Dai nostri inviati

Voci, rumori, "boatos". E qualche onesto, innocente e gustoso pettegolezzo sul mondo dei giornali. Intendiamoci subito: i malintenzionati che vogliono offrire al Barbiere non saporite notizie, ma perfide insinuazioni, saranno fermamente respinti. Chi ha qualcosa di interessante da raccontare e' invece il benvenuto. Manda dunque le tue notizie al Barbiere della Sera


29 giugno 2001 - Dai nemici mi guardo io, dagli amici...

C’è, nella redazione milanese del Giornale, una storiella di cui pochi sanno e nessuno vuol parlare. Da un po’ di tempo Marcello Chirico, al Giornale da undici anni, non si occupa più della politica milanese come ha fatto per anni, ma lavora al desk. Perché? 

Qualcuno dice che tutto sia cominciato in un pomeriggio di inizio settembre, con una telefonata dell’amico Luigi Crespi, patron di Datamedia, l’istituto demoscopico che ha tra i principali clienti Silvio Berlusconi.

Siamo all’inizio della campagna dei manifesti col faccione del Cavaliere e qualche impegno preciso a grandi lettere. Da poco sono comparsi a Milano pure quelli di Ombretta Colli, presidente della Regione, che hanno più o meno la stessa grafica.

La conversazione scivola proprio su questo. Secondo quanto poi ha poi raccontato Chirico davanti al consiglio all’Ordine di Milano, Crespi a un certo punto dice: “Hai visto i nuovi manifesti di Ombretta Colli?… Belli vero, li ho fatti io. Mi faresti un pezzo su questa cosa? te li do io gli elementi”. E aggiunge: “Adesso ho fondato anche Datamedia Planning insieme al mio socio Andrea Marini. Nel pezzo, se puoi citarlo, mi fai un piacere”. 

Il pezzo esce sul Giornale il 13 settembre, tutte le richieste soddisfatte. Chirico chiama Crespi per fare due chiacchiere di commento, ma lui non vuole parlargli. Lo chiama invece furente la leggendaria Miti Simonetto, esperta che cura il look del Cavaliere: “Come?, io non sono citata in questo pezzo, sono io quella che ha scelto le immagini di Berlusconi”.

Incredula delle spiegazioni addotte da Chirico, la Simonetto gli annuncia (citiamo sempre dal verbale dell’audizione di Chirico all’Ordine): “Crespi manderà una lettera al tuo direttore dicendo che non è vero, che ti smentisce, che non ha mai parlato con te, che sono tutte invenzioni”. Una lettera effettivamente arriva a Maurizio Belpietro, il quale però la cestina. 

Dopo una settimana Andrea Marini, il socio di Crespi, presenta un esposto all’Ordine nel quale afferma che Chirico gli ha attribuito falsi virgolettati (tra i quali il fatto di aver consigliato al Cavaliere di abbandonare la grisaglia per il maglioncino di cotone) che ritiene “lesivi della sua professionalità”.

Dopo aver aperto il procedimento disciplinare a carico di Chirico, l’Ordine chiarisce i fatti e lo assolve (“Chirico ha agito in buona fede. Chi invece si è comportato scorrettamente è soltanto Luigi Crespi, che ha sacrificato un’amicizia (e la verità dei fatti) per salvare le commesse di Silvio Berlusconi”). Scaricate da questo link il verbalino facendo un clic con il tasto destro del mouse. E’ una lettura istruttiva per capire come vanno le cose al mondo

Gli amici di Chirico sostengono che questo sia stato il primo episodio, l’inizio. Dopo ne sarebbero accaduti altri.  Anzitutto, quello dell’assessore al traffico, Giorgio Goggi, il quale intorno a febbraio riferisce al pm Paolo Ielo il suo sospetto circa una mazzetta da 150 milioni che Chirico e Nicola Forcignanò (ora direttore del Giornale di Toscana) avrebbero preso dall’Atm.

Ielo chiude l’inchiesta dopo un mese. Non c’e’ nulla di cui valga la pena di occuparsi. Durante una conferenza stampa, però, Chirico fa una domanda aggressiva sulla faccenda al sindaco Gabriele Albertini. E’ forse da quel momento che Chirico, più volte critico con Palazzo Marino, si attira le antipatie dello staff di Albertini. Ed è forse allora che queste antipatie si saldano con qualche suo rapporto difficile all’interno del Giornale. 

Sta di fatto che qualcuno mette sull’avviso Chirico: “non rompere troppo le scatole al sindaco”. Lui non segue granché il consiglio. Alla fine di aprile, alla convention preelettorale al Teatro Dal Verme, per via di una battuta provocatoria sul fatto che Berlusconi non ha trattato poi così bene Albertini, si scontra violentemente con suo portavoce, Roberto Gelmini. 

Passa qualche giorno e Sergio Rotondo, capo della cronaca milanese, gli comunica che è sospesa la rubrica settimanale nella quale Chirico da un anno e mezzo commentava l’operato di un politico a sua scelta e gli dava un voto.

Poco prima, aveva dato una pesante insufficienza (la seconda) al sindaco. Emanuele Fiano, capogruppo ds a Palazzo Marino, presente quando la pagella è arrivata davanti agli occhi dello staff di Albertini, ricorda una reazione “molto, molto indispettita”, così almeno ha riferito al Barbiere. Passa poco più di un mese e Sergio Rotondo comunica a Chirico il suo trasferimento dal politico.  

Secondo Fiano, “la ‘sparizione’ di Marcello Chirico va messa in relazione al fatto che ha dimostrato di essere un giornalista indipendente”. Qualche suo amico sottolinea invece che, dato il carattere “non facilissimo” di Chirico, il provvedimento potrebbe dipendere anche da incomprensioni interne al Giornale. 

E’ comunque singolare che nella redazione molti si dicano all’oscuro della situazione di Chirico. Cos’è, la morte delle chiacchiere di corridoio o qualche forma di autocensura? Forse qualcosa si può arguire dal fatto che, interrogato dal Barbiere sulla vicenda, il Cdr  (per bocca del collega Maurizio Giannattasio) ha fatto sapere che “non parla di casi personali”. Vabbe', ne parliamo noi.
Costanza

29 giugno 2001 - Vuoi vedere che rinasce Cuore?

Poco dopo il 13 maggio quell’essere che porta il nome di Prof. Magrit, in barberia per la solita spuntata ai suoi quattro peli, aveva scommesso con tutti noi che, col governo Berlusconi, sarebbe finalmente rinata la satira. L’ho sempre preso in giro per questo, al punto da giocarmi persino la vacanza in Trentino per ritirare il premio che spetta al Barbiere della Sera

Avverto gli organizzatori che, senza un loro intervento diretto, in Val di Sole verrà quell’essere. Ho perso. Da quanto ho capito, ascoltando di nascosto due giornalisti (uno mi pareva più un fumettaro, però) appollaiati al bancone, prima che il governo Berlusconi compia il primo mese di vita uscirà ‘Il Cuore’.  

Ignoro i nomi dei cospiratori, ma posso garantire che avevano l’aria di essere particolarmente feroci. Posso anche aggiungere che nessuno dei due somigliava a Claudio Sabelli Fioretti, ma, data l’età e lo stato in cui erano ridotti, sembravano dei sopravvissuti ad ogni attacco di ‘Cuore’, gente in grado di superare ogni ‘Male’

Sparlottavano di barbarie. Mi sembravano sinistri. E ridevano…mamma mia se ridevano…il ghigno delle iene, non quelle della tivù, quelle vere che ho visto allo zoo di Roma… 

Ho proprio paura che in Val di Sole ci andrà quella pizza di Magrit. E io porterò caffè e cappuccini ai giornalisti impegnati nel dibattito sulla rinascita della satira. Però mi dispiace.
La ragazza del bar


29 giugno 2001 - I polli di piazza Gallina

Ciao! ho notizie da La Voce di Cremona... Insomma dopo che ho letto quelle sulla sua "sorella" di Rimini - fughe a non finire, giornalisti itineranti, sinergie con Gazzetta, ecc. - eccovi qualche notizietta sulla mitica redazione di piazza Gallina, dove di volatini ce ne sono eccome...

