Trenta righe

Sapete com'e', non sapevamo come piazzare in pagina alcuni pezzetti che ci arrivano. Non sono notizie secche secche. Quelle le mettiamo nel notiziario del mese. Non sono nemmeno lettere. E neanche articoli veri e propri. Sono proprio p'ezzetti brevi. Quindi e' nata questa nuova pagina. Trentarighe. Se poi sono trentuno o ventinove, fa niente. Scrivete, gente, scrivete.
 Finche' si scrive c'e speranza.

31 Maggio 2001 - Voi del Tg5 che rompete tanto...

Appaiono periodicamente lamenti contro Mentana, il TG5, i suoi dirigenti, i suoi capi, capetti e Kapò, veri aguzzini che schiavizzano la redazione godendo dei frutti del sudore altrui. Orbene, vorrei spezzare una lancia. Non tanto in favore di Mentana, che non ne ha bisogno, ma spezzarla proprio sulla capa di colleghi cotanto piagnoni, dal Tenente Colombo, a Genoveffa a tanti altri.

Primo Punto. Vi lamentate perchè siete giornalisti ? Figlioli, questo è uno dei pochissimi mestieri dove ci si arriva non per forza, ma per scelta, assoluta, volontaria, e ricercata. Non è il posto fisso al Ministero cercato in tutti i modi, nè un posto alle presse delle Fiat accettato perchè si deve mantenere la famiglia.

E' un lavoro che vi siete cercati perchè vi piaceva, e avete avuto la possibilità di farlo perchè evidentemente non avevate costrizioni tali da farvi accettare un incarico alle poste o in fonderia. Insomma, vi ci si siete ficcati partendo da una posizione privilegiata, e diciamolo, quella di non dover appunto cercare un lavoro qualsiasi per sbarcare il lunario, ma perchè vi piaceva e ci credevate. Come, e meglio della Polizia e dei Carabinieri, solo che loro rischiano la ghirba per uno stipendio solitamente inferiore al vostro, voi rischiate solo il posto (ma dove? Ma quando mai un giornalista è stato licenziato senza motivo?) se proprio vi dice male.

Fra l'altro avete il raro privilegio di poter fare una professione per la quale non è richiesto nessun titolo di studio specifico, e scusate se è poco. Detta in parole povere: non ve l'ha detto il medico di fare questo lavoro, avevate ampia scelta, ampie possibilità.

E lasciamo quindi che a lamentarsi "in generale" del proprio lavoro sia l'operaio delle presse alla Fiat a 1,5 milioni al mese, il Carabiniere ed il Poliziotto ed un'altra decina di categorie che certo ha tutte le ragioni per dirvi in faccia:"scusa, ma se ti lamenti tu io che dovrei dire?"

Secondo Punto. Vi lamentate perchè come giornalisti vi sfruttano al TG5? Figlioli, il discorso di cui sopra calza a pennello anche qui: ma che ve l'ha detto il medico di restare al TG5? Ed i vostri colleghi che lavorano come "negri" in oscure redazione che dovrebbero pensare, di voi privilegiati che almeno lavorate al Tg5?

Perchè cari amici voi siete dei privilegiati e nessuno al Tg5 può dirvelo chiaramente, ma pagate questo privilegio con i "dispettucci" sindacali e di superlavoro. Ed il vostro curriculum non risulterà forse molto più brillante di tanti altri, proprio perchè ci mettete dentro che siete stati al Tg5? "Ma come, le lotte sindacali, il comunismo, il fascismo, la libertà di pensiero, la democrazia...".

Sono balle buone per altri mestieri e per altri giornalisti, e poi da quando una azienda è una democrazia? Una azienda non deve essere una democrazia, altrimenti non funziona l'azienda, e parallelamente una democrazia non può essere governata come una azienda, ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.

Il punto è che in una azienda, per quanto giornalistica sia, capi, capetti, soprusi, spintoni, e schiaffoni devono esistere, proprio perchè una azienda NON è una democrazia. Come dite? Sono un fascista? O ho solo scoperto l'acqua calda? Fate voi. Come dite? Che avete i vostri diritti e non è giusto che li calpestino? Si e no.

Un mio amico e Direttore (e facciamoli 'sti nomi, Vittorio Zambardino già giornalista di Repubblica, attuale dirigente in Kataweb) da me interpellato quando ebbi la prima occasione di fare un praticantato in una oscura redazione (non era del suo Gruppo per inciso) mi disse: "secondo me ogni tanto val la pena di mangiare un po' di merda".

E di merda nella redazione dove andai (e rifacciamo qualche nome: Enrico Morelli, editore/Direttore di Ville&Casali) ne mangiai parecchia. Scrivevo i pezzi, correggevo le bozze, impaginavo i pezzi al posto dei grafici al computer, portavo le pellicole in tipografia, correggevo le ciano e timbravo addirittura il cartellino in spregio ad ogni norma sindacale: per meno di 2 milioni netti al mese.

Mangiai merda perchè ne valeva la pena, non solo perchè avevo un vero contratto da praticante, ma perchè in effetti ho anche imparato un sacco di cose. Non ci tornerei lì a quelle condizioni, semplicemente perchè adesso posso chiedere di più, ma proprio in virtù di quella merda che ha arricchito il mio curriculum.

E allora, cari colleghi lagnosi del Tg5, perchè non fate uno sforzo, passate sopra al vostro orgoglio, ai diritti sindacali, alle sfuriate di Mentana e continuate ad assaporare la vostra merda, senz'altro ben più pregiata di quella di tanti altri? Oppure, perchè semplicemente non mandate a cagare il povero Mentana, che dopo i vostri discorsi non può che essermi vieppiù sempre più simpatico, e ve ne andate fra gli applausi a scena aperta, come Fantozzi col Megadirettore alla proiezione del film palloso?

Come dite? Che non potete andarvene perchè avete paura di perdere un posto prestigioso? Che è DIFFICILE trovare lavoro di questo tempi? Hmmm, qui la cosa mi puzza. Perchè non è che il Tg5 sia proprio la redazione di Pizza&Fichi News. E' una testata prestigiosa, e voi ci siete entrati o perchè siete stati raccomandati o perchè siete bravi.

Nell'uno e nell'altro caso non dovreste avere difficoltà a trovare un altro posto grazie agli stessi meriti con i quali siete entrati al TG5. Quindi signori, fatemi il piacere: o continuate a mangiare la vostra prelibata merda oppure prendete ed andatavene, ma piantatela di fare i piagnogni.
Enrico M. Ferrari Kataweb


30 Maggio 2001 -  Il movimentato capodanno tedesco

Caro Barbiere, ...dai, facciamoci una risatina! Lo so che non si fa, che ciascuno di noi ha il suo bel fardello di "refusi d'autore" (...chi la fa l'aspetti ed sempre questione di minuti...) e che questo non è il luogo per "toppare" colleghi o redazioni ma l'occasione è ghiotta. 

Stamane, sfoglio "Libero" subito dopo aver appreso della significativa "scoppola" presa da Vittorio Feltri alle elezioni per l'ordine di Milano e mi immagino il volto dell'ineffabile "difensore della professione".

Giunto a pagina 15 (economia) mi soffermo sul boxino intitolato "Euro, con la nuova moneta le aziende rischiano grosso" e leggo testualmente che "il passaggio completo e il ritiro dalla circolazione delle divise nazionali la Germania intende farlo tutto tra il 31 dicembre di quest'anno e il 1° gennaio del 2002". 

E penso ancora alla faccia di Feltri quando si è trovato di fronte questa improbabile rivelazione. Il collega che "c'è finito dentro" ha tutta la mia solidarietà e simpatia per aver provocato un secondo travaso di bile all'elegantissimo. Suggerirei come titolo: "PER I TEDESCHI SI ANNUNCIA UN CAPODANNO MOVIMENTATO".  
Giorgio Silvani...sghignazzante


30 Maggio 2001 -  Il Sole-24 Ore ha un Bloch di memoria

Tutti dietro la lavagna, ceci sotto le ginocchia, i pensosi redattori dell'inserto culturale del Sole 24 ore. Nel numero di domenica scorsa, 27 maggio, a pagina V, hanno "passato" un articolo dello storico Francesco Perfetti in memoria del quinto anniversario della scomparsa di Renzo De Felice senza accorgersi di due svarioni, uno all'inizio e uno alla fine del pezzo.

Perfetti esordisce ricordando i "due tomi" della biografia di Mussolini, che in realtà sono otto. E chiude citando un libro di Marc Bloch, "La grande disfatta", che lo storico francese non ha mai scritto, avendo invece consegnato le sue impressioni sulla vittoria nazista al volume "L'étrange défaite: témoignage écrit en 1940", tradotto nel 1970 in Italia dall'editore napoletano Guida con il titolo "La strana disfatta: testimonianza scritta nel 1940" e ripubblicato nel 1995 da Einaudi. 
Giovanni Drogo


29 Maggio 2001 - Costretti a fare i padri a ore

Oltre a quello di informare, la Stampa ha un altro importantissimo compito all'interno di una società civile e democratica: quello di fare da garante dei diritti dei cittadini e delle minoranze segnalando all'opinione pubblica tutti quei casi di ingiustizia e di violazione dei diritti umani che nascono da pregiudizi, superficialità, incompetenza, o peggio ancora interessi corporativi e di parte.

Purtroppo, se questo è vero in certi casi, non lo è in un settore molto delicato come quello delle pari opportunità fra genitori nelle cause di affidamento dei minori in caso di separazione o divorzio. Il giro di affari di oltre 2000 miliardi di lire all'anno fatto sulla pelle di migliaia di bambini, la ritrosia a mettersi contro corporazioni molto potenti come quella degli avvocati e soprattutto quella dei magistrati, e in sostanza il fatto di condividere con il resto del Paese una cultura di discriminazione sessista che sotto una falsa vernice di pseudofemminismo è in realtà fortemente maschilista, fa si che venga steso un velo di silenzio e omertà su una giurisprudenza vergognosa che ha reso e continua a rendere di fatto orfani di padri ancora in vita centinaia di migliaia di bambini.

Nel 96% dei casi i minori vengono affidati alle madri, in un modo che spesso all'atto pratico toglie ai padri il diritto/dovere di crescere, educare e partecipare attivamente alla vita dei propri figli, trasformandoli a tutti gli effetti in padri ad ore. Si tratta di una situazione assolutamente insostenibile in un Paese che si dice liberale, la quale, oltre a violare il terzo articolo della nostra Costituzione, lede pesantemente la dignità umana di tanti papà e rappresenta una vera e propria violenza psicologica per i minori.

Di tutto ciò l'opinione pubblica non viene informata, anzi, esiste un vero e proprio movimento di opinione nella stampa che tende a cancellare il padre come figura attiva nell'ambito familiare.

Eppure sempre più uomini, in un mondo in cui le donne hanno giustamente rivendicato un ruolo paritario nel mondo del lavoro, pretendono che si riconosca loro il ruolo di genitore amorevole, sensibile e soprattutto presente, rinnegando quella logica perversa che li vuole vedere solo come una fonte di sostentamento economico per la famiglia.
Dr. Dario de Judicibus- Padri ad ore - ICQ: 25257587
eMail: padri.ad.ore@mclink.it Pages: http://www.padri-ad-ore.org


25 Maggio 2001 - Feltri-Abruzzo. Lo scontro finale 2

Per adesso, una cosa sola è certa: se Feltri vince, siederà all’interno del Consiglio di un Ordine che da tempo vuole abolire, come dimostrano le sue campagne pro referendum dei radicali ma, di sicuro, ne dovrà discutere con il suo (attuale) acerrimo nemico, quel Franco Abruzzo che dell’Ordine è invece il massimo difensore e baluardo da anni. Una bella scenetta, non c’è che dire, quella che si prospetta, nel caso di pareggio (roba da Senato paralizzato del 1994…). Ma una cosa è certa: nonostante Abruzzo abbia appena ieri querelato Feltri (cfr. puntata n.1), promette “giustizia, e non vendetta” nei confronti del suo antagonista. Il quale invece pare non veda l’ora di mettere le mani sull’Ordine e di farne strame. Strategia “niente prigionieri”.

Come, dove e perché si vota. Date e numeri di uno scrutinio quasi più decisivo del 14 maggio.

E dunque, Vittorio Feltri contro Franco Abruzzo è la scontro finale, la scelta decisiva, la guerra delle guerre. Corpo elettorale, i giornalisti italiani, posta in palio il Governo dell’Ordine dei giornalisti e nello specifico quello della Lombardia, data delle votazioni 27 e 28 maggio prossimi (ma è previsto anche un turno di ballottaggio, il 3 e 4 giugno), sede degli scrutini l’Unione del Commercio di Milano (sala Orlando, corso Venezia 49), e solo quella (con relative proteste dei giornalisti di tutte le altre province lombarde, che a Milano ci dovrebbero venire in trasferta), tesserino elettorale quello ormai “mitico” dell’Ordine dei giornalisti medesimi, schede da votare tre (rosa per l’Ordine nazionale, arancio per l’Ordine regionale della Lombardia, arancio pure per quella di revisore dei conti), sistema elettorale maggioritario (a doppio turno, appunto). 

Aventi diritti al voto tutti i giornalisti professionisti, esclusi i praticanti, dunque, ma non bisogna dimenticare che nella categoria esistono i giornalisti pubblicisti, che votano anche loro tre volte – per l’Ordine nazionale (scheda gialla), per quello regionale (scheda azzurra) e per il “loro” revisore dei conti (di nuovo scheda azzurra) – e che contano, contano eccome, nel risultato finale. Non a caso, spesso la loro presenza è indispensabile e necessaria per formare ogni maggioranza (i consiglieri dell’Ordine lombardo sono nove, di cui sei sono i professionisti e tre i pubblicisti, ed è al loro interno e non alle elezioni che viene eletto il presidente), ma il corpo elettorale comprende 5 mila professionisti e 10 mila pubblicisti. 

Totale 25 mila, ma a votare vanno in pochi, in 1500 circa. I pubblicisti, che sono la stragrande maggioranza, votano, i professionisti molto meno, e i risultati si vedono all’Ordine nazionale, dove il centinaio di consiglieri eletti di solito soggiace ai voleri dei pubblicisti. Eleggibili, comunque, sono tutti, ma proprio tutti i giornalisti forti di cinque anni di anzianità professionale. Né le liste che si fanno la guerra sono presenti sulla scheda: bisogna annotarsi tutti i nomi, volendo, e scriverli uno per uno, fino a un massimo di 9 candidati.

I “giornalisti liberi”, guidati dal direttore di Libero, all’assalto dell’Ordine e del sindacato.

