Fumoir. Ovvero: finanza, informazione, intrallazzi vari

Dopo Infostrada: la "variante di Franzenburg"

di Don Bartolo


Dall'alto della sua esperienza e autorevolezza, Don Bartolo ci regalera', di tanto in tanto, le sue riflessioni su quel mondo nel quale la grande finanza si intreccia con i giornali e la comunicazione. Grazie, Don Bartolo, per aver accettato la nostra proposta, e buon lavoro nel nostro Fumoir.
 

  12 Ottobre 2000

Ci sarà, e quale sarà, una prossima mossa dell’Enel dopo l’acquisto del 100 per cento di Infostrada? I bene informati dicono che per un po’ Franco Tato’ se ne starà buono in attesa che si plachino le polemiche su quello che, comunque lo si guardi, e’ un ritorno al controllo di Stato e di governo sul business e sul potere della telefonia. 

Un secondo motivo di attesa e’ l’andamento del titolo. Mercoledi’ 11 Enel e’ stato tra i pochi a salvarsi in piazza Affari; ma in serata e’ giunta la bocciatura di Moody’s, che ha mutato il proprio giudizio da "stabile" a "negativo" (in pratica: vendere) a causa dell’esposizione finanziaria dell’azienda.

Ma dopo la pausa che fara’ Kaiser Franz? I rumors si infittiscono. Se l’Enel vuol completare la propria trasformazione in gruppo multiutility, soprattutto nelle telecomunicazioni, non potra’ che puntare su ulteriori acquisizioni in un settore preciso: l’informazione. Da Vivendi a Vodafone, da Aol a Telecom-Seat, fino a e.Biscom, e’ stata finora una strada obbligata per tutti.

E qui le alternative sono due: o un accordo con un grande gruppo editoriale con interessi diversificati. Oppure la Rai. La prima ipotesi e’ la piu’ compatibile non solo con il buon senso, ma con quello che inizia ad apparire il tallone d’achille dell’Enel (e che ha appunto indotto Moody’s ad abbassare il rating): la finanza. Se dovesse trattare con Repubblica-Espresso o con Rcs-Corriere della Sera, Tato’ potrebbe mettere sul piatto una delle tre societa’-contenitori delle famose centrali elettriche da dismettere. Centrali che interessano sia a Carlo De Benedetti, sia agli Agnelli, sia a Mediobanca. Tato’ avrebbe il suo bravo content editoriale senza sborsare altri miliardi (anzi, guadagnandoci, letteralmente, in termini di buona stampa).

L’ipotesi Rai e’ ad alto rischio politico: le bufere di questi giorni si trasformerebbero in una perfect storm senza George Clooney. Ma, anche se appare incredibile, e’ un rischio che molti abitanti del Palazzo sono disposti a correre. Soprattutto nel centrosinistra, dove l’idea di perdere fondamentali posizioni di potere in caso di sconfitta elettorale non va giu’ per nulla. Meglio blindare il blindabile fin da ora.

Anche l’eventuale liason Enel-Rai prevede due varianti. La prima: rapida trasformazione dell’azienda di viale Mazzini in fondazione, una public company (finta) nella quale l’Enel potrebbe prendere una quota. Idea vagheggiata dal segretario ds Walter Veltroni, dal ministro del Tesoro, Vincenzo Visco, dai colonnelli al fronte Fabio Mussi e Beppe Giulietti, nonche’ dall’immarcescibile sindacato Usigrai

La seconda ipotesi: un accordo, anche azionario, con una delle consociate che il direttore generale Rai, Pier Luigi Celli, sforna a ripetizione: RaiWay, RaiNet, la futura RaiCom ("com" sta per commerciale). 

In questo caso, pero’, c’e’ un problemino: Tato’ e Celli, che e’ stato manager all’Enel, non si piacciono. Celli preferisce di gran lunga sedersi a tavola con un Romiti, un Geronzi o un De Benedetti, gente di charme soprattutto i primi due, anziche’ con un Tato’ che lo sgrida e gli manda la pietanza di traverso. 

Una persona avrebbe potuto riunire i capi dell’Enel e della Rai allo stesso desco, anche perche’ e’ stato il datore di lavoro di entrambi: Massimo D’Alema. Ma D’Alema naviga su altre rotte, e se un consiglio ha bisbigliato a Celli e’ quello di riposizionarsi in direzione Polo-Mediobanca (Celli ha preso buonissima nota).

Certo, se Tato’ fa un’altra mossa l’accusa di voler rimetter su l’Iri si trasforma in certezza. Ma intanto l’esperienza recente (Telecom, Seat-Tmc, Wind) ha insegnato a tutti una cosa: regole e leggi sono molto piu’, diciamo cosi’, elastiche per i vip della telecomunicazione o, meglio, della multiutility, che per i vippini dell’editoria, per i quali vige ancora l’obbligo di rispettare le norme. 

Dunque saranno le aziende dei media a dover fare i conti, in posizione svantaggiata, con i Tato’ e i Roberto Colaninno di turno. D’altra parte, Franz sulle accuse e sui vincoli (ne sa qualcosa il povero Pippo Ranci, capo dell’authority dell’Energia, l’authority piu’ inutile che ci sia) finora ci e’ sempre passato sopra con il suo veicolo preferito, il panzer.

Piuttosto, il vero rischio e’ che Tato’ finisca per incrociare la propria strada con quella dell’altro grande schiacciasassi del multibusiness, della multimedialita’, del multitutto: Colaninno, appunto. E non sarebbero salamelecchi. Strano destino quello degli orfani di D’Alema. Un bello scontro (anzi, multiscontro) Tato’-Colaninno per conquistare fette di comunicazione? Non e’ da escludere. Ne riparleremo.

Don Bartolo

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