Primi decolli e prime fughe prima che uscisse in edicola (18 aprile 2001), un record. Sono scappati due collaboratori. Poi è stata la volta di una grafica. Infine, altre tre collaboratori non si sono più fatti vedere: sarà perchè non sono stati pagati abbastanza??!

Ma il caso più eclatante è quello di un pensionato - hanno arruolato anche lui - un mito del giornalismo locale, che è stato costretto ad andar via per ovvia incompatibilità ambientale. I giornalisti seri, integerrimi e di qualità non sono ammessi in loco. 

La domanda che ci si pone in città è questa: qual'è il senso dell'operazione La Voce di Cremona? Riuscite a rispondere. Noi, per ora, siamo nel buoi più totale. 
Ciao!


28 giugno 2001 - La firma e' mia e me la gestisco io

Fernanda Alvaro, inviata de IlNuovo.it è finita con un suo pezzo – per giunta firmato – su “Libero”.

E’ successo sabato 23 giugno e l’articolo riguardava il convegno dei giovani di Confindustria tenuto a Santa Margherita Ligure. Il pezzo, messo on-line venerdì alle 17.30 nella pagina di economia de IlNuovo.it, è apparso l’indomani a pagina 7 del quotidiano di Feltri e Sallusti.

Ma con l’aggiunta posticcia di altre 40 righe, ad opera di qualcuno della redazione. E, visto che su IlNuovo.it il pezzo era firmato ‘F. Alvaro’, a Libero hanno tradotto liberamente la ‘effe’ puntata come Francesca, anziché Fernanda.

La Alvaro, che non include “Libero” nella sua mazzetta, è venuta a conoscenza del fattaccio con la telefonata di una sua collega del Messaggero: “Ah Ferna’, ma è un pezzo tuo quello uscito su Libero?”.

Facciamoci raccontare dalla diretta interessata il suo sconcerto. “Appena l’ho saputo, ho chiamato “Libero” per parlare col direttore e capire perché nessuno mi aveva avvisata prima. Ma era sabato mattina e non c’era quasi nessuno. Dalla segreteria di redazione mi dicono solo che mi avrebbero fatto richiamare dal direttore o da chi si era occupato di quel pezzo”.

Fernanda Alvaro è parecchio infastidita – diciamo pure che è su tutte le furie – per questa faccenda e va a parlare con il suo direttore. Il quale, contattato l’Ufficio Legale, decide di far partire una diffida, visto che, oltretutto, non è la prima volta che succedono cose del genere.

Alessandro Sallusti, condirettore di “Libero”, è di diverso avviso: “Siamo autorizzati a prendere gli articoli, citando la fonte. C’è un accordo non scritto. Ripubblichiamo cose sfiziose ed interessanti come si fa con gli articoli del ‘Times’”.

Dunque si tratta di furto o di sinergia? “Io ho parlato col mio direttore – ribadisce la Alvaro – e non c’è nessun accordo formalizzato, nemmeno verbalmente. C‘erano stati dei colloqui iniziali a proposito di una sinergia, che però si sono interrotti tempo fa”.

“Si sono salvati la coscienza mettendo alla fine www.ilnuovo.it - continua la giornalista – ma la verità è che hanno semplicemente pubblicato il mio pezzo, titolandolo come solo “Libero” può fare. Mi rendo conto che una riga di cronaca non è una riga di poesia e quindi poco male se qualcuno la copia, ma un intero pezzo, proprio no. La firma è mia e decido io su che testata farla comparire: io non voglio che il mio nome appaia su quel giornale”.

Il titolo di Libero era “I giovani industriali flirtano con gli ecoteppisti”. IlNuovo.it aveva invece titolato: “I giovani industriali aprono al popolo di Seattle”. Non e’ esattamente la stessa cosa.

Sallusti, che dice di non essere nemmeno a conoscenza del fatto che Fernanda Alvaro abbia chiamato per avere una spiegazione, fa pubblica e corretta ammenda col Barbiere: “Non c’è nessuna attenuante. E’ stato un pasticcio dovuto alla bolgia in cui lavoriamo, siamo ai minimi termini in tutto. Ma non è stato un gesto di maleducazione o di pirateria. E’ stato un incidente, una disattenzione gravissima”.

E aggiunge: “La questione dei diritti su Internet è un tema delicato. Per consuetudine, tra giornali, si sa come ci si comporta, quando si vuole riprendere una notizia. Si toglie la firma e si cita la fonte. Ma i diritti su Internet di chi sono?”.

“La rete è un posto dove tutti rubano tutto. Ma purché si faccia con parsimonia – ammonisce la Alvaro – ho fatto dieci anni a L’Unità e dieci a Paese Sera. Nemmeno se fossi cassintegrata andrei a lavorare a “Libero. Non ho capito dove abbiano imparato questo mestiere. Feltri già lo hanno radiato, che altro dovrebbero fare?”. E Sallusti conclude: “Ha doppiamente ragione. Era un suo diritto ricevere le scuse”.

Pennina


28 giugno 2001 - Diario da Saxatraz. L'ubiquo Rizzo Nervo

Che follia, qui a Saxatraz, ragazzi !!!!! Nel carcere - lager per giornalisti (pomposamente ribattezzato "cittadella dell'informazione") la fibrillazione cresce ogni giorno che passa in attesa del cambio dei secondini.

Dai secondini di sinistra si passerà ai secondini di destra, ma quando non si sa. Si attende un passo falso del consiglio d'amministrazione. E al bar si raccolgono scommesse se il caso Santoro possa o meno essere la buccia di banana su cui il sergente Zaccaria potrebbe finire per scivolare in modo definitivo.

Altro argomento di scommesse chi sarà il primo a dimettersi fra i tre consiglieri ulivisti. Il totalizzatore dell'ora d'aria dà per superfavorito il diessino Balassone.

Nel frattempo la situazione è di caos totale. Longhi prepara le valigie e si appresta a scendere (definitivamente?) dall'ammiraglia, Mimun scalda i motori per saltare dall'incrociatore Tg2 alla corazzata Tg1, quelli di AN già litigano per la sua poltrona, mentre il massimo del surreale si raggiunge al Tg3, con un direttore part time, che la mattina va ad ordinare i libri nel suo nuovo ufficio a La7, il pomeriggio continua a gestire la più grande testata televisiva d'Europa.

E' una situazione di disagio che è ben rappresentata da una lettera inviata dallo stesso Rizzo Nervo a Zaccaria e Cappon, e poi affissa nella bacheca della testata.

Rizzo Nervo si dice sorpreso che nelle sedute del CdA del 20 e del 21 giugno non sia stato sciolto il nodo del suo successore. "Spero che non vi sfugga - scrive il direttore ubiquo - il disagio e l'imbarazzo di dover continuare a dirigere una testata della RAI nel momento in cui a tutti è ormai noto che ho accettato di far parte della direzione del telegiornale di un'azienda concorrente".

Rizzo Nervo fa sapere che garantirà la firma del Tg solo sino al 30 giugno e solo per senso di responsabilità nei confronti della redazione. così facendo però apre la porta a numerosi interrogativi, il primo dei quali è sapere cosa succederà del Tg3 a aprtire dal 1 luglio, visto che il CdA sembra avere altre preoccupazioni.

Ma altre preoccupazioni sembra averle anche l'Usigrai, la cui attenzione viaggia regolarmente a corrente alternata. E qui siamo nella fase di black out, all'afasia più totale, con buona pace degli imteressi dei giornalisti del Tg3 e dell'azienda RAI in generale. Vita grama, gente, in questo supercarcere di lusso, dove del doman non v'è certezza.
Jack Folla


28 giugno 2001 - Onda Tv su Onda Tv

Che succede a Onda Tv Magazine? Il magazine del Gruppo Riffeser (Il Giorno+La Nazione+Il Resto del Carlino) nasce più di dieci anni fa con il nome di Onda Tv e la missione di settimanale tv, una fascia di mercato abbastanza piena ma comunque variegata.

Sotto la direzione di Danilo Maggi, Onda comincia a subire un progressivo riaggiustamento: sempre meno tv (gossip, interviste, anteprime di programmi etc) e sempre più attualità a largo raggio, con la barra sempre dritta al centro, ovvero il target familiare.

