epatite C

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> L'epatite virale da HCV o epatite C

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Definizione: si tratta di un virus ad RNA, lontano parente dei flavivirus, ossia i virus della febbre gialla; a catena singola con un solo reading frame, provvisto di un capside, di dimensioni 50-60 nm, contiene 3011 aminoacidi e 9033 nucleotidi; presenta un core, un involucro E, e domini non strutturali NS, ed antigene poliproteici codificate , c22, c33, c100. Il virus HCV presenta vari genotipi, che non connotano infezioni di diverso significato clinico o prognosi diversa, ma la cui distribuzione ha importanti implicazioni terapeutiche, in quanto alcuni genotipi sono più sensibili all'Interferone, IFN. Con il test LIPA, è possibile distinguere 6 principali sottotipi: 1, 1a, 1b, 1a/1b, 2, 2a/2c, 3, 4, 5a, 6a.

Distribuzione geografica dei principali genotipi in Italia in %.

zone

HCV1 HCV2 HCV3

NORD (244)

51 34 11 4
CENTRO (57) 56 33 9 2
SUD (66) 56 35 3 6
SICILIA (44)   91 7 2

Epidemiologia: lo 0,5-1,5% dei donatori di sangue è portatore del virus HCV; in Giappone l'1,3% dei soggetti era portatore; in USA, a New York lo 0,9-1,4% dei soggetti donatori di sangue aveva incontrato HCV ed era positivo; in Africa si arriva a punto del 6%; uno studio dimostra che l'infezione può essere acquisita per contagio perinatale da madre infetta, instaurandosi in questo modo lo stato di "portatore" del virus in maniera del tutto asintomatica. I soggetti a rischio sono, tuttavia, gli emofilici che si sono contagiati tramite gli emoderivati , necessitando del fattore VIII , e che presentano un tasso anticorpale del 70%, a pari merito con i tossicodipendenti in vena, 76% ; nei dializzati la positività si attesta intorno al 10-30%, in alcuni studi si porta al 55%; negli omosessuali il 4%. Anche i coniugi di soggetti HCV +, emofilici, per esempio, si sono contagiati tramite i rapporti sessuali e tale modalità è possibile se i rapporti sono frequenti; in uno studio spagnolo il 6% dei partners di soggetti tossicodipendenti era positivo. Tuttavia nei liquidi biologici il virus è presente ma difficilmente le secrezioni di portatori di virus HCV con HCV RNA test positivo sono risultate infette (urine, feci, saliva, latte materno). Uno studio condotto su prostitute che usavano il condom dimostrò una prevalenza di HCV del 7%, rispetto al gruppo che non lo usava, 20%. Nei normali rapporti di coppia tale prevalenza si aggura tra 0 -5%, a seconda dei gruppi.  Il personale sanitario, per esempio i chirurghi hanno una prevalenza di HCV del 6,3%; i dentisti di New York, per esempio, il 17%.

Perciò resta l'epatite dei tossicodipendenti e da un mio studio, sembrerebbe che co si contagi già dopo qualche anno di tossicodipendenza. Nei politrasfusi la sieroconversione ad HCV varia tra il 50% e l'85%;

Forme cliniche:

epatite C a decorso acuto;

epatite C a decorso cronico.

 

Epatite C acuta.

La forma acuta ha un periodo di incubazione di 5-12 settimane, mediamente 7 settimane; i sintomi sono dati da malessere generale, sonnolenza, nausea, dolenzia addominale; il paziente è itterico raramente, solo nel 25% dei casi, mentre nel soggetto HIV positivo la forma può essere a decorso rapidamente progressivo. Si segnalano manifestazioni extraepatiche quali artrite, rush cutanei, glomerulonefriti, e periaterite nodosa, anemia aplastica.  Un'evoluzione fulminante non è stata mai osservata in uno studio di Diestag su 500 pazienti. Una forma fulminante si può avere se il soggetto è affetto da altra epatite cronica. In un paziente HBsAg positivo, politrasfuso, sottoposto ad intervento di protesi valvolare, dopo una trasfusione di sangue, fu osservata 12 settinane dopo un rialzo delle transaminasi con ittero intenso e sviluppo di encefalopatia; dopo 5 anni si ebbe l'exitus del paziente per complicanze cirrotiche, encefalopatia ed ascite. In ogni caso, nel soggetto contagiato da HCV, l'HCV RNA compare precocemente già dopo 1 settimana dalla trasfusione, per esempio, e cioè 5-6 settimane prima del rialzo delle AST, che compare dopo 6-7 settimane, con un picco a 8 settimane e stabilizzazione a 12 settimane; nel frattempo è possibile con i test ELISA 2 e RIBA 4, evidenziare anticorpi contro le proteine virali c22 e c33, già dalla 11° settimana, mentre gli anticorpi anti c100, dei test ELISA di I generazione, si evidenziavano solo dopo 4-6 mesi dall'infezione.

 

Epatite C cronica.

