - nr.28 (8), Campania - nr.139 (108), Puglia - nr.115 (108), Calabria - nr.95 (60) guidano l’incremento registrato e che Piemonte, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Marche, Sicilia e Sardegna registrano una tenuta, sufficientemente costante, dell’indice di denuncia già fatto rilevare negli anni precedenti.

 

Regioni

1° trim. 2000

1°trim. 2001

 

Piemonte

72

70

 

Valle d'Aosta

 

 

 

Lombardia

75

87

 

Trentino A. A.

12

3

 

Veneto

34

36

 

Friuli V. Giulia

12

11

 

Liguria

19

23

 

Emilia R.

52

48

 

Toscana

40

53

 

Umbria

2

9

 

Marche

24

21

 

Lazio

51

112

 

Abruzzo

8

28

 

Molise

8

4

 

Campania

108

139

 

Puglia

81

115

 

Basilicata

20

13

 

Calabria

60

95

 

Sicilia

127

128

 

Sardegna

27

24

 

Totale

832

1019

+22%

 

 

 

Passando ad una riflessione sul riferito andamento dei fenomeni, va rilevato che l’usura si conferma come fenomeno distribuito sull’intero territorio nazionale, senza caratterizzazioni che ne segnalano un radicamento malavitoso  particolarmente marcato, quasi trainante di alcune regioni rispetto alle altre.

L’assenza di “ proiezioni “ extraregionali di soggetti dediti al reato di usura nelle regioni a rischio, può essere interpretata come la conferma:

-       che l’usura si presenta come attività criminale “localizzata”, in quanto gli autori appartengono  allo stesso contesto locale delle vittime, talvolta allo stesso settore economico o merceologico;

-       che il fenomeno non è, allo stato, favorito da altri fattori criminali, quale quello associativo di tipo mafioso, quanto, spesso, da congiunture finanziarie e da spinte di criminalità economiche. Non c’è, insomma, un riferimento necessario - come avviene per il racket, nel campo delle estorsioni - ad un metodo tipico della criminalità organizzata delle regioni c.d. a rischio.

 

Infine, va rilevato che il calo progressivo delle denunce fino all’anno decorso ha contrassegnato l’arco temporale tra due momenti di aspettativa: quello dell’imminente varo della legge 108/96 sull’usura, con l’introduzione di misure penali, processuali, amministrative, del tutto nuove, e quello della mobilitazione seguita alla “Campagna di informazione” sviluppatasi nel corso degli ultimi mesi del 2000 e nei primi mesi del 2001.

 

Per quanto concerne le estorsioni, invece, l’incremento delle denunce, oltre che nelle tradizionali regioni a rischio, avvalora la convinzione che il racket si dispiega in un contesto delinquenziale di tipo associativo o, comunque, in un complesso di legami soggettivi, di interessi, di comune estrazione di origine, anche quando il metodo è trapiantato in un contesto geografico diverso: allo scopo di profitto, si accompagna, in tale ultimo caso, anche un fine di assoggettamento delle vittime-imprenditori, che tende a riprodurre condizioni di “protezione“, di omertà e di impunità che ne hanno consentito, altrove, il radicamento.

 

Non risulta trapiantato il racket laddove l’azione di contrasto delle Forze di Polizia e la collaborazione delle vittime hanno consentito di impedire la riproduzione del fenomeno mafioso; allorché, invece, il radicamento del metodo estorsivo è già parte di un sistema mafioso dalle implicazioni più omogenee, la via da scegliere è quella della denunzia qualificata, meglio se in forma collettiva da parte di più vittime o con l’assistenza di associazioni antiracket in grado di sostenere chi ha denunziato nell’isolamento che, inevitabilmente, consegue in determinate zone all’aver denunziato gli estortori.

 

Pur nei costanti valori registrati dal 1991, va segnalato, inoltre, che nelle province nelle quali, a fronte di un più stretto controllo del territorio da parte della criminalità organizzata, non si sono sviluppate iniziative di mobilitazione antiracket (con la costituzione di associazioni delle vittime), la propensione alla denunzia trova un debole seguito, nonostante ripetuti tentativi di partenariato istituzionale con gli Enti locali; gli episodi di estorsione denunziata vanno spesso a ruota di indagini giudiziarie per lo più avviate su altri fronti dell’illecito che inevitabilmente hanno fatto emergere un tessuto di estorsione come  attività di base della cosca inquisita.  

 

In uno scenario di flessione degli indici di grave criminalità (omicidi volontari e tentati, ecc.), così come resta consistente il pericolo rappresentato dalle cosche e le ipoteche sulle iniziative sia imprenditoriali che commerciali, è realistico considerare  che l’estorsione rappresenta un canale-rifugio per quelle organizzazioni criminali ancora presenti sul territorio, talché lo stesso aumento delle denunce, come si vedrà, è solo un fattore parzialmente positivo, mancando qualsiasi sistema di parametri per determinare il numero e l’ampiezza delle categorie delle vittime.

 

Di fatto, nonostante la diversificazione degli interessi, nessuna delle organizzazioni mafiose, non del tutto disarticolate, abbandona la pratica dell’estorsione; semmai la adegua, talvolta – come in questi anni – in forma non cruenta, secondo le contingenti esigenze imposte dalle necessità della cosca; talvolta graduando anche il danno (danno alla serratura, alla saracinesca, alla vetrina laterale dell’esercizio, ad un numero limitato di piante o di vecchi o nuovi impianti), secondo una messaggistica che la vittima saprà valutare nella sua caratura intimidatoria.

 

Il racket  si profila, anche nell’esperienza applicativa della normativa di solidarietà, come un aspetto dell’attività e della capacità economica delle organizzazioni criminali e l’eventuale scarsa propensione alla denunzia si accompagna, specularmente, alla contrazione dei dati relativi alle principali manifestazioni criminali, in una relazione eventuale che va approfondita nelle singole realtà.

 

Nonostante il dato generale confortante, che il numero delle estorsioni  scoperte negli ultimi anni è senz’altro superiore  a quello dei dieci anni decorsi, l’estorsione riconducibile al racket è una componente di un problema più vasto  ed articolato che riguarda la criminalità organizzata.

 

Storicamente l’estorsione è la più immediata tra le voci attive della forza economica delle organizzazioni mafiose. Specie nelle realtà a densità di criminalità mafiosa, il numero oscuro delle estorsioni costituisce la condizione più diffusa e la denunzia è il momento di visibilità, - talvolta  necessitato, burocratico, e non corrispondente ad autentica volontà di collaborazione - della resistenza all’estortore o della crisi del rapporto di “protezione”.

 

Sul fenomeno estorsivo in particolare, ma anche su quello usurario, incombe la realtà della delittuosità sommersa; tanto più evidente allorché alla flessione del totale generale dei delitti negli ultimi anni ed alla diminuzione dei reati più gravi, si accompagnano oscillazioni degli indici di denunzia  dei delitti a movente estorsivo o di usura.

 

3. La collaborazione delle vittime

 

Da più parti si fa riferimento alla collaborazione delle vittime. Sul punto bisogna intendersi.  L’iniziativa delle vittime non può ridursi alla sola denunzia-protesta del fenomeno; a questi momenti deve seguire la responsabilizzazione attraverso denunzie discrete ed efficaci di puntuali episodi estorsivi da parte delle vittime, “fatti” che sono indici di presa di coscienza da cui non si può e non si deve prescindere.

 

Allo stesso modo, non può ridursi un rapporto di collaborazione, da instaurare con le vittime di estorsione e di usura, alla denunzia agli organi di polizia giudiziaria dell’episodio, in quanto non è l’unico obiettivo, specie rispetto all’esigenza di prevenire la diffusione dei fenomeni da parte delle Istituzioni. 

 

La denunzia è fortunatamente, spesso, il prodotto, più che di un’esasperazione, di un processo di maturazione della fiducia tra l’operatore economico e quello di polizia.

 

La funzione dell’associazione antiracket e delle organizzazioni di volontariato antiusura non è solo la tutela dell’associato che ha denunziato il reato, quanto la capacità:

-  di costituire un punto di riferimento (perché costituita da persone che hanno già subito le medesime traversie o che comunque hanno sensibilità sul problema);

- di indicare e canalizzare gli interessi e le esigenze di sicurezza degli operatori economici, le c.d. garanzie di difesa delle vittime (che devono affermarsi, al pari  di quelle degli  indagati), già prima che la pressione estorsiva si traduca in notizia di reato;

- di formare gli appartenenti alle categorie più esposte all’uso dei mezzi di sostegno e di solidarietà offerti dall’evoluzione della normativa;

- di proporre  vie legislative perché la convenienza a denunziare il racket e l’usura sia, per la malcapitata vittima,  così sostenibile da  confortarlo nel non soggiacere al ricatto sulla sicurezza.

