Francesco Dalessandro UN GIORNO DI PIOGGIA Perché tu, canterina, abiti in me, leggera più che morte, rivivono i ricordi. Molesti o cari, pungono e fanno male. Io li covo e li sento crescere. Sono forti e sicuri di sé. SESTINA DI MAGGIO Maggio aulente ritesse la tela dolorosa. Il sole strina l'aria mattutina e sensitiva; arde i sentieri, gli argini di mica di un alveo riarso, inerte. Insetto anche tu inerte nell'ustione che si tesse canicolare, fatto mica, pagliuzza lucente e dolorosa, al rovello che ti arde cerchi uno slargo d'ombra, un'area dove sia pace, l'aria fresca di un rèfolo. Inerte la vita, intorno. Se arde ancora è in chi ritesse sopra un orto la vite dolorosa e fulmina improvviso; mica in te che guardi, mica in questa calda aria così tersa e dolorosa, specchio ustorio ed inerte, viluppo che la memoria tesse e la realtà riarde. Nel fosso umido arde. Per la misera mica la formica ritesse i suoi percorsi: mai varia la sua vita; non cosa inerte l'attira o morta o dolorosa. Altra e più dolorosa vicissitudine arde in te, materia inerte come la fredda mica, confuse trame d'aria che il tuo pensiero tesse. Così gallerie nuove ritesse (impresa dolorosa) in mica inerte il grillotalpa mentre arde l'aria. LE NUVOLE (E ALTRE OSSERVAZIONI) L'approdo All'azzurro mitissimo, al vago volo che v'appare e vi sosta ammaliato, al vento che lievissimo spira, al caso che solo avvenne, al dopo che non c'è né ci sarà ... L'erba Perché tenerissima inclina verdeviva gli stesi dal- l'aiuola ai vetri poi che fa notte o gela, la riscopri rinata per miracolo all'ansia mattutina. Le nuvole Intanto che la sera pianissimo e i rumori della festa e le luci e l'angustia per un ritardo d'amore smorivano, da più lievi brezze sospinte sul campanile e le sette ....... tra stupore e meraviglia con movenze eleganti e pigrissime giunsero le nuvole. La rondine Una rondine nuova- mente si slancia, plana con perfettissimo volo dalla punta della memoria in un filo di vento verso la deriva serale, bianconero lampo in una sortita di sereno, solidale per amore con gronda e stagione con l'orizzonte che la chiama al volo. I fuochi Dove la luna tra i frassini la riva bianca rispecchia e la quiete del lago, i fuochi bassi d'autunno già accendono. Sera Un mite azzurro adesca voli, la quaglia e il cuculo duettano nella sera che intanto a passettini viene. AL MARE Gli uccelli Tre, sappilo, perfetti uccelli a quest'amore che ci contiene, nuovo, ad ali tese, vennero: l'upupa calunniata e bellissima che ci sorprese a una curva in un tardo pomeriggio di sole; prim'ancora le tortore brune: sui tetti grigi, le sentivamo tubare a ogni risveglio; infine la coppia di gabbiani che rase l'onda bassa e svanì all'orizzonte dietro Punta Marina, il venti marzo, domenica mattina. Domenica al mare Da dietro il tomboleto rotondo apparsi due gabbiani a volo teso radono l'acqua appaiati, poi s'alzano lenti a perdersi tra nuvoli candidi, lesi. Io cosa a quest'immagine così trasparente ora leghi non so dirti, né altro che s'affidi alle minuzie di questa mattina domenicale e perfetta che si compie. Sera al mare Tu qui, pacatissimo amore, a perderti intanto che densi nuvoli stanno minacciosi e incombenti e uccelli a coppie ancora svolano, bruni lampi, lungo riva; qui sosti, a cuore leso, in questo bar (e non ti sia peso l'attendere) in questa luce che vira, dolce- mente rosata incontro al buio... IL CORTILE Domenica d'acqua Infuria sui ramagli dell'abete, le rame dei pitòsfori, le foglie della magnolia; batte i rampicanti l'acquivento notturno. Sul Pineto fulmina. La domenica inclemente d'acqua e noia è finita senza gloria. Io nelle trame d'un film giallo ho spento sordi abbagli di lussuria per tutto il pomeriggio. Poi la sera l'incuria, gli alti e bassi dell'angoscia. L'aiuola E' un intrigo del cuore la miseria che arricchisce l'aiuola dove ruta e rosmarino convivono. I trapianti dei gerani amicali sono morti. Li bruciò l'invernata fredda e ostile. Fu dolorosa perdita, ma al primo sole di aprile un poco la piccola rosa ci consolò. Con che cuore la colsero? Crebbe al suo posto questa pianta grama. Ma, guardala, per intima e umana sua natura ci è affine. Come noi non ha petali o spine. L'ortensia L'ortensia che resiste nell'aiuola arida dove ormai niente germoglia, il suo cauto fiorire accanto al pino nano è come l'amore. A volte sembra destinata a morire: la minaccia l'arsura, il troppo