In primavera l'annuncio della rivoluzione: Onda si sdoppia: da una parte Onda Magazine, newsmagazine per famiglie di attualità, spettacolo, curiosità e quant'altro; allegato, Onda Tv Pocket, con i programmi tv e qualche paginetta di informazione.

Onda Magazine ha obiettivi ambiziosi: 100 pagine per quello che deve essere il settimanale dei giornali del gruppo. Insomma, meno Tv Sorrisi & Canzoni e più Famiglia Cristiana. Il tutto condito da una campagna pubblicitaria con Zuzzurro & Gaspare (uno anche opinionista su Onda Magazine).

Poco tempo dopo, la prima variazione di rotta: Onda Tv Pocket torna al formato normale, pur rimanendo allegato. Un segno? Forse. Qualche settimana fa, la novità: in edicola, a 1000 lire, il lettore ritrova il "vecchio" Onda Tv: nell'editoriale Maggi spiega che si è deciso di tornare all'antico perché i lettori erano ancora affezionati alla vecchia testata.

In realtà la cosa sembra più una ritirata bella e buona: sembra che la squadra della SPE (che raccoglie la pubblicità per le testate del gruppo) non sia stata in grado di tener testa all'aumento della foliazione, nel frattempo progressivamente ridottasi (al momento, tutto compreso, si viaggia sotto le 80 pagine) e che anche i lettori non abbiano troppo apprezzato scorpori e giravolte. E ora?
N.N.


26 giugno 2001 - Il futuro de "Il Tempo" è un cruciverba

Acque agitate al Tempo. Il quotidiano di piazza Colonna, diretto da Giuseppe Sanzotta, continua a traccheggiare. L’editore Domenico Bonifici è sempre alle prese con problemi finanziari legati alla testata. 

Nei giorni scorsi una prima iniziativa: la storica Editrice Romana che editava il giornale è stata sostituita dalla Colonna 2000 spa con amministratore unico Carlo Simoncelli. In redazione questa mossa viene letta come un primo atto per la futura cessione del quotidiano. 

Le vendite sono sempre stabili. I due settimanali allegati, “TelevisOre” e “Il mondo del Lavoro” non hanno dato i risultati sperati e, secondo indiscrezioni, l’editore starebbe approntando - nella sede di viale Parioli - un nuovo inserto dedicato all’enigmistica.
 
Shampoo


26 giugno 2001 - Etica e finanza allungano la Vita

Vita raddoppia. Il settimanale del no-profit - diretto da Riccardo Bonacina e Giuseppe Frangi - lancia un inserto: EF ovvero Etica & Finanza. Otto pagine dedicate all’impatto sociale ed ecologico dell’economia e della finanza. Lo realizza Avanzi, agenzia di rating ambientale.
Shampoo


26 giugno 2001 - Cambio della guardia a "Roma"

Gennaro Sangiuliano lascia la direzione del Roma di Napoli. Sangiuliano assume l’incarico di direttore editoriale. Direttore responsabile della testata è Gigi Casciello, affiancato da due vice: Antonio Sasso e Francesco Landolfo. 

Si chiude così - a tarallucci e vino - un periodo di tensione tra Sangiuliano, candidatosi alla Camera con Forza Italia ma senza successo e l’editore Italo Bocchino, deputato di An. 
Shampoo


25 Giugno 2001 - Ma chi comanda a Mediaset?

"Ma chi comanda a Mediaset? Pier Silvio Berlusconi, è evidente. Così come in Fininvest Marina. Ci sono dubbi in proposito? Nessuno, dicono gli interessati. "Papà ormai da anni si disinteressa delle sorti aziendali: conflitto di interessi? Ma quale conflitto, papà si occupa di cose ben più importanti (le sorti degli italiani, la globalizzazione, i Paesi più "fortunati" e ...)". 

Allora cosa è saltato in mente a Maurizio Costanzo, venerdi 22 giugno, sul Corriere della Sera, a pagina 26, quando, a proposito di "8 anni di idee per Mediaset"si lascia scappare che:"Qualche tempo fa Maria aveva inventato il format "Corteggiami", ma qui a Mediaset non interessava. Allora lei l'ha mostrato a Freccero (direttore di Rai2). Il quale ha detto:"Lo prendo, ne voglio 130 puntate". Io per correttezza ne parlai con Pier Silvio e lo avvisai di questa trattativa inoltrata. La sera a casa mi arrivò una telefonata amichevole di suo padre che mi chiedeva di non farlo".

A costo di sembrare ingenuo, come al solito, mi chiedo: ma il Presidente del Consiglio non si era "liberato"dalla gestione delle sue tv? Costanzo confonde le date o il Cavaliere continua ad occuparsene fino al punto da chiedere di non mandare in RAI un nuovo programma che potrebbe evidentemente creare problemi a Mediaset?
Il Tenente Colombo


22 Giugno 2001 - Redattrice interni, a termine inviata, con l’inclusione delle notti

E’ nata a La Repubblica una nuova figura professionale: quella della redattrice interni promossa a termine inviata, con l’inclusione delle notti. La fortunata che almeno fino a settembre potrà godere di questa singolare formula contrattuale è Concita De Gregorio. 

E’ noto che ogni promozione crea malumori più o meno giustificati. Questa ha l’incommensurabile pregio di aver messo di cattiva vena tutta la redazione interni di Repubblica, compreso la diretta interessata. Anche perché, in questo caso, per alcuni il problema è la mancata promozione, per altri quello delle notti (tenuto presente che si tratta di un giornale e non del Policlinico Gemelli). 

Da tempo l’impero debenedettiano ha messo fuori legge tutto ciò che possa minare il profitto aziendale, promozioni, assunzioni e sostituzioni. Alcuni storici parlano persino di una silloge (ordine di servizio) del CIR che ratificherebbe una decisione in virtù della quale nemmeno Marco Benedetto è autorizzato ad assumere. 

In questo contesto il primo di giugno il direttore promuove Concita De Gregorio, selezionandola in una rosa di quattro nomi, tra cui figurano anche Alessandra Longo, Antonello Caporale e Umberto Rosso

Se lo meritava, visto che nessuno conferma il gossip di un interesse di Canale 5 a una sua assunzione. E del resto si trattava di promozione preannunciata dal fatto che i suoi interventi su politica e costume, a differenza di quelli della Longo, hanno avuto la dignità di prima pagina. 

Rimangono comunque diverse le situazioni degli esclusi: Rosso minaccia di adire a vie legali, Caporale si defila, la Longo si sente poco bene. A farsi carico anche delle ‘notti’ di tutti –promossi, ammalati e incavolati- restano i peones. E Concita- curioso contratto permettendo. 

Le ‘notti’ a Repubblica sono diventate particolarmente pesanti da quando l’azienda ha introdotto il nuovo sistema editoriale che, nonostante i solleciti richiami di Mario Orfeo alla chiusura e incentivi vari, non permette al giornale di andare in stampa prima delle undici e mezza, mezzanotte. Il giornale, in pratica, da ‘prodotto dell’ingegno collettivo’ sta diventando un ‘miracolo collettivo di volontariato’, in testa l’instancabile Barbara Jerkov.  

Giovedì sera le urne per l’elezione del nuovo Cdr saranno aperte e inizieranno i conteggi. Salvo sorprese gli exit polls danno per eletti Mazzocchi, Politi, Catalano, Picozza, Gerino.

Toccherà a loro farsi carico dei problemi di una redazione che negli ultimi tempi è sempre più vittima di scatti umorali, della ristrutturazione prevista per settembre del desk (passaggio da sei a sette dei capi servizio) osteggiata dai capi servizio stessi, del ‘conflitto di competenze’ tra redattore notturno e questi ultimi, e, dulcis in fundo, del contratto integrativo.

E il direttore? A lui, si sussurra, basta che La Stampa non abbia una mezza riga in più del suo giornale. Il resto si riempie con grafici, foto, tabelle e didascalie…se scontornati meglio.