 

Il ruolo del volontariato antiracket ed antiusura  è stato, opportunamente, valorizzato ed istituzionalizzato dalla L. 44/1999: un’attività di prevenzione qualificata diretta a contrastare la diffusione  sommersa di questi fenomeni. Può essere di aiuto avvalersi - laddove esistono- della vicinanza e della capacità di proposta  delle realtà associative legalmente riconosciute ai sensi del DPR 451/1999, pervenendo a momenti istituzionali di interlocuzione con il mondo del volontariato e delle categorie, occasioni di ulteriore conoscenza delle problematiche del territorio e delle aspettative degli operatori che in esso vivono con sofferenza l’esercizio dell’azienda.

 

Per le Forze di Polizia, sensibilità,  professionalità specifiche, capacità di relazionarsi, prima ed indipendentemente dal verificarsi della vicenda estorsiva o usuraria, possono rappresentare doti sempre più preziose – un vero valore aggiunto – nel contrasto a tali reati.

 

L’attuale impossibilità di  quantificare il dato relativo al numero oscuro ed, in genere, all’atteggiarsi del sommerso, rappresenta, prima di ogni altra considerazione, il grado di difficoltà delle indagini.

 

Peraltro è un dato dell’esperienza che una parte degli attentati dinamitardi o incendiari possa servire come strumento di pressione o di persuasione della vittima “ a pagare”, quasi un preliminare di una forma concordata di pagamento tra vittima e organizzazione criminale.

 

Certo, sarebbe errato considerare il numero degli attentati di province ad alta densità mafiosa come altrettanti dati indiretti di estorsione.  Di fatto,  però, anche quando l’attentato è frutto di una subcultura che applica parametri mafiosi anche a contrasti di carattere privato, nel dato statistico complessivo vi è da considerare una larga parte di  reale strumentalità degli episodi di danneggiamento e ciò proprio a causa della non collaborazione della vittima.

 

 

 

 

4. Il “pizzo” e l’usura a Palermo, Reggio Calabria, Catania

 

Sul piano della qualità degli episodi estorsivi, se per un verso, a causa del carattere indistinto del dato statistico di Polizia, si imponeva una indagine conoscitiva sulle caratteristiche del fenomeno estorsivo emergente dalle vicende denunziate, dall’altro risultava opportuna una focalizzazione della situazione di alcune province–campione, di particolare significato, a ragione della incidenza, da sempre marcata nel territorio delle stesse, di richieste estorsive e di reati strumentali all’estorsione, spesso sanzionatori  nei confronti di atteggiamenti di  resistenza.

 

Sul primo punto, il Sig. Ministro dell’Interno ha avviato, con circolare che ha raccolto le indicazioni emerse in sede di “Osservatorio permanente sull’estorsione e sull’usura”, un’indagine conoscitiva per individuare  l’articolazione delle denunzie e dei relativi procedimenti penali, la identificazione e la caratterizzazione delle vittime, il rapporto tra pratica estorsiva e reati collaterali, quali gli attentati, il grado e la dislocazione geografica del rapporto tra fenomeno estorsivo e quello associativo di tipo mafioso.

 

Quanto all’approfondimento di singole realtà-campione è stata presa in considerazione la situazione delle province di Palermo, Catania e Reggio Calabria. 

 

Ovviamente, il risultato a cui si perviene non può essere letto in maniera apodittica o con facili generalizzazioni o al contrario con pregiudizio: serve molto buon senso, sapendo che la descrizione deve far emergere ciò che di positivo vi è stato quanto ciò che di negativo permane, al solo fine di rendere più incisiva l’azione di contrasto. Nella ricognizione svolta è stata privilegiata la dimensione qualitativa dei fenomeni al fine di coglierne le dinamiche nel permanere degli aspetti tradizionali e nell’emergere di quelli nuovi.

 

Palermo

 

Il fenomeno estorsivo a Palermo si manifesta con tutte le modalità che possono caratterizzare tale delitto. Si ritiene che la stragrande maggioranza degli imprenditori siano sottoposti “ al pizzo”  e comunque siano soggetti alle varie forme di condizionamento criminale.

 

Il fenomeno riguarda tutti i settori produttivi (denaro, forniture di beni o servizi, assunzione di personale, sub-appalti) e tutti i quartieri, anche quelli non ricchi.

In particolare, vanno evidenziate le seguenti note:

 

- l'attività estorsiva è gestita  da Cosa Nostra, in grado di offrire alle vittime standard di "sicurezza" rispetto ad atti di criminalità diffusa;

- l'acquiescenza delle vittime costituisce una delle maggiori difficoltà per il contrasto ed un punto di forza che consente alle organizzazioni criminali di pianificare l'attività estorsiva. Essa si mantiene malgrado la forte azione di contrasto attuata dagli organi inquirenti in determinati quartieri di Palermo, che ha creato le condizioni più idonee per favorire le denunce da parte delle vittime. Basti pensare che negli anni dal 1997 al 1999 nella zona di "Porta Nuova" sono state arrestate 171 persone facenti parte di organizzazioni criminali dedite alle estorsioni. Ma sui 59 casi di estorsione perseguiti 34 commercianti, nonostante l’evidenza dei fatti, hanno preferito continuare a tacere, subendo procedimenti penali per favoreggiamento che si sono conclusi quasi sempre con la loro condanna. In questo dato, nonostante tutto vi è un elemento positivo rispetto a dieci anni fa, quando, nel famoso processo per il “libro mastro”, nessun commerciante confermava di fronte alle contestazioni;

- in qualche caso, gli arresti degli estorsori, lungi dall’essere considerati come l’occasione per creare quelle condizioni di normalità e di sicurezza che possono favorire il ricorso alla denuncia, paradossalmente, determinano uno squilibrio nel rapporto vittima- estorsore che crea nell'estorto un'"ansia da mancato pagamento del pizzo". L’arresto degli estortori, infatti, se nell’immediato determina una “fase di crisi” nel rapporto della vittima con l’organizzazione mafiosa, ha un effetto perverso in quanto, poiché l’estortore viene in pochissimo tempo sostituito, il commerciante viene sottoposto ad una nuova rinegoziazione del pizzo: la fase di crisi disorienta le vittime “E ora? Chi sarà il nuovo? Sarà peggiore? E quanto vorrà?”;

- un ulteriore esempio del livello di coinvolgimento delle vittime nel rapporto con l'estorsore e di "normalizzazione" di esso nelle vicende aziendali, è rappresentato da qualche "fatturazione” che serviva a giustificare il costo del pizzo con documenti fiscali d’obbligo;

- Cosa Nostra ricorre ad atti ritorsivi soltanto come extrema ratio preferendo strutturare l'approccio estorsivo mediante una serie di atti intimidatori non gravi ma inequivocabili (occlusione delle serrature e dei lucchetti dei negozi per impedirne l'apertura, telefonate con le quali si invita a rivolgersi ad un "amico", danneggiamenti e incendi di modesta entità). Ciò ovviamente soltanto quando il potere intimidatorio dell'organizzazione non ha funzionato al punto che lo stesso commerciante offre ed effettua i pagamenti "spontaneamente " senza alcuna preventiva richiesta;

- il mutamento delle modalità dell'approccio estorsivo (non più la richiesta diretta ma il compimento di atti finalizzati a far contattare l'organizzazione dall’imprenditore) non è necessariamente collegato al timore della denuncia ma denota piuttosto un rafforzamento di quel potere intimidatorio che caratterizza le associazioni di tipo mafioso che ormai ritengono sufficiente lanciare "anonimamente" segnali che rappresentano un invito a sottoporsi al racket;

- Cosa Nostra  non si avvale di persone esterne all'associazione che non sarebbero assoggettate alle regole dell'organizzazione. Va detto però che dalle indagini è emerso che in alcune occasioni coloro i quali svolgevano una attività di mediazione tra gli estorti e gli estorsori erano a loro volta commercianti o imprenditori;

- l'attività estorsiva di Cosa Nostra è finalizzata anche all'acquisizione di imprese legali.

 

Non si rileva, purtroppo, un ruolo apprezzabile del mondo imprenditoriale nelle sue varie forme, anche se bisogna riconoscere gli indubbi passi avanti compiuti negli ultimi dieci anni.

 

In primo luogo, vi è una più diffusa consapevolezza all’interno delle associazioni di categoria, ad esempio, rispetto ai tempi di Libero Grassi quando si tendeva a rimuovere il problema, ritenendolo questione non di carattere generale.

 

Un ruolo importante è stato svolto dalle periodiche riunioni dei Comitati Provinciali per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica nel corso delle quali i dirigenti delle associazioni hanno avuto l’occasione di un confronto aperto e disponibile con i rappresentanti delle istituzioni.

 

 Vi sono stati, pur se ancora isolati, esempi di coraggiosa denuncia da parte di imprenditori. Inoltre, se dieci anni addietro di fronte alle prove più nette si negava persino l’evidenza, adesso cresce il numero dei commercianti che confermano situazioni di colpevolezza.

