IPERTENSIONE ARTERIOSA .
Ciò premesso, qual’ è la pressione normale? E’ iperteso colui il quale ha una pressione maggiore (dal greco iper) , cioè una pressione sanguigna più alta del normale; il cuore deve faticare di più per spingere il sangue in circolo e, a lungo andare, questo stato porta al danneggiamento dei vasi arteriosi, a cominciare dalle arteriole più piccole, soprattutto dei reni e degli occhi.Le cause dell’ipertensione arteriosa Solo nel 5% dei casi la causa dell’ipertensione è conosciuta (insufficienza renale cronica, feocromocitoma, stenosi dell’arteria renale, farmaci, sindrome di Conn etc.); si parla, quindi, di ipertensione secondaria, legata, cioè a patologie note. In circa il 95%, invece, non è attribuibile ad alcuna causa identificabile e pertanto viene detta primitiva, idiopatica o essenziale.Conosciamo, però, alcuni fattori predisponenti, in grado di modificare la pressione arteriosa: fattori di tipo genetico, ambientale, legati all’esercizio fisico, alla dieta e allo stress. In particolare : Classificazione della pressione arteriosa.
Guardando questa tabella, ci capirete poco; però il fatto di riportare le pressioni in millimetri di mercurio (mmHg) risale al fatto che fu il grand emedico RivaRocci il primo a misurare la pressione servendosi di un bracciale con manometro per misurare la pressione (sfigmomanometro) che gonfiava con una pompetta; quando la pressione del bracciale riusciva a bloccare il vaso, cioè l’arteria radiale, allora quella era la pressione della sistole, cioè quella che deriva dalla pulsazione del cuore (pressione sistolica). Quando poi, sgonfiando il bracciale, non si udivano più i tocchi dell’onda sfigmica, allora significava che quella era la pressione della diastole, cioè quella diastolica. E fin qui non ci capite più niente, se non date per assunto, che la differenza tra una pressione sistolica ed una diastolica, cioè il gradiente pressorio, è importante ai fini del calcolo del rischio cardiovascolare, predittivo di mortalità, specie nei soggetti con più di 55 anni!! La valutazione del rischio, cioè il rischio che un paziente possa sviluppare un danno d’organo, per esempio un infarto, dipende a sua volta da altri fattori e può essere calcolata anche con sistemi computerizzati sofisticati, per valutare se un individuo avrà un rischio di ammalarsi entro 10 anni. Ma lungi da noi queste ipotesi di jettatori, vediamo piuttosto, in pratica quali sono i fattori di rischio da evitare. .
DANNO D’ORGANO
MALATTIE CARDIOVASCOLARI CHE NE DERIVANO
Se con questi accorgimenti non si ottiene alcun
risultato è necessaria una terapia di tipo farmacologico, valutata dal
medico in base alle caratteristiche del paziente e al rischio
cardiovascolare legato, anche, alla presenza di patologie concomitanti;
in linea di massima si parte da una monoterapia per passare ad un
trattamento combinato con più farmaci. I farmaci appartengono a varie classi che vengono impiegati a seconda di ciò che si vuol ottenere. Mi spiego meglio. Se curo l’ipertensione nel giovane e voglio prevenire l’ipertrofia del miocardio, cioè che il cuore si "ingrossi" e poi che scompensi, utilizzo i far4maci beta-bloccanti; gli ace-inibitori nel diabetico e nel cardiopatico perché nel tempo prevengono i danni del miocardio. Ancora esistono i calcio-antagonisti, utili nei soggetti che necessitano di ridurre la pressione dei vasi, per esempio utili nei nefropazienti. I vecchi diuretici dell’ansa, es. furosemide, sono ancora utili se impiegati per fare ridorre la volemia, cioè "fare scaricare i liquidi" del paziente cardiopatico, del paziente cirrotico ed in tutti i soggetti che presentano, per esempio, edemi declivi. Infine esistono i sartani, che trovano impiego anch’essi nello scompenso del miocardio e nei soggetti con ipertrofia del ventricolo sinistro. Ancora sono da citare la clonidina, impiegata con sistemi transdermici e per os, oggi usata in casi particolari. . Insomma questo per dirvi che la cura dell’ipertensione non è cosa di poco conto, né semplice da attuarsi. Dott. Claudio Italiano
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