La ragazza del bar


21 Giugno 2001 - Rcs, la redazione romana diventa una Setta

In via Rizzoli 2, sede storica della Rcs (oltre alla Periodici ci sono gli uffici della presidenza) é tempo di malesseri e attese, invariabilmente accompagnate da rumors e boatos (non solo) di corridoio.

Il malessere é squisitamente sindacale: da una parte la "crisi continua" del Cdr, dall'altra la decisione della redazione di Oggi (l'ammiraglia della Periodici, con i suoi quattro milioni e più di lettori, oltre 700mila copie di venduto) di scendere in campo e fare da sé, costituendo un proprio Cdr.

Il Cdr generale é stato eletto dieci giorni fa (la seconda votazione in pochi mesi). Ma, appunto, é crisi continua. Una fatica boia a trovare i candidati, e molti giornalisti non hanno votato. Di tutta questa ultima parte della vicenda infinita della crisi sindacale alla Periodici nessuno ha avuto la voglia o il tempo di informare la categoria almeno attraverso Il Barbiere della Sera.

Un segnale? Una conferma della crisi? Vedremo. Il guaio é  che il potere contrattuale del sindacato appare assai ridotto, in queste condizioni, e gli eccelsi manager della Periodici si fregano le mani. Forse l'attenzione maggiore é spostata su altri argomenti.

A Io  Donna (settimanale allegato al Corsera del sabato) c'é una novità: l'ufficializzazione della redazione romana. Dalla chiusura di quella de Il Mondo a Roma era rimasta solo la redazione di Oggi (Monica Setta, caporedattore di Capital, aveva contrattualmente la sede a Milano, ma  da anni era "distaccata" a Roma).

Ora la Periodici forse (forse: il management rimane culturalmente milanocentrico) ha deciso di abbandonare l’ idea che i giornali si fanno solo a Milano, e che per Roma  basta il telefono (più qualche collaborazione).

Così Monica Setta é stata trasferita -ufficialmente- a Roma e dal 1 giugno incarna la redazione romana di Io Donna. Una novità, appunto, rispetto alla gestione della Periodici negli ultimi tre anni. O soltanto un caso particolare?

Ma l'attenzione (alla Periodici ma anche alla Quotidiani) é puntata soprattutto a quanto dovrebbe avvenire al primo piano (quello presidenziale) di via Rizzoli. Non più tardi di due mesi fa Renato Ruggiero era stato nominato vicepresidente della Rcs Editori, e non é un mistero per nessuno che era stato l'Avvocato a volerlo proprio lì, un gradino sotto Cesare Romiti.

Adesso Ruggiero é alla Farnesina, chi allora prenderà -in quota Fiat- il suo posto? I boatos -alimentati non solo da Dagospia- indicano in Luca di Montezemolo (neo presidente Fieg) il successore di Ruggiero, e c'é chi pronostica che questo sarebbe solo il primo passo, per sostituire addirittura Romiti alla presidenza Rcs. Vero? Falso? Probabile?

I boatos continuano,e qualcuno commenta: "purché non arrivi un altro che continua a fregarsene dell'editoria.....salvo il controllo della corazzata Corriere".

L'altro rumor che tiene banco é il futuro di Paolo Mieli, oggi direttore editoriale di tutta la Rcs. Da mesi il suo nome viene fatto per una candidatura "forte" e "ineccepibile" per la presidenza Rai, quando l'ultimo dei giapponesi, Zaccaria, si accorgerà che la guerra é finita.

Gli argomenti a favore dell'ipotesi Mieli al vertice Rai sono consistenti: - inattaccabile sul piano professionale - non si é mai iscritto al clan dei "berluscones" - ha buoni rapporti a destra come a sinistra Il vero problema, tuttavia, appare un altro: ma lui -posto che Berlusconi sia davvero orientato verso questa scelta- accetterebbe quell'incarico?

Le scuole di pensiero si confrontano e si interrogano, di fatto aspettando di vedere il risultato finale. Dal quale (vicepresidenza Rcs e presidenza, ruolo di Mieli) dipende il futuro della Rcs. Anche in collegamento con un altro problema, anzi una verifica: quale sarà il ritorno (commerciale, finanziario) del pacco di miliardi investiti prima in RcsWeb e ora in HdpNet? Se ci sarà un ritorno (cioé una remunerazione), s'intende. 
Gufo bianco


20 Giugno 2001 - L'importanza di chiamarsi Ernesto

Domani, al direttivo della Confindustria voleranno gli uccelli paduli. Crediamo di far cosa grata ai lettori del Barbiere della Sera riassumendo in poche righe l’essenza dello scontro che oppone il presidente dell’organizzazione degli industriali D’Amato all’entourage nobile dell’imprenditoria italiana con in testa naturalmente la Fiat di Gianni Agnelli.

La situazione e’ piuttosto semplice. La Fiat e il mondo industriale che si sente vicino a Torino non hanno ancora inghiottito l’elezione di Antonio D’Amato ai vertici di Confindustria (Corso Marconi, come si ricorderà, puntava su Carlo Callieri) e men che mai sono pronti a digerire pure il cambio di direzione al Sole 24 Ore: Guido Gentili, notista del Corsera, candidato di D’Amato, al posto di Ernesto Auci, ex capo ufficio stampa della Fiat, da diversi anni insediato sulla poltronissima di via Lomazzo.

Torino ha fatto di tutto fino a oggi per bloccare le iniziative di D’Amato. Ma D’Amato ha la testa dura e con il sostegno degli industriali veneti vuole andare avanti per la sua strada anche a costo di trovarsi contro pezzi da novanta come l’amministratore delegato della Fiat Cantarella o il boss della Pirelli Marco Tronchetti Provera.

Per la verita’, in un primo momento D’Amato aveva tentato la via dell’accordo. Aveva fatto due chiacchiere con l’attuale direttore del Sole Ernesto Auci, raggiungendo un’intesa di massima. Auci sarebbe diventato amministratore delegato della baracca Sole 24 Ore, e Gentili avrebbe preso il suo posto in redazione (bruciando sul traguardo il successore in qualche modo designato di Auci, l’attuale vice direttore Antonio Calabro’).

Poi pero’, Auci ha telefonato a D’Amato per dirgli: “Ci avrei ripensato. Non se ne fa niente”. E D’Amato si è un po’ incazzato. Cose che capitano , ma che finiscono per produrre situazioni imbarazzanti.

D’Amato a questo punto non puo’ cedere, pena una figuraccia barbina (anzi, le dimissioni) e deve portare avanti il cambio di direzione con Gentili, visto che il presidente di Confindustria e’ l’azionista del Sole 24 Ore. Ma nemmeno l’area Fiat puo’ incassare una seconda sconfitta senza essere sommersa di pernacchie.

E allora? E allora e’ verosimile che si tenti di trovare un terreno di mediazione. Tutto sta a capire quale puo’ essere lo scambio praticabile. Se D’Amato non molla sulla direzione Gentili al Sole, Ernesto Auci deve pur trovare una seggiola presidenziale di forte visibilità.  

A questo proposito vale la pena di ricordare che ancora e’ tutta da giocare la partita della presidenza della Rai che ben varrebbe una compensazione congrua e accettabile. In seconda battuta, nel giro delle pedine, puo’ entrare anche l’università della Confindustria, la Luiss, un po’ in ribasso nell’ultimo periodo. 

Insomma, i giochi possono comporsi solo se anche la vecchia guardia dell’imprenditoria italiana con l’avvocato Agnelli otterrà qualcosa di buono da poter esibire come simbolo di ritrovato peso in Confindustria.
Senno’, son botte. Domani vedremo.
Bds

20 Giugno 2001 - Il Cdr del Gazzettino si rimette in carreggiata

Doveva essere la giornata delle dimissioni, è stata la giornata in cui il Cdr del Gazzettino si è salvato. Dopo una riunione durata alcune ore, il Comitato di redazione ha emesso oggi un comunicato unitario in cui afferma di "proseguire nel proprio mandato". Ma dal comunicato stesso (dove si parla di "idee e differenti posizioni di ognuno") si evince che la decisione non è stata unanime e che i dissensi interni non sono stati saldati, tanto che il documento è stato approvato a maggioranza. 

