IPERTENSIONE ARTERIOSA

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Cuore con ipertrofia del ventricolo sinistro La pressione arteriosa è la pressione del sangue dovuta alla spinta del cuore sulla parete delle arterie durante le fasi di attività cardiaca, rappresentate dalla contrazione del ventricolo sinistro (sistole) e dal suo rilassamento (diastole). In fase sistolica si rileva il valore massimo di pressione (pressione sistolica o massima), mentre in diastole il valore minimo (pressione diastolica o minima). La pressione arteriosa dipende, perciò, dalla forza con cui il cuore pompa il sangue nel sistema dei vasi arteriosi e dalla resistenza che essi presentano al flusso; cioè se il mio cuore non ce la fa, cioè se è insufficiente come pompa, la mia pressione sarà bassa, se, viceversa, i miei vasi sono ristretti, per esempio per una stenosi (restringimento), la pressione sarà elevata ed il flusso sarà vorticoso e turbolento, talora evidenziabile all’auscultazione come un "soffio".

Ciò premesso, qual’ è la pressione normale?

E’ iperteso colui il quale ha una pressione maggiore (dal greco iper) , cioè una pressione sanguigna più alta del normale; il cuore deve faticare di più per spingere il sangue in circolo e, a lungo andare, questo stato porta al danneggiamento dei vasi arteriosi, a cominciare dalle arteriole più piccole, soprattutto dei reni e degli occhi.
 

Le cause dell’ipertensione arteriosa

Solo nel 5% dei casi la causa dell’ipertensione è conosciuta (insufficienza renale cronica, feocromocitoma, stenosi dell’arteria renale, farmaci, sindrome di Conn etc.); si parla, quindi, di ipertensione secondaria, legata, cioè a patologie note. In circa il 95%, invece, non è attribuibile ad alcuna causa identificabile e pertanto viene detta primitiva, idiopatica o essenziale.Conosciamo, però, alcuni fattori predisponenti, in grado di modificare la pressione arteriosa: fattori di tipo genetico, ambientale, legati all’esercizio fisico, alla dieta e allo stress.

In particolare :

Classificazione della pressione arteriosa.

 

 

Pressione arteriosa sistolica (mmHg)

 

Pressione arteriosa diastolica

Ottimale

<120

e

<80

Normale

120-129

e/o

80-84

Normale alta

130-139

e/o

85-89

Ipertensione di grado I

140-159

e/o

90-99

Ipertensione di grado 2

160-179

e/o

100-109

Ipertensione di grado 3

> 180

e/o

> 110

Ipertensione sistolica isolata

> 140

e

<90

 

Guardando questa tabella, ci capirete poco; però il fatto di riportare le pressioni in millimetri di mercurio (mmHg) risale al fatto che fu il grand emedico RivaRocci il primo a misurare la pressione servendosi di un bracciale con manometro per misurare la pressione (sfigmomanometro) che gonfiava con una pompetta; quando la pressione del bracciale riusciva a bloccare il vaso, cioè l’arteria radiale, allora quella era la pressione della sistole, cioè quella che deriva dalla pulsazione del cuore (pressione sistolica). Quando poi, sgonfiando il bracciale, non si udivano più i tocchi dell’onda sfigmica, allora significava che quella era la pressione della diastole, cioè quella diastolica. E fin qui non ci capite più niente, se non date per assunto, che la differenza tra una pressione sistolica ed una diastolica, cioè il gradiente pressorio, è importante ai fini del calcolo del rischio cardiovascolare, predittivo di mortalità, specie nei soggetti con più di 55 anni!! La valutazione del rischio, cioè il rischio che un paziente possa sviluppare un danno d’organo, per esempio un infarto, dipende a sua volta da altri fattori e può essere calcolata anche con sistemi computerizzati sofisticati, per valutare se un individuo avrà un rischio di ammalarsi entro 10 anni. Ma lungi da noi queste ipotesi di jettatori, vediamo piuttosto, in pratica quali sono i fattori di rischio da evitare.

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FATTORI DI RISCHIO
Pressione sistolica e diastolica
Pressione pulsatoria (anziani)
Età < 55 anni; se femmina > 65
Fumo
Dislipidemie: colesterolo totale >190 mg%, Colesterolo LDL > 115 mg%; HDL (cioè colesterolo buono) per i maschi < 40 mmHg e per le femmine < 46 mg%; Trigliceridi > 150 mg%
Glicemie "mosse" a digiuno tra 102-125 mg%
Glicemia dopo curva da carico alterata (vedi link diabete)
Obesità addominale (la pancia!) > 102 cm per l’uomo e > 88 cm per la donna
Familiaritò per malattie cardiovascolari (es. il genitore che muore per infarto!)
Diabete con glicemie a digiuno >126 mg%
La glicemie dopo pranzo > 198 mg%.

