le parole di Calvino


«Per qualche tempo mi veniva da immaginare solo città tristi e per qualche tempo solo città contente; c'è stato un periodo in cui paragonavo le città al cielo stellato, ai segni dello zodiaco, e in un altro periodo invece mi veniva sempre da parlare della spazzatura che dilaga fuori dalle città ogni giorno. Era diventato un po' come un diario che seguiva i miei umori e le mie riflessioni: tutto finiva per trasformarsi in immagini di città: i libri che leggevo, le esposizioni d'arte che visitavo, le discussioni con gli amici. Ma tutte queste pagine insieme non facevano ancora un libro. Un libro (io credo) è qualcosa con un principio e una fine (anche se non è un romanzo in senso stretto), è uno spazio in cui il lettore deve entrare, girare, magari perdersi, ma a un certo punto trovare un'uscita, o magari parecchie uscite, la possibilità d'aprirsi una strada per venirne fuori ».
(conferenza tenuta alla Columbia University)

«Fin da principio avevo messo in testa a ogni pagina il titolo d'una serie: Le città e la memoria, Le città e il desiderio, Le città e i segni; una quarta serie l’avevo chiamata Le città e la forma, titolo che poi si rivelò troppo generico e finì per essere spartito tra altre categorie. Per un certo tempo, andando avanti a scrivere città, ero incerto se moltiplicare le serie, o restringerle a pochissime (le prime due erano fondamentali), o farle sparire tutte. Tanti pezzi non sapevo come classificarli e allora cercavo delle definizioni nuove. Potevo fare un gruppo delle città un po' astratte, aeree, che finii per chiamare Le città sottili. Alcune potevo definirle Le città duplici, ma poi mi venne meglio distribuirle in altri gruppi. Altre serie, per esempio Le città e gli scambi e Le città e gli occhi […] non le avevo previste: sono saltate fuori all'ultimo, redistribuendo pezzi che avevo classificato altrimenti, soprattutto come "memoria" e "desiderio" »

«Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d'un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell'economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi. Il mio libro s'apre e si chiude su immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici ».

"Un simbolo più complesso, che mi ha dato le maggiori possibilità di esprimere la tensione tra razionalità geometrica e groviglio delle esistenze umane è quello delle città. Il mio libro in cui credo d'aver detto più cose resta Le citta invisibili, perchè ho potuto concentrare su un unico simbolo tutte le mie riflessioni, le mie esperienze, le mie congetture; e perchè ho costruito una struttura sfaccettata in cui ogni breve testo sta vicino agli altri in una successione che non implica una consequenzialità o una gerarchia ma una rete entro la quale si possono tracciare molteplici percorsi e ricavare conclusioni plurime e ramificate.
Nelle Città invisibili ogni concetto e ogni valore si rivela duplice: anche l'esattezza. kublai Khan a un certo momento impersona la tendenza razionalizzatrice, geometrizzante o algebrizzante dell'intelletto e riduce la conoscenza alla combinatoria dei pezzi di scacchi d'una scacchiera: le città che marco Polo gli descrive con grande abbondanza di particolari, egli le rappresenta con una o un'altra disposizione di torri, alfieri, cavalli, re, regine, pedine, sui quadrati bianchi e neri. La conclusione finale a cui lo porta questa operazione è che l'oggetto delle sue conquiste non è altro che il tassello di legno sul quale ciascun pezzo si posa: un emblema del nulla... "(*)

(*): Italo calvino, Esattezza pag.80, Lezioni americane, Mondadori 1993