PENSIERI VERI
Questo pubblico non canta i ritornelli
A volte basta il delicato librare di una farfalla per
farci saltare i nervi. Purtroppo succede sempre più spesso, anche quando
potremo rilassarci. Siamo talmente abituati ad un ritmo di vita frenetico, che
non riusciamo a scrollarcelo di dosso neanche in tre mesi di ripetuti sforzi. A
quel punto, magari,riusciamo ad ammorbidirlo un po’ (il ritmo), ma è ora di
ricominciare! Suona la campanella; bisogna scattare; tutto come prima. Forse
peggio, perché, anche solo per un attimo, forse, abbiamo capito che si può
vivere diversamente e meglio. Così, certi di questa verità, che in nove mesi
si va via via appannando, torniamo ad affrontare la solita routine con
svogliatezza e rimpianto per ciò che è stato, anche se per poco, ed ora non
c’è più.
Ma
svogliatezza e rimpianto si trasformano troppo spesso in un nervosismo provocato
dalla consapevolezza di dover far qualcosa senza volerlo fare, provocato dal
saper di dover affrontare prove che si ritiene di non essere in grado di
superare. E questo nervosismo troppo spesso lo si scarica sugli altri, quelli
che ci stanno attorno e magari ci vogliono anche bene. Non intendo solo le
sfuriate improvvise e apparentemente prive di motivo, ma anche le continue
indecisioni che spiazzano coloro che ci circondano e possono provocare loro
ferite più o meno profonde. Perché con alcune cose non si può giocare e in
alcuni casi non si possono seguire le scelte degli amici (probabilmente perché
si tratta di qualcosa di squisitamente personale).
Cerchiamo dunque di portare un po’ di vacanza nella nostra vita, perché
anche le formiche si riposano (oltre ad incalzarsi); perché, in questo modo, il
mondo che ci circonda ci apparirà più colorato e riusciremo ad apprezzare le
piccole cose di ogni giorno; ed impareremo ad ammirare gli scorci di infinito
che abbiamo accanto. Essi saranno come la porta per un’altra dimensione, un
posto come l’abbiamo sempre sognato: bellissimo e …INFINITO!!!
Perché se la società sembra imporci certe scelte,
siamo pur sempre noi padroni della nostra vita.
Uno che vorrebbe un mondo più vero.
N°3 novembre 2000
A VOLTE BUGIARDO
Perché mentire? Perché far finta che le cose stiano
in un modo quando sappiamo benissimo che non è vero? Perché ingannare gli
altri e noi stessi? La risposta può essere tanto semplice quanto sconvolgente!
Ma può essere una sola? Probabilmente no. Sono dunque molteplici le motivazioni
che ci inducono a mentire, fondate o meno su ragionamenti utilitaristici o di
“vendetta”. Posto che, come diceva Quintiliano, il bugiardo deve avere buona
memoria, come non si può fare a meno di ammettere che costui abbia fondato la
propria vita sulla sabbia? Magari fino al punto di non ricordarsi più neanche
lui come stiano veramente le cose? Perché, in fondo, mentendo agli altri si
mente anche a se stessi. In fondo mentire è un atteggiamento autolesionistico
portato avanti da chi non ha il coraggio di ammettere le cose come stanno. Ogni
volta che diciamo una bugia muore una parte di noi, la nostra personalità
affonda e ci troviamo ad essere schiavi di un circolo vizioso che noi stessi
abbiamo creato; magari occasionalmente, senza neanche rendercene conto.
Ci può dunque essere il bugiardo occasionale? Io
penso di no! (almeno per quanto riguarda un certo tipo di menzogne)
Il rischio più grave è quello di ritrovarsi soli e
con il proprio cumulo di false verità che pesano non poco e gravano
sull’identità ormai sbiadita del loro creatore.
Clown Triste
N°5 gennaio2001
Quando hai un pensiero martellante in testa, non riesci a toglierlo, non riesci a fare in modo che tutto quello che ti circonda abbia un senso, perché ha senso solo quel pensiero, un senso tragico, profondo, doloroso come una statua di Donatello, pungente come il gelo siberiano…Per quanto cerchi di distrarti, per quanto cerchi di dimenticare, è sempre lì, quel pensiero, ti strugge e, a poco a poco, ti consuma. Non c’è rimedio, forse, non c’è ragione, forse.Molte cose nella vita sono senza senso, ma un pensiero come questo può dare senso, può porre basi per creare, può essere fondante, può…Sta a ciascuno decidere se farsi travolgere oppure trasformare, modellare, rendere adatto quel pensiero alla propria situazione: utilizzarlo come punto di appoggio per sollevare il mondo.
Cane Nero
N°6
marzo 2001
QUESTO PUBBLICO NON CANTA I RITORNELLI
“Una
sera come le altre”, diceva qualcuno. “Forse ci divertiamo”, bisbigliava
qualcun altro. “magari trovassi un posto!”, si lamentava un altro ancora. Ed
è andata così, come sempre forse, tra speranze e delusioni, tra vincitori e
vinti, tra seduti e gente in piedi. Con un caldo torrido da piena estate che ti
viene da toglierti la maglia, ma appena esci dalla sala equatoriale ti ritrovi
al Polo. Voglia di divertirsi, voglia di agonismo, voglia di passare una serata
diversa dalle altre. Le premesse sono buone, forse ottime…ed allora ecco il
boom: la sala polifunzionale è stracolma, l’aria si fa torbida e
maleodorante. Gruppi e cantanti si susseguono intervallati da vallette modiste
che sognano gelati al fondo della sala e ancora non hanno capito che questo
pubblico è piatto. Piatto come l’encefalogramma di un toporagno suicida; e lo
si nota bene quando scatta l’intervallo: si alzano tutti come un branco di
bufali, travolgendo la povera Sara che ha cercato di dire l’unica cosa seria
della serata. Questo pubblico non canta i ritornelli, forse perché sono tutti
in inglese, forse perché l’audio è troppo alto,forse perché neanche gli
passa per la testa che questa è una serata creata per divertirsi, forse(il
pubblico) pensa di stare guardando la televisione; forse si è addirittura
portato il telecomando da casa e si è più volte chiesto come mai, quando
Sganga è salito sul palco a dire quello che ne pensava, non riusciva a cambiare
canale. Forse. Spero proprio di no.
Sganga