Malgrado la benignità dell'infezione primaria, l'esposizione ad HCV è gravata da un rischio consistente di cronicità. Si calcola che non meno del 75% dei soggetti esposti sviluppi una infezione cronica. Va sottolineato che nè la normalità di ALT ed AST o un test per HCV RNA negativo dopo l'episodio acuto assicura una avvenuta guarigione. L'accertamento della guarigione comporta test negativi per HCV RNA a 18-24 mesi dopo l'infezione primaria quando le difese sono scarse, per es. negli immunodepressi e nei tossicodipendenti in vena, dove l'impiego di eroina è alla base di una risposta immunitaria deficitaria, per inibizione delle cellule helper. Clinicamente le forme croniche si caratterizzano talora per una modesta oscillazione dei valori delle ALT e delle AST, per astenia, rialzo delle yGT e per calo delle piastrine, non correlato ad altri segni di ipertensione portale, splenomegalia, varici. Il riscontro bioptico è quello di un' epatite cronica attiva con flogosi lieve o moderata e fibrosi di grado lieve. Col progredire del processo infiammatorio, però, si determina la comparsa di noduli di rigenerazione, fino alla cirrosi.

 

Diagnosi.

Si avvale di tests di laboratorio sul sangue, per ricercare un movimento delle transaminasi, AST ed ALT, bilirubina totale e frazionata, yGT ecc. Inoltre è possibile conoscere se ci si è infettati, per es. dopo un'emotrasfusione sospetta, dopo qualche settimana, col test PCR per ricercare l'HCV RNA e dopo 11-12 settimane, con i tests ELISA di seconda e terza generazione e RIBA 4, rilevare la presenza di anticorpi anti proteine virali c22 e c33, mentre un tempo esistevano solo il test ELISA di 1° generazione, per ricercare anticorpi verso gli antigeni virali C100-3; successivamente, specie nelle forme croniche, una volta stabilita la sieropositività ad HCV, è necessario conoscere se l'infezione è in atto ed il virus si moltiplica o, se piuttosto, è stata superata.. pertanto è necessario effettuare i controlli per HCV Rna qualitativo e quantitativo, per "pesare" la copia virale e conoscere i risultati del trattamento terapeutico. Infatti la cura è lunga e difficile. Con il test LIPA, invece, è possibile distinguere 6 principali sottotipi: 1, 1a, 1b, 1a/1b, 2, 2a/2c, 3, 4, 5a, 6a e ciò ai fini del trattamento con Interferone (IFN). Prima di intraprendere la cura con IFN, tuttavia, occorre valutare alcuni parametri: emocromo, piastrine, azotemia, creatininemia, FT3, FT4, TSH, anticorpi antitireoglobulina, antimicrosomi, ANA, SMA, ANTI-LKM; infatti l'impiego di IFN non è privo di effetti collaterali, non ultimi problemi di ipo ed ipertiroidismo, ed inoltre nei soggetti con epatite autoimmune o con patologie autoimmuni, l'impiego di interferone può esacerbare la malattia. Nei soggetti con SMA ed ANA <1:320, dove predomina la forma virale sarà opportuno impiegare l'interferone ricombinante; nei soggetti con titoli anticorpali > 1:320, sarà utile l'impiego di corticosteroidi. Infine soggetti con anti-LKM1 possono avere un'infezione virale ed una reattività autoimmune; in essi si potrà impiegare interferone ricombinante e corticosteroidi, a seconda la risposta.

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HCV e malattia cronica.

Nei soggetti affetti da infezione cronica da HCV si possono avere a parte movimenti autoanticorpali, la presenza di crioglobuline, cioè di anticorpi che precipitano a temperature inferiori a 37°, crioglobuline di tipo 1, in forma monomerica di Ig monoclonale, solitamente IgM, o catene leggere libere; e crioglobuline di tipo 2, costituite da una componente monoclonale di IgM e da IgG policlonali; di tipo 3 costituite da IgM ed IgG. Crioglobulinemie si possono avere in corso di disordini linfoproliferativi come il mieloma multiplo, malattia di Waldenstrom, o gammapatie monoclonali. Nel caso di HCV cronica avremo i tipi C1/C2 e l'evenieneza di porpore cutanee. Infine vi è un rapporto tra epatite cronica HCV e linfomi non Hodgking, di solito nel 20-30% dei casi preceduta da crioglobulinemia mista; tali linfomi sarebbero immunocitomi a basso grado di malignità. Probabilmente lo stesso HCV può intervenire nella genesi. Infine si possono avere epatocarcinoma e manifestazioni cutanee, del tipo eritema palmare, naevi racemosi, contrattura di Dupuytren, e lichen ruber planus, cioè chiazze di deposito di lipofuscina e papule violacee pruriginose agli arti.

 

Terapia.