 

Pertanto, pur se inadeguato rispetto alla diffusione dei fenomeni, qualche cambiamento c’è stato e si può dire che ha iniziato ad affermarsi una risposta “passiva”. Si deve, però, sottolineare che ancora non c’è la risposta attiva degli operatori economici, la promozione di una autonoma iniziativa di collaborazione con l’autorità giudiziaria. E immediato è il confronto con il fermento di iniziative antiracket realizzate nella Sicilia orientale.

 

Per quanto riguarda invece il fenomeno dell’usura, gli usurai di regola non sono pregiudicati o se hanno precedenti questi sono specifici. Cosa Nostra tradizionalmente evita di praticare direttamente l'usura. Ma gli elevati profitti che scaturiscono dall'usura hanno sempre più interessato Cosa Nostra che può prestare attenzione al fenomeno con le seguenti modalità:

1.     limitandosi a consentire che soggetti esterni all'associazione svolgano tale attività purché non vengano compromessi i suoi interessi (si verificano anche casi di estorsione all'usuraio che, una volta individuato dall'organizzazione, può continuare a lavorare previo pagamento di una congrua tangente; l’usuraio è “il migliore estorto”, che non denuncerà mai perché ha assoluto bisogno della copertura mafiosa);

2.     effettuando investimenti di capitali tramite soggetti esterni all'associazione (persone che ne avrebbero fatto parte se non fossero stati usurai) reimpiegando proventi derivanti da altre attività illecite. Ciò si verifica soltanto con usurai che hanno grandi flussi finanziari e che quindi possono garantire sicuri ed elevati profitto.

 

          Nel caso in cui la mafia sottopone ad estorsione l'usuraio, questi viene considerato un estorto con "diritti" limitati proprio a causa della sua attività usuraria.  Infatti è emerso che l'organizzazione criminale ha consentito la commissione di una rapina ai danni di un commerciante, nonostante questi pagasse regolarmente il pizzo, proprio perché questi effettuava prestiti a tassi usurari. In tal caso l'organizzazione ha provveduto a restituire una parte della refurtiva dimostrando che la protezione veniva comunque garantita, incamerando allo stesso tempo un introito (il valore della restante merce rapinata) da valere sui profitti illeciti conseguiti dal commerciante con l'attività usuraria. Una volta chiuso il cerchio tutti sono rimasti soddisfatti: l'organizzazione criminale che ha ottenuto ulteriori profitti ed ha dimostrato all'estorto di saper garantire un determinato livello di protezione (nella circostanza restituendo una parte della refurtiva), i rapinatori che hanno potuto compiere la rapina traendone un loro profitto, il commerciante che ha pensato di avere ottenuto la restituzione parziale della merce grazie alla "protezione" pagata.

 

 

Reggio Calabria.

 

          La mentalità imprenditoriale della ‘Ndrangheta si estende in tutte le forme di reinvestimento legale; l’usura viene praticata dai singoli appartenenti all’organizzazione criminale e non dalla stessa nella sua interezza. Infatti, l’usuraio mafioso investe le somme di sua disponibilità e non quelle dell’intera organizzazione.

 

          Ciò che caratterizza il fenomeno nella provincia è la poliedricità scevra da qualsiasi condizionamento interno o esterno alla criminalità organizzata: il reato di estorsione convive perfettamente con quello di usura al punto tale da creare una interessenza economica perfetta nella strutturazione. Talvolta, lo stesso operatore economico era vittima dei due reati in esame ad opera di personaggi non legati tra loro ma che interagivano; altre volte, gli stessi correi alternavano la pratica delle due fenomenologie allo scopo di meglio sfruttare la “disponibilità economica” della vittima.

 

          Nel dettaglio, l’esperienza giudiziaria ha verificato che la vittima, quando versava in ulteriore difficoltà economica, al punto tale da non poter onorare gli “accordi” con l’usuraio “normale”, veniva invogliata da quest’ultimo a rivolgersi ad un altro soggetto, che successivamente scopriva essere legato ad organizzazioni mafiose. Si realizzava così un perfetto circuito tra l’usuraio non mafioso e quello mafioso, cosicché l’usura mafiosa si configura come un’usura di secondo livello: più alto è il rischio per l’usuraio, in conseguenza di una posizione finanziaria fortemente compromessa per la vittima, tanto maggiore deve essere la capacità di intimidazione. L’usurato che non restituisce può diventare prestanome della mafia per gestire occultamente denaro di provenienza illecita.

 

 

L’attività estorsiva è monopolizzata dalla ‘Ndrangheta e un’iniziativa estranea nel territorio di  influenza di una cosca appare del tutto impensabile. 

 

L’acquiescenza delle vittime soffre rare eccezioni, al punto che la criminalità organizzata si trova nella condizione di ottenere senza commettere fatti violenti o esplicite minacce.

La ‘Ndrangheta attenziona tutti i settori produttivi, utilizza esclusivamente personaggi legati e assoggettati alle regole delle organizzazioni e ricorre ad atti ritorsivi soltanto come estrema ratio, riproducendo modus operandi comuni alla realtà siciliana.

           Talvolta l’approccio si attua mediante una serie di atti intimidatori che creano danni irrilevanti, ma particolarmente “visibili”. Ciò allo scopo di non menomare la capacità lavorativa dei commercianti e di aumentare il potere intimidatorio dell’organizzazione. Tale pratica asseconda un mutamento delle modalità dell’approccio estorsivo: non più la richiesta diretta, ma il compimento di atti finalizzati a far contattare l’organizzazione. Le cosche ritengono, pertanto, sufficiente lanciare “anonimamente” segnali che rappresentano un invito a sottoporsi al racket.

 

Nel capoluogo è storicamente notorio che i commercianti sono assoggettati ad un organizzato e consuetudinario pagamento del pizzo.

 

In provincia, “l’imprenditorialità” della ‘Ndrangheta si avverte soprattutto nei centri ove confluiscono i vari finanziamenti pubblici ed in particolare nell’area del Gioiese e del Rosarnese.

 

La collaborazione da parte degli operatori economici è assolutamente marginale, nonostante gli sforzi profusi dagli organi inquirenti sia a livello prettamente investigativo-giudiziario, che a livello di coinvolgimento sotto qualsiasi forma (questionari anonimi, incontri riservati ed informali).

          Anzi, i risultati investigativi hanno consentito di appurare che un operatore economico, che avvia un’attività commerciale, è solito cercare spontaneamente il referente della locale organizzazione per accordarsi sul metodo di pagamento.

Le vittime, nei rari casi in cui si affidano alla giustizia, rischiano episodi di emarginazione nel circuito commerciale locale.

 

Allorché, nei decorsi anni, si è riusciti a creare un’associazione antiracket (Cittanova), tale iniziativa ha condotto alla disarticolazione del gruppo estorsivo. È significativo rilevare come, a partire da questa prima esperienza, l’iniziativa associativa si sia estesa in comuni vicini quali Taurianova  e Gioia Tauro costituendo nel contempo una esperienza unica nel panorama calabrese e una efficace forma di collaborazione con le Forze dell’Ordine che ha messo al riparo da rappresaglie e violenze quanti sono andati a testimoniare contro gli estortori.

 

 

Catania

 

A Catania l’attività estorsiva, consumata ai danni degli operatori economici, resta uno dei settori di maggiore interesse per la criminalità organizzata. A prescindere dai dati statistici legati al numero delle denunce, essa permane estremamente diffusa in tutta la provincia ed ha assunto proporzioni tali da venire abitualmente accettata dagli operatori economici.

 

Al riguardo va evidenziato che:

-          nonostante la frammentarietà dell’assetto criminale che vede diversi gruppi, talvolta in contrasto tra di loro, l’attività estorsiva è gestita quasi esclusivamente dai gruppi criminali che operano sul territorio e gli stessi, anche se contrapposti, evitano sovrapposizioni sulle medesime vittime e sul territorio. Si ha l’impressione che la criminalità organizzata sia in grado di programmare l’attività estorsiva prevedendone gli sviluppi ed i proventi illeciti concretamente realizzabili;

-         coloro che riscuotono il “pizzo” devono necessariamente appartenere al gruppo criminale dominante nella zona ovvero essere “autorizzati” a svolgere tale funzione: è da escludere ogni ipotesi di autonoma iniziativa “dell’esattore”;

-         la presenza di questo fenomeno oltre che alterare le normali regole della libera concorrenza, a favore dell’imposizione di condizioni predefinite ed arbitrarie, determina, a volte, l’assorbimento nell’organizzazione mafiosa della stessa impresa taglieggiata.

Il rapporto estorsivo tra gruppo criminale ed impresa di medie dimensioni, talvolta, può sfociare, partendo da un rapporto di assoggettamento, in un rapporto di protezione con scambi di agevolazioni di vario genere (isolamento delle imprese concorrenti che non si sottopongono ad estorsione, condizioni di favore per le forniture, protezione e affidamento di sub-appalti, ecc. ecc.);

-         tale specifica capacità operativa della mafia deriva anche da una diffusa acquiescenza delle vittime, che permane nonostante alcuni positivi risultati ottenuti dagli organi inquirenti e il fatto che in questi anni, grazie alle associazioni antiracket, si è sviluppata una maggiore sensibilità.