L’un contro l’altro armati, in Lombardia, dunque, ecco che si affrontano due giornalisti così famosi che al confronto il cavaliere di Arcore e il sindaco Beautiful appaiono due illustri sconosciuti. 

Lo sfidante è “il radiato” Vittorio Feltri. L’ex inviato del Corsera, poi direttore dell’Indipendente, del Giornale e oggi di Libero, l’ultima delle sue creature tutte vincenti dal punto di vista giornalistico-editoriale, ma soprattutto da sempre uomo “di destra”, prima moderata e anticomunista, poi antipartitocratica e filoleghista, oggi violentemente “polista” e antiulivista, è stato candidato a capolista dai leader del movimento “Giornalisti liberi”, il giornalista del Corsera e presidente del Circolo della Stampa di Milano Giuseppe Gallizzi e il suo alter ego Maurizio Andriolo. 

I “Giornalisti liberi” godono di un asse privilegiato con Mario Petrina, da tempo presidente dell’Ordine nazionale, che odia da sempre Abruzzo e che di recente si è clamorosamente alleato con i Radicali (che l’Ordine dei giornalisti hanno cercato di abolirlo a colpi di referendum) alle prossime elezioni regionali siciliane

Petrina potrebbe cedere lo scettro proprio a Gallizzi, se questi dovesse farcela, al Consiglio nazionale, e soprattutto se riuscisse nel colpaccio di far eleggere Feltri in Lombardia e continuare così a “governare” l’Ordine, liberandosi del nemico di sempre, Abruzzo. 

Ma gli sfidanti godono anche di buone entrature nella Fnsi, come dimostra l’entente cordiale con la segreteria e la segretaria della Federazione della Stampa lombarda, Maria Grazia Molinari, e con i “romani” Franco Siddi, vice segretario nazionale, e Lorenzo Del Boca, presidente della Federazione della stampa (nonostante proprio questi potrebbe essere il candidato del centro- sinistra a presidente dell’Ordine nazionale!), oltre alle molte simpatie che Gallizzi e Andriolo riscuotono tra le fila della attivissima e trasversalissima corrente sindacale di “Quarto Potere”, che ha ingaggiato contro l’attuale segreteria della Fnsi una durissima battaglia interna, in particolare chiedendo un “referendum” di tutta la categoria sul contratto appena firmato con gli editori.  

Quarto potere predica l’astensione, ma di fatto attacca, come si legge nella sua mailing list. Insomma, una vera e propria “santa alleanza”, quella che si profila, una sorta di neo “Casa delle Libertà” giornalistiche, ricca di leghisti e forzisti doc, ma anche di ex democristiani, ex socialisti e persino di tanti ex comunisti, che mira da un lato a “conquistare” l’Ordine dei giornalisti, della Lombardia e, dall’altro, a vincere il futuro congresso Fnsi, previsto per l’autunno, durante il quale vuole dare scacco matto a un “centro-sinistra” che, dopo la firma del contratto, crede alle corde. 

Milano (e Roma)-Ulivo si difendono come possono: ma è proprio vero che chi governa perde?

Ecco, appunto, “la sinistra”, il centro-sinistra, o quello che ne resta. La lista si chiama “Riformare per informare”, sostanzialmente è formata dai rappresentanti dell’area che oggi è al governo della Fnsi, “Nuova Informazione-Gruppo di Fiesole”, a Roma come a Milano guidata da Marina Cosi, vicesegretaria nazionale Fnsi e porta come proprio capolista, appunto, “Ciccio” Abruzzo. 

Socialista
tutto d’un pezzo, anche oggi che vota il Girasole e l’Ulivo, un vero beniamino della categoria, nome e volto noto al grande pubblico dei giornalisti sia per il suo passato (redattore e poi caposervizio prima al Giorno e poi al Sole 24 ore, oggi è in pensione, ma la sua vita l’ha costruita dentro le istituzioni della categoria: è consigliere dell’Ordine dal 1986 e suo presidente dal 1989) che per il longseller Codice dell’informazione (universalmente e meglio noto come “l’Abruzzo”). 

Quest’ultimo, stampato e ristampato in migliaia di copie, è una sorta di “Bibbia” per i tutti i giornalisti che devono sostenere l’esame d’ammissione alla categoria. Ma il presidente dell’Ordine lombardo, che non si spaventa certo a finire sotto i riflettori e rilascia torrenziali e minuziose dichiarazioni su ogni ramo, articolo di codice e aspetto della professione che possa o debba richiedere un suo intervento, oggi è di nuovo sotto i riflettori e sotto accusa per il recente “caso Feltri” (prima lo ha radiato, poi ha sostenuto che bastavano le sue “scuse”), per l’antico “rito lombardo” (è Abruzzo che ha garantito a migliaia di colleghi il cosiddetto “praticantato d’ufficio”), ma dagli avversari ha dovuto subire anche insinuazioni sui presunti “sprechi nei conti dell’Ordine. Abruzzo si difende da leone (“Feltri doveva presentarsi davanti al consiglio: mi sarebbe bastato...”; “i bilanci sono rivisti da una società di consulenza e pubblici: sfido chiunque a trovare gli sprechi!”: “io non ho eserciti o peones alle spalle, solo il riconoscimento del lavoro svolto per i colleghi, per la Scuola di giornalismo, il nostro fiore all’occhiello, per i dossier e le informazioni utili pubblicate sul bel mensile dell’Ordine, Tabloid, e sul sito, http://www.odgmi.it/) e capeggia orgoglioso la “sua” lista. 

Tra i nomi noti candidati al Consiglio regionale, l’ex inviato e “volto” Rai Bruno Ambrosi, l’ex caposervizio Ansa Sergio D’Asnasch, l’ex caporedattore di femminili Letizia Gonzales (tutti consiglieri uscenti), il vicepresidente dell’Ordine lombardo Brunello Tanzi per la lista pubblicisti, mentre tra i candidati al Consiglio nazionale professionisti i suoi nomi di prestigio sono quelli di Pierpaolo Bollani, Maurizio Bono, Stefano Jesurum, Gianni de Felice, Fabio Felicetti, Emilio Pozzi.

Solo che i “rinnovatori”, un tempo noti come “gruppo di Fiesole”, oggi al governo, alleati proprio con Abruzzo e i suoi, temono proprio di seguire le sorti dell’Ulivo. Tanti anni di governo e di fatica, trattative lunghe ed estenuanti per firmare un contratto contestatissimo e produrre una buona riforma della professione, mai varata.

Risultato, molti successi, e qualche buco nell’acqua. Ora, la parola spetta agli elettori. Abruzzo e il “centro-sinistra” si sono mobilitati via Rete e col passaparola per cercare di fermare la nuova “onda nera”. 

Feltri e i suoi rilasciano dichiarazione dai “loro” giornali e giornaletti (da Libero al… Giornale dei giornalisti) Sembra davvero di assistere alle ultime settimane di scontro Rutelli-Berlusconi. E ai loro accorati appelli al voto.

“Voglia di cambiamento”, gridano i giornalisti liberi. “Difendiamo la deontologia professionale e il diritto di sciopero”, ribatte Abruzzo, che ricorda: “Nei giornali di Feltri non si sciopera, gli editori non aspettano altro, dopo le elezioni…”. Come dire, “fermate l’onda nera”. Sperando che, stavolta, l’affluenza alle urne possa servire. La parola ai colleghi.
Ambrogio


25 Maggio 2001 - L'amore in 1.800 battute

Dice, voglio fare il giornalista. Già, il problema sono “i sogni di bambino”, quelli in cui “la chitarra era una spada e chi non credeva era un pirata”. Per chi ha “intorno ai trent’anni”, quando sognavi di fare il giornalista credevi che avresti ticchettato su una macchina da scrivere. 

“A raccontarlo oggi, non sembra neanche vero”, e va bene. Ma soprattutto, da ragazzo credevi che avresti scritto lunghe articolesse, succosi reportage, brillanti inchieste. Cioè, chi mai ha sognato di comporre “Trenta righe in cronaca”? 

C’erano e ci sono, certo, ma pochi, in verità (E sono pronto a sfidare in singolar tenzone chi sostiene il contrario). Una generazione prolissa, prima che disimpegnata, dunque. Fin qua, andrebbe anche bene. Nel senso che uno, alla fine, s’adatta. “Si butta su Internet”, impara il “dono della sintesi”, rinuncia a voler diventare “un grande inviato” (speciale, specialissimo). E giù a scrivere articoli brevi, brevissimi (persino il barbieredellasera raccomanda: “Non più di trenta righe, ragazzi!”), molti neretti per rendere più agile la lettura, frequenti accapo per farla più ariosa.

Già. Però, se succede che una con cui stai ti molla, cosa fai? Le scrivi una bella e-mail? O un sms? No, le scrivi una lettera. A mano, s’intende. Poi va fino in Posta (e chi ci va più alla Posta, oramai), comperi il francobollo e lo imbuchi nella cassetta delle lettere

Dopodiché aspetti che – la lettera – arrivi. Dice, ma non si fa più. Ecco, appunto, è proprio questo il problema. Che non si fa più, amici (che colleghi mi pare eccessivo…). E dunque? E dunque, vorrei che qualcuno mi assumesse perché scrivo SEMPRE più di trenta righe, perché sostengo che un mondo complesso abbisogna di risposte complesse, perché ogni volta che racconto qualcosa mi chiedo: come ci sta, in una pagina

Ps. Trenta righe, t’insegnano subito, sono 1800 battute. Ne ho scritte 2008, di battute, spazi inclusi. 200 in più, riga più, riga meno. Provateci voi, a raccontare di “un amore” in 1800 battute spaccate.
Giovanni dalle Bande Nere


25 Maggio 2001 - Il futuro lo prenderemo nel didietro

 “Chi potendo dire una cosa in dieci parole la dice in venti, lo credo capace di cattive azioni”.
(bella, la frase, il problema è che l’ha detta Giosué Carducci…)

Stamane non avevo una lira in tasca, peggio di un barbone. Neanche la pizzetta in panificio, mi potevo permettere. Figurarsi i soldi per i giornali. Li leggerò in redazione, quando arrivo per il mio “tempo parziale”, mi consolo (tanto poi non li leggo uguale: ascolto la radio, navigo su Internet, e di sera, o meglio di notte, “recupero” il senso della giornata con i tg in replica e le rassegne stampa. 

Così, sostanzialmente, dei giornali leggo solo i titoli, quelli del giorno dopo. Mai di quello in corso). Poi,  mentre arranco verso la fermata della metropolitana, vengo assalito dagli strilloni (eh, già, che dicono dicono “la new economy”, ma sono ricomparsi gli strilloni, come nell’Ottocento) che mi vogliono “ammollare” chi una copia di Metro, chi una copia di Leggo

Li prendo entrambi. Succedeva già a Roma (città oramai molto più al passo con i tempi), succede ora anche a Milano. Dopo gli svedesi col loro quotidiano verdino, un vero successone, ora sono sbarcati i fratelli Caltagirone, romani, romanissimi, ma insomma anche loro che hanno lanciato un quotidiano gratuito, bianchiccio. 

Pare che il Corsera stia per fare altrettanto. Il Giornale pure c’aveva provato, in combutta con i norvegesi, ma lì è andata male. Tanto, sempre dei giornalisti (bravi e italianissimi) li fanno. Free press, pare si chiami. 

Leggo
Dovevano distribuirlo “solo” nelle stazioni dei treni, ma sono rapidamente passati ad invadere anche gli ingressi delle stazioni della metrò, appunto. Bene. O meglio, male. E già, perché succede un fatto curioso, nel ventre della metropoli. Che molti leggono, di più o proprio da zero. 

Gente tipo studenti, commercialisti, casalinghe, operai, immigrati, persino. Già, ma “cosa” leggono, mi chiedo. Molta cronaca (bianca e nera), tantissimo sport, curiosità di ogni tipo, brevi dall’Italia e dal mondo, lettere flash e, naturalmente, chili di pubblicità. Ribene, o meglio rimale. 

Perché poi uno arriva in un posto di quelli dove votano tutti a sinistra, dall’amministratore delegato alla segretaria di redazione (e dunque col cazzo – con licenza parlando – che rappresenta il Paese) e, sfogliando la mazzetta, scopre, nell’ordine: che la Francia si vuole mangiare la Montedison, che Berlusconi e Bossi litigano, che Alessandro Natta è morto. 

Natta chi? Appunto. E allora uno si domanda: ma perché, su Metro e su Leggo, queste notizie non c’erano o erano ridotte a miseri francobolli? In compenso, ora so tutto sul nuovo allenatore dell’Inter, sulle modelle violentate, sui taxi in rivolta. Tutto, s’intende, in pillole. Che scrivere più di 10-15 righe, proprio non si può, proprio non si deve. Ma siamo sicuri che il futuro ci sta venendo incontro e non ci sta semplicemente andando in culo?
Giovanni dalle Bande Nere


24 Maggio 2001 - Feltri contro Abruzzo, lo scontro finale

La guerra tra Vittorio Feltri e Franco Abruzzo, entrambi candidati da due liste contrapposte alla presidenza dell’Ordine della Lombardia, elezioni che si svolgeranno il 28/29 maggio (e il 4/5 giugno) prossimi, è al rush finale, ma sta assumendo toni davvero da “scontro finale”, “civiltà contro barbarie”, e chi più ne ha più ne metta.

 “Arma fine del mondo”, tanto per cambiare, il “caso” pedofili e stampa. Mercoledì 23 maggio, Feltri scrive sul suo giornale Libero nella rubrica che compila tutti i giorni, Caffeina (una sorte di Controcorrente di Montanelli in sedicesimi): “I pedofili della Brigata pretoriana in un documento sequestrato dagli investigatori sostengono che “i nemici da eliminare sono alcuni carabinieri, ma anche sacerdoti e magistrati’. E i giornalisti? A quelli provvedono Abruzzo e i suoi pretoriani”. 

A rincare la dose, Feltri scrive nell’editoriale “Chiudere gli occhi è una colpa” che “i pedofili… troveranno sempre un papaverino come il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Ciccio Abruzzo, disposto a decapitare professionalmente chi denuncia e documenta la vergogna, agevolando (oggettivamente) chi l’ha compiuta. Per fortuna il vento è cambiato”. 