L'argomento principale di discussione riguardava la credibilità del Cdr, alla vigilia di un ribaltone azionario e del sempre più probabile cambio di direttore (Luigi Bacialli è dato con le valigie in mano dopo meno di 4 mesi di direzione) e alla vigilia della discussione sul contratto integrativo. La credibilità sarebbe stata minata da due promozioni all'interno del Cdr: una operativa (Loris Del Frate vicecapocronista della redazione di Pordenone) e una "ad personam" (Elisio Trevisan caposervizio). 

Durante la riunione di ieri, nonostante il comunicato congiunto, alcuni membri del Cdr avrebbero manifestato molte perplessità sull'opportunità di proseguire e due (i trevigiani Alessandro Zuin e Carlo Felice Dalla Pasqua) avrebbero votato per le dimissioni. Il Cdr va avanti, si tratta di vedere se arriverà comunque indenne alla scadenza di marzo 2002.


Nel frattempo si prepara il cambio di proprietà: gli azionisti che fanno capo a Benetton, Caovilla, Riello e Beggio avrebbero già la maggioranza delle quote azionarie e si preparerebbero a ribaltare dopo 18 anni dalla poltrona di presidente Luigino Rossi

Tutto questo dovrebbe avvenire il 28 giugno, giorno nel quale è stata fissata la convocazione dell'assemblea degli azionisti della Sep (Società editrice padana), la finanziaria che controlla il gruppo del Gazzettino. La riunione si preannuncia combattuta, Rossi non sembra disposto ad arrendersi facilmente, tanto che gli azionisti sono pronti a proseguire anche il giorno successivo.
B.B.


19 Giugno 2001 - Saxa Rubra. Previsioni del tempo

Che strana aria si respira a Saxa Rubra. Tutti fanno finta che nulla sia accaduto, che le elezioni non ci siano state, che nulla cambierà. La frase più ricorrente è “Cosa ce ne frega della politica, noi siamo qui per lavorare”. Da far schiattare d’invidia nella tomba il buon Totò. Tutti fishes in barrel nel migliore stile saxarubrese. Ma le voci (e che voci) girano.

L’ultima è di quelle destinate (se l’operazione andrà in porto) a sparigliare tutti i giochi sino ad oggi ipotizzati. Nino Rizzo Nervo avrebbe ricevuto un’offerta da La Sette dove diventerebbe il vice di Gad Lerner. L’interessato nega con troppa sospetta veemenza perché la smentita non venga interpretata per quello che spesso è: una notizia data due volte. 

La direzione del Tg 3, da sempre orientata a sinistra, è molto appetita dal Polo, non tanto per l’edizione nazionale che, negli ultimi tempi soprattutto, ha un’audience più o meno pari a quella che facevano anni addietro le pecore dell’intervallo, ma perché controllare il Tg 3 significa fare e disfare le ventidue edizioni regionali, appetiti centri di potere e prebende. 

Se il Tg 3 passa al Polo tutte le carte si sparigliano, a cominciare dal Tg 2, dove era dato per certo l’arrivo di Mauro Mazza (An). Anche perché a complicare le cose ci si è messa la Margherita con un ragionamento che, più o meno, recita così: nell’era del centro sinistra noi vi abbiamo lasciato il Tg 2, adesso, centro destra imperante, il Tg 2 datelo a noi. Cosa che il Polo non può rifiutare; a maggior ragione se si cucca il Tg 3. 

La notizia ha gettato nel panico Mimunlandia e il perché è comprensibile: il Tg 2 è un monolite polista. Tutti indistintamente, dai vice direttori, ai redattori capo centrali, ai capi redattori dei desk appartengono a un’area politica ben definita. Certamente la loro vita si complicherebbe se al Tg 2 arrivasse per esempio (è un nome che butto lì per caso, tanto si sa che io non sono una persona seria) Paolo Ruffini

In più c’è anche da tener conto che il sor Clemente lascerà dopo otto anni la poltrona. I suoi desiderata sarebbero quattro. Nell’ordine: diventare il padrone della Lazio, ma Cragnotti ha fatto sapere di non essere d’accordo; aprire un albergo per cani e gatti abbandonati ma la Società per la protezione degli animali ha fatto sapere che non se ne parla nemmeno; fare il direttore della Rete uno ma è improbabile; dirigere il Tg 1, cosa di cui si dovrà accontentare. Altro motivo perché il Tg 2 assuma un colore verde oliva: il Polo non può avere tutti e tre i telegiornali nazionali.

Né vivono sonni tranquilli i conduttori del Tg 2, tutti attaccati al gobbo come le patelle allo scoglio. Anche lì la fede politica è compatta. I primi risultati delle elezioni si sono già visti. Il 13 maggio non si erano ancora spenti gli echi degli exit polls che Attilio Romita è passato dall’edizione delle 13 a quella ben più ambita delle 20,30 e che Francesca Nocerino venisse catapultata dall’edizione del mattino (che ha un’audience pari a quella delle già citate pecore) a quella delle 13.

In caso di un Tg 2 Margherita le loro poltrone sarebbero barcollanti anzi che no. Dovrebbe dire addio ai sogni di gloria anche Paola Ferrari (che alle ultime elezioni ha rifiutato una candidatura per An) e tentennerebbero gli incarichi di Daniela Vergara, che vedrebbe sfumare il suo sogno di andare in pensione come conduttrice e di Maurizio Barendson, già sodale di Mimun al Tg 5 e da lui fortemente voluto a Saxa.

Salirebbero per contro le azioni di Adele Ammendola, attualmente fuori dai giochi perché in dolce attesa. 

E che dire poi, passando ad altre testate, di Angela Buttiglione, attualmente direttore delle Tribune politiche. Vedrete che prima o poi qualche becero comunista comincerà a tirare fuori un conflittino d’interessini

Date retta alla vecchia Mata che è ignorante ma ha la saggezza della contadina siciliana: aspettate qualche giorno e al confronto di Saxa Rubra la striscia di Gaza sembrerà un parco giochi per bambini.
Mata Hari
mata_hari@katamail.com


18 Giugno 2001 - Com'e' triste il Cdr a Venezia...

Il Cdr del Gazzettino va verso le dimissioni che probabilmente saranno formalizzate lunedì. A causare l'interruzione del mandato (la scadenza era marzo 2002) saranno alcune nomine annunciate dal direttore Luigi Bacialli all'inizio della settimana e che sono piaciute poco sia al corpo redazionale sia ad alcuni membri dello stesso Cdr.

A pochi giorni dal consiglio di amministrazione del 28 giugno, che potrebbe segnare una svolta nell'assetto azionario con la messa in minoranza dell'attuale presidente Luigino Rossi, Bacialli ha proceduto ad alcune promozioni.

Fra queste ha comunicato la nomina a vicecaposervizio operativo della redazione di Pordenone di Loris Del Frate e la nomina a caposervizio "ad personam", ossia senza ruoli operativi, di Elisio Trevisan, entrambi componenti del Cdr.

Le promozioni sono state accolte con qualche perplessità da molti, che vedono un tentativo di indebolire il Cdr alla vigilia del cambio di assetto proprietario e alla vigilia dell'inizio della trattativa sull'integrativo. 

Tre membri del Cdr (Cristina Antonutti, Carlo Felice Dalla Pasqua e Alessandro Zuin) avrebbero deciso di dimettersi alla prossima riunione del Cdr e già lunedì il Gazzettino potrebbe trovarsi nella necessità di rieleggere l'organismo sindacale.
Bds


15 Giugno 2001 - Free press due. Un milione di copie in omaggio

Entro la fine di quest'anno la diffusione complessiva dei quotidiani diffusi gratuitamente potrebbe sfondare lo storico tetto di 1 milione di copie al giorno. Un risultato davvero straordinario, se si pensa che dodici mesi fa la "free press" nel nostro paese neppure esisteva. I primi ad arrivare sul mercato sono gli svedesi di Metro, che hanno conquistato le stazioni della metropolitana di Roma, distribuendo 200 mila copie al giorno. Poi è stata la volta di Leggo, quotidiano del Gruppo Caltagirone, che si è assicurato il monopolio della diffusione alle stazioni delle Fs. A Roma, sua prima esperienza, distribuisce ben 250 mila copie, e c'è chi dice che sia "frenato" dal bisogno di non danneggiare il concorrente di famiglia, "Il Messaggero". A Milano, sua seconda uscita, Leggo conta già 200 mila copie, e in programma è la conquista di altre stazioni, da Napoli a Firenze a Torino. 