La tendenza alla mancanza di collaborazione si radica nella convinzione che alle spalle del singolo esattore sussista una vasta e pericolosa organizzazione e che, per “sistemare la situazione”, necessiti l’interessamento di una persona malavitosa, o comunque legata a qualsiasi titolo ad ambienti criminali, che possa fungere da intermediario tra gli estorsori e la stessa parte offesa. In numerosi casi, inoltre, è lo stesso estorsore che chiede alla vittima di trovarsi “un amico buono” (a volte anche commerciante o imprenditore), mentre in altri casi è il futuro “amico buono” che segnala all’organizzazione la vittima, essendo certo che questa in seguito si rivolgerà a lui. I commercianti, inoltre, ritengono che proprio grazie all’interessamento di “un amico buono” l’esorbitante richiesta avanzata inizialmente possa essere diminuita ad un pagamento periodico di somme più modeste. Reperire un “amico buono” che sia in grado di “sistemare l’estorsione” genera nella vittima una inusitata forma di “riconoscenza, protezione e garanzia” nei suoi confronti. La parte offesa matura quindi la convinzione di potersi rivolgere all’intermediario in qualsiasi momento ne abbia necessità, circostanza questa che ingenera la pressione morale e la coercizione psicologica, perché, apparentemente, “l’amico buono” opera nell’esclusivo interesse della vittima e per motivi di solidarietà umana, ma in realtà conferisce un determinante apporto causativo all’evento, concorrendo materialmente nella definizione del reato;

-          peraltro, la mancata conferma da parte delle vittime di fatti accertati dagli inquirenti, oltre che scaturire da timori di nocumento fisico o di danni all’azienda, sarebbe paradossalmente connessa anche ad una situazione locale di normalità e di concordia nel pagamento del “pizzo”, rispetto alla quale, pertanto, la denuncia, o meglio la collaborazione delle vittime, potrebbe rappresentare un elemento di destabilizzazione.

Vi sono stati, tuttavia, casi in cui taluni commercianti in un primo momento hanno negato di essere sottoposti ad estorsione; in un secondo momento, confortati da pareri forniti da legali o da persone vicine, oppure costretti dai riscontri degli investigatori,  hanno deciso di rendere dichiarazioni nelle quali ammettevano di essere vittime, “alleggerendo” con tale ravvedimento operoso eventuali responsabilità. Altri, anche in presenza di fatti evidenti, si sono ostinati nella reticenza, correndo il rischio di subire procedimenti penali per favoreggiamento, oppure hanno riconosciuto come autori del reato soggetti collaboratori di giustizia oppure già destinatari di precedenti misure cautelari in carcere.

In alcuni casi le parti offese hanno, invece, dichiarato di non aver pagato somme di denaro od altro a titolo meramente estorsivo, ma di aver effettuato delle “volontarie regalie”, nel tentativo di far venir meno uno degli elementi costitutivi del reato;

-        le richieste estorsive sono di consueto proporzionate alla capacità di reddito della vittima ed il ricorso della mafia ad atti ritorsivi o a fatti- reato strumentali all’estorsione, rappresenta solo una extrema ratio, tipica solo di alcune aree della provincia, dove si consumano estorsioni ed attentati con una percentuale di gran lunga superiore a quella del capoluogo;

-        la situazione si presenta, infatti, più pressante nei piccoli centri della provincia, dove l’incombenza della mafia è più direttamente sentita dalle vittime, e l’eventuale rifiuto non è tollerabile sia perché rappresenterebbe un segno di debolezza nel controllo del territorio da parte del gruppo mafioso e sia perché il numero delle attività dalle quali trarre profitto è decisamente minore rispetto a quello del capoluogo.

Appare significativa una delle più recenti operazioni di polizia denominata “FIDUCIA”, appunto, perché grazie alla collaborazione di alcune vittime si è data una pesante battuta d’arresto alle estorsioni perpetrate nella zona di Misterbianco.

Pur in questa situazione di diffusione del fenomeno, la provincia di Catania, al pari di altre province della Sicilia orientale, in materia diversa da altre realtà della parte occidentale dell’isola, ha fatto segnalare importanti esperienze di denuncia collettiva grazie alla costituzione di una rete di associazioni antiracket.

 

Il fenomeno dell’usura a Catania si presenta molto diffuso ed ancora più sommerso di quello estorsivo.

Quanto alle note salienti, emerge che:

-          l’usura viene praticata da diverse tipologie di soggetti (per esempio, professionisti che investono parte dei loro capitali e soggetti affiliati a gruppi criminali che utilizzano le disponibilità personali);

-         gli autori del reato molto spesso sono degli affiliati ai gruppi mafiosi locali, che operano con una certa autonomia, ed i proventi non confluiscono nelle casse del gruppo ma costituiscono utile del singolo;

-         non si rileva che il reato sia finalizzato al reinvestimento di altri illeciti profitti direttamente riconducibili alla mafia; si tratta, piuttosto, di una iniziativa del singolo affiliato, che si avvale della forza intimidatrice del gruppo a cui appartiene per costringere la vittima ad aderire alle esose richieste di interessi;

-          l’acquiescenza delle vittime, anche per questo reato, è pressoché totale in virtù della necessità di liquidità e della paura di perdere anche la possibilità di ricorrere alle forme illegali di credito che le lega all’usuraio.

 

5.          Attività del Comitato di Solidarietà

 

In poco più di ventuno mesi di attività  del nuovo Comitato costituito ai sensi della L. 44/99, che si è insediato il 21 dicembre del 1999, si segnalano i seguenti dati che vanno confrontati con l’attività dei precedenti organismi e con la mole di istanze arretrate ereditate dalle precedenti gestioni:

-       in materia di estorsione

sono state accolte n. 222 istanze per un importo pari a oltre 29 miliardi, ne sono state respinte n. 254, è stata deliberata la sospensione del procedimento per n. 6 istanze e ne è stata revocata n.1. Il precedente Comitato negli anni 1994, 95, 96, 97, 98, 99 ha accolto n.111 istanze per un importo pari a circa dieci miliardi e ne ha respinte n. 314. E’ nettamente migliorata la percentuale degli accoglimenti che è passata dal 26% del precedente Comitato al 47% di oggi.

 

-       in materia di usura

Sono state accolte n. 96 istanze di mutuo per una somma pari a oltre dieci miliardi e mezzo di lire, ne sono state respinte n. 404,  sono state adottate n. 26  delibere di sospensione e n. 7 delibere di revoca; infine, non sono state accolte n. 33 istanze presentate come usura e estorsione. Il precedente Comitato negli anni 1997, 98, 99, ne aveva accolte 75 per un importo pari a circa undici miliardi di lire e ne aveva respinte 404. La percentuale degli accoglimenti è passata dal 15% al 19%. Tra le ragioni di non accoglimento prevale quella di non essere parte offesa nel procedimento penale, requisito richiesto dalla L. 108/96 (ad esempio in conseguenza di sentenza di assoluzione per il reato di usura) in n. 112 istanze, di non avere il requisito di essere soggetto imprenditoriale (18), o di averlo perso in seguito di dichiarazione di fallimento (34).

 

Dai dati relativi all’accoglimento delle istanze di accesso al Fondo si evince chiaramente il significativo sforzo da parte del nuovo Comitato per ridurre le difficoltà di natura burocratica, a vantaggio delle vittime; obiettivo che è stato possibile raggiungere grazie anche alle positive innovazioni introdotte dalla legge 44, approvata nel febbraio del 1999.

In ordine agli aspetti di merito dell’attività del Comitato si rimanda alla relazione annuale del Comitato stesso per l’anno 2000 trasmessa al Ministro dell’Interno l’11 gennaio 2001 ai sensi dell’art. 2, comma 7 del DPR 455/99; così come si rimanda alla Relazione annuale 2001 che sarà cura dell’attuale Comitato redigere.

 

Il notevole numero di domande di accesso al Fondo che pervengono tutti i giorni all’Ufficio testimonia la crescente fiducia delle vittime nello strumento.

In questi mesi sono stati conseguiti risultati oltre ogni previsione nell’esame delle deliberazione delle istanze, in una situazione particolarmente difficile, soprattutto per il numero delle domande accumulate dalla precedente amministrazione, che ha condizionato tutta l’attività ma che per fortuna è in via di definitiva definizione.

Si tralasciano le problematiche connesse alla adeguata strutturazione dell’ufficio commissariale, le cui esigenze si auspica siano oggetto  di un adeguato intervento.

È d’obbligo rivolgere un ringraziamento a quanti hanno reso possibile i risultati, in particolare ai Prefetti, ai referenti delle Prefetture, alle Autorità giudiziarie e alla Forze dell’Ordine.