Franco Abruzzo
, che da giudice di Feltri nel caso pedofili dell’estate scorsa si sente oggi imputato, non ci sta e querela Feltri e Libero sia in sede civile che penale. Il giorno della “resa dei conti” è vicino. E stavolta, dicono le scudisciate di Feltri e le querele di Abruzzo, non si faranno prigionieri. Se Feltri vince, manderà all’aria l’Ordine e, se gli riesce, anche il sindacato. Se vince Abruzzo, Feltri sarà sottoposto ad altri procedimenti giudiziari. E il centrosinistra tirerà un sospiro di sollievo. 

Con Feltri, padri, figli e fratelli consiglieri dell’Ordine: da accusatori a supporters.

Neanche Clemente Mastella, il “ras di Ceppaloni”, sarebbe stato capace di tanto. Domenico Tedeschi e Damiano Nigro erano stati tra i più ferventi sostenitori della “radiazione” di Vittorio Feltri e non della semplice “sospensione”, come pure il presidente dell’Ordine lombardo, Franco Abruzzo aveva chiesto e come peraltro era avvenuto in ben otto casi precedenti nei quali l’Ordine lo aveva già “giudicato”. 

Nel corso della tormentata seduta, Tedeschi e Nigro usarono parole pesantissime contro il direttore di Libero: “Altro che radiazione, per gente indegna come lui ci vorrebbe la fucilazione!”. 

Feltri venne processato (sostenne l'accusa Bruno Ambrosi, uno dei pochi che non si è mai pentito, in nessuna sede, della decisione presa…), giudicato colpevole e condannato dall’Ordine, nella sua veste di “tribunale dei giornalisti” in quanto ritenuto reo di aver pubblicato, alla fine delle scorsa estate, varie, scabrose e raccapriccianti immagini di pedofilia (la scelta della pubblicazione di immagini choc di pedofili, a dir la verità, venne compiuta anche dall’allora direttore del Tg1, Gad Lerner, che poco dopo a causa delle polemiche che ne seguirono, si dimise dall’incarico e dal suo collega Rizzo Nervo del Tg3, entrambi peraltro “assolti” dai rispettivi ordini di competenza, quello piemontese e quello romano) sul suo quotidiano, Libero

L’Ordine dei Giornalisti radiò Feltri con il voto determinante dei due, anche se alla fine il voto fu all’unanimità, ma proprio loro sono oggi tra i suoi più ferventi sostenitori alle… elezioni del Consiglio direttivo e del presidente dell’Ordine della Lombardia (elezioni a cui Feltri può concorrere solo in quanto la sua “radiazione” dall’Albo lombardo, decisa il 20 novembre 2000, è stata poi sospesa dall’Ordine nazionale, quello “romano”, il 30 marzo scorso). 

Tedeschi, infatti, si candida con la stessa “cordata” che sostiene Feltri, solo che tra i pubblicisti, come pure il figlio, Giuseppe, la stessa scheda dove, volendo, si può votare anche per Nigro. Sempre in tema di alberi genealogici, il fratello del presidente del Circolo della Stampa -  capocordata di Nigro e Tedeschi, nonché aspirante candidato alla poltrona di presidente dell’Ordine nazionale Giuseppe Gallizzi - Stefano (lo stesso che è andato a fare il “commissario d’esame” a Roma, all’ultima tornata, forte della sua licenza media…) si candida pure lui all’Ordine nazionale. Ieri, i Gallizzi, erano alleati di Abruzzo, oggi lo sono di Feltri. Da suoi spietati accusatori a grandi elettori, dunque. Un capolavoro di trasformismo (professionale e anche politico) non c’è che dire.

Come Berlusconi, Feltri ha con sé i media. Abruzzo, come Rutelli, inonda i colleghi di email.

Libero, naturalmente, la sua creatura, pubblica un giorno sì e l’altro pure veri e propri spot elettorali travestiti da articoli a favore di Feltri. In essi, gli attacchi ad Abruzzo, definito “ras delle tessere”, si sprecano, ma non viene risparmiata neppure la Scuola di giornalismo di Milano, definita “un serbatoio di voti e clientele per Abruzzo”. Peccato che gli allievi dell’Ifg, come tutti i giornalisti praticanti dell’Ordine, non possano votare. 

Né per Feltri né per Abruzzo. A fare campagna elettorale per Feltri è sceso anche il quotidiano di solito “bipartisan” di Giuliano Ferrara, il Foglio. Ma parlando del “sodale di Abruzzo, Bruno Ambrosi”, nella foga di additarlo come “pericolo comunista”, lo definisce “consigliere regionale del Pds”. 

Ambrosi sedette al Pirellone, ma per il Pci. E, naturalmente, in anni molto lontani. Feltri, intanto, usa a mo’ di clava anche le tv, naturalmente. Italia 1, dove è ospite fisso dei talk show di Mario Giordano, ma anche le migliori emittenti locali. Da Telelombardia, diretta dal suo amico Daniele Vimercati, a Telepadania, e fino ad Antenna 3, dove un altro suo amico, Stefano Zecchi, ha fatto pubblica dichiarazione di voto per lui. E dove lo stesso Feltri ha una rubrica settimanale. 

Cosa resta ad Abruzzo? Inondare i colleghi di e-mail. Arrivano a tutti i giornalisti della Lombardia, che già non ne possono più di essere inondati di posta. Il messaggio è sempre uguale: come e dove si vota, la lista con i nomi da votare, gli appelli al voto  in nome della “riforma e non dell’abolizione dell’Ordine”, del “diritto di sciopero”, “delle libertà”. 

La componente che spalleggia Abruzzo ha cercato i fondi per stampare i volantini, autotassandosi, costo 5 milioni. E chiede: “Chi finanzia Europress, ‘giornale dei giornalisti’, 8 pagine formato A4, carta patinata e a colori, che sembra il giornale del Circolo della Stampa, in quanto fatto da Gallizzi, e che raggiunge le case, in spedizione postale, di tutti i giornalisti lombardi?”. Insomma, lo scontro sembra proprio quello Rutelli contro Berlusconi. L’uno povero e sospettoso, l’altro ricco e protervo.

Le incoerenze di Feltri. E quelle di Abruzzo. Scampoli di una campagna elettorale al vetriolo.

Insomma, una campagna elettorale al vetriolo. “Benvenuto, don Emilio”, scrive il foglio dei “Giornalisti liberi” Europress. Trattasi di don Emilio Pastormerlo, direttore dell’Araldo lomellino, candidato all’Ordine regionale e nazionale, lista dei pubblicisti, nella lista di Feltri e Gallizzi. Già, peccato che la Federazione italiana settimanali cattolici, “in cui il sacerdote attivamente s’impegna”, sia sul punto di espellerlo, dopo che la Curia si è accorta della sua alleanza con Feltri... 

Sempre su Europress, un’altra perla. “Quante fughe dalla scuola”, scrive l’house organ di Gallizzi (e rincarano i giornalisti di Libero, molti usciti proprio dall’Ifg…), “serbatoio di voti di Abruzzo”. Gigi Speroni, valente storico e giornalista non certo di sinistra, ma direttore dell’Ifg di Milano, ha sporto querela contro Gallizzi e il suo giornale per aver insinuato che gli allievi “fuggano” dall’Ifg, senza dire che uno dei candidati di Gallizzi, tale Fabio Benati, chiede la chiusura delle Scuole” di giornalismo, ma è proprio all’Ifg che ha insegnato, ben retribuito, corso di comunicazione pubblica. 

Certo anche Abruzzo ha le sue contraddizioni. Con Petrina è stato sempre muro contro muro, ma lui e Gallizzi sono stati a lungo alleati, nell’Ordine lombardo. Poi, molti anni fa, la rottura. E Abruzzo, che i “pasdaran” della sinistra non li ha mai amati, è finito fianco a fianco ai “comunisti” lombardi. Ma non sempre, sinistra e Abruzzo si sono trovati d’accordo sulle decisioni da prendere e anche sulle alleanze da fare, in seno all’Ordine e al sindacato. 

Insomma, quasi peggio del rapporto Margherita-Ds o di quello Ulivo-Rifondazione. Anni di litigi, incomprensioni, dissapori, crisi. Poi, oggi, di fronte al pericolo della “marea nera” che sale e che salda il vecchio gruppo socialista e democristiana (minoranza all’interno dell’Ordine, maggioranza all’interno del sindacato lombardo) al nuovo leghismo e berlusconismo feltriano, come d’incanto le vecchie ruggini si sono appianate e il “fronte democratico” che parte dal socialdemocratico Abruzzo e arriva fino ai trotzkisti si è riunito. 

Già, ma basterà?  Per ora, i due fronti –  quello dei “Giornalisti liberi” che ha dato il via alla “caccia al comunista” e quello di “Riformare per informare” , che paventa “fascisti ed editori alle porte” - stanno vivendo ore convulse fatte di comunicati e controcomunicati, querele e controquerele, accorati appelli al voto via mail (Abruzzo) e articoli di giornale e giornaletti a gamba tesa (Feltrii). E tutti a chiedersi come voterà tizio, come voterà caio. E chi, alla fine, vincerà “lo scontro finale”.
Ambrogio
(Segue domani. O se non abbiamo tempo, dopodomani)


24 Maggio 2001 -  Il talento di Mrs Linarea

Come umile ragazza del bar mai mi permetterei di suggerire ai signori giornalisti una navigazione nei forum post elettorali aperti su Internet. Ogni testata ha il suo. E quindi ognuno ha il polso della situazione?

La domanda mi ha intrigato e ho cominciato a navigare saltellando da una sponda all’altra, scoprendo che il forum (anzi i forum) più vivace è quello dell’Unità.

Chiedo scusa a Repubblica, soporifera, mi perdoni il manifesto, impastoiato in uno scontro tra bertinottiani e ulivisti senza soluzione, non mi perdoni Forza Italia che non riesce (anche per motivi tecnici) a rendere quanto meno interessanti le sequele d’insulti tra bertinottiani e forzitalici.

Per capacità tecniche e per tipologia di presenze i forum dell’Unità surclassano tutti. Il merito, oltre ai tanti partecipanti che ben raccontano le multiformi anime della sinistra e a un’agile scelta che permette di colloquiare come si fosse in una chat, va al nick linarena.

Apparentemente si configura come una ragazza di vasta esperienza politica – ha militato nell’estrema sinistra - convertita da Berlusconi e immolata alle sacre cause del diritto. Legge tutta la stampa di sinistra – in particolare Liberazione - e presenzia a tutti i dibattiti di Catania. Riesce con la sola forza delle sue parole a far incazzare tutti. E’ il più grande moderatore di forum attualmente su piazza.

Inseguendo le indicazioni fornite da lei e dai suoi detrattori non è stato facile raggiungerla. Farà piacere ai colleghi dell’Unità sapere che:

linarena altro non è che l’avvocato Lina Arena di Catania, dello Studio associato in economia globalizzata con tanto di Tom and Jerry che si prendono a mazzate come logo sulla carta intestata. La sua famiglia vanta fior fiore di onorevoli e di sindaci, lei stessa conosce bene il vecchio Pci ed è una liberale convinta. Fiore all’occhiello della signora – è sposata, con un figlio che vive e studia a New York - è essere riuscita a mandare fuori testa persino Marco Pannella, almeno ai tempi in cui era radicale.

Ora. Possibile che una donna così simpatica non interessi a nessuno? Quello che lei definisce ‘l’unico editore che c’è dalle nostre parti’ –
Mario Ciancio - non le dà spazio perché pretende che lei s’adegui. E linarena non s’adegua a nulla né a nessuno, centro, destra o sinistra che sia. Non vuole fare la giornalista perché disprezza l’Ordine (e poi, come sostengono alcuni detrattori scrive maluccio), ma vanta esperienza editoriale.

Chi fosse interessato a vivacizzare spenti forum della periferia Internet è vivamente pregato di contattarmi o contattare l’Unità - forum. Con linarena in linea il successo è garantito, ma tenete presente che ha bisogno, per dare il meglio, di un sistema simile a quello dell’Unità. Tenuto presente che le migliori esternazioni le vengono di notte…
La ragazza del bar


23 Maggio 2001 - Senza offesa per i cani

Non so se il dibattito e' ancora aperto, ma come ex-allieva dell'IFG, non posso non essere d'accordo con Massimo Meliadò. Sono arrivata in una piu' che buona posizione dopo le prove d'ammissione all'IFG di Milano nonostante una madre 'solo' casalinga, un padre 'solo' ingegnere, nessun parente che abbia scritto al di fuori del giornale parrocchiale o di quartiere.

Quando ho sostenuto l'esame, temevo di non farcela perche': a) non ho la Laurea; b) non avevo raccomandazioni di sorta; c) non ho mai - neppure ora da professionista - avuto grandi collaborazioni.

Eppure, ce l'ho fatta. Adesso non sono in un grande Posto, ma le cose cominciano a girare anche se non ho grandissimi appoggi. Ho un posto, un posticino, insomma una collaborazione da schiavetta...

Ma abbastanza buona, e saltabecco qui e la' come tutti i giovani colleghi. O quasi, perche' e' vero che ci sono i raccomandati o chi va per altre vie e arriva prima. Pero' volete mettere la soddisfazione? Certo, c'e' tra me e i compagni con cui sono rimasta in contatto, il sospetto che alcuni di noi non ce l'abbiano fatta in generale proprio senza spinte.

Ma... Qualcuno, proprio l'altro giorno, ha ottenuto l'assunzione in un bel settimanale da sola, qualcuno mi chiama e mi dice che ho un buon curriculum, qualcuno ce la fa lo stesso. Non credo che, almeno all'IFG, in percentuale ci siano piu' raccomandati che altrove... Qualcuno degli esclusi in altre selezioni puo' bellamente recriminare, e con ragione, perche' altri sono passati davanti con pieno merito. Ma questo accade ovunque, e' triste, ma e' cosi'. Pero' ci sono altri che sono passati solo per bravura e sforzi...

Tenete duro, non rinunciate alla professione. Perche' ieri sera, un esimio collega che dal '69 a oggi ha fatto moltissima strada da solo, ha definito l'attivita' giornalistica una "malattia". Sottoscrivo in pieno, ed e' inguaribile. Chi vuole fare il giornalista davvero, lo e' gia'. Anche se lavora in una redazione on-line non registrata all'Ordine, anche se fa la fame a meno di non lavorare 20 ore al giorno, lo e' gia'.