DANNO D’ORGANO

  • Evidenza elettrocardiografica di IVS (vedi link)
  • Ispessimento della parete carotidea o placche ateromasiche
  • Velocità dell’onda di polso carotidea-femorale > 12 m/s
  • Indice pressorio arti inferiori/arti sueriori >0,9
  • Lieve incremento della creatininemia plasmatica Maschi 1.3-1.5 mg/dl e femmine 1.2-1.4 mg/dl
  • Riduzione del filtrato glomerulare <60 ml/min
  • Microalbuminuria 30-300 mg/24 ore

MALATTIE CARDIOVASCOLARI CHE NE DERIVANO

  • Malattie cerebrovascolari: ictus ischemico, emorragia cerebrale; TIA
  • Malattie cardiache: infarto, angina pectoris, scompenso cardiaco
  • Malattie renali: nefropatia diabetica, insufficienza renale
  • Vasculopatie periferiche
  • Retinopatie avanzate:emorragie o essudati papilledema.

 
La cura.


Innanzitutto occorre iniziare la cura seguendo norme comportamentali (life style): ridurre il consumo di sale, caffè o sostanze eccitanti (farmaci, stupefacenti), ridurre il peso corporeo negli obesi, moderare il consumo di vino e caffè, abolire fumo e superalcolici, fare una leggera attività fisica (passeggiate, nuoto, bicicletta) etc. Vanno evitati tutti i cibi contenenti sodio, sotto forma di sale (cloruro di sodio) o di composti quali: glutammato monosodico, nitrato di sodio, bicarbonato di sodio, a cominciare dai cibi pronti, surgelati o in busta, la carne in scatola (tonno, sardine, manzo in gelatina), gli insaccati, i formaggi stagionati (pecorino, parmigiano, gorgonzola etc.), i frutti di mare, i dadi da brodo, le salse pronte, le conserve, i sottaceti e via dicendo. Il fumo provoca una vasocostrizione delle arterie con conseguente rialzo dei valori di pressione e a lungo andare aumenta il rischio di patologia coronarica

Se con questi accorgimenti non si ottiene alcun risultato è necessaria una terapia di tipo farmacologico, valutata dal medico in base alle caratteristiche del paziente e al rischio cardiovascolare legato, anche, alla presenza di patologie concomitanti; in linea di massima si parte da una monoterapia per passare ad un trattamento combinato con più farmaci.


All’inizio del trattamento antiipertensivo sarà necessario misurare la pressione più volte al giorno, annotando su un diario: data ed ora della misurazione, i farmaci assunti, le situazioni particolari, i sintomi etc.; in seguito sarà sufficiente 2 volte al giorno, la mattina subito dopo alzati e la sera prima di andare a dormire., senza esagerare o applicarsi alla misurazione !!

I farmaci appartengono a varie classi che vengono impiegati a seconda di ciò che si vuol ottenere. Mi spiego meglio. Se curo l’ipertensione nel giovane e voglio prevenire l’ipertrofia del miocardio, cioè che il cuore si "ingrossi" e poi che scompensi, utilizzo i far4maci beta-bloccanti; gli ace-inibitori nel diabetico e nel cardiopatico perché nel tempo prevengono i danni del miocardio. Ancora esistono i calcio-antagonisti, utili nei soggetti che necessitano di ridurre la pressione dei vasi, per esempio utili nei nefropazienti. I vecchi diuretici dell’ansa, es. furosemide, sono ancora utili se impiegati per fare ridorre la volemia, cioè "fare scaricare i liquidi" del paziente cardiopatico, del paziente cirrotico ed in tutti i soggetti che presentano, per esempio, edemi declivi. Infine esistono i sartani, che trovano impiego anch’essi nello scompenso del miocardio e nei soggetti con ipertrofia del ventricolo sinistro. Ancora sono da citare la clonidina, impiegata con sistemi transdermici e per os, oggi usata in casi particolari.

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Insomma questo per dirvi che la cura dell’ipertensione non è cosa di poco conto, né semplice da attuarsi.

Dott. Claudio Italiano
 

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