sole. Se un rametto secco ne cade subito uno nuovo e più forte ne sboccia. Basta poco a salvarla: la mia, la tua attenzione. Cresce un poco ogni giorno, inavvertita. I GABBIANI (E ALTRI UCCELLI) Gli storni Li avete visti ogni sera sui platani dei viali dei lungo- tevere riposarsi; e il loro chiasso assordante, al ripasso stagionale, tutti l'hanno sentito. Non è forse vero? All'inizio dell'inverno se ne vanno, loro, verso paesi più caldi. Tutto questo non accade per niente. Coppie Cartagena, fine d'anno 1987 Una giovane coppia dal crocchio a concilio sull'estrema punta dell'Arsenale spicca un volo radente sulla tremula baia - poi si separa: il maschio si tuffa argenteo dardo sui verdi flutti pilucca l'acqua riascende chiama la compagna; lei vira in rapido slalom tra sartie di barche dolcemente ondeggianti al riflusso della marea, gli giunge sul fianco destro l'incalza lo invita a un gioco amoroso di tuffi sul filo d'estri leggeri, in punta d'ali planando su una cala della rada; qui nel primo cerchio dell'ombra si dànno di becco - poi con pigro slancio tornano in seno alla famiglia. Anche la coppia che il fuori tempo dei giorni festivi avvicina e divide ecco, spenta la sera nel paseo solitario e leggero, torna al colloquio fervido per la Calle Mayor - spinta a una notte di pura lussuria all'ansiosa lena dei sensi al colpo risolutore. I gabbiani a Luigi Amendola, 2.II.1986 Non ne avevo mai visti tanti così volare a bassa quota come ieri verso l'una da Ponte Umberto I radendo il filo della corrente sul Tevere sull'acqua terrosa che l'ingrossa posarsi - non ne avevo mai visti tanti insieme rapaci dardi temerari mai così vicini le penne luccicanti argento e blu nell'aria fredda nel sole tenue tra nembi e cirri fuggenti - mai visti a stormo tanti su quell'acqua che più s'intorbida per fame dar di stocco e insaziati su Tor di Nona e le sue gronde oltre i terrazzi pensili con strepiti e fischi sparire disperdersi insieme all'azzurro mite che la schiarita ci aveva apparecchiato mentre incombenti nubi gonfie s'addensavano pesava il temporale - di tanti non ne era rimasto nessuno io non ne avevo visti mai così tanti. I cormorani a Gino Scartaghiande, 2.II.1996 Né fresco né molle è più il fiume antico dei padri ma solo un'immonda cloaca - l'incerta schiarita radure azzurre ci aveva donate ma s'erano tutte richiuse e con la scia di un jet anche il giorno svaniva come l'ultimo gabbiano verso il mare - sull'acqua torbida e scura però alcuni cormorani pescavano e io che non ne avevo visti mai prima d'allora mi sono fermato a osservarli ammirandone il nero piumaggio brillare nell'aria fredda all'ultima luce e l'eleganza naturale del nuoto: tuffandosi contro- corrente nei gorghi e pescando sparivano sott'acqua per un tempo interminabile poi risalivano tornando a galla, riaffioravano ma solo per riprendere fiato e non sazi tuffarsi ancora - osservandoli (altri passanti curiosi s'erano fermati a guardare sporgendosi) pensavo, Gino, a uccelli di terra e di mare forti e belli più di loro che i poeti hanno cantato, al passer deliciae meae puellae di Catullo all'upupa calunniata da Foscolo al passero solitario di Leopardi all'usignolo di Keats all'allodola di Shelley all'albatro di Baudelaire al canarino di Saba e a tutti gli altri celebrati nei versi - poi mi sono ricordato del cormorano del Golfo con le ali ingrommate di petrolio... UN GIORNO DI PIOGGIA Prima della pioggia Nuvole grasse nere concludono l'azzurro. Una mosca superstite ronza in cucina. A un angolo del vetro una rondine appare pigro dardo fuggente il rombo alle sue spalle. L'aria ne trema e il silenzio che indicibile affina l'ansia. Finché improvviso ai vetri erompe lo scroscio. Mentre piove Adesso giù acqua che spazzi l'ozio e l'affanno e levighi la pena insolente del cuore! M'accosto ai vetri, spio fin dove lo sguardo miope consente colli e campi prati alberi e ogni altra cosa che la pioggia inzuppa con monotona indolenza. Sulla strada nessuno sosta o passa. Dai tetti qualche camino fuma. Tra poco è sera. ... Viene gente, la stanza suona di voci, non piove più. Dopo la pioggia Cala una sera torva senza voli. L'aria è torbida e fredda. Accendiamo il fuoco. Un fumo acre si spande, brucia gli occhi. Fra tante voci tante parole oziose tanta noia, non so in cosa consista ormai la vita. Fosse quella mosca scampata all'eccidio serale che insansata continua a ronzare nel vuoto...