Altre 200 mila le diffonderà City del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera che, come ci informa il nostro Shampoo, ha vinto alla metropolitana di Milano. E, con queste, arriveranno già quest'anno a 850 mila le copie diffuse in Italia gratuitamente. Ma se aggiungiamo altri prodotti in "dumping" come i giornali-panino (ne paghi uno e ne aprendi due) e il crescente numero di copie omaggio per esigenze di cortesia (i quotidiani distribuiti in aereo, su alcuni treni rapidi, recapitati a casa alle "persone che contano") siamo sicuri che già nel 2001 si supereranno 1 milione di copie al giorno

La domanda  è: siamo sicuri che l'editoria italiana debba rallegrarsi di tutto questo? A prima vista sì: questi fogli fanno incetta di pubblicità (questa non bada tanto alla qualità del prodotto su cui investire, quanto piuttosto al numero di copie diffuse) e costano poco, perchè una redazione di cinque o sei unità basta e avanza per mandare avanti la baracca. Sono, dunque, una miniera d'oro. E se il 2000 è stato "l'annus horribils" per i giornali italiani, con lo storico record negativo di 5 milioni di copie diffuse al giorno, è probabile che il 2001, proprio grazie alla "free press", ci riporti in alto. Ma potrebbe trattarsi di una pura e semplice bolla, un momentaneo rigonfiamento. 

 Il timore è che, alla lunga, i giornali gratis faranno una concorrenza  spietata a quelli venduti in edicola, i cui costi di produzione risulteranno al confronto esagerati. Un futuro immediato niente affatto allegro, quindi. Chi ne farà le spese? Sicuramente la nostra categoria, perché negli anni a venire risparmi di personale e prepensionamenti torneranno a farla da padrone. E certamente anche la qualità dei giornali, che saranno sempre più infarciti di notizie d'agenzia e di "service" e, con redazioni più deboli, sempre più ligi all'interesse di bottega dei padroni del vapore. In una parola, saranno meno credibili. Tutto questo, naturalmente, non potrà che accelerare il processo di disaffezione già in atto presso i lettori. Sursum corda
Bds
 


16 Giugno 2001 - Free press uno. A Milano vince City

City. Questa la testata del free press di casa Rcs. Il quotidiano gratuito che verrà distribuito nelle stazioni della metro milanese. Rcs ha, infatti, vinto la gara d’appalto. Vittoria scontata dopo l’uscita di scena di 20 Minuti (cordata Il Giornale e norvegesi) a causa di problemi legali. L’uscita del giornale - affidato a Rcs dall’Atm in trattativa privata - e’ prevista per la metà di luglio. Ma, secondo altri rumors, potrebbe anche esservi un rinvio ad ottobre. 

 Direttore del quotidiano sarà Lanfranco Vaccari che, secondo indiscrezioni, potrebbe pero’ lasciare la testata dopo il suo avviamento per altri incarichi interni a Rcs. Intanto, gli altri due quotidiani gratuiti, Metro e Leggo, continuano a occupare saldamente la piazza milanese: anche se, Leggo, free press di casa Caltagirone, mostra la propria debolezza redazionale rispetto all’altro concorrente che dovrebbe aumentare la filiazione.
Shampoo


12 Giugno 2001 - Caro Cdr, vediamoci davanti allo specchio

Trionfo del direttore di Gente alle elezioni del fiduciario sindacale. Sandro Mayer ha raccolto 11 voti su 14 diventando così, oltre che direttore del settimanale Rusconi Hachette, anche il rappresentante sindacale dei "suoi" redattori. Vi assicuriamo che non è uno scherzo, ma una notizia: le votazioni si sono svolte davvero così.

Nessun dubbio sulla regolarità della consultazione. Un Comitato elettorale ha lavorato con scrupolo, consentendo persino il voto telefonico e dando regolare preavviso. Qualche dubbio in più suscita invece la prospettiva del primo incontro che il nuovo fiduciario Mayer chiederà al direttore Mayer.

Dove avverrà? In bagno davanti allo specchio? E cosa succederà al prossimo sciopero? In occasione di quelli precedenti, quando i redattori di Gente scioperavano il direttore Mayer faceva uscire lo stesso il giornale: ora potrà avere l’assenso anche del fiduciario Mayer (che avrà solo il problema di evitare schizofreniche discussioni davanti allo specchio col suo direttore).
Quarto Potere


12 Giugno 2001 - Meglio che me ne vado. Me lo dice una Voce

Caro Bds, non so se sia un caso ma tant'è. La Voce di Rimini è l'ultimo prodotto giornalistico quotidiano uscito in città dall'ottobre '98. 

Dunque due anni e mezzo di vita (mese più, mese meno). Ma in questo breve arco di tempo di cose ne sono successe. L'ultima (o le ultimissime) se vuoi è la più grossa.

Quello che forse può essere catalogato come uno dei migliori giornalisti locali (F.B., per la privacy) se n'è andato dalla casa base, la Voce appunto che lo aveva trascinato via dal primo quotidiano della città (dove era solo un semplice collaboratore) offrendogli il tanto famigerato (e atteso) praticantato.

E' l'ultimo di una lunga serie di addii. Appena terminato il periodo per arrivare alla soglia dell'esame, esausto, F.B. se n'è andato. Ora sta per finire nell'ufficio stampa del sindaco. E questo è un indizio. L'altro, sempre recente, è quello di un'altra giornalista (A.D.M. per la solita privacy) arrivata come collaboratrice (sottile, brava, intelligente) e finita per fare la Cronaca nera-giudiziaria (lasciata vacante da un professionista S.R., gia al Carlino, al Messaggero di Rimini).

Poi il praticantato. Ma dopo un annetto (dunque mancavano altri otto mesi più o meno alla fine del contratto di praticantato) ha abbandonato la sede di via Cairoli per finire in una testata giornalistica (un quotidiano) della Repubblica di San Marino.

Prima ancora se n'era andato (per un lavoro profumatamente pagato, lasciato dopo poco tempo per finire all'ufficio stampa della Provincia di Rimini) il giornalista della Cronaca (V.L.), della bianca, il notista delle vicende politiche locali (già al Carlino).

Una fuga, verso quale vittoria non si sa, veramente. Basti ricordare che proprio agli albori della giovine storia de La Voce altri ci lasciarono le penne (sulle scrivanie). Dopo pochi mesi (aveva un contratto a termine per 4 mesi, se non ricordo male) non venne riconfermato (all'ultimo istante) il redattore a capo degli Spettacoli.

Poi fu la volta del pesarese O.S. (responsabile di alcune delle pagine del circondario, vedi Riccione) lasciato in mezzo alla strada a pochi giorni dalla scadenza del contratto. A ramengo per qualche tempo, l'ha ripescato il Messaggero Pesaro.

E via andar di questo passo: ivi compreso il cambio di direttore dopo un paio d'annetti: Fregni per Passini (ora al Messaggero Pesaro). Sempre più "rauca", insomma, questa voce che si affida a giornalisti provenienti dal Corriere dell'Umbria per scrivere a raccontare di vicende di Rimini. L'ultimo boato? Vorrebbero spostare il responsabile delle pagine dello Sport alla Cronaca Nera. Ma questa, almeno, dovrebbe restare una bufala.
F.O. (Fedele Osservatore)


12 Giugno 2001 - Una Miss per qualche copia in più

Una miss per vendere più copie. Accade a Cremona. La Voce di Cremona, il quotidiano del gruppo Donati, arranca e le cinquemila copie previste per il pareggio dei conti sono ancora un miraggio.

Sotto la direzione di Piero Piccioli si è fermato, infatti, a quota 800. Così Donati, come già fa con altre testate del suo gruppo, ha avviato la vendita abbinata con la Gazzetta dello Sport: 1500 lire per due testate, ma, purtroppo per le vendite, questa iniziativa può durare solo 20 giorni.