La terapia attuale si avvale dell'impiego di IFN, ma va valutata caso per caso, bilanciando il rischio di morbilità/mortalità, la prospettiva di vita ed il beneficio. Non vi sono limiti di età, ma il trattamento non ha significato dopo i 60 anni, poichè è improbabile che un'epatopatia non ancora cronicizzata possa provocare problemi al paziente rispetto alla sua aspettativa di vita; d'altronde gli effetti collaterali sono sempre più consistenti ad una certa età. Una prospettiva sembrerebbe essere rappresentata dal PEG-IFN. La terapia con IFN è d'altra parte controindicata nei soggetti affetti da:

  • malattie autoimmuni

  • etilismo

  • tiroiditi

  • cirrosi epatica

  • insufficienza renale

  • psicodepressione

  • mielodepressione e piastrinopenia

 

Dosaggi ed impiego di alfa-IFN

Una moltitudine di studi dimostrano ottimi risultati a dosi di 3-6 milioni di unità a giorni alterni o 3 volte la settimana per 6-12 mesi, con tasso di risposta inteso come normalizzazione delle AST ed ALT dal 45% all'89%; la sospensione della terapia è gravata da un tasso di recidive molto alto, circa il 50% dei soggetti.

 

Fattori predittivi di buon successo sono:

  • età < 45 anni

  • durata malattia inferiore a 6 anni

  • bassi livelli di HCV RNA (< 1.000.000 copie/ml

  • genotipo 2 o 3 di HCV.

 

Scarso successo se:

  • presenza di cirrosi

  • presenza di emosiderosi nel tessuto epatico

  • genotipi 1 e 4 di HCV

  • alti livelli di HCV RNA > 1.000.000 di copie.

 

Altro protocollo dell'Associazione Italiana per lo studio del fegato consiglia:

  • IFN 6 milioni di unità x 3 volte la settimana x 4 mesi, se le transaminasi si normalizzano, si effettuano un altro ciclo di 6 milioni per 2 mesi + 3 milioni per 6 mesi per un anno complessivo.

Follow up del paziente:

ogni mese: emocromo, aminotransferasi

ogni 3 mesi: tempo di Quick, elettroforesi delle proteine, autoanticorpi, funzionalità tiroidea. Infatti si possono riscontrare anticorpi antitiroide (antitireoglobulina ed antimicrosomiali) nel 12-15% dei soggetti con HCV cronica, con insorgenza di ipo ed ipertiroidismo.

Chi trattare?

  • Pazienti mai trattati (naives)

  • con epatite cronica attiva, moderata o severa

  • con cirrosi ma allo stadio A di Child

  • Con epatite cronica attiva lieve, giovani in particolari casi

  • i pazienti relapsers

  • i pazienti trapiantati di fegato con coinfezione HBV/HIV

  • con infezione acuta

  • con transaminasi normali.

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Risposte sostenute

genotipo 1(b) IFN 3MU x due volte/settimana x 24 settimane 2-6% di successo

                                                                              x 48 settimane  9% di successo

genotipo 2,3 IFN 3 MU x due volte/settimana x 24 settimane 15% di successo

                                                                              x 48 settimane 32% di successo

Altri trattamenti sono con IFN+ribavirina, un nucleoside purinico sintetico.

Il protocollo è:

 

  • IFN 5 Milioni di unità X 3 volte la settimana per via sottocutanea + ribavirina 1,2 grammi/die in 2-3 somministrazioni per 6 mesi; tale trattamento non è scevro di effetti collaterali, per es. anemia emolitica.

 

Nuova prospettive si da il PEGILATO, un IFN ricombinante. Cos'è la pegilazione? E' un processo che consente l'attacco di una o più catene di Polietilenglicole (PEG) adalcune basi della molecola. In questo modo si riduce la clearance e si incrementa la durata farmacologica e ciò consente una sola somminitrazione per settimana,   che viene così somministrato:

Oggi, 2004, secondo linee guida presentate all'ultimo congresso regionale FADOI Sicilia, la terapia più efficace è costituita da Interferone pegilato (2a o 2b) + ribavirina:

 

Pazienti con genotipo 1 (e 4)

- Peg-IFN 2a: 180 microg/settimana

                  2b: 1,2 -1,5 microg/kg/settimana + ribavirina 1000-1200 mg/die per 48 settimane

Pazienti con genotipo 2, 3

- Peg-IFN 2a: 180 microg/settimana

                  2b: 1,2 -1,5 microg/kg/settimana + ribavirina 800 mg/die per 24 settimane

 

Questi regimi terapeutici basati sull'IFN resteranno i principali per i prossimi 5 anni. Nuovi approcci sono in fase di studio perchè i pazienti con genotipo 1b sono non responders, I farmaci più promettenti sono quelli mirati verso gli enzimi dell'HCV in specie la serin-proteasi NS3/4A e la polimerasi NS5B

 

Altri schemi:

  • a dosaggi di 120-130 U/ 1 volta la settimana + Ribavirina 1,2g in 2 somministrazioni/die X 3-4 mesi; successivamente si valutano i valori delle ALT e si prosegue fino a completamento per 7 mesi;

  • Nel follow up si controllano i seguenti parametri:

  • emocromo, azotemia, creatininemia, ANA, AMA, ASMA, ANTI-LKM, TSH, FT3, FT4, anticorpi antimicrosomi ed antitireoglobulina.

 

dott. Claudio Italiano

 

 

 

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