Amlodipina, un amico del rene

È diventata la causa più frequente di uremia cronica, ma ciononostante si continua a prestare scarsa attenzione alla sua prevenzione. Parliamo dell'insufficienza renale causata dall'ipertensione arteriosa, una complicanza che come affermano le linee-guida sull'ipertensione contenute nel recente "JNC VI" può oggi essere prevenuta personalizzando la terapia anti-ipertensiva. Non tutte le classi di farmaci ipotensivi, infatti, assicurano una adeguata nefroprotezione e per dimostrarlo definitivamente è stato di recente iniziato un nuovo mega-trial, l' AASK (African American Study of Kidney disease and hypertension). Questo studio prevede l'arruolamento di 1.000 pazienti randomizzati a ricevere un calcio-antagonista, un ACE-inibitore o un beta-bloccante. La ricerca è multicentrica e si prevede un follow-up minimo di 4 anni. Sin da ora, tuttavia, sono disponibili le prove che il danno renale dell'iperteso può essere quantomeno rallentato con un adeguato controllo dei valori pressori.

È quanto dimostrato nel trial-pilota dell'AASK. In questo studio sono stati inclusi 94 ipertesi, tutti di razza nera e con una velocità di filtrazione glomerulare compresa tra 25 e 70 mL/min. Prima dell'arruolamento, i pazienti non erano stati curati o erano stati trattati con furosemide, doxazosina, clonidina, idralazina o minoxidil. Nessun paziente aveva invece ricevuto uno dei farmaci oggetto dello studio, ovvero amlodipina, enalapril o atenololo. Dopo la randomizzazione, sono state effettuate visite mensili di controllo in oltre l'87% dei pazienti e nel 65% dei casi è stata verificata una accettabile aderenza alla terapia, con l'assunzione di oltre l'80% delle pillole previste.

Ecco i risultati. All'arruolamento non vi erano differenze tra i tre gruppi nei valori di pressione arteriosa media, che invece dopo 6 mesi di terapia risultava ridotta in modo statisticamente significativo solo nel gruppo di pazienti trattato con amlodipina, ma non negli ipertesi trattati con enalapril o atenololo (Figura). Parallelamente, sempre a sei mesi, si evidenziava un "trend" all'aumento della velocità di filtrazione glomerulare più consistente con l'amlodipina che non con l'ACE-inibitore o il beta-bloccante.

I dati dello studio pilota AASK sono dunque in pieno accordo con una delle più rilevanti raccomandazioni del documento "JNC VI": il migliore modo per rallentare la progressione verso l'insufficienza renale nell'iperteso è il controllo ottimale dei valori pressori. La scelta di un anti-ipertensivo davvero efficace è dunque cruciale per preservare la funzione renale. Al trial AASK appena iniziato è affidato il delicato compito di confermare che l'uso di un calcio-antagonista offre a tal fine maggiori vantaggi dell'ACE-inibizione e del beta-blocco.