Allora arriva la Miss. Una serata con miss Italia 2000 che firma copie del giornale cremonese, lancia bacini ai potenziali lettori e fa le moine al direttore che, da qualche mese, sta 'pompando' le selezioni del concorso per Miss Italia 2001.

Dal primo numero ad oggi, la Voce ha, infatti, pubblicato, tutti i giorni i tagliandi di partecipazione al concorso integrandoli con interviste, appunti e curiosità. Nei giornali concorrenti (La Provincia e la Cronaca) le cose vanno meglio.

Entrambi hanno guadagnato copie puntando sulla cronaca. Corrispondenti pancia a terra in tutta la provincia per portare a casa servizi e inchieste. E Andrea Riffeser, alleato della Cronaca, ha già deciso di puntare sulla redazione cremonese per conquistare altri territori limitrofi.
Shampoo


12 Giugno 2001 - Il peso di Ugo

Un'altra firma "pesante" va ad aggiungersi a quelle già presenti su Amica, il news magazine femminile della Rcs. È quella di Ugo Bertone, già inviato e redattore capo de La Stampa; una new entry di cui ad Amica sono molto fieri.

Su Amica Bertone condurrà e coordinerà una serie di forum su argomenti di interesse "femminile" ma non solo. Rendere pubblici in appositi elenchi i numeri dei cellulari? In Francia e in altri paesi lo sono già e ci si appresta a farlo anche in Italia.

Certo, chi vorrà potrà tenerlo riservato esattamente come avviene con la telefonia fissa, ma bisognerà esplicitarlo o il gestore si avvarrà del "consenso assenso"? Insomma, tanto per cambiare, un problema di privacy.
F.F.


12 Giugno 2001 - Una notte per l'estate

Rumors milanesi sulla prossima uscita de La Notte. Il quotidiano del pomeriggio potrebbe tornare in edicola dopo l’estate. A lavorare al progetto sarebbe un service che già opera per il gruppo Riffeser, l’editore del Giorno-Nazione-Resto Carlino.

La storica testata diretta da Nino Nutrizio potrebbe essere utilizzata per il giornale del pomeriggio che l’editore bolognese ha in mente di mandare in edicola. Condizionale d’obbligo e bocche cucite all’interno del gruppo.

Ma i boatos non si fermano qui. Si parla di un ritorno nel gruppo di Alessandro Sallusti, attuale vice di Vittorio Feltri a Libero, che – secondo indiscrezioni – non sarebbe soddisfatto del suo attuale incarico.

Si deve a Sallusti la nuova linea del giornale di via Merano che ha portato il quotidiano a quota 47mila copie. Ma capita che, talvolta, Feltri ci metta mano: in quel caso, pagine sbaraccate di continuo, temi forti e attenzione solo per la politica e la cronaca. Come dire: Feltri non ammette intromissioni. Lo (ri)disegna a sua immagine e somiglianza.
Shampoo


9 Giugno 2001 - La Melandri alla cena di An

Un ristorante elegantissimo, il Caffè Veneto Asador in cima a via Veneto, a Roma. Cinque tavoli da otto persone, con tovaglia damascata di color rosso cardinalizio e posate d'argento, e un tavolone da venti. Un'occasione speciale: Cesare Cursi, assessore al Bilancio della Provincia di Roma, ringrazia gli amici e i collaboratori più intimi, che lo hanno aiutato ad entrare alla grande nel Parlamneto italiano. Sì, perchè quello che fu per anni e anni il segretario particolare di Amintore Fanfani, alle elezioni del 13 maggio è diventato senatore della Repubblica per Alleanza Nazionale, sbaragliando gli avversari nella Circoscrizione di Roma Uno, centro storico. Ma non è che l'inizio, perché adesso è in lizza con molte possibilità di successo per un posto da sottosegretario nel governo Berlusconi. 

Aperitivo di champagne, che scorre a fiumi anche alla fine, antipasto con pizzettine e palline di riso con funghi e piselli, di primo un risotto ai fiori di zucca e gnocchetti al pomodoro e basilico, poi un carrello di arrosti e infine un dolce fatto a budino di cioccolata con sopra frutti di bosco e crema di vaniglia. A mangiare di gran gusto c'è l'attore Enrico Montesano, con un cappellino biancoceleste a provare la sua fede di tifoso laziale. Non c'è verso di farglielo togliere,  se lo tiene stretto in testa durante tutto il pasto. Ma, by the way, non girava dalle parti della sinistra, qualche anno fa, l'attore? Ha dunque cambiato casacca? 

E di politici, chi c'è alla cena di ringraziamento? Doveva venire il Grande Capo, il segretario di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini, ma alla fine ha dovuto declinare. Altri non si notano che...che...Ma no, quella è Giovanna Melandri con il suo bel marito! Il ministro dei Beni Culturali del governo uscente, la parlamentare diessina che vorrebbe la presidenza della Commissione di vigilanza sulla Rai, è qui, ad alzare i calici per Cesare Cursi, assieme ad altri sessanta suoi intimi. I camerieri non ci credono, noi neppure. Giovanna, proprio ad una cena di ringraziamento di An, dovevi farti vedere? 
Fragolino
 


8 Giugno 2001 - Tangentopoli secondo "Il Messaggero" 

"Ma non ci posso credere!". Un urlo lancinante ha rotto la pace laboriosa della bottega, giovedì mattina. Lo ha emesso Don Basilio e prima di allora altro non si sentiva che lo sforbiciare di Figaro sulle basette di un cliente. Ci siamo avvicinati tutti al nostro amico che sembrava caduto in catalessi, occhi sbarrati, bocca spalancata e la mazzetta dei giornali scivolata a terra, con gran frastuono. Aveva "Il Messaggero" in mano, Don Basilio. 

 Una veloce ispezione della prima pagina non ci spiegava il perché di tanto sbalordimento. Beh, sì, mancava il titolo su Kyoto, che tutti gli altri avevano, e la polemica Polo-Ulivo sul firmare o non firmare l'accordo assieme ai partners europei. Ma si sa, meno nomini l'ambiente e meglio è, in quel giornale. Maledetto Cederna e il Cedernismo!

Il pezzo su Kyoto era relegato all'interno e affidato, per giunta, ad Amedeo Cortese, firma convenzionale del servizio Politico. 

No, con faticosi movimenti delle orbite, Don Basilio cercava di indicarci l'articolo di fondo del giornale. Autore, il magistrato Carlo Nordio. Titolo, moderato: "Tangentopoli fu anche patologia giustizialista". Ma dentro, che  mortaretti, cari clienti. Si cominciava "con la teoria del filosofo Hegel, della cosiddetta Astuzia della Ragione". Si proseguiva con "il compianto on.Craxi" che quella teoria espose. Si passava poi "attraverso antitesi e sintesi" , "alla più schiacciante, limpida e stabile vittoria del centrodestra dalle epiche elezioni del '48". Si assicurava quindi che la sacrosanta commissione di inchiesta su Tangentopoli verrà fatta. Perché? "Perchè la nuova maggioranza possiede i tre requisiti del governo: le idee per decidere, il coraggio per risolversi e la forza per eseguire". 

"Credere, obbedire, combattere!" stava sussurando Don Basilio, che adesso scuoteva la testa ripetendo, "Ma...Un magistrato...un magistrato!". Poi a bottega tornò il buonumore, con Figaro che sottolineò ancora una volta la grande abilità di chi aveva fatto il titolo. Quello esatto, più rispondente ai contenuti, doveva sostituire un "anche" con un "solo", così: "Tangentopoli fu solo patologia giustizialista". La corruzione? Ce la siamo inventata noi. 
Bds

 
6 Giugno 2001 - Iacopino versus Graziani, 0-1, palla al centro

Iacopino ce l'ha fatta
. Ultimo degli eletti, con tre voti in più del primo degli esclusi, il presidente della stampa parlamentare entra nel Consiglio nazionale dell'Ordine. Risultato di prestigio, visto che era sostenuto ufficialmente solo da 'Punto e a capo'. 

