Malattia coronarica

Negli ultimi tempi la cardiologia si è occupata in modo particolare dei fattori di rischio della malattia coronarica (angina pectoris, infarto).

Una piccola città degli Stati Uniti, Framingham, da trent'anni fa da cavia a questo scopo. L'esperimento di Framingham è ormai famoso in tutto il mondo. Tirando oggi le fila di questi studi statistici, si può affermare l'importanza primaria dei seguenti fattori: ipertensione, molto colesterolo nel sangue, tabacco, diabete. Ognuno di essi rappresenta di per sé un rischio, ma due o tre fattori insieme contano più della semplice somma aritmetica, si rinforzano reciprocamente, quindi il rischio cresce proporzionalmente in misura sempre maggiore.

Tuttavia un certo numero di incidenti coronarici si manifesta in soggetti che non rientrano in questo schema. Sono stati allora identificati altri fattori aggiuntivi di rischio: molti trigliceridi nel sangue, sedentarietà, affanno di respiro durante l'attività fisica.

I rapporti fra attività fisica e malattia coronarica sono stati oggetto di uno studio interessante su 3 000 individui. Si sono messi a raffronto la capacità di sforzo e i fattori di rischio cardiaco. È risultato che i soggetti capaci di eccellenti prestazioni fisiche avevano quantità di colesterolo, trigliceridi, glucosio e acido urico nel sangue, e valori della pressione, inferiori a quelli di soggetti con prestazioni modeste. Ciò era dovuto in parte al fatto che i primi erano più magri dei secondi, ma la differenza fra i due gruppi rimaneva significativa anche non tenendo conto di questo elemento. Senza asserire con ciò che l'efficienza fisica riduce il rischio di incidenti coronarici, si può almeno confermare che l'attività fisica è favorevole.

Conoscendo i fattori di rischio di cui sopra, abbiamo il mezzo di prevenire la malattia coronarica? Questo è ancora in discussione. Probabilità favorevoli si avrebbero eliminando tutti insieme i fattori di rischio, e al più presto possibile. Comunque è certamente utile curare l'ipertensione e smettere di fumare. Viceversa non vi è certezza assoluta sull'utilità di ridurre il colesterolo, il glucosio, l'acido urico del sangue. Ridurli con un'alimentazione appropriata sarebbe meglio che ridurli mediante farmaci.

Comunemente si ritiene che l'incidenza dell'infarto sia bassa nella donna giovane. Tuttavia non è proprio così, e secondo qualche statistica la mortalità sarebbe uguale a quella da cancro del seno. Di particolare interesse è la relazione con la pillola, e recenti pubblicazioni inglesi e americane hanno fatto il punto sulla questione. I fattori di rischio per la donna giovane sono sempre i soliti, quelli classici: molti grassi nel sangue, tabacco, antecedenti in famiglia. Ma ve ne è anche un altro, la pillola appunto. Questa ha scarsa importanza come fattore a sé, isolato, ma rinforza gli altri fattori eventualmente presenti. L'effetto rinforzante e più netto dopo i 40 anni. Nelle donne che usano la pillola la mortalità per infarto sarebbe moltiplicata per 2,7 prima dei 40 anni, e per 5,1 dopo i 40 anni Quindi la pillola dovrebbe essere evitata dopo i 40 anni. La donna che presenta fattori di rischio coronarico rinunci in ogni età a questo mezzo anticoncezionale, almeno fino a che i fattori di rischio si siano ridotti.

Sempre in tema di trombosi delle coronarie (infarto) si è riconosciuta l'importanza dell'aggregazione delle piastrine come momento iniziale. Quando le pareti delle arterie sono alterate (aterosclerosi) le piastrine vi aderiscono, poi si riuniscono in ammassi (aggregazione), che rappresentano il punto d'origine d'un coagulo di sangue (trombo). La somministrazione di farmaci anti-aggreganti sarebbe quindi utile in coloro che hanno disturbi coronarici, come prevenzione dell'infarto, e in coloro che ebbero già un infarto, come prevenzione secondaria. Gli anti-aggreganti più studiati sono l'aspirina, il dipiridanolo, il clofibrato, il sulfinpirazone. Per il momento, però, un giudizio definitivo sulla reale efficacia di queste cure per la profilassi dell'infarto non è ancora possibile.


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