 

I risultati conseguiti confermano la giustezza dell’impostazione di fondo della L. 44 soprattutto nella parte in cui ha ritenuto di valorizzare l’apporto delle esperienze associative. È fuori di ogni dubbio che l’apporto di rappresentanti delle associazioni antiracket e antiusura assieme a quella delle associazioni di categoria ha costituito l’elemento di propulsione e anche di comprensione effettiva, e non meramente teorica, delle problematiche, a fronte della precedente esperienza da più parte accusata di burocratismo.

 

 

6.       la Campagna di informazione

 

Ha costituito una innovazione senza precedenti nell’azione di contrasto alla criminalità la realizzazione della prima Campagna di informazione. Si rimanda alla undicesima relazione luglio 2000.

 

 

7.          Proposte di interventi normativi

 

a.               Disegno di legge di riforma delle procedure  concorsuali

 

Appare necessario riprendere l’iter parlamentare per l’approvazione del disegno di legge di riforma delle procedure  concorsuali, che potrebbe significare l’eliminazione di quelle forme sanzionatorie di incapacità in atto accessorie alla declaratoria di fallimento. Quest’ultimo spesso interviene nelle more del procedimento di accesso al Fondo, facendo venir meno nell’interessato, non più imprenditore, la stessa legittimazione al sostegno; e, talvolta, senza che l’Autorità giudiziaria sia tenuta a valutare tale prospettiva favorevole all’istante, anche ai fini della sospensione del procedimento fallimentare.

          Infatti, l’imprenditore destinatario di declaratoria di fallimento, non revocata, anche a seguito di opposizione, potrà accedere ai benefici del Fondo di solidarietà in questione, solo quando, a seguito dell’esito positivo della procedura di riabilitazione, avrà riacquistato la qualifica di imprenditore e, con essa, la legittimazione ai sensi dell’art.3, della legge n.44/1999 e art. 14, comma 2 della legge 108/1996. Fino ad allora permangono tutte le incapacità di diritto civile.

          Solo la revoca della declaratoria di fallimento farebbe venir meno gli aspetti sia personali che patrimoniali del fallimento. Eppure, l’elargizione prevista dalla legge n.44/99 per le vittime delle richieste estorsive costituisce un contributo parametrato  al danno patrimoniale (danno emergente e mancato guadagno) subito dall’istante, per il quale non è prevista restituzione (salvo ipotesi di revoca espressamente disciplinata); si tratterebbe, pertanto, di erogazione che entra a far parte del patrimonio aziendale danneggiato e come tale valutabile.

          Analogamente la somma data a mutuo può rappresentare direttamente un recupero di accreditata solvibilità dell’istante sul mercato.

Valga considerare che nella relazione illustrativa al disegno di legge presentato nella scorsa legislatura, concernente: “Delega al governo per la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi” si è già sottolineato:

-       che la riforma  avrebbe risposto all’esigenza di ridisegnare la materia delle procedure concorsuali che, attualmente, “appare ancorata ad una concezione dell’impresa ispirata a finalità liquidatorie e a una accentuata tutela dei diritti dei creditori” e avrebbe corrisposto “ad una esigenza da tempo sentita e più volte sottolineata dagli studiosi secondo cui il fallimento (nella specie l’apertura della  procedura di insolvenza) non deve costituire più una misura sanzionatoria per l’imprenditore, né tale da qualificare il concorso collettivo come una sorta di “morte civile” per lo stesso;

-       che la  disciplina attuale, infatti, “non risulta più adeguata agli scopi e alle finalità che la nuova evoluzione socio-economica intende realizzare nella situazione di insolvenza imprenditoriale, né risulta perfettamente orientata al rispetto dei principi costituzionali né, infine, appare rispondente ai principi elaborati nelle legislazioni dei paesi europei che tendono a considerare le procedure concorsuali non più in termini meramente liquidatori, ma piuttosto in funzione di un risultato di conservazione dei mezzi organizzativi dell’impresa”.

 

b.         Le garanzie dei diritti della vittima secondo le direttive U.E.[1]

 

-          Quello di assicurare che la legittimazione della normativa verso la vittima  vada di pari passo ed abbia la stessa rilevanza di quella relativa all’imputato, non è più un’esigenza che  riguarda solo le vittime di estorsione o di usura, ma le vittime dei reati in genere.

Il principio come tale è raccolto nella decisione Quadro dell’Unione Europea ed è oggetto dei lavori dell’Osservatorio apposito (con sede presso il Ministero della Giustizia) diretto a  verificare le innovazioni possibili ed auspicabili da introdurre nel nostro Ordinamento per adeguarne le disposizioni alle Direttive Europee.

Talune  previsioni contenute nella “Decisione” sono state, per quanto possibile e compatibile con l’ordinamento giuridico italiano, approfondite nella legislazione vigente antiracket ed antiusura, da considerare speciale con riguardo alla qualità di alcune categorie di vittime e di alcune tipologie di reati.

Tali principi rispondono ad una esigenza addirittura vitale, allorché - com’è stato dimostrato- si deve fronteggiare la diffusione di fenomeni  per natura sommersi, laddove l’incontro tra il settore pubblico, delle Istituzioni deputate al contrasto dei fenomeni, ed il mondo associativo, impegnato nell’assistenza e nel sostegno delle vittime, così come auspicato dalla normativa europea, è già realizzato e regolato dal legislatore ed ha già dato i primi positivi frutti, sul territorio.

Sarebbe auspicabile l’introduzione nel codice di rito di ”diritti ad ottenere informazioni “ da parte della persona offesa: a cominciare da un’aggiunta al secondo comma dell’art.90, diretto ad informare la vittima dei diritti che gli spettano; per seguire con l’obbligatorietà della notifica alla parte offesa della richiesta di archiviazione nonché della chiusura delle indagini ed, infine, alla informazione, anche al difensore della parte offesa, del provvedimento restrittivo emesso nei confronti degli autori del reato nonché alla comunicazione, anche alla parte offesa, dei provvedimenti di scarcerazione dell’imputato, in costanza di procedimento penale ovvero a seguito di sentenza.

Si tratta di provvedimenti che, pur intervenendo nell’ambito di una funzione di giustizia riservata agli organi legittimati ad amministrarla, possono avere effetti eventuali sulle condizioni di sicurezza della vittima che ha denunziato, talvolta in contesti  ambientali intimidatori ed omertosi. Quest’ultima, in tal caso, ha una fondata aspettativa alla sicurezza, che comincia dalla conoscenza completa di eventuali condizioni di pericolo.

 

-         La  normativa nr.82/1991, recentemente novellata, ha, molto opportunamente, attenzionato la condizione del “testimone di giustizia“ anche sotto l’aspetto delle provvidenze economiche.

Il contenuto della proposta di ammissione al programma di protezione consente, per atto di iniziativa del Procuratore o con parere di questo sulla proposta  avanzata dal Capo della Polizia o dal Prefetto, la valutazione, tra l’altro, della gravità del pericolo incombente sull’interessato, sulla possibile evoluzione della sua posizione processuale, nonché l’esposizione dei concreti sviluppi investigativi originati dalle sue dichiarazioni.

Da questo complesso di informazioni consegue la prospettazione della situazione di concreta esposizione e l’individuazione della necessità di allontanamento dal luogo degli eventi, per cercare un posto sicuro per vivere, far vivere la propria famiglia, e, principalmente, poter attendere al proprio lavoro (spesso di operatore economico, spesso avviato, e abbandonato volontariamente per paura o per l’impossibilità di continuare ad operare in condizioni di isolamento).

 Non è infrequente il caso che tra la denunzia degli appartenenti al racket delle  estorsioni e la conclusione della relativa vicenda processuale, s’innesti un  processo di progressiva emarginazione commerciale e condizionamento personale che, pur non traducendosi in un pericolo attuale (non ci sono esigenze immediate di giustizia o perché il procedimento non è ancora tale, anche se l’atteggiamento del denunziante è ormai localmente noto, ovvero si è già verificato il rinvio a giudizio degli estortori), si risolve nella discriminazione prima (specie se si tratta di impresa operante in un settore costellato dalla  influenza tradizionale delle cosche) e poi, nella espulsione dal mercato, per allontanamento volontario da parte dello stesso denunziante, come atto liberatorio, di rimozione della vicenda.

In siffatte situazioni, in cui lo scrivente viene sensibilizzato e sollecitato ad intervenire dall’interessato ovvero dall’associazione antiracket o di categoria di appartenenza (soprattutto in considerazione di quel danno da mancato guadagno, che non potrà essere accolto dal Comitato del Fondo di solidarietà, perché l’allontanamento dal luogo dei fatti non è conseguenza di misura tutoria speciale), apparirebbe logico prevedere in capo al Commissario antiracket (che attualmente rimedia, con mezzi di cortesia istituzionale) il diritto - dovere di  intervenire alla riunione presso la Commissione ex art.10 della citata L.82/1991, per rappresentare il grado di importanza della collaborazione nel contesto locale, nonché ogni altro elemento informativo rappresentato all’Ufficio ed attinente alla sfera di sicurezza della vittima ed alle sue attività, più che alle esigenze di giustizia: un complesso di circostanze utili affinché la Commissione possa acquisire e svolgere un’analisi compiuta dei fatti e delle circostanze, atte a graduare le misure, anche urgenti e di carattere economico, da intraprendere nel caso  in questione.

