Prime attestazioni nei testi classici

 

 

    I primi riferimenti scritti relativi al popolo dei  Celti sono le attestazioni  presenti  nei  testi  classic i Greci  e Latini; si tratta  di testimonianze  di  carattere  storico,  etnologico e  geografico  che forniscono   agli   studiosi   mo derni  una preziosa   fonte  di   dati riguardanti l'economia, la religione e i costumi, ma  che sono soprattutto indicativi delle relazioni culturali e commerciali che intercorrevano tra  le civiltà del mediterraneo e  le selvagge tribù stanziate nel cuore dell'Europa.  

    Il termine  Oi Keltoi  compare per la prima  volta  negli  scritti del geografo Ecateo  di Mileto[1][1] (550-480 a.c. cir-ca),tramandatici in forma frammentaria circa mille    anni dopo da Stefano di Bisanzio (VI sec. d.c.).

Nella sua Periegesi (descrizione della terra), opera in cui  vengono descritti numerosi luoghi dell'Europa e dell'Asia dal punto di vista geografico ed etnologico,   egli definisce la colonia  greca  di Massalia (Marsilia) una città dei Liguri attigua alla Celticae cita il sito celtico di Nurax.

Nonostante questa prima citazione, bisogna attendere    ancora un secolo per le prime menzioni esplicite  relative al popolo dei Celti.

    Lo storico greco  Erodoto di Alicarnasso (484-424 a.c. circa)è il primo a fornirci un maggior numero di informazioni.  Egli afferma che il Danubio sorge nel paese dei Celti e che il territorio di questi ultimi confina con quello del popolo  dei Kunesioi,  situato all'estremo  occidente, otre le Colonne D'Ercole.

     Anche Platone (427-347 a.c. circa) cita espressamente i Celti nelle Leggi e li definisce come un popolo  bellicoso    e avvezzo ai piaceri del vino; Aristotele (384-323 a.c. cir-ca) ne elogia invece il coraggio e lo spirito guerriero, tema che ricorre anche negli scritti  del suo allievo Eudemo di Rodi, il quale ne elogia il coraggio in mare.

    Degna di nota è anche la citazione dello storico greco  Eforo  (inizio IV secolo a.c.-340 a.c. circa)  che  definisce i  Celti come il grande popolo barbarico che occupa le regio-ni occidentali del mondo conosciuto.

    Un'importante fonte di documentazione ci viene fornita dagli scritti della monumentale opera  dello  storico filo-romano  Polibio (205-120 a.c. circa), che nel II libro  delle sue Storie offre una descrizione accurata dell' Italia e della Gallia Cisalpina, resoconto dei suoi frequenti viaggi  per delineare la storia delle invasioni celtiche in Italia  fino al 221 a.c. Per la stesura della sua opera lo storico sembra  inoltre  aver  attinto  agli  scritti greci ormai perduti dello storico romano Fabio Pittore (254-201 a.c. circa) che avrebbe preso parte alla battaglia di Talamone (225 a.c.) fornendone una descrizione dettagliata.

      Determinanti per l'acquisizione di numerosi dati relativi ai costumi dei Galli, e in  parte  anche  dei Britanni, risultano essere  i commentari della guerra gallica di Giulio Cesare (100-44 a.c.), preziosa fonte di documentazione destinata ad influire per molti secoli sulla storiografia celtica. L'opera fornisce informazioni sull'etnografia, le pratiche e le credenze religiose, le  attività  economiche,  la  organizzazione militare e l'urbanistica.

    Anche il geografo greco Strabone (64 a.c.-21 d.c.), nella sua Geografia descrive i territori dei Celti e i loro costumi (libri III, IV e VII). Egli ne sottolinea le doti militari, soprattutto nel combattimento a cavallo, il desiderio di fa-ma ed ostantazione; fornisce inoltre una dettagliata descrizione della vita politica e delle credenze religiose.

    Nelle opere di Diodoro Siculo (inizio I secolo a.c.-20 a.c.)vengono confermati, in linea generale, i racconti di Cesaree Strabone con l'aggiunta di qualche  ulteriore  dettaglio relativo ai rituali religiosi e votivi e al linguaggio criptico dei Druidi.

    Oltre  alla Storia di Roma  di Tito Livio (59 a.c.-17 d.c. circa, in cui vengono narrati gli episodi riguardanti le guerre  che opposero Romani e Galli nella conquista dell'Italia,e alla Storia naturale di Plinio il Vecchio (24-79 d.c.), l'autore che maggiormente si dilunga in una  descrizione  accurata e talvolta piena di ammirazione della società celticasembra essere Cornelio Tacito (53-120 d.c.);   nelle pagine dell' Agricola troviamo infatti numerose informazioni  sul-l'opera di conquista  della Britannia e sulla rivolta del 61 d.c. e le  campagne  condotte in  Scozia  dal  77 all'83  d.c.  Sono  numerose  anche le informazioni di carattere geografico ed etnologico.  

    Tutte queste  descrizioni sembrano dunque offrire l'immagine di un popolo bellicoso e selvaggio, avido di gloria e di ricchezza, dedito al culto delle forze della natura e legato a pratiche superstiziose. Tuttavia, nonostante la loro  importanza, bisogna  considerare la natura di tali fonti e la cultura che le ha prodotte. Assumendo come punto di  partenza  la tendenza  delle società  medeiterranee a considerare come estranei ed  arretrati tutti i popoli ap-partenenti  a culture differenti, appare evidente  la diffi-coltà di comprendere la mentalità e i costumi di vita di un popolo spesso composto da tribù eterogenee e privo di una esplicita codificazione. I Celti sembrano proporre un  sistema filosofico estremamente diverso da quello mediterraneo ma ugualmente articolato e  complesso. La loro  avversione verso un uso pubblico ed ufficiale della scrittura -soprattutto un mezzo della classe druidica per mantenere il controllo e l'egemonia- ha contribuito a trasmetterci l'immagine di un popolo di rozzi illetterati e ci ha privati di qualsiasi  tipo di fonte letteraria autonoma che non risenta dell'influenza classica e di una visione mediterraneocentrica. La nostra analisi deve inoltre considerare la provenienza delle informazioni riportate dagli antichi scrittori e le  relative inesattezze, spesso  generate dall'impossibilità di una conoscenza diretta delle vicende narrate con laconseguente  ripresa di notizie provenienti da fonti spessopoco attendibili. Lo studio di una cultura così complessa, i cui fondamenti vanno ricercati pazientemente

  all'interno di una simbologia sottile e  spesso filtrata e  mascherata da un'interpretazione di parte, dev'essere condotto attraverso l'esame di fonti di natura differente  quali  l'archeo-logia, la lingua e la letteratura, con un metodo  rigoroso e scientifico che sia il più possibile lontano dal pregiudizio.       



 

 

 



[1][1] Per i dati relativi alle biografie degli autori Greci si è fatto riferimento a G. A. Privitera-R.Pretagostini, Storia e forme della letteratura Greca, Milano 1997.