Ma accanto alla soddisfazione c'è per Iacopino un cruccio, legato ai 49 voti che lo hanno separato da Nicola Graziani, rieletto con 417 voti (contro i 368 di Iacopino). Con i Graziani (cinque giornalisti, fra papà Pierino e quattro figli) non corre buon sangue, e Vincenzo sarebbe stato contento di prevalere sul rappresentante più illustre della nuova generazione della famiglia. 

All'origine c'è l'episodio del 13 febbraio 1998 nella redazione romana del 'Mattino', quando Chiara Graziani, secondo la sua versione, è stata maltrattata da Iacopino, oppure (versione di Iacopino) ha maltrattato il redattore capo.

Fatto dal quale sono nati due procedimenti penali (archiviati), uno civile (in corso) uno del lavoro (in corso) e tre professionali, uno promosso da Iacopino contro Chiara Graziani (assolta), e due promossi dalla famiglia Graziani contro Iacopino (archiviati da Bruno Tucci).

 Un'interrogazione parlamentare è rimasta senza risposta. C'è poi un procedimento disciplinare promosso da Tucci contro Giovanni Graziani (assolto in primo grado) per alcune lettere inviate a lui e a Iacopino sulla vicenda.  

Come se non bastasse, fra Iacopino e Nicola Graziani c'era già della ruggine, per colpa dell'associazione dei giornalisti quirinalisti, di cui il più illustre fra i giovani Graziani è fra i promotori. Iniziativa che per Iacopino è fumo negli occhi, perché ha tolto spazio alla "sua" Stampa parlamentare nei rapporti col Quirinale. All'epoca, Iacopino affrontò Nicola Graziani, diffidandolo (inutilmente) dal proseguire nell'iniziativa se non voleva essere espulso dall'Asp.  

Date queste premesse, la candidatura contemporanea di un Graziani e di Iacopino era di fatto anche un duello. Nicola Graziani aveva il vantaggio di appartenere a una famiglia numerosa, e di partire con quattro voti in in più. 

Iacopino invece è figlio di un medico e, come sottolinea lui stesso, rispetto ai Graziani è dovuto partire da lontano. Ma anche a tenerne conto, il distacco in voti resta consistente, e dunque questo round va assegnato ai Graziani

L'appuntamento è ora per il 2 ottobre, quando Giovanni Graziani, testimonierà nella causa promossa da Iacopino contro Chiara Graziani. Testimonianza che la difesa di Iacopino aveva cercato di evitare, presentando un'istanza di non ammissione (respinta). Dei fratelli Graziani, Giovanni è il meno diplomatico, e non è escluso che quel giorno ci possano essere scintille. Se così sarà, i lettori del 'Barbiere' ne saranno informati.
El Tito


1 Giugno 2001 - Televisioni: il fantapiano del Cavaliere

Filtrano nelle redazioni, rimbalzano nei salotti, fuggono in libera uscita su qualche giornale straniero, come "Le Figaro" di due mercoledì fa, aleggiano di sala in sala nella sede della Federazione degli editori, appena conquistata da Luca di Montezemolo. Figurarsi se le voci attorno al fantapiano del Cavalier Silvio Berlusconi per "riorganizzare" l'intero sistema televisivo non erano arrivate sino alla nostra bottega.

Sono giorni e giorni che siamo in preda a quell'assordante chiacchericcio. Nella logica impossibilità di verificare l'attendibilità di questo piano, abbiamo deciso comunque di esternare il gossip per i clienti affezionati del Barbiere, dopo averlo tenuto per un bel po' a bagnomaria. Se la realtà smentirà queste congetture, tanto meglio.

Lo schema di intervento sarebbe in tre punti:
 
1) Tra i primi atti di governo Berlusconi eliminerebbe del tutto la tassa su successioni e donazioni e farebbe modificare la legge Mammì per quello che riguarda il divieto di concentrazioni tra carta stampata e televisioni. Su quest'ultimo punto i Ds sembrano d'accordo, se è vero che proprio ieri l'onorevole Giuseppe Giulietti ha rilanciato in una dichiarazione la sua vecchia idea di "approvare in aula il provvedimento che, recependo le direttive europee e le indicazioni della stessa Autorità, elimini i vincoli ormai superati che ancora oggi impediscono teoricamente a gestori di telecomunicazioni e carta stampata di entrare nella convergenza multimediale".

2) Quindi donerebbe ai figli (non si sa se solo a Marina e Piersilvio o anche quote ai figli di secondo letto) la Fininvest (e quindi Mediaset, Mediolanum etc.).

3) Scatterebbe contemporaneamente una grande alleanza con la famiglia Agnelli, con acquisizioni e scambi di pacchetti azionari, che avrebbe per protagonisti soprattutto gli eredi. I rapporti fra il Cavaliere e l'Avvocato, del resto, sono diventati negli ultimi tempi molto affettuosi, e i contatti, praticamente quotidiani. Liberata dai vincoli della legge Mammì, la famiglia Agnelli, proprietaria di giornali, potrebbe possedere anche televisioni, e in qualche modo, il problema del conflitto di interessi verrebbe risolto.

Per la verità, esiste anche una variante del piano, considerata meno credibile. Quella secondo cui il Cavaliere privatizzerebbe la Rai, cedendo un canale agli Agnelli e un altro a De Benedetti. Un'azione, secondo vari osservatori, che porterebbe Mediaset alla rovina. La principale conseguenza della privatizzazione sarebbe infatti che, perdendo il canone pubblico, le due reti non avrebbero più, come accade oggi, un tetto all'affollamento pubblicitario. E beneficerebbero di volumi incrementali di pubblicità che oggi venivano suddivisi sulla carta stampata. Per questo gli editori, specie i piccoli e medi, sarebbero incazzati assai.

L'esistenza del canone televisivo, trattiene infatti l'affollamento pubblicitario nelle reti Rai entro l'8 per cento orario, mentre quello Mediaset viaggia sul 18: che vogliono dire 12 minuti o giù di lì di spot per ogni ora di trasmissione, con un incasso di 4.500 miliardi l'anno per Mediaset. Tolto il canone,  la Rai non sarebbe più costretta nelle maglie dell'8 per cento, e la fetta di torta di Canale 5 e compagne si ridurrebbe enormemente. Ecco perché la privatizzazione Rai, per il Cavaliere, sarebbe un hara-kiri.

Resta infine il problema, ancora tutto da risolvere, di Retequattro che trasmette senza concessione, mentre Europa 7 ha la concessione ma non può trasmettere perché è priva di frequenze. Qui, nel giro di un mese è annunciata una seconda sentenza della Corte costituzionale, che segue a quella del 1994. E' probabile che il Cavaliere aspetti questa, prima di riorganizzare in qualche modo il settore. 
Bds


1 Giugno 2001 - Pierluigi Coscia lascia il Giornale del Piemonte

Cambio della guardia al “Giornale del Piemonte”. Pierluigi Coscia se ne va. A dirigere il quotidiano panino del “Giornale” di Paolo Berlusconi arriva Massimo Tesio, pubblicista e consigliere comunale (area Forza Italia) di Rivoli.

Non si tratta però di un avvicendamento di routine. Infatti, Coscia (ex Stampa)  è stato giubilato per la sua linea politica non in linea con quella dell’editore. Ma c’è anche un altro problema: il foglio piemontese è in crisi.

Questione di soldi. E a occuparsene in prima persona – con tagli e razionalizzazioni – sarà proprio il neodirettore che è pure vicedirettore generale della società che edita il quotidiano.
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1 Giugno 2001 - Guiglia non convince i redattori del Secolo 

Guiglia non ci convince”. E’ questo il refrain che i redattori del Secolo d’Italia vanno ripetendo all’editore. Già due anni fa, Federico Guiglia (ex Giornale e il Borghese) fu ‘bocciato’ come caporedattore del quotidiano ex missino.

Poi, la sua direzione – questa la tesi dei redattori del quotidiano di An – sarebbe troppo sbilanciata rispetto a quella di Gegé Malgieri. Meglio dunque scegliere un Direttore più allineato: Mario Landolfi che come Malgieri avrebbe lo stesso aplomb lavorativo.

Il Secolo d’Italia si rivela quindi come quotidiano ultrasindacalizzato, dove la scelta di cambio del Direttore passa prima dalla redazione che dall’amministrazione.
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