 

-       Assistenza legale. Tralasciando le problematiche relative alla normativa sul gratuito patrocinio, quel che occorre per le vittime trattate è l’assistenza legale attraverso le associazioni antiracket o di categoria, ancor prima della denunzia, e nella fase esecutiva del procedimento amministrativo, specie di concessione del mutuo.

Nell’attuale processo penale è decisivo per tutte le parti, seguire le varie fasi in maniera attiva, utilizzando l’insieme degli strumenti offerti dal codice dell’89, secondo un rito particolarmente rapido che richiede un grande impegno del patrocinante, specie per la tutela dei cittadini economicamente più deboli, ma che, ancora imprenditori, non sono tali da poter essere definiti “non abbienti “ ai sensi della normativa intervenuta nr.60/2001.

La costituzione di parte civile a cura dell’estorto o dell’usurato è spesso un atto di civica presa di coscienza, economicamente generosa ed emotiva che, alla lunga, grava su un soggetto già logorato dalla pressione estorsiva o da situazioni aziendali e patrimoniali compromesse.

Sarebbe auspicabile, inoltre, la modifica dell’art.15 della l.60/2001, allo scopo di consentire che il gratuito patrocinio sia esteso per la parte offesa, senza limite di soglia del patrimonio, se ed in quanto vittima di determinati reati, quale l’estorsione da racket ovvero l’usura, per lo più caratterizzati da condizionamento di criminalità mafiosa o economica.

 

c.      Interventi regionali in materia di racket ed usura.

 

          L’esame delle normative regionali a favore delle vittime dell’estorsione e dell’usura appare ispirata a supportare, attraverso previsioni collaterali, le finalità della legislazione statale, specie nelle carenze di carattere applicativo.

 

Per i soggetti legittimati ai sensi dell’art. 3 della legge 44/1999 e 14 legge 108/1996), che hanno denunziato gli autori dell’estorsione e dell’usura, dando origine a procedimenti penali ed esponendosi a ritorsioni, anche di tipo commerciale, risultano necessari interventi e garanzie di sostegno, per evitare che la necessità di assicurare la sopravvivenza dell’impresa possa fungere da elemento decisivo per fiaccarne la determinazione, nonché da fattore disincentivante delle collaborazioni tra gli operatori economici vittime della pressione estorsiva.

Misure di sostegno, comuni alle normative finora emanate, hanno riguardato, per lo più, interventi soprattutto di prevenzione, quali:

-                  il finanziamento di  impianti elettronici di rilevamento di presenze estranee e di registrazione audiovisiva;

-                  le erogazioni ad imprenditori e professionisti danneggiati da eventi criminosi, dirette al pronto recupero delle attività imprenditoriali, secondo una gradualità corrispondente allo specifico danno. Tali somme sono da restituire entro 30 giorni dalla corresponsione delle elargizioni concesse dalla competente Autorità dello Stato sulla base dell’apposita normativa (artt. 11e 12 della  L.R. Sicilia 13 settembre 1999, n. 20);

-                  la previsione che il Presidente della Regione provveda, a titolo di solidarietà della comunità siciliana, nei confronti dei soggetti danneggiati dal ricorso a prestiti ad usura, a fornire garanzia sui mutui che gli imprenditori beneficiari debbono contrarre per il regolare prosieguo dell’attività e il mantenimento dei livelli occupazionali  (art. 13, commi 1 e 2 della L.R. Sicilia);

-                  la integrazione (Regione Piemonte - L.R. 2 febbraio 2000, n. 11) con proprie somme dei fondi speciali antiusura costituiti dai Confidi delle associazioni di categoria imprenditoriali e degli organi professionali, entro un massimo del 20% delle erogazioni effettuate dallo Stato mediante l’apposito fondo di cui all’art. 15 della legge 108/1996;

-                  la previsione (Regione Calabria - L.R. 13.9.1999 n. 27), che, in attesa che venga definito il procedimento di concessione di mutuo ai sensi della legge 108/1996, gli interessati possono chiedere alla Regione una provvisionale pari al 20% del piano finanziario per il rilancio dell’attività produttiva svolta.

-                  Analogamente i soggetti danneggiati da attività estorsive, nelle more del procedimento di elargizione di cui alla legge 44/1999, possono chiedere alla Regione un contributo pari al 30% del danno patrimoniale accertato

A fronte della meritoria fioritura di iniziative legislative regionali, che testimoniano la misura in cui le problematiche di questa categoria di vittime  sia avvertita senza connotazioni geografiche che possano limitarne la portata, è opportuno, ad avviso dello scrivente, che gli obiettivi delle legislazioni regionali antiracket ed antiusura:

-                  non possano che essere complementari al sistema normativo di tutela della vittima, da parte dello Stato, già previsto dalla normativa statale; principalmente, devono costituire incentivo ulteriore alla denuncia dei due fenomeni che, nonostante la normativa di sostegno, restano ancora largamente sommersi;

-                  debbano sostenere le potenzialità imprenditoriali del denunziante affinché la denuncia non costituisca motivo di penalizzazione sul mercato dell’imprenditore dotato di senso civico, rispetto agli altri che pagano il “pizzo”.

Occorre inoltre che le singole normative, che rispecchiano la fenomenologia regionale in materia, trovino un punto di raccordo in un corpo di strumenti normativi che, pur nella diversa configurazione dei singoli dettati legislativi regionali, tendano a rendere concreto e conveniente il ricorso alla denuncia dei fatti subiti e all’emersione del reticolo estorsivo o di quello collegato al credito usurario.

 

Nello stesso fine, vanno segnalate alcune misure adottate da alcune regioni purché suscettibili di essere ripresi ed offerti all’attenzione programmatica delle Giunte Regionali:

 

Finanziamento per la costituzione di parte civile

 

L’art. 9 della legge della Regione Sicilia 13 settembre 1999, n. 20 recante “Nuove norme in materia di interventi contro la mafia e di misure di solidarietà in favore delle vittime della mafia e dei loro familiari”, all’art. 9, comma 9, prevede che possono accedere alle misure previste dal  Fondo regionale per le parti civili nei processi contro la mafia (istituto dall’art. 7 della Legge Regionale 16 agosto 1989 n.14) “anche i soggetti, siano essi persone fisiche o giuridiche, che si costituiscano parte civili in processi per reati di usura o inerenti al compimento di atti estorsivi”.

 

Finanziamento dei fondi di garanzia a Confidi

 

L’art. 2 della Legge Regionale 2 febbraio 2000, n. 11 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 6 del 9 febbraio 2000 ha previsto che la Regione integri con proprie somme i fondi speciali antiusura costituiti dai Consorzi Fidi (Confidi) delle Associazioni di categoria imprenditoriali e degli organi professionali, entro un massimo del 20% dell’erogazione effettuate dallo Stato mediante l’apposito fondo statale per la prevenzione del fenomeno dell’usura di cui all’art. 15 della legge 108/1996.

 

Contributo alle spese di gestione delle Associazioni

 

L’art. 17 della suddetta Legge Regionale prevede che “il Presidente della Regione è autorizzato a corrispondere contributi fino ad un massimo di Lire 50.000.000 annui prioritariamente alle Associazioni antiracket riconosciute, a Fondazioni, a Centri ed altre strutture associative…. per il perseguimento di finalità connesse all’assistenza, alla tutela, all’informazione dei soggetti che abbiano subito richieste o atti estorsive, nonché dei soggetti che abbiano fatto ricorso a prestiti ad usura e le cui attività economiche o professionali versino conseguentemente in stato di difficoltà”.

 

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Al riguardo va precisato che le forme di finanziamento alle associazioni antiracket e alle organizzazioni antiusura non possono più limitarsi ad interventi che ne assicurino la “sopravvivenza”, bensì devono tendere a rendere possibile, in maniera mirata, le sottonotate attività da svolgere a sostegno degli associati, affinché la “normativa di tutela della vittima” (sia come soggetto danneggiato che negli organismi associativi che lo rappresentano), sia resa funzionale più che alla denuncia – protesta della incidenza dei fenomeni in questione, ad individuare negli stessi un riferimento di informazione qualificata e consultorio professionale nell’applicazione delle normative antiracket  ed antiusura statali e regionali.

 

A tal fine si richiama l’attenzione sulla necessità dell’inserimento nelle normative regionali di previsioni di sostegno finanziario anche delle seguenti funzioni da svolgere a cura delle associazioni ed organizzazioni:

 

- attività di “assistenza e consulenza amministrativo-contabile” nei confronti dei soggetti che hanno già denunciato estorsori o usurai.