L'IFG e' un aiuto a diventare un professionista, e per qualcuno anche ad avere un contratto. Ma non e' l'unica via. E un raccomandato cane resta sempre un cane. Senza offese per i quattrozampe.
Azzurra


19 Maggio 2001 - Rai. Cosacchi, Pontieri, Illusi, Causidici

Silenzio. La prima cosa che assale nell’entrare a Viale Mazzini, e’ il silenzio. E porte chiuse. Corridoi vuoti. Il prode Nicola, il cameriere del bar, ci gira con il suo vassoio come il bimbo di Shining sul suo triciclo. Anche a mensa si respira un’aria da colonia estiva per bambini sfortunati: pasta aglio,olio e peperoncino, crostini di pane da galera con una lacrima di pasta d’acciughe, insalate che sono piu’ che altro simpatiche avventure al  bioparco, stracchino invecchiato come un brandy, fette di torta che odorano di baccala’. Nemmeno a tavola si parla piu’, perche’  se c’e’ un estraneo non si sa mai come la pensa, e se c’e’ un amico non si sa come ha cominciato a pensarla. Spiace disilludere chi si aspettava un dopo elezioni scintillante di dialettica e confronti.

Ma nel silenzio spicca anche quello dei vincitori. Non ci sono state scene di esultanza, nessuno che si sia avvoltolato nella bandiera come nel’94 , come crisalide che sta per diventare farfalla. Alti lai, invece, si odono appoggiando l’orecchio alle porte chiuse: sono creature di Forza Italia e di An che fanno il giro degli amici importanti lamentando i torti subiti dai cosacchi.    

Eppure qui, per la serie “Miracoli”, c’e’ chi con l’Ulivo e’ diventato perfino  Vicedirettore. Si lamentono e temono, le creature che hanno vinto, perche’ non tutto e’ tranquillo, non tutto e’ chiaro…Lotte terribili, titaniche e crudeli, spaccano la compagine dei vincitori e trasformano i sorrisi in ghigni, le parole in soffi,  le bugie in verita’ e le verita’ in bugie…Tante le domande: chi verra’ al posto di chi? A quale carro conviene attaccare la propria “speranza di un mondo migliore”? Metti che e’il carro sbagliato? Metti che il Cavaliere gli sega le ruote? Metti che mi trombano prima? Metti che mi trombano dopo? 

Soprattutto c’e’ un proponimento annunciato dai vincitori che travasa terrore nei cuori degli Uria Heep aziendali:”Avremo rispetto delle professionalita’”. Addio. Quali teste sono sul menu’? Non si puo’ sapere, anche  perche’ le famose liste di proscrizione di Gasparri non girano piu’…Per evitare guai , quelle ed altre sono state affidate alla tradizione orale per non mettere in giro documenti compromettenti. E poi, in questo periodo, c’e’  da temere piu’ le vendette degli amici che quelle degli avversari.

Ma vediamo di capirci qualcosa, fare un po’ d’ordine nobilitando le creature in categorie. 

In prima linea ci sono i Pontieri: gente di sinistra che spiega a quelli di destra quanto gli puo’ essere utile per il credito che ha dalla sua parte …Come dire:”siamo i Migliori per i migliori”. Togliatti si frulla nella tomba, ma fino a che non se lo ritrovano alla porta di casa che li prende per la collottola non se ne preoccupano. Dato comune: hanno cominciato a partecipare alle cene della destra da almeno sei mesi, ma non hanno mai dimenticato di pranzare con la sinistra. 

I Travestiti. Viados della politica, passano da sinistra a destra come un liquido in vasi comunicanti. Se gli dici:”Ma non eri…?” ti guardano come un leghista guarda un albanese . Dato comune: meglio non chiedere (e non chiedersi) da dove vengono e dove vanno. Qualsiasi cosa dicano, comunque, non “vengono da lontano e non vanno lontano”. Forse. Dato comune: difettano di etichetta perche’ non sanno cosa sia l’etica. 

Gli Irriducibili sono quelli di sinistra che si sentono gia’ ammucchiati in uno Stadio e  quelli di destra che ringhiano “bisogna cacciarli tutti a calci!”. Quelli di sinistra godono fisicamente nel criticare la Rai. Dicono tutto e il contrario di tutto, ma principalmente che: “i vertici hanno sbagliato”. Dato comune: sanguigni, rischiano lo “schiuppun” , consumano casse di Maalox e somatizzano col mal di testa.I Tiepidi. 

Sorridendo dicono, ma soprattutto pensano, che “tutto si aggiustera’ nel modo migliore”. Dato comune: beati loro. Sono i parenti poveri dei Navigatori, vera categoria eletta. 

I Navigatori hanno vissuto ben altre procelle. Placidi come quello del Tonno Nostromo, dicono:”Vedremo”, ma hanno gia’ visto tutto e hanno gia’ chiara la situazione. Dato comune: li chiamano aziendalisti.  

Gli Illusi: pensano di aver fatto qualcosa , professionalmente e personalmente, per la quale saranno ripagati. Naturalmente saranno i primi a essere fatti fuori, usati e  cannibalizzati da Pontieri, Travestiti e Navigatori. Democraticamente pero’, che siano impiegati, giornalisti o alti dirigenti. Dato comune: hanno una cultura da boys scouts e un po’ gli somigliano pure.  

I Causidici , o quelli che aspettano di far causa. Anni fa, dopo una serie di nomine, Letizia Moratti si ritrovo’ con una sfilza di cause di persone che pensavano di aver ricevuto un torto dall’azienda. Le cause furono tutte regolarmente perse dalla Rai e dunque i Causidici  vivono nel mito di questi illustri predecessori che, vinta la causa, o sono tornati al loro posto o hanno avuto ovattate e dorate sine cura dove aspettare tempi migliori. Dato comune: l’avvocato D’Amati si sta gia’ sfregando le mani.
Topo Gigio e Fievel
 


21 Maggio 2001 -  Non lo faccio per soldi

Carissimo Ernesto Mauri e adorabili responsabili de La Sette. Ho sentito parlare dell’irresponsabile rifiuto di Mentana. Vi sono vicina in questo momento di vuoto dirigenziale. Francamente io resterei volentieri giornalista disoccupata/free lance–perché è la professione del futuro- ma per vari motivi mi vedo costretta a trovare un lavoro.

A me bastano cinque miliardi lordi. Non è una questione di soldi, perché con quel tanto di marchette che faccio al giorno (per non dire all’ora) l’offerta non è molto allettante, ma mi presto per il gusto della sfida.

A me di fare un nuovo tg indipendente, da subito autorevole, una sfida esaltante non frega niente. Se vi va bene Berlusconi mi faccio Berlusconi, se preferite Rutelli va bene Rutelli e, al limite, se decidete che devo farmi Buttiglione, non mi piace, ma mi faccio pure lui…

Per Mentana il problema era che il tg con gli anni non era più suo, non più patrimonio dell’azienda, ma patrimonio comune fin dall'inizio legato ai telespettatori - fatto che gli assicurava il mantenimento dell'indipendenza e la libertà. Ed eccola, la sua sfida: rimanere indipendenti anche ora che Silvio Berlusconi è al governo. Lo ammiro, forse condivido, ma sono più dalla vostra parte che dalla sua.

E’ questo il nocciolo del problema: come cavolo fate ad assumere per sette miliardi lordi come dipendente uno che vuole restare indipendente? Io mi offro per due miliardi di meno come dipendente in assoluto

Siete a New York e volete un cornetto alla romana? Prendo l’aereo e ve lo porto. Preferite una brioche alla francese? Viaggetto a Parigi e in un battito di ciglia l’avete. Volete un servizio completo (cappuccino, zucchero, latte freddo a parte, croissant e uovo alla coque)? Sono qua per questo. In più posso fare pastoni, commenti, anche pompati (ma, se non volete che esageri, più piccini), servizi televisivi e audio, servizi audiotelevisivi per non udenti e non vedenti, notizioline, redazionali e persino leggere il meteo (come leggo il meteo e gli oroscopi io…).

A convincermi a chiedervi questo posto di lavoro sono le numerose mail che ricevo da tutti i casinò virtuali a cui mi sono collegata in questi anni e che fanno di me la ‘novella Fede’ del ventunesimo secolo.

Insomma, meglio di così non vi può andare. Risparmiate due miliardi e ne prendete due con una. Ringraziando sin da ora per la vostra cortese assunzione. Cordialità
La ragazza del bar

Siamo a dir poco costernati. Che la nostra Ragazza del Bar faccia capire in piazza che il Barbiere della Sera ormai le sta stretto e che pur di andare a La Sette accetterebbe anche cinque testoni lordi, ci umilia non poco. Ma che volete fare... E' destino che i giornalisti del Barbiere facciano carriera. I giornali non fanno altro che fotterci i collaboratori. Vogliamo piantarla per favore?
Bds


19 Maggio 2001 - E perche' non "parrucchiera della sera"?

Caro Barbiere della Sera, in tempi di pari opportunità, oltrechè di par condicio, mi domando: perchè non Parrucchiera della Sera? Sento odor di maschilismo, pur non essendo io una femminista, se non altro per ragioni anagrafiche: quando il femminismo è nato, io, come dice mio padre, non ero nemmeno nei suoi sogni. Forse ‘parrucchiera’ richiamava l’idea di pettegolezzi vacui, più che di seriose riflessioni? Probabilmente è vero: le chiacchiere dalla parrucchiera sono spesso critiche acide, le chiacchiere dal barbiere sono franche, sono cose chiamate col loro nome, fosse anche scurrile. Ma ti riconosco una classe che farebbe invidia al miglior salone di coiffeur des femmes.

Mi chiedo, comunque, se una parrucchiera ti servisse: io mi offro volontaria. Un termine che mi è molto familiare. Non perchè sia arruolata in qualche esercito, ma perchè di volontariato mi occupo, essendo un'aspirante giornalista nemmeno pubblicista. Quindi di un esercito, in effetti, faccio parte: quello composto dai molti e di più che vogliono fare questo mestiere. Ho fatto anche qualche stage (elegante termine dalla pronuncia francofona che nasconde sempre lui: il volontariato. Anche detto gavetta. Anche detto farla nel biiip gratise per un numero imprecisato di anni). Gli stage, però, li ho svolti solo presso vari Uffici Stampa. Nelle redazioni ho scoperto, con profondo rammarico, che è infinitamente più difficile accedere.  

Visto che questo sito sul volontariato si regge, io mi offro come parrucchiera, giacchè lavate di capo ne ho ricevute, ma ne ho anche fatte. Forse perfino troppe per i miei 22 anni. Non me la cavo molto bene con le tinture, che coprono il candore della verità e dei capelli bianchi. Ma pare che in questa bottega siano bandite, quindi non dovrei avere problemi. Caro Barbiere, potrei fare quello che vuoi: in bottega una mano serve sempre, ci sono mille cose da fare. Posso affilare i rasoi, all'occorrenza. 

Ma quelli, da bravo barbiere, li tieni sempre a filo di lama. Posso spalmare il balsamo sulle facce appena rasate dal tuo tocco sapiente. Ma sono anche in grado di spazzare via i capelli rimasti per terra, di sterilizzare le spazzole e i pettini, di lavare gli asciugamani sporchi, di lucidare gli specchi, di eliminare i pidocchi. Insomma, le mansioni più umili non mi spaventano. Anche se, comprenderai, una parrucchiera ha comunque velleità 'artisitche' e creative. Io, però, coltivo la convinzione che si possa essere creativi anche pulendo il pavimento o stendendo il bucato. Ok, provo a sgattaiolare via da questa imbarazzante metafora che ho creato, complice forse la febbre e l'ora tarda. 

La mia è una richiesta di formazione. La formazione al giornalismo non so dove si faccia (non nominatemi le Scuole!): sono iscritta a Scienze della Comunicazione e l'ho fatto pensando che mi avrebbero insegnato a fare la giornalista. Mi è bastata la prima lezione per capire che non sarebbe stato così. In più, ho due pesanti ipoteche sul mio futuro (per la mia sanità mentale, spero non troppo lontano) di giornalista: non fumo e non bevo caffè (cosa che però non mi impedisce di essere pimpante alle ore più impensate della notte, come adesso che ti scrivo). Se a questo aggiungi la totale mancanza di Saints in Paradise e, al loro posto, la presenza invece di qualche diavolo, il quadro sarà completo. 

In tempi di new economy, ho una passione divorante e dissennata per la vecchia carta stampata. Quindi ch'agg 'a fa', caro Barbiere? Ti ho scritto. Perchè sei tollerante e disponbile come pochi tuoi colleghi. E i garzoni di bottega fanno sempre comodo. Leggere quello che è ospitato qui è quanto di più istruttivo e 'formativo' abbia trovato su questo mestiere. Ma mi rendo anche conto che all'Ordine non basterebbe per rilasciarmi il benedetto tesserino di appartenente alla casta (in India le aboliranno e in Italia continuerà ad esistere l'Ordine...). Se mi limito a leggere (come tanti consigliano) non diventerò mai una giornalista. Quindi ho scritto. Qualche dritta la rimedierò in questo paradiso infestato da giornalisti!   
Pennina
penninabic@libero.it  

P.S, Capisco di essere demodé e tecnologicamente non all’avanguardia a parlare di penne, in epoca di tastiere (motivo per cui il termine ‘pennivendoli’ dovrebbe essere  tramutato in ‘tastierivendoli’). Però Tastierina mi suonava male. E poi a me piace scrivere con la penna. Ciao a tutti!


18 Maggio 2001 - Commissari, pensateci bene...

Caro Figaro sono una dei quattrocento praticanti che due settimane fa ha sostenuto l’esame di idoneità professionale. Mi chiedo perché le persone come me (e molti altri presenti all’esame) sono costrette a mettere in dubbio la passione per questo mestiere. 

Ho fatto una lunga gavetta per arrivare qui, mi sono dovuta misurare con anni di collaborazioni sottopagate, con un mondo maschile come il motociclismo sportivo (fino a oggi sono l’unica donna del settore) fino a ritagliarmi la mia nicchia. 

Mi è costato molto, non solo a livello di energia ma anche di rinunce: io vivo a Milano da 10 anni ma sono di Livorno e da quando sono qui non ho mai chiesto una lira ai miei, e ti assicuro che spesso mi sono ritrovata a non sapere come fare a arrivare a fine mese! 

Ma qualcuno mi aveva messo in testa che ce la potevo fare e non mi sono fermata.  E ora mi ritrovo qui a sperare di superare questo benedetto esame… Ma è giusto? Io ho la mia specializzazione, perché non posso fare un articolo sul mio settore? Per quanto ne so io, se un medico è specializzato in pediatria dubito che farà l’esame di idoneità professionale in ginecologia. Che ne dici?  

Probabilmente dico queste cose perché da quando sono uscita dall’esame sono attanagliata da incredibili dubbi e questa attesa mi strema. Penso che sia normale, ma per me la cosa è ancora più faticosa perché è la seconda volta che lo faccio. 

