La critica - Flavio Carneiro ( 1 )   -

"Kublai Kan è un lettore. Lettore non di parole - almeno all'inizio, perche' piu' avanti Polo apprende la lingua tartara e comincia a comunicare attraverso essa e gli idiomi e dialetti e tribù - ma di immagini. E' nel tentativo di decifrare ognuna di codeste immagini, di stabilire le relazioni tra le une e le altre e tra loro e i luoghi descritti che il Kan costruisce il suo testo, la sua lettura dell'impero, del suo impero. E suo, non perchè lo abbia conquistato prima, con i suoi eserciti, ma perchè lo sta conquistando ora, nel momento in cui egli costruisce la sua lettura - sempre unica - della storia che Marco Polo sta raccontando. La narrativa di Marco seduce il Gran kan perchè gli offre non ciò che l'imperatore possiede già - come fanno gli altri ambasciatori - ma ciò che Kublai Kan desidera possedere. Da parte sua, il Kan solo ottiene le sue conquiste nella misura in cui accetta la sfida e investe nel suo stesso immaginario, tracciando egli stesso l'architettura delle città appena suggerita dal viaggiatore veneziano. Ad ogni lettore la sua lettura, il suo impero da costruire."

"I resoconti di Marco Polo, differiscono dai resoconti degli altri ambasciatori del Gran kan. Marco non descrive le città dell'impero reale, le città di vie, case, fiumi, persone che il valoroso Kan ha conquistato, ma le città che l'immaginario del viaggiante crea.... Quando tratta con gli altri ambasciatori, il kan e' un lettore che legge a priori: Egli già sa cio' che cerca nel testo:.....le cose relazionate agli interessi del suo impero gia edificato, appena quello che è necessario sapere perchè ciò che è stato conquistato sia mantenuto."    
Ma quando ascolta Marco Polo, il Kan,   
"non cerca cifre ma emblemi, simboli, con i quali costruisce il suo impero invisibile...gia non gli interessa più sapere quanti paesi ha conquistato o quali tesori si sono aggiunti alle sue ricchezze nelle ultime spedizioni. Cio che lo attrae nel testo di Marco, e' soprattutto il fascino di poter optare per vari cammini nello stesso tempo e sapere che ad ogni lettura egli è un'altro, altro Kan, davanti ad un'altra città. Quando legge - ascoltando e vedendo - i resoconti di Marco Polo, il Gran Kan sa dei rischi di intraprendere cammini tanto instabili, ma sa che solamente in tal modo, essendo egli stesso lettore ed autore di ciò che legge, puo' trovare un senso per continuare a vivere. Sa che lì risiede tutta la ricchezza futura, e sa anche che, lì, deve abbandonare ogni certezza":

KUBLAI: - Forse questo nostro dialogo si sta svolgendo tra due straccioni soprannominati Kublai Kan e marco Polo, che stanno rovistando in uno scarico di spazzatura, ammucchiando rottami arrugginiti, brandelli di stoffa, cartaccia, e ubriachi per pochi sorsi di cattivo vino vedono intorno a loro splendere tutti i tesori dell'Oriente.

POLO: - Forse del mondo è rimasto un terreno vago ricoperto da immondezzai, e il giardino pensile della reggia del Gran Kan. Sono le nostre palbebre che li separano, ma non si sa quale è dentro e quale è fuori."(*)


La differenza tra queste due attitudini di lettura del gran kan mi sembra ovvia: il primo Kan vuole sapere, il secondo sperimentare. O ancora: il primo vuole sapere per usare, il secondo vuole sapere per essere."(**)


 

(*): Italo Calvino, Le città invisibili
(**): Flavio Carneiro, No jardin de Borges