 

Si tratta di finanziamento diretto a rendere strutturato e formativo, sotto il profilo tecnico, il rapporto tra l’associato e l’organizzazione affinché questa sia in grado di accompagnare e sostenere, con opportune consulenze psicologiche ed aziendali, l’imprenditore che ha denunziato il “pizzo” o l’usura nell’utilizzo degli strumenti normativi a disposizione, fino alla sentenza di I° grado nel processo penale e alla definizione del procedimento di elargizione o di mutuo.

 

 

Al riguardo, però, occorrerà individuare i requisiti e le garanzie che le suddette strutture devono offrire per poter essere ammesse al finanziamento;

 

- assistenza legale dei soggetti che hanno denunciato gli usurai

 

Non v’è dubbio che il complesso degli oneri di giudizio finisce per costituire un ulteriore mezzo di dissuasione del denunziante (e di forza e di pressione psicologica da parte dell’imputato) che pregiudica il diritto di difesa di chi versa in situazioni di scarsa solvibilità tale da non aver accesso al credito ordinario e da essere stato costretto a piegarsi al credito usurario (vanificando l’azione delle associazioni e delle fondazioni), prima che intervenga l’esito del procedimento presso il Fondo di Solidarietà.

 

d.             Associazionismo

 

Tra le realtà associative interessate all’assistenza alle vittime, le problematiche da vigilare costantemente appaiono quelle relative a: concorrenzialità, mancata valenza organizzativa rispetto al fine solidaristico perseguito, verifica del non profit.

Nelle organizzazioni del volontariato, assenza di fine di lucro, struttura democratica, preordinazione di adeguata organizzazione verso un fine altruistico sono condizioni di esercizio che devono permanere nel corso dell’attività. L’iscrizione nei registri, poi, deve essere condicio sine qua non per ottenere contributi pubblici, eventuali agevolazioni fiscali, nonché per poter stipulare “convenzioni” con enti pubblici.

L’intervento amministrativo di controllo, non è di tipo patrimoniale né mirato atto per atto; tuttavia, deve essere incentrato sull’indagine di comportamento ed articolato in forme tali da prospettarsi come efficace per opporsi all’intrusione nell’ambito delle organizzazioni disciplinate, di associazioni prive dell’idoneità ad operare (com’è nella ratio dell’art. 2 del D.P.R. 451/1999).

La P.A. può controllare in limine la rispondenza ai principi dell’efficienza, dell’imparzialità, del buon funzionamento che devono caratterizzare gli standard dell’attività pubblica; ed è compito precipuo della stessa quello di raccogliere tutti i dati utili per accertare l’attività svolta dall’organizzazione nell’anno precedente.

Infatti, che l’amministrazione sia tenuta all’iscrizione, una volta accertata la sussistenza dei presupposti (quindi atto dovuto), non significa che il controllo periodico non debba avvenire sia da parte dell’autorità competente all’iscrizione primaria (quale organizzazione di volontariato) che da parte delle altre autorità tenutarie di albi o registri presso cui organizzazioni di volontariato, regolarmente iscritte a livello regionale, possano essere inserite per lo svolgimento di attività regolate da normative speciali.

Si auspica un controllo annuale mirato alla verifica:

B.    dell’assenza di condizioni ostative in capo ad associati, amministratori e promotori;

C.   della consistenza e dell’ampiezza dell’attività svolta provata attraverso idonea documentazione da cui possa riscontrarsi l’articolazione e la predisposizione organizzativa per lo svolgimento dell’attività;

D.   di ipotesi specifiche che rendano necessaria la sospensione cautelativa connessa ad anomalie riscontrate nell’attività svolta.

 

 

A quanto sopra va aggiunta, l’introduzione di un obbligo, da parte della prefettura competente, di comunicazione periodica dei risultati dell’indagine di comportamento, annualmente svolta, al Commissario per le iniziative antiracket e antiusura ed agli enti presso i cui elenchi l’organizzazione, nei cui confronti è stata accertata una delle irregolarità di cui sopra, risulti iscritta.

 

 

8.          Conclusione

 

I risultati conseguiti possono a ragione far parlare di una irripetibile occasione nella lotta al racket e all’usura.

Lo scorso mese di gennaio la Prima Conferenza Nazionale, alla presenza del Presidente della Repubblica, ha rappresentato per tutto il mondo associazionistico e per l’opinione pubblica del Paese un momento di grande speranza.

 

Il recupero e l’adeguamento di efficienza negli organi previsti dalla normativa di solidarietà, da soli  non possono bastare.

Da un lato occorre estendere la platea dei soggetti economici che, denunciano. L’attività del Comitato del Fondo di solidarietà ha consentito di verificare che essi provengono per lo più  dalla fascia della piccola impresa, dall’artigianato, dal terziario in genere. Dall’altro, una sollecitazione, in termini di strumenti di concreta convenienza alla denunzia, occorre che sia posta in essere affinché il fenomeno non resti ulteriormente sommerso, facile monopolio della capacità di mediazione della criminalità organizzata.

Occorre andare oltre il volontariato e lo spontaneismo ed approdare a una strategia della prevenzione, soprattutto antiracket.

Deve essere chiaro che il problema del racket e dell’usura non possono essere affrontati solo in un’ottica di ordine pubblico; essi rimandano alle relazioni economiche e alle problematiche dello sviluppo. Il danno più grave che compie la mafia nei confronti della competitività e della capacità di “tenere il mercato” di un’impresa di piccole dimensioni è la demotivazione imprenditoriale: con il condizionamento estorsivo viene meno la possibilità di prosperare e quindi di fare impresa e di costruire occasioni di sviluppo economico.

 

 

                                                                                          (Tano Grasso)

 

 

 

Roma, 17 ottobre 2001


 

 

SINTETICA RELAZIONE SULL’ATTIVITA’

SVOLTA DALL’UFFICIO DEL COMMISSARIO

Settembre1999/ 2001

 

 

 

 

 

I-               Applicazione  della legge 44

II-            Iniziative esterne e attività di coordinamento e di impulso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

APPLICAZIONE DELLA LEGGE 44

 

 

 

 

Attività di formazione (per il Comitato, per l’ufficio, per i referenti delle Prefetture)

 

a)    pubblicazioni:

 

“La nuova disciplina del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura. Manuale per le procedure di accesso al Fondo di solidarietà” (gennaio 2000).

 

Edizione aggiornata con riferimenti alla normativa sopravvenuta ed all’attività del Comitato del fondo di solidarietà nell’anno 2000 (febbraio 2001).

 

“Attività istruttoria nei procedimenti di accesso al Fondo di solidarietà” testo riservato ad uso esclusivo dei referenti delle prefetture e dei componenti del Comitato (aprile 2001).

 

b)    Attività di formazione e di approfondimento presso la Scuola Sup.Min.Interno (per i referenti delle Prefetture, per l’Ufficio, per il Comitato):

 

Seminari riservati ai referenti delle Prefetture: 23-25 nov.99; congiunte con il Comitato: 31.1.00; 31.5 e 1.6.00; 7-8 febbr.01; sed.sem.del Comitato: 20.6.01.

 

Riunioni regionali dei referenti delle Prefetture (Reggio Calabria: 17.1.00; Roma: 20.1.00; Palermo: 22.1.00; Napoli: 29.1.00; Milano: 1.2.00; Torino: 5.2.00; Firenze: 8.2.00; Bari: 24.2.00).

 

Seminari interni riservati ai funzionari e ai dipendenti dell’Ufficio: 11,17,25 maggio 00; 6.6.01.

 


 

 

INIZIATIVE ESTERNE  E

 ATTIVITA’ DI COORDINAMENTO E DI IMPULSO

 

 

1. Prima Conferenza Nazionale contro l’estorsione e l’usura alla presenza del Presidente della Repubblica (16-17 gennaio 2001)

 

Sono intervenuti i maggiori rappresentanti delle istituzioni (Governatore Banca d’Italia, ministri, parlamentari, magistrati, forze dell’ordine, ecc.); hanno partecipato i delegati delle associazioni antiracket, delle Fondazioni e associazioni antiusura, dei Confidi, delle associazioni di categoria. Notevole rilievo sulla stampa nazionale e internazionale.

 

 

2. Campagna d’informazione (ai sensi dell’art.6 del dpr 455/99)

 

a)         Affissione di oltre 7.600 tra poster e manifesti murali; trasmissione di 1.381 spot televisivi e di 1.036 spot radiofonici; apertura sito internet; istituzione del call center con numero verde (nei tre mesi della campagna sono arrivate quasi trenta mila telefonate);

b)         distribuzione in allegato a organi d’informazione e attraverso istituzioni e associazioni di otto milioni di pieghevoli informativi e di un milione di opuscoli;

c)         corsi di formazione per gli operatori sul territorio: si sono tenuti a Roma tre seminari di due giorni ciascuno; si sono svolte riunioni preparatorie regionali e interregionali con gli operatori dei Confidi (Bologna:12.9; Venezia:12.9; Roma: 13.9; Milano: 18.9; Bari: 27.9; Torino: 29.9; Messina: 4.12);

d)         la campagna è stata realizzata d’intesa con le associazioni antiracket, le fondazioni e le associazioni antiusura, i confidi (l’impostazione è stata decisa nella riunione del 30 maggio 2000).

 

 

3. Informazione

 

Pubblicazione e diffusione in collaborazione con il CNEL (Osservatorio socio-economico sulla criminalità):

 

“Manuale di difesa contro l’usura e l’estorsione” (gennaio 2000)

“Le Pagine Gialle dell’antiusura. I numeri della solidarietà” (marzo 2000).

 


 

 

 

4. Associazionismo: promozione, servizi, coordinamento

 

a)         l’Ufficio del Commissario come struttura di servizio per il mondo associazionistico; invio della relazione mensile; attività di formazione; attività di raccordo;

b)         associazioni antiracket: ne sono nate negli ultimi due anni 8: Vittoria, Scicli, Acireale, Gioia Tauro, Giardini Naxos, Milazzo, Noto, Brindisi;

c)         Fondazioni antiusura: sono 8 le nuove fondazioni che hanno fatto domanda per accedere ai fondi di prevenzione (art.15 legge 108/96)

d)         Confidi: sono 74 quelli che per la prima volta hanno chiesto i fondi dell’art.15 (di essi 33 sono nel Sud e nel Lazio); l’attività dell’ufficio è stata volta a promuovere la nascita dei fondi speciali dei confidi: sono stati sensibilizzati  i Presidenti nazionali delle associazioni di categoria.

 

 

5. Attività di raccordo tra le istituzioni e le associazioni al fine di rafforzare la fiducia delle vittime nello Stato. Lo strumento dei Comitati Provinciali per l’Ordine e la Sicurezza pubblica.

 

Si sono svolte n.37 riunioni convocate dai Prefetti con la partecipazione, quasi sempre, dei rappresentanti delle associazioni di volontariato e di quelle di categoria.

 

Sicilia Siracusa (20.9.99) Ragusa (20.9.99) Messina (28.9.99) Trapani (29.8.00) Catania (29.11.99; 29.6.00; 1.12.00; 2.3.01) Palermo (10.5.00; 29.8.00; 4.10.00; 6.11.00; 15.10.01)

Calabria Reggio Calabria (26.10.99; 31.7.00; 24.9.01) Cosenza (6.10,00) Vibo Valentia (7.7.00; 22.7.01)

Puglia Brindisi (16.11.99) Foggia (5.5.00; 17.9.01) Taranto (19.9.00) Bari (27.9.00) Lecce (18.12.00; 30.7.01)

Campania  Napoli (8.9.00; 24.1.01) Caserta (4.9.00; 31.10.00) Avellino (11.10.00)

Lazio Roma (6.10.99; 11.9.00) Rieti (1.12.00)

Basilicata Potenza (7.4.00)

Sardegna Cagliari (23.11.00)

Lombardia Milano (9.3.00)

Piemonte Torino (29.9.00)

 

 

6. Attività propositiva in materia normativa

 

L’ufficio è stato attivamente impegnato per il conseguimento, tra l’altro, dei seguenti obiettivi normativi:

 

a)      finanziamento del Fondo di prevenzione dell’usura (art.15 l.108): a seguito dell’ultima legge finanziaria sono stati già stanziati 100 miliardi per il 2001 e vi è la previsione di altri 100 miliardi per il 2002;

b)     la riapertura dei termini per la presentazione delle istanze al Fondo di solidarietà per le vittime d’usura;

c)      trasformazione dei mutui da quinquennali in decennali;

d) approvazione del regolamento per l’istituzione dell’albo dei mediatori creditizi (art.16 l.108).

 

 

7. Promozione del tavolo di lavoro tra ABI e coordinamento nazionale dei Confidi.

 

Il 3 aprile è stato sottoscritto un protocollo di collaborazione tra i rappresentanti del mondo bancario e quelli dei confidi.

 

 

8. Sottoscrizione della convenzione con il Direttore Generale della Pubblica Sicurezza nell’ambito del programma operativo “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia”

 

 

9. Promozione della legislazione regionale integrativa di quella nazionale: l’11 luglio è stata approvata la legge regionale del Lazio.

 

 

10. “Osservatorio permanente dei fenomeni dell’estorsione e dell’usura” (DM 2.6.98 e DM 9.3.01)

 

a)      ampliamento dell’Osservatorio, e suo rilancio, con la nomina, fra l’altro, di magistrati quali consulenti esterni; partecipazione delle associazioni;

b)     predisposizione di una dettagliata attività di monitoraggio sui fenomeni dell’usura e dell’estorsione con apposite schede di rilevazione inviate alle Prefetture, alle Procure, alle associazioni.

 

 

11. Relazioni istituzionali

 

a)     audizioni presso la Commissione Parlamentare Antimafia: presso il Comitato racket e usura: il 24.11.99 e il 6.7.00; in seduta plenaria: 6.2.01;

b)     audizioni presso il CNEL- Osservatorio socio-economico sulla criminalità: 15.3.00 e 31.1.01.

 

 



[1] Decisione quadro del Consiglio del 15.3.2001 (Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea l. 82/1 del 22.3.2001).

 


 

 

ATTIVITA’ DEL COMITATO  DAL 21 DICEMBRE 1999  AL 17 OTTOBRE 2001

 

 

 

N° SEDUTE COMITATO

 

 

N.   147

 

TOTALE ISTANZE ESAMINATE

 

 

N. 1792

 

ESTORSIONE

 

 

N. 809

 

USURA

 

 

N. 938

 

ESTORSIONE/USURA

 

 

N.   45

 

IMPORTI EROGATI

 

 

 

 

PROVVISIONALE

 

 

SALDO

 

TOTALE

 

ESTORSIONE

 

 

6.659.673.995

 

22.673.026.974

 

29.332.700.969

 

USURA

 

 

2.743.117.230

 

7.762.621.835

 

10.505.739.065

TOTALE

9.402.791.225

30.435.648.809

39.838.440.034


ESITI  DELLE SEDUTE  DI  COMITATO

 

 

 

ACC.

NO

ACC.

REVOCA

INT.

ISTR

RINVII

SOSPENS.

PRESE

 ATTO

PARERE

VARIE

ANNULL.

CONF

TOTALE

ESTORS.

222

254

1

164

76

 

6

54

6

20

1

5

809

USURA

96

404

7

128

43

 

26

32

183

7

8

4

938

E/U

 

33

1

2

5

1

2

 

1

 

 

45

TOTALE

318

691

9

294

124

33

88

189

28

9

9

1792

 

 

MOTIVAZIONI   NON  ACCOGLIMENTO

 

 

Non imprenditore

Fallimento

Non parte offesa

Fuori termine

(a,b, c, d,e)*

Parere P.M.

Reticenza/falsa testimonianza

Importo no utilizzabile ai fini economici

Misure di prevenzione

Mancanza danno

Mancanza nesso di causalità

Fatti non estorsivi né usurari

Documentazione istruttoria insufficiente

EST.

9

11

8

7 a

7 b

10 c

1

8

3

1

17

12

146

14

USURA

18

34

112

89 d

17 e

42

7

30

 

9

 

2

44

E/U

1(U)

2

13 (U)

1 (E)

13 (U)

 

2 (E)

 

 

1 (E)

 

2 (U) / 25 (E)

2

 

 

* a) : Estorsione - danni verificatisi oltre i 6 mesi precedenti la denuncia;

   b) : Estorsione - fatti antecedenti l’1.1.90;

   c) : Estorsione – istanze presentate oltre i termini di cui all’art. 13, commi 3 e 4, della legge 23.2.1999, n. 44;

   d) : Usura – istanze presentate oltre il termine dei 180 giorni di cui all’art. 7, comma 2, del d.P.R. 455/99;

   e) : Usura – no art. 7 lett. G) D.L. 67/97.

 

 

LEGENDA:        Conferma: conferma precedente delibera successivamente a riesame

Annullamento: annullamento precedente delibera successivamente a riesame

Revoca: revoca precedente concessione elargizione o mutuo

Sospensione: sospensione procedimento amministrativo

 

 

 


 

tabella - istanze istruite e delibere adottate

ANNO ESTORSIONE USURA E/U TOTALE
  istruttoria   deliberato  istruttoria deliberato deliberato  istruttoria deliberato
1991 0 1 0 0   0 1
1992 2 0 0 0   2 0
1993 1 8 0 0   1 8
1994 0 5 0 0   0 5
1995 1 6 0 0   1 6
1996 1 23 4 24 1 5 48
1997 5 30 12 100 4 17 134
1998 6 26 7 62 1 13 89
1999 64 193 23 173 17 87 383
2000 82 174 40 128 9 122 311
2001 98 30 189 57 1 287 88
TOTALE 260   496 275 544 33 535 1073