La sessione scorsa avevo superato lo scritto ma poi sono stata bocciata all’orale, non voglio stare qui a spiegare i perché. Secondo me tra le cause c’era anche il voto basso allo scritto (37/60) e avevo fatto il tema sulla Ferrari, praticamente una passeggiata visto che scrivo di motori da sempre.  Quindi dopo questa esperienza, sono entrata in crisi perché pensavo di aver sbagliato mestiere, e con i tempi che corrono 32 anni sono un po’ troppi per cambiare vita!

Poi altri colleghi più esperti mi hanno consolato dicendo che erano stati bocciati anche loro. E allora mi sono rimessa in gioco, e il 29 aprile mi sono presentata con la mia bella macchina per scrivere a Roma. Ho cercato di seguire i consigli dei colleghi già professionisti che mi hanno detto di fare il tema di attualità o di cronaca e dimenticare lo sport perché poteva uscire anche un tema troppo tecnico e, visto che ho lasciato il calcio da qualche anno, potevo sbagliare clamorosamente. 

Così mi sono ritrovata a fare un tema di cronaca in particolare quello sulla vicenda della Contessa Vacca Agusta, ma non sono tranquilla.  Mi sono pentita di non aver fatto il tema sul derby, ma non ero molto preparata.

Sto cominciando a meditare sul fatto di continuare a scrivere anche senza diventare professionista! Se dovessi bocciare un’altra volta potrei anche rinunciare… Spero che i commissari si facciano delle domande sul fatto che magari una persona un po’ emotiva può sbagliare in sede di esame. 

Non è il mio caso, ma ad esempio quando ho fatto lo scritto ho avuto problemi con la macchina per scrivere, e quando ho visto il tempo che scorreva ho avuto paura di non farcela. 

Se potessi fare qualche raccomandazione ai commissari, gli chiederei di essere magnanimi con noi praticanti, non toglieteci la passione! (Dico così perché una collega di Milano che è bocciata la scorsa sessione non si è più presentata!)
Grazie per lo sfogo
Elena Puliti


18 Maggio 2001 - La missione dell' Economist in Italia 

"L'Economist é diventato il portavoce delle minoranze trotskiste" ecco come il parlamentare Maurizio Gasparri (An)ha definito sulla stampa l'operato del settimanale britannico. Infatti, nel periodo 1994-98, gli articoli dell'Economist sull'Italia si sono spostati sempre piú a sinistra, ma con una peculiaritá che irritava persino alcuni rappresentanti del centro-sinistra.

L'episodio piú clamoroso riguarda ció che molti hanno considerato un' ode a Walter Veltroni, quando era vice primo ministro e ministro dei beni culturali. Nel servizio, l'Economist confrontava Veltroni con Massimo D'Alema, allora capo del Pds, in un modo cosí sbilanciato da imbarazzare persino Veltroni il quale, in riferimento all'articolo dell'Economist, disse al Corriere della Sera che era stanco di quel tipo di articoli che mettevano in risalto rivalitá personali.

La strategia dell'Economist, apparentemente orchestrata da Roma, sembra avere un duplice scopo: da una parte indebolire l'influenza politica di Berlusconi; dall'altra, elevare Veltroni alla posizione di leader della sinistra. La strategia dell'Economist in Italia riflette ció che sembrano essere i piani del gruppo editoriale Repubblica - Espresso di Carlo De Benedetti.

Questo, per esempio, ha i diritti per riprodurre in italiano gli articoli dell'Economist. Allo stesso tempo, gli articoli dell'Economist che esaltano Veltroni, denigrano D'Alema e demonizzano Berlusconi sono inevitabilmente amplificati da Repubblica. Da quando D'Alema é stato eletto segretario generale del Pds, la Repubblica e L'Espresso sono stati tanto antagonistici verso D'Alema che un certo punto D'Alema si é rifiutato di parlare con i loro giornalisti, preferendo invece le tv di Berlusconi.

Quando la rubrica de l'Economist "Charlemagne" uscí il 4 luglio 1998, con l 'articolo "D'Alema e Veltroni rivali della sinistra", la Repubblica, lo stesso giorno, pubblicizzó come la incoronazione di Veltroni in un articolo di sei colonne su due pagine passanti. La settimana seguente, poi, L'Espresso si congratuló con Veltroni per l'articolo apparso su l'Economist.

A volte il processo era all'inverso. Prima L'Espresso pubblica un articolo (ad esempio a gennaio del 1995) poi l'Economist lo riprende (25 marzo 1995) e quindi la Repubblica del 25 marzo 1995 lo indica come una notizia dall'Economist. Secondo alcuni esperti, i redattori londinesi dell'Economist non si rendevano conto della strumentazione politica cui erano sottoposti, anche se molti lettori lo facevano regolarmente presente.

Quando, per esempio, scrissero che "Napoli era piú sicura di Manhattan", feci presente al redattore della sezione europea che ció non era assolutamente vero. In quel caso l'Economist era attento a valorizzare un alleato di Veltroni, il sindaco di Napoli Antonio Bassolino

I servizi piú velenosi erano peró riservati a D'Alema e Berlusconi. Il primo era descritto dall'Economist come un personaggio che "raramente ride... indossa cupi vestiti grigi...con un tocco d'arroganza che non si cura di nascondere...[e] ha diretto le sue energia verso fini poco entusiamanti". 

In confronto, Veltroni é descritto con i seguenti termini: "gli piace essere amato. Con i giornalisti é amichevole fino all'imbarazzo... adora il calcio e il cinema". Nello stesso articolo, Veltroni viene citato dicendo che "[D'Alema] é un socialista lui, invece, é un liberale democratico" e, per buona misura, l'Economist paragona il "baffino" D'Alema con il "baffone" Stalin. Naturalmente L'Espresso (8 luglio, 1999) posiziona Veltroni tra i liberisti (assieme a Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi), mentre D'Alema é messo tra gli autoritari.

Le credenziali liberali di Veltroni sono, peró, perlomeno, discutibili. La stampa italiana ha infatti notato, per esempio, come Veltroni, quando era direttore dell'Unitá, ha rifiutato di pubblicare un annuncio pre-pagato nel quale avevo chiesto pubblicamente un incontro per parlare delle riforme della televisione.

L'altra ossessione dell'Economist é quello che indicano come il "problema Berlusconi". In un editoriale, il settimanale inglese si chiedeva: "Puó l'Italia essere considerata una democrazia normale se l'opposizione é guidata da un criminale condannato tre volte?" Oltre a chiamare Berlusconi un "criminale", l'Economist prende in giro il partito di Berlusconi traducendolo come "Andiamo Italia", invece che Forza Italia.

I problemi con gli articoli dell'Economist sull'Italia sono iniziati con la corrispondente da Roma, la 47enne nativa di Bogotá, in Colombia, Tana De Zulueta, ora senatrice sotto la corrente veltroniana. Naturalmente, i redattori inglesi dell'Economist ci tengono a puntiualizzare che la senatrice non "prende piú decisioni editoriali per la rivista".
Dom Serafini

No, fateci capire, L'Economist si e' messo in questo casino??? Bah...
Bds


17 Maggio 2001 - E poi tocca a Piersilvio

C'è poco da fare, con il 30 per cento dei voti, Forza Italia esce dalle elezioni come la vera erede della Dc. Per interclassismo, radicamento nel territorio, capacità di fagocitare gli alleati, elasticità ideologica, Fi occupa il posto al centro del sistema politico che fu della benamata Balena, e promette di restarci altrettanto a lungo.

Però, a differenza della Dc, che prosperava nella rivalità dei leader, Forza Italia e la Casa delle Libertà hanno bisogno di un Unico Capo Carismatico. Cosa succederà quando (per carità, tra almeno cinquant'anni) il Cav. deciderà di godersi il meritato riposo?

Niente paura: c'è già pronto Piersilvio. O, meglio ancora, Marina, che sarebbe il primo Presidente del Consiglio donna, ed è, anche lei, un manager prestato alla politica. O magari uno dei tre figli piccoli, che in questi anni avranno tutto il tempo di chiarire le loro vocazioni.

Pare già di sentirle, le obiezioni della sinistra antiquata, anticapitalista, portatrice di una concezione illiberale della politica.

Ma se l'uomo più ricco d'Italia, il proprietario di tv, banche, assicurazioni e quant'altro, ha potuto candidarsi alla guida della Nazione, e conquistarla, perché non potrebbe farlo suo figlio? Non ha forse i diritti politici e sociali di tutti i cittadini? Del resto, per allora la tassa di successione sarà stata abolita.
L'impiegato del catasto


16 Maggio 2001 - Ho visto un’elettrice moribonda

Poco dopo le ore 13 del 13 maggio 2001 a Trieste, all’angolo tra via Manna e via Sant’Anastasio, proprio sotto la scuola elementare Ruggero Manna (sede di seggio) un signore oltre la cinquantina cercava a fatica di riportare alla macchina una cosa strana. Si trattava di un lettino da neonato con le sbarre, aperto solo nella parte superiore da cui pendeva una testa con radi, lunghi capelli grigi. Dentro c’era un anziano esserino consunto con gli occhi sbarrati, ridotto a pelle e ossa, delle dimensioni di un bambino, avvolto in una copertina, nonostante il sole e il caldo. 

Come quella povera donna, anch’io uscivo dal seggio. Altri maschi elettori aiutavano il cinquantenne a far rotolare per la discesa - con scarso garbo- il tragico attrezzo artigianale. Io non ho potuto far altro che guardare lo scheletro che vi spirava dentro, due occhi dispersi nel vuoto, la bocca che rubava aria alla bava e le mani contratte sui bordi della coperta.

Non so e non m’interessa sapere per chi abbia votato quella signora. Probabilmente quel nerboruto cinquantenne era suo figlio, magari convinto che le idee un tempo professate dalla madre dovevano essere difese anche in punto di morte. Come madre, sicuramente schierata, spero che le mie figlie in futuro abbiano cura di me.

Spero che bastino loro e i miei eventuali nipoti a tramandare ciò in cui credo e su cui ho improntato le mie scelta di vita. Se le condivideranno, se ne avranno voglia. Non voglio che la mia sofferenza e che il naturale istinto di lotta contro la morte diventi oggetto di pietà, quando non di curiosità. O di tristezza infinita.

Da ragazza mi raccontavano di moribondi ai seggi. Dal ’75, primo voto, non li avevo mai visti. Quest’anno il mio quartiere, anche a poter prescindere da questo episodio, sembrava Lourdes.

In virtù dello statuto speciale della regione, il 10 giugno tornerò alle urne per le amministrative. Spero che per quel giorno si provveda almeno a dotare le scale della scuola (e prima ancora la salita che porta all’ingresso) di un qualsivoglia sistema che permetta a chi non può usare da solo le gambe di raggiungere il seggio. E a loro e ai non vedenti fornisca almeno una sedia nel corridoio dove mia figlia, sordastra, ha trascorso cinque anni di ricreazioni, seguita con affetto vero da tre straordinarie (e per me sempre sottopagate) maestre. Vederli, io che posso fortunatamente permettermelo, spersi con lo sguardo nel nulla (e un accompagnatore spesso ‘scazzato’ al fianco) in coda nel buio, urla vendetta al cielo.

Dieci anni fa un medico mi spiegò quello che sapevo già (e che per inciso tentavo di spiegare da tre anni al medico). Che mia figlia aveva un handicap. Era ‘fisiologicamente’ sordomuta. Ha ripreso a sentire ‘bene’ (relativamente a lei) cinque anni dopo, a parlare non appena i primi suoni hanno potuto raggiungerla. Chi con l’handicap fa i conti tutti i giorni ha una grinta che i sedicenti ‘sani’ non conoscono. Io sono una madre fortunata perché ho avuto una figlia con un handicap e da lei ho imparato a rispettare la tenacia e la dignità degli esseri umani. Riuscire a conquistare per un giorno l’ultimo banco, come tutte le sue amiche, è una vittoria. Ma è una vittoria anche avere delle insegnanti che le parlano guardandola direttamente, permettendole di leggere sulle labbra quanto sfugge all’udito. Mia figlia è una persona straordinaria, con una vita assolutamente normale. Anche e soprattutto grazie all’aiuto, da sette anni a questa parte, delle sue insegnanti.

Chiedo scusa se vi racconto questa storia. So che non può trovare spazio sui giornali, da free lance purtroppo non me la ‘comprerebbe’ nessuno. Ma sono convinta che prima o poi dovrebbe trovarlo nell’informazione. Almeno un minimo spazio per i problemi di chi, a differenza della povera donna nel lettino, intende. E vuole e può molto più di tanti.

Discutiamo degli errori/orrori di Bianco? Se ci fosse una pietra da scagliare sarei probabilmente in prima fila. Ma vi siete chiesti se in questa ripugnante campagna elettorale, dove tanti – da entrambi gli schieramenti - hanno rotolato moribondi, nonni rimbambiti e vecchie zie in carrozzella nei seggi, dove gente è rimasta in coda per ore, dove puerpere e pensionati sono svenuti -, vi siete chiesti se forse non è giunto il momento non di ridurre gli spazi per i seggi o protestare per la riduzione, ma quello di adattarli alle esigenze di tutti, ma proprio tutti, gli elettori?
Ringrazio per la pazienza
La solita giornalista sconosciuta


15 Maggio 2001 - Lerner: "La 7 fara' male a Rai e Mediaset"

E’ finita! Verrebbe davvero voglia di urlarlo squarciagola: un urlo liberatorio, catartico, purificatore, capace di scrollarci di dosso i veleni di una campagna elettorale aspra e violenta come mai prima d’ora. E amplificata come mai prima d’ora dai media, televisione in testa.

Spenti i riflettori, la sensazione è che, dopo il 13 maggio, la comunicazione, politica e non solo, non potrà più essere la stessa. Il Barbiere della Sera ne ha parlato con Gad Lerner, impegnato nella costruzione di quello che ci si augura diventi finalmente il terzo polo televisivo - La Sette -, capace di incunearsi nello statico panorama dell’informazione italiana.

"In campagna elettorale le televisioni diventano armi improprie nelle mani dei candidati", conferma Lerner. La dimostrazione di questo teorema si è avuta nella serata di venerdì 11 maggio, con il duello a distanza fra Rutelli in Rai da Santoro e Berlusconi imperversante su Mediaset (da Mentana a Costanzo, passando per Fede).

Una sfida da zapping estremo condotta senza esclusione di colpi. Perché, come spiega ancora Lerner "tutte le belle parole dei periodi normali diventano chiacchiere e aria fritta quando si arriva al dunque".

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Ma le regole chi le stabilisce? Nell’attuale sistema radiotelevisivo "il rapporto di forza tra politico e giornalista è impari". Da che mondo è mondo, le interviste si concordano.

Persino un giornalista "cattivo" – come si definisce Gad – deve giocare pulito. Il che non significa che non possa porre domande sgradite, fastidiose, insidiose. Ma il politico può sempre rifiutarsi di rispondere (vedi il caso Santoro-Berlusconi).

Per tutti questi motivi, dalla campagna elettorale appena conclusa il mondo dei media è uscito a dir poco malconcio. La concorrenza è praticamente nulla. Le sei reti nazionali sono andate via via omologandosi sempre più. La necessità di un libero mercato dell’informazione è non solo evidente, ma anche urgente.

Lerner conta (e si augura) che La Sette possa "fare del male" a Rai e Mediaset. Per riuscirci, dovrà offrire un prodotto alternativo, e non solo nel settore dell’informazione. La parola d’ordine è perciò conquistarsi uno spazio, insidiare e infine spezzare lo strapotere del duopolio che, dopo il 13 maggio, potrebbe diventare monopolio a tutti gli effetti. La sfida è aperta. Adesso, serve che i duri comincino a giocare sul serio.
Gelsomina


15 maggio 2001 - Il "moderato" Caruso: "Al bando negri, finocchi e zulù"

L'antefatto: Forza Italia e Movimento sociale hanno votato in Sicilia in base a un accordo: il Polo ha sostenuto Luigi Caruso, senatore uscente, nel collegio di Avola, in cambio della desistenza dei rautiani in altri collegi. Gianfranco Miccichè, coordinatore siciliano di Forza Italia, sminuisce l'intesa, dice che è una questione tecnica. 

In cambio della desistenza i rautiani avranno un loro uomo nel listino del premio di maggioranza alle prossime elezioni regionali siciliane: Alberto Acierno, eletto nel 1996 con Forza Italia, passato poi a Rauti. E soprattutto cognato di Miccichè. 

 Un accordo politico che Miccichè e Berlusconi nascondono, invocando il  parallelo dell'Ulivo con  Cossutta. Un bel paragone. Miccichè, a Radio radicale, 13 aprile 2001, ha detto:  "...La storia del fascismo, il terrore e la morte, per altro, non mi sembra appartengono a Luigi Caruso e Alberto Acierno, il responsabile regionale della Fiamma, persone assolutamente democratiche, assolutamente moderate..."  

Caruso, quindi, è un moderato, uno che sosterrà il governo Berlusconi.

 Ecco però cosa ha detto il moderato Caruso al II Congresso della Fiamma Tricolore, a Chianciano, il 29 ottobre del 2000: "Camerati, spero che si possa ancora usare questo termine, siamo al secondo congresso di questo partito e mi sembra che sia, purtroppo, peggiore del  primo... Si può essere con Rauti o contro Rauti, ma si deve essere missini. E questo che dovreste ricordare tutti... Se non credessimo in niente,  saremmo altrove a fare i nostri affari, a rubare, ad arricchirci a dividere il maltolto come fanno tutti gli altri... "  

"Questa è la differenza fondamentale, razziale, ed io sono fascista in questo senso e sono fiero di esserlo, fra noi e gli altri, fra i fascisti e i democratici, fra i fascisti e gli antifascisti, fra quelli dell'arco costituzionale e quelli che hanno visto nell'arco costituzionale un ricettacolo, una pattumiera in cui andavano a confluire tutti coloro che sono stati accomunati dalla volontà di rubare e dalla viltà, dalla mancanza di coraggio, dalla mancanza d'ideali..."  

 "... Sono stato l'unico che si è schierato, insieme con i comunisti non  pentiti, contro l'intervento in Serbia. Sono stato l'unico che si schierò  contro l'inutile missione in Albania, ora abbiamo visto che avevo ragione,  mentre il Polo si schierò con il governo per quella missione che è servita  solo a fare rubare quelli della cosiddetta missione Arcobaleno...  

 "... In questo momento di decadenza morale, che è iniziato con l'orgoglio omosessuale che si va diffondendo sempre più, quando il pedofilo vede che i finocchi si baciano teneramente per strada, e non soltanto si baciano teneramente, il pedofilo pensa: loro sì e io no? 

Perché non debbo violentare il bambino? E mio diritto. In questo Stato, in questa società, in cui si crede di essere liberi di fare tutto, noi vedremo un giorno dell'orgoglio pedofilo. E vedremo le forze dell'arco costituzionale e i ministri di questa  lurida Repubblica marciare con loro. Perché i pedofili, poverini hanno diritto anche loro..."
 

" ...Non voglio vedere i finocchi per strada, non voglio vedere nipotini miei negri, non voglio vedere nipotini mulatti. Io non sono razzista, io sono dell'idea che i negri hanno il loro continente e debbono essere aiutati là. Questa è l'Europa, l'Italia... Le strade, le ferrovie, le infrastrutture sono il frutto del sudore degli italiani, dei nostri antenati, i negri, o gli zulù non ci hanno messo niente".
Karl Popper


15 Maggio 2001 -Attente stagiste, o alleverete frotte di redattori frou frou 

Caro Barby, irrompo nella polemica sul sesso in redazione per smentire, con decisione e amarezza, le voci sugli allievi delle scuole. Ai colleghi praticanti delle altre Scuole voglio precisare alcune cose.

Qui a ...... le ragazze quest'anno sono 17. E dico 17, mica 16 o 18. Ora, levando le fidanzate croniche (illuse, n.d.p.)che sono 10; sottraendo quelle che onestamente, con tutta la buona volontà, meglio una birra con gli amici; insomma, ne rimangono solo due o tre.

Considerando poi che quelle due o tre, hanno comunque i loro inciuci non ufficiali e a te, che sei un praticante anche un po' sfigato, nemmeno ti considerano, la situazione si fa pericolosa. Eh si perché qui si parla tanto di donne con uomini, di uomini con donne ma non si parla dei rischi. Rischi? Si, si rischi. E quando dico rischi intendo rischi.

Ovvero donne con donne e uomini con uomini. Ma dai, direte voi. No no ma dai lo dico io! Insomma ragazze, attente a non tirarvela troppo perché qui tra cinque sei anni vi ritrovate una generazione di caporedattori un po' frou frou.

Ah dimenticavo ma se facessimo qualche simpatico scambio culturale? Voi ci mandate le ragazze e noi vi mandiamo i frou frou. Mi sembra equo no?
Nel_blu_dipinto_di_bluuu@yahoo.it


14 Maggio 2001 - Sesso in redazione. Consigli alle stagiste

Allievi delle scuole di giornalismo unitevi (e scopate!) Innanzitutto, una piccola premessa. Data la grande sproporzione numerica, a favore delle colleghe, che ormai regola gli equilibri “ormonali” nelle scuole di giornalismo italiche, per forza di cose, come dire, “i conti non tornano”.

Nella nostra (non diciamo quale perché i fidanzati a casa ci leggono...) quest’anno siamo a quota 7 maschietti e 20 rampanti croniste. Sempre meglio dell’anno scorso dove i 3 poveri sopravvissuti erano ormai ridotti ad un’ombra di se stessi nelle grinfie di una ventina di assetate diavolesse...che però ben poco delle loro grazie hanno concesso ai superflui (per loro) compagnucci. Riservandole tutte ai ... piani alti.

Insomma questi allievi delle scuole scopano o no?
Che dire, è come le vendite dei giornali, c’è chi scende e c’è chi sale.... Però una cosa è vera del messaggio di Lo spettatore, i maschietti delle scuole quando vengono messi alla prova (e non parlo di pratica giornalistica) tengono alto l’onore della categoria....sarà per la giovane età, sarà per la sproporzione di cui sopra o sarà perché non sono ancora atrofizzati dalla routine! Rimane il rammarico che capiredattori bionde e dalle gambe lunghe se ne vedono poche e quindi quando facciamo gli stage stiamo solo a lavorare...

A proposito di stage..Si avvicina l’estate e quando i bravi giornalisti “sistemati” portano le loro famigliole sulla spiaggia, nelle redazioni arrivano orde di stagisti. Uomini e donne, tutti giovani e belli, croce e delizia di chi rimane al desk, che...forse si sente in diritto di rifarsi di un anno di magra con le ultime arrivate. 

Ma, non tutte si comportano come la famosa Monica e c’è ancora (e sono la maggior parte) chi non pensa di usare certe armi nella scalata alla redazione. Quindi, alla stagista con pantaloncini corti o abiti trasparenti, un occhio (e in qualche caso, pure una mano..) si butta sempre. Ma le croniste in erba hanno imparato a ben difendersi (non per nulla c’è la moda delle arti marziali) o, per lo meno, a “scegliere” a chi ... se e quando (dopo la firma del contratto!!) darla.

Consigli alle stagiste.
Per una serata aperta alle più folli emozioni, mai scegliere il collega della cultura, nonostante il suo fascino da intellettuale di ultima generazione (vi proporrà una lettura di poesie indiane in qualche caffè letterario, sarà molto compito e romantico...ma non assicura nulla di  entusiasmante)...meglio rivolgersi al più truce cronacaro di nera che dopo una giornata di commissariati, prostitute e spacciatori, è sempre carico per ore, ore e ore del più fantasioso sesso. 

Degli inviati, meglio diffidare. Li vedi allora e poi non li acchiappi più, neanche per ricavarne la mattina dopo un interessante numero di telefono che può sempre servire (sono già partiti per l’Afghanistan). Quelli di economia, che noia....vi farebbero un grafico sul loro rendimento sessuale, ma tutte chiacchiere. 

Meglio alla fine i più tradizionali cronisti di politica che hanno imparato dai loro beniamini di Palazzo i trucchi del mestiere. Da non scartare, poi, rimangono quelli degli spettacoli, che nella peggiore delle ipotesi almeno vi avranno fatto girare i locali più in voga. Capiservizio e direttori...brutta bestia. Non sai mai se l’interessamento è dovuto al tuo meraviglioso articolo sui cani abbandonati, o piuttosto al tuo decolté.

Dunque il messaggio dalle nuove leve è: lasciateci “lavorare” e non finiremo mai di stupirvi....  
Alice e il Bianconiglio


14 Maggio 2001 - Gran Bazar Ergife

Vergogna? Pagliacciata? Scandalo? Niente di tutto questo. Tra Fiuggi e Roma s’è invece consumata un’autentica festa della vita. Una giostra di emozioni che, sì, avrebbe emozionato Fellini, ma anche esaltato Ionescu e fatto sentire un dilettante il ragionier Fantozzi.

Ma andiamo con ordine. L’hotel di Fiuggi: salone da pranzo con arredi pesantissimi (tendoni ocra e lampadari a goccia) e menu da comitiva termale di anziani bramosi di diuresi (venerdì sera il primo piatto servito alla sciagurata comitiva di aspiranti giornalisti è, per la cronaca, un piatto di stelline in brodo).

Servizio accettabile, anche se la cameriera al tavolo del sottoscritto ha la pessima abitudine di appoggiare il vassoio da portata sulle spalle dei commensali: ciò spiega le cinque medaglie appuntate sulla mia schiena a fine corso.

Già, il corso. Sabato mattina si presenta in sala congressi una truppa alquanto intirizzita. A Fiuggi fa freddo (600 metri sul livello del mare, qualche sciagurato confesserà poi d’aver messo in valigia in costume da bagno…) e le caldaie dei tre alberghi che si dividono i circa 150 corsisti non hanno troppa voglia di mettersi al lavoro.

Dopo una colazione divisa con pinguini e orsi polari, scattano finalmente le lezioni. Ma, orrore, nel bel mezzo del salone c’è una colonna portante che impalla la visione del relatore a una discreta fetta di pubblico. Io, per fare un esempio, non vedrò neanche per un minuto la bella assistente del sempre sia lodato Corso Bovio (mister "Tutto in otto ore", altro che John Landis…). Peccato. Sul contenuto del corso non aggiungo altro in quanto sottoscrivo appieno le parole de L’infelice praticante.

Sulla prova d’esame e sull’esame vero e proprio mi va invece di rivendicare la primogenitura di due autentici fenomeni.

Il primo: vestito di un completo dal colore improbabile (lo porterà per l’intera durata del corso, l’ultimo giorno la sua giacca avrà più pieghe del viso di Susanna Agnelli), mi ignora simpaticamente per cinque giorni e, improvvisamente, la mattina della prova si volta verso di me e domanda a bruciapelo: "5-5-5?".

Io penso immediatamente allo schema di gioco del mitico Oronzo Canà. Poi però realizzo che deve trattarsi di qualcosa legato al questionario da poco in nostro possesso. E allora replico: "No, per la composizione del Csm, la Costituzione adotta il più classico dei 4-4-2".

Il secondo: nel Gran Bazar dell’Ergife quest’uomo dall’apparenza mite, seduto pochi banchi avanti a me, reca con sé una manciata di foglietti strappati da un bloc-notes mignon. Saranno quattro o cinque (massimo sei, toh!). E in uno di questi ha magicamente appuntato la "differenza tra sistema di stampa a caldo e sistema di stampa a freddo", vale a dire la risposta alla sesta e ultima domanda del questionario!

Un grande. Un paragnosta. Un gran paragnosta. Sì, perché il testo sacro dell’esame (1200 pagine e fischia) dedica all’argomento solo uno sciapito paragrafetto. Ho amato quell’uomo. E sento che lo amerò per sempre.

Keith Richards


14 Maggio 2001 - Qui c'è lo zampino di Previti o Bartezzaghi

Diciamolo: al di là delle valutazioni politiche, il contratto con gli italiani firmato da Berlusconi e pubblicato a pagamento su tutti i giornali è quantomeno ambiguo

L'impegno finale, infatti, recita così : "Nel caso in cui al termine dei cinque anni di governo almeno 4 su 5 di questi traguardi non fossero stati raggiunti, Silvio Berlusconi si impegna formalmente a non ripresentare la propria candidatura alle successive elezioni politiche". Dunque Berlusconi si impegna a rispettare solo 2 obiettivi su 5, meno della metà.

La frase infatti va interpretata così: almeno 4 traguardi su 5 NON devono essere raggiunti, affinché si determini il ritiro di Berlusconi. Ciò significa che con 1 solo traguardo raggiunto Berlusconi deve ritirarsi, perché si verificherebbe l'ipotesi del "minimo 4 su 5 non raggiunti". Con 2 realizzati è invece salvo, giacché sarebbero 3 quelli non raggiunti, inferiori al "almeno (come dire: minimo) 4 su 5" da lui indicati nel contratto (l'avrà redatto Previti?).
Urgono pareri di filologi, legulei e Bartezzaghi vari.
Francesco Riccardi 


14 Maggio 2001 - Sesso in redazione. E negli uffici stampa?

Rubo qualche minuto alle dure fatiche dell’ultimo giorno di campagna elettorale per girare a tutti voi una domanda che mi angoscia da quando è iniziato questo dotto dibattito sessual-giornalistico. Avendo io scelto di lavorare dalla parte degli uffici stampa, come devo comportarmi? Qual è il metro (ehm, ehm) di giudizio a cui devo attenermi?

L’interrogativo si pone perché da questa parte della barricata sono sempre di più le donne ad abbondare, anche in ruoli di potere (niente fantasie erotiche, please, intendo potere serio). Allora la questione è: uscirebbero più virgolettati se mi dotassi di un paio di tette? E con i giornalisti gay avrei più spazio io? (togliete il sorrisino, se dicevo più colonne era peggio).  

Ma soprattutto: se quando vado a cena con una giornalista non ci provo, lei mi reputerà un giornalista di serie B (a quanto pare per essere direttore, minimo devi anche essere maniaco) o un serio professionista (nel qual caso se ci vado a letto vorrà pagarmi)?  

Torno al duro (arieccoci coi doppi sensi) lavoro.
Riccardo Guido

11 Maggio 2001 -  Sesso in redazione? Allora meglio fare la freelance 

Proprio perché le elezioni sono vicine è meglio mettersi a parlare e scrivere di sesso (giusto perché siamo in un sito Internet, altrimenti sarebbe preferibile farlo). Insomma, anche dal punto di vista delle tirature, il sesso come argomento vale molto più che un confronto elettorale (usanza oramai demodé).

Se così non fosse, non capirei la logica di Panorama, Espresso & Co. che mettono in copertina donne nude invece di leader incravattati. Chi scrive è un'illusa aspirante giornalista che coltivava l'idea balzana di una redazione in cui l'attività principale fosse sc.... e (vuol dire scrivere, non quello che maliziosamente avete pensato).

Frequentando poco le redazioni (e, quando mi capita di metterci piede, non le scambio certo per alcove) non so dire se quanto affermato da Lo Spettatore sia vero. Intanto gli consiglierei di firmarsi ‘Il Guardone’: uno pseudonimo più appropriato a ciò che ha scritto e, soprattutto, più consono alla sua attività 'osservativa'.

Scrivo anche perché, nell'analisi fatta da Lo Spettatore, io non so dove collocarmi, non essendo né stagista, né praticante, né allieva di una scuola di giornalismo. Di certo, se fossi una praticante non mi dispiacerebbe essere assunta per le mie tette: a patto che poi nessuno le tocchi e mi si lasci scrivere in pace…

Pura fantascienza, cocca mia. Quel che mi fa stare vigile, leggendo il gustoso pezzettino dello Spettatore, è l'abbondanza di plurali maschili. Le redazioni pullulano di direttorI, capiredattorI, praticantI che si danno alla pratica del sesso redazionale.

Le donne sembrano essere inconsapevoli strumenti (o consapevoli zoccole come teorizza The Spectator). Se ci sono "legioni di fanciulli, giornalisti in erba, redattori in fiore, nel pieno dei loro anni e, di conseguenza, della loro virilità", io mi chiedo con sgomento dove siano le legioni di fanciulle, giornaliste in erba, redattrici in fiore nel pieno della loro femminilità.

I giovani virgulti del giornalismo italiano sono dunque tutti uomini? Strisciante maschilismo o cruda realtà? BOH!? In quanto aspirante non credo mi competa dare risposte. Ma visto che la curiosità è femmina e visto che non mi sembrava serio andare a domandare ai capiredattori dei giornali con cui collaboro se le rispettive redazioni fossero teatro di performance erotiche (anche perché la cosa poteva essere scambiata per un'avance, anziché per scrupoloso zelo giornalistico) ho interpellato una fonte che non avrebbe potuto molestarmi, né equivocarmi.

Soprattutto non avrebbe potuto mettermi le mani addosso, essendo un libro. Nella fattispecie, il manuale di giornalismo che mi danno in pasto all'università. Il risultato è che non esiste un capitolo "Sesso in redazione".

Mi direte voi navigati (siamo pur sempre in Internet) giornalisti: nel manuale si parla di obiettività, ma l'avete mai vista in giro? Nel manuale si parla anche di imparzialità e pure questa è latitante.

Il manuale dice che le smentite devono avere la stessa rilevanza del pezzo smentito, ma le avete mai viste in prima pagina (solitamente sono confuse nella posta dei lettori). Insomma, si sa che la teoria non corrisponde alla pratica.

Quindi può essere benissimo che nelle redazioni si scopi e il mio prezioso manuale non lo dica. Così altri interrogativi affollano la mia candida mente: sulle scopate poi varrebbe il diritto di cronaca? L'etica giornalista contemplerebbe dei conflitti morali (quello d’interesse è fin troppo di moda) se per esempio ci fossero incontri tra redattori/trici di giornali concorrenti?

Le altre ideuzze che mi sono venute in mente sfogliando il manuale le autocensuro e vi lascio con un’ultima domanda: mi sto per caso dannando l'anima per essere assunta in un bordello (ingenuamente finora la chiamavo redazione)? Perché, francamente, prendendo come parametro la pura prestanza fisica, allora sarebbe meglio finire a fare la FREE lance in uno spogliatoio di calciatori.
Pennina


11 Maggio 2001 - Ma quant'è carina la mamma di Sgarbi

Si è tenuto ieri a Trieste un interessante dibattito di stampo ciceroniano sul tema ‘De amicitia’ tra i candidati alla camera Vittorio Sgarbi e Riccardo Illy. Spiegando con insolita cortesia che, a differenza di Illy, vanta un concetto di amicizia allargata anche ai conoscenti, Sgarbi s’è tolto la cravatta, lasciando che occhieggiasse, da sotto la camicia, una candida maglietta della salute.

Ordunque: è notorio che Illy non porta la cravatta. E’ altrettanto arcinoto che Sgarbi ha fama di essere un grande amatore. E’ assolutamente assodato che non c’è nulla di meno arrapante - e qui mi ricollego al dibattito aperto da Magicabula - di un maschietto in canottiera, mutande e pedalini.

Sin dalle prime battute la sottoscritta- tanto per restare nell’anonimato- s’era esibita in una lode sperticata della classe dell’ex primo cittadino di Trieste. 

Va da sé che di fronte allo sbracamento del tipico maschio italico non sono riuscita a trattenermi e ho chiesto a Illy se, almeno lui, avesse adottato un ‘intimo’ più adeguato ai tempi. Su sollecitazione di una collega l’ex sindaco ha dimostrato di essere all’altezza della situazione: sotto la camicia niente.

La storia potrebbe concludersi qui, non fosse che la signora Rina, mamma di Sgarbi, m’ha bloccato all’uscita. Con simpatico piglio centro-italico mi ha chiesto se era mia intenzione eliminare suo figlio dalla tenzone minandone la salute. ‘Quando parla s’accalora, suda e poi, se prende freddo, gli viene il raffreddore’.

Con Rina ho passato un simpatico quarto d’ora, in uno scambio di vedute di questi tempi al limite dell’alta politica. E’ ovvio che tra il profondo nord est e il centro Italia esistono differenze invalicabili

Da noi gli amici sono pochi e l’assenza di canottiera, sin da bambini, tempra il fisico ai rigori dell’inverno. Altrove il concetto di amicizia è generalizzato e credo che ciò sia possibile anche in virtù di una mamma che ti protegge fino a tarda età con una canottiera. Anche con una canottiera.

In qualità di madre di due femmine, ovviamente, ho potuto solo limitatamente contrastare la signora Rina, che ha avuto la fortuna di avere una ‘coppietta’, anche se la sorella dell’onorevole somiglia al padre, essere taciturno e pertanto, per ammissione della stessa signora Rina, noioso ‘quasi come Illy’. Che peraltro, come confessato in piena conferenza stampa, piace anche a Sgarbi e non solo a me.

Da questa esaltante esperienza, mi sorgono le seguenti domande:

  1. Per quale motivo per tutta la durata della campagna elettorale Sgarbi ha preferito farsi fotografare con attempate triestine (durante la visita di Fini s’è trascinato appresso una pluriantenne con due labbroni gonfiati che, su quel viso, sembravano un gommone tra le crespe di un mare in tempesta) o scipite aspiranti ‘miss rione’? Perché non ha esibito subito mamma Rina che, oltre ad essere una donna ancora piacente, è brillante, divertente e anche elegante? Forse ha paura che lo surclassi?
  2. Perché non cominciamo a discutere del fondamentale ruolo della mamma nella vita dei politici? Berlusconi decanta la sua, Sgarbi la condanna alla noia mortale di Trieste e a controllare se ha o non ha la maglietta della salute. E la sinistra? Dov’è la sinistra in questo appassionante dibattito politico? Spero che l’evoluzione della specie non l’abbia portata a mangiare le mamme al posto dei bambini.
  3. Ultimo, ma non per ciò meno importante. Perché cavolo faccio la giornalista, per giunta free lance?

La solita giornalista sconosciuta


11 Maggio 2001 -  Sei giorni di corso per capire che all'esame si copia

Caro Bds, ho letto con interesse sia la prima lettera a firma Luther Blisset, sia la seconda a firma di non so più chi, entrambe relative all'ormai leggendario appuntamento semestrale della categoria "praticanti" con il salone dell'Hotel Ergife.

Ai due colleghi che bene hanno illustrato quell'inutile tortura venata pure di una buona dose di vergogna, vorrei dire che devono ritenersi fortunati, nel senso che, da quanto ho capito, a loro non è toccata l'altra pagliacciata, il corso in quella ridente località dimenticata da Dio che si chiama Fiuggi.

Siamo arrivati in 160, più o meno, da tutta Italia, alcuni reduci da un vero e proprio tour de force fra aerei, treni, pullman, per raggiungere l'agognato (e utilissimo, ci era stato detto) seminario dei praticanti.

Cominciamo dal costo: 650 mila lire per le lezioni, compresi vitto e alloggio di sei giorni in albergo. Nulla di scandaloso, sulla carta, anzi. Ho pensato: conoscendo le buone abitudini della categoria, l'hotel sarà di sicuro all'altezza.

Sì, in effetti era perfetto per un film di Fellini. Anzi, era pure d'epoca, nel senso che le tre stelle che aveva sulla porta le aveva probabilmente dimenticate lì il generale Custer nell'altro secolo.

Il vitto: ho resistito due pranzi e una cena, poi ho cominciato a mangiare pomodoro e mozzarella a pranzo e a emigrare in birrerie e pizzerie la sera, ampiamente circondato da altri colleghi in preda a crisi di astinenza da cibo decente.

Mi sono chiesto: ma a chi viene in mente di fare il corso in culo al mondo, quando a Roma è pieno di centri congressi e di hotel degni di questo nome? Qualcuno mi ha risposto sottovoce: uno degli organizzatori è originario di questa zona...

E veniamo alle lezioni. Con l'unica eccezione dell'ottimo Bovio, che ci ha sparato otto ore di diritto in tutte le salse, per imparare a fare il giornalista (lavoro da 10 anni in un giornale) e per essere adeguatamente preparato all'esame mi è toccato ascoltare, tra le altre amenità: un racconto di vita di un radiocronista Rai, narrato in modo splendido ma più adatto a una serata teatrale che a una lezione di giornalismo; la testimonianza di una giornalista dell'Unità che, ascoltando l'implorazione della praticante pirla di turno ("dacce 'na testimonianza"), ci ha intortati un'ora su come ha trascorso il periodo di chiusura del giornale, compresa la descrizione (patetica e grottesca) di come una sua collega si sia addirittura ingegnata a preparare cene a pagamento per gli amici. Sigh!

Un altro giornalista ci ha spiegato come si fa il giro di nera al mattino e via dicendo, il tutto intervallato, in sala, da domande e osservazioni al limite della satira, tipo: "Ma l'aumento di 300 mila lire dell'ultimo contratto è mensile o annuale?", oppure "Per sapere se dar la notizia di un sindaco malato grave, devo prima vedere da che parte sta il giornale per cui lavoro...".

Un segno evidente di come il parco praticanti fosse messo maluccio, in termini di neuroni. Tutto ciò per 6 giorni, inclusa una prova finale che, almeno quella, è stata utile a far capire l'andazzo dell'esame: copiata generale. E dimenticavo: a nessuno viene in mente di fare i complimenti a chi ha deciso di far svolgere lo scritto nel bel mezzo di un mega ponte festivo? Alberghi pieni e carissimi, strade e autostrade intasate, caos generale. Complimenti vivissimi, evviva i praticanti, evviva i giornalisti.
L'infelice praticante


10 Maggio 2001 - Meno tastiere, più tastate

Sono tornata nella Trinacria, terra mia e dei miei avi. Trasloco terrificante come tutti i traslochi ma cielo, mare e pesce mi stanno ampiamente ripagando delle mie fatiche. Ma perché vi racconto tutto ciò? Semplicemente perché riaprendo il mio pc e fiondandomi sul sito della bottega da me dolosamente trascurato per una settimana ho preso visione della scatenata disputa articolata su sesso, colleghi, colleghe, dimensioni e quant’altro.

All’appassionante dibattito hanno preso parte le penne più autorevoli della bottega: la Ragazza del Bar, Magicabula, Topo Gigio, Lo Spettatore. Beh ragazzi, devo dirvi in tutta franchezza che ho provato (per voi) profonda tristezza mista a preoccupazione. Finta pruderie? Neanche per sogno. Perbenismo? Men che meno. Moralismo? Non so nemmeno cosa sia.

La mia apprensione, causata dal profondo affetto che nutro verso voi tutti, è dovuta al fatto che per una semplice deduzione temporale più tempo perdete a parlare di sesso meno ve ne resta per farlo. Buttate giù quattro cartelle? Alla fine siete talmente esausti che desiderate soltanto entrare nel vostro letto e trovarlo rigorosamente vuoto. Due cartelle? Sarete stanchi lo stesso e onde evitare delle magre vi dedicherete all’amore solitario. Una cartella? Vi resta appena il tempo per una sveltina che è quanto di più desolante si possa fare in posizione orizzontale (o alternativa).

E allora? Consiglio allo Spettatore di lasciar perdere il voyerismo e trasformarsi in attore; a Topo Gigio di scrivere meno di sesso e trovarsi una topa (se non è Gigia pazienza, va bene lo stesso); a Magicabula di mettere maggiormente a profitto le sue doti magiche (se ha orecchie intenderà); alla Ragazza del Bar infine di sfruttare al massimo la sua professione e a darci dentro con i cappuccini. Pare che in alcuni conventi ce ne siano di eccezionali.

E ricordate infine che le dimensioni non sono tutto; i proverbi sono la saggezza dei popoli e ve ne rammento uno: “Non lungo che tocchi, non grosso che rompa, non largo che turi ma duro che duri”.
Buon sesso a tutti
Mata Hari

10 Maggio 2001 - L’eco del popolo e la voce del padrone

Sono settimane che seguo con un certo interesse l’appendice all’edizione delle 12.30 di Studio Aperto, intitolata Vox Populi. E un dubbio, ormai, inizia a diventare martellante. A cosa serve? 

Il telegiornale diretto dal grillo parlante, Mario Giordano è da subito apparso votato alla causa dello share. Infatti è dedicato, per la maggior parte del tempo a sua disposizione, alla diffusione di notizie di cronaca. 

In fondo, politica, esteri ed economia, possono essere affrontati altrettanto efficacemente limitandosi a ‘dare i fatti’. 20 o 30 secondi per sapere quello che c’è da sapere sono sufficienti. Una filosofia discutibile, e tuttavia lecita. 

La cronaca ed il pettegolezzo pagano, come dimostrano i notevoli aumenti degli ascolti ottenuti da Studio Aperto, una volta “passato il Giordano”. 

Ma l’aura d’osservatore freddo e spietato della realtà che, fino a poco tempo fa lo circondava, sta iniziando ad abbandonare il direttore. Colpa di alcuni passi falsi e dei brutti scherzi che, come ha raccontato Sandro Curzi, ogni tanto il suo presidente decide di tirare. 

Tra i passi falsi c’è la striscia Vox Populi. Se non ne ho frainteso la natura, dovrebbe servire a dare voce alla gente della strada sulle tematiche più svariate, riguardanti la vita quotidiana ed i “problemi di tutti”. Iniziativa lodevole, soprattutto se concepita per rendere protagonista la gente

Ma nelle ultime settimane si è verificata una strana coincidenza. I temi affrontati da Vox Populi sono stati: sicurezza, tasse, pensioni….. Ho avuto la sensazione di uno strano déjà vu. Tutti gli intervistati, nessuno escluso, hanno concordemente affermato di non sentirsi sicuri in giro per la città ed a casa, di pagare troppe tasse ingiuste e di non ricevere una pensione dignitosa o di non sperare di riuscire a riceverla. 

Altro che dèjà vu, questa gente parlava come il presidente Berlusconi. Tutti gli intervistati, così come quelli che da casa inviavano le loro e-mail, invocavano: “città più sicure”, “pensioni più dignitose” e “meno tasse per tutti”. Che coincidenza!  

Ma anche che delusione. Giordano se ne sarà accorto che la voce del popolo inizia a diventare l’eco del padrone?
N.D.M.


10 Maggio 2001 - Se Emilianet ti "copia" un pezzo 

Sto nella redazione di una radio bolognese e poi naturalmente collaboro, in giro. Ultimamente ho fatto dei pezzi per ilnuovo.it. Eccone uno: un senza fissa dimora ha ottenuto la residenza dal Comune, quindi da adesso anche a Bologna, come già a Firenze e Roma, i senza casa avranno lo status di cittadini e il loro indirizzo sarà quello di dormitori e associazioni varie. Un paio di giorni dopo stavo dando un'occhiata in rete, trovo questo sito di informazione dell'Emilia Romagna, emilianet.it, guardo l'home page e resto basita: un bel titolone ed eccolo lì, il mio pezzo. Modifiche minime, completo di fotografia, tutto scaricato da ilnuovo, pure un intero virgolettato, non c'è firma.

 Che fare? Il sito è grosso, ha un aspetto da business class, è pieno di notizie, molto aggiornato ma contemporaneamente un po' dozzinale, se capite cosa intendo. Faccio una ricerca e scopro che il sito appartiene a Italintesa Net, società partecipata di Italintesa Spa che ha due portali di informazione in regione, emilianet, appunto, e emiliabusiness. Italintesa Spa fa intermediazione mobiliare, ovvero speculazione, è quotata in borsa. Se indymedia o redattoresociale si fregano un pezzo non importa, anzi, quelli non sono profit, ma questi sì, e parecchio. Decido di non fare casino, chiamo ilnuovo e li avverto, chiamo un paio di colleghi più scafati di me, chiamo il direttore di emilianet, che naturalmente non ne sa nulla e si scusa. Restiamo che gli mando una mail con "l'originale", "così fa il confronto".

 Eccola:Questo è il mio pezzo. Il vostro è un po' diverso, ad esempio avete scritto "senza casa" al posto di "senza fissa dimora" e viceversa. Vi ricordo che io sono una giornalista e ilnuovo.it è una testata, non siamo quindi agenzie, che peraltro si pagano. Per la cronaca, nel vostro sito sotto il mio pezzo ce n'era un altro preso di peso da Repubblica Bologna, senza che ne fosse citata la fonte. Avete un grosso sito pieno di notizie, sembra una gran redazione anche se non c'è una firma e la chiamate "team" . Un solo consiglio: è pieno di giovani giornalisti con tanta voglia di fare, non costano neanche molto, provateci.

Dovesse capitare un'altra volta, riceverete una lettera ben più seria.

Cordiali saluti.

So che qualcuno mi vorrà rimproverare il mio "lasciar perdere", e sottolineare altre cosette. Comunque visitate il sito, soprattutto se lavorate in Emilia Romagna. E vigilate, per favore. 
Valentina


8 Maggio 2001 -  In redazione si fa sesso, eccome

"Il sesso è un accidente. L'uomo è carne malata" (Ferdinando Pessoa).
 
Dunque, una piccola premessa. Ci sono le elezioni, tra poco, e i barbari che premono alle porte di Roma, e Costantinopoli che sta per cadere e gli eunuchi alla corte dell'imperatore che brindano, e l'Impero del Cielo che sta per frantumarsi, e Tebe dalle Sette Porte che stanno per cedere, e i cosacchi (azzurri) pronti ad abbeverarsi alla fontanella sotto (l'ex) Bottegone, e la bandiera con l'Ulivetto a tre bande colorate che sta per essere arrotolata a Saigon, eccetera eccetera eccetera.

Quindi, uno dice, non pare proprio il caso di mettersi a parlare di misure, di sesso, di scopate persino. Tra colleghi, poi. Tutti presi a cercare di capire se (o meglio quando) Mastella tradirà, se (o meglio quando) D'Alema farà le scarpe a Veltroni, se (o meglio quando) Bossi farà cadere il novello governo Berlusconi, al capatàz ridens verrà un colpo apoplettico e così, grazie a madre natura più che a una forte e robusta opposizione, ce lo leveremo finalmente dai coglioni. 
E invece. E invece, il sesso si fa eccome, in redazione. E si fa tanto. A volte bene, a volte male, ma tanto. Nel senso che, nelle redazioni, scopano tutti, ma proprio tutti, persino quelli che - se alla sera andassero in un qualunque locale di una qualunque città - non se li filerebbe proprio nessuno(/a)...
Cercherò dunque di richiamare alla vostra attenzione alcune tipologie ricorrenti del "sesso da redazione", non foss'altro che per "ammazzare" una noiosetta giornata di lavoro, in cui, in fondo, persino in Italia non sta succedendo nulla di eclatante...
 
Tipologia A). Il direttore con una (una qualunque, purché figa). Infatti, il direttore, per il semplice fatto di essere il direttore, può scopare con chiunque. Di solito, appunta le sue attenzioni su tre fattispecie di "faemine": 1) la segretaria (ad personam o della redazione) gnocca, di solito sempre disponibile; 2) l'art director molto creativa anche se non bellissima (scambio di idee) o, in subordine, la grafica "alternativa", non bellissima, ma molto "libera"; 3) l'ultima arrivata della redazione (stagista, come nelle migliori tradizioni, o meglio bella e in prova), la quale, di solito un po' timida, ma fornita di grandi tette e carnose labbra, non esita un solo secondo (al massimo due). E poi viene assunta.

Ps. Il direttore ha sempre - sempre - un divorzio alle spalle e, di solito, una relazione fissa che sta per finire (ma che, "poi", non finisce mai). Il direttore, di solito, non ha figli. Se li ha, non li vede mai (e non li stima).
 
Tipologia B. Il caporedattore, anche di piccolo giornale, il caposervizio (solo di grande giornale), e il vicedirettore (di qualsivoglia giornale) scopano con una loro sottoposta in secondo o terzo grado (redattrice ordinaria per il caporedattore, praticante o stagista per il caposervizio, anche redattrice con quasi trenta mesi di anzianità per il vicedirettore): mediamente, non trattasi di donne bellissime, ma molto zoccole sì. Quasi sempre escluso il reparto grafico, da questa categoria fin troppo tiranneggiato, e spesso anche la segretaria di redazione, che ama perdutamente solo ed esclusivamente il direttore.

Ps. Caporedattori, caposervizio, vicedirettori, sono sempre - sempre - sposati con prole. Tradiscono la moglie, ma non lascerebbero mai. Del resto, lavorano tanto proprio perché "tengono famiglia", dicono.  
 
Tipologia C. Redattori ordinari con più di trenta mesi di anzianità, redattori con meno di trenta mesi, praticanti superiori ai 18 mesi. Non scopano quasi mai con le colleghe. Di solito hanno tutti una fidanzata (ex compagna di scuola o di università, ex amica del cuore, ex filarino della compagnia di amici), che li marca strettissimo. Quando vedono passare le segretarie di redazione e/o le grafiche editoriali sospirano, e nulla più. Nelle fasce più giovani, piuttosto, si sta alzando in maniera considerevole il tasso di omosessualità (latente o dichiarata), all'interno della suddetta categoria.

Ps. Non sono mai sposati, spesso non convivono neppure, però la "fidanzata" dorme spesso a casa loro. Per lo più trattasi di finti single, ovviamente senza figli, molto sfigati.
Tipologia D. Praticanti sotto i 30 mesi, allievi delle scuole di giornalismo, studenti di giornalismo. Scopano tantissimo, sia fuori che dentro le redazioni. Scopano con le colleghe di corso (che non hanno ancora conosciuto i direttori), con le colleghe anziane (che li hanno già conosciuti ed esultano perché ai giovani in erba "tira", ai primi meno) e persino con le segretarie (colte) e con le grafiche, perché - dicono queste - "almeno noi, tra giovani, sì che ci si capisce, mica con quello stronzo che pensa solo al giornale!". Cambieranno presto idea, ma intanto fanno felici legioni e legioni di fanciulli, giornalisti in erba, redattori in fiore, nel pieno dei loro anni e, di conseguenza, della loro virilità.

Ps. Non convivono (e fanno bene), ma spesso non sono nemmeno "single", tutt'altro: vivono ancora con ma' e pa'. I quali però escono spesso. E fanno di questi ragazzi dei piccoli ometti felici. Magari non dei futuri grandi giornalisti, ma di certo degli ottimi e persino romantici scopatori.

 
Postilla valida erga omnes. Nei quotidiani si scopa tantissimo, nei settimanali forse persino di più (diciamo pure come conigli), nei mensili un po' meno, i giornali in uscita sembrano Sodoma e Gomorra formato A4, quelli storici meno, in tv si scopa tanto ma si dice poco, nella carta stampata tutti sanno di tutti, in radio si scopa pochissimo, nei siti Internet così e così, nelle riviste mai, nei giornali politici dipende, nei quotidiani d'informazione sempre, i periodici delle grandi case editrici ricordano molto da vicino le case chiuse del primo Novecento, nei periodici di piccoli editori si arranca, gli inviati scopano all'estero, in Italia si limitano a bere al bar sotto casa, in cronaca nera molti scopano con le forze dell'ordine (poliziotte, surtout), in cronaca bianca si scopa meno, in economia pochissimo, nelle pagine di tv e spettacoli molto all'interno, ma anche molto all'esterno (uffici stampa, promoter, persino giovani artiste/i di belle speranze, eccetera), nello sport molto, ma molto male, in cultura praticamente zero (ma c'è sempre la risorsa delle studentesse), in politica interna molto, ma solo e strettissimamente tra colleghi di pari grado e rigidamente di testate diverse e, infine, nei vari inserti speciali abbastanza, ma mai quanto nei supplementi, veri, dei giornali.
 
Come posso essere così sicuro, dite? Beh, in effetti avete ragione, ma sapete come siamo fatti, noi "colleghi", no,?  Mica uno le controlla, le fonti... Cioè, fa qualche telefonata, sa due cose, impasta le agenzie, origlia, chiacchiera in giro... Insomma, si parla (e si scrive) tanto per parlare, così, per sentito dire...
 
Lo spettatore
8 Maggio 2001 - Una storia italiana: la mia

Panico, sgomento, mal di pancia: arrivo a casa dopo aver litigato con il parcheggiatore abusivo, con la parrucchiera che non mi rilascia la ricevuta fiscale, con l’ufficio postale che non ne vuole sapere di aggiornarmi il conto corrente (ovviamente rosso fisso nonostante abbia versato un serissimo assegno qualche giorno fa). Apro il portone di casa, le buste della spesa si sono impossessate delle mie mani, le chiavi le ho dovute poggiare momentaneamente in bocca, e mentre con ampio e disperato gesto cerco di aprire la cassetta della posta, lo vedo, è lì….non posso ancora crederci, lo ha fatto: una storia italiana

Faccio a malapena in tempo a concretizzare che quello strano rumore proveniente da una delle due borse del discount. E' quello delle uova che hanno anticipato la frittata. Per la prima volta faccio parte di un “campione di famiglie”! E questa volta non si tratta di “quanti polli mangia alla settimana?” o di “preferisce le ali o usa gli assorbenti con il paracadute”…no signori, questa volta Silvio Berlusconi mi invia la sua biografia a colori. La prima cosa che mi viene in mente, oltre al fatto che avrei di gran lunga preferito ricevere un campione omaggio di pannoloni per l’incontinenza, è: ”Come si è permesso!”.

Oddiomio! Ma ogni tanto ti vuoi ricordare di essere una giornalista e come tale imparziale?”, ci ho provato, giuro che l’ho fatto: ho partecipato ad una conferenza in cui parlava Andreotti, ho visitato il sito della Lega Nord, ho anche cercato di capire la politica di Haider, ho fatto un’inchiesta sui maglioni di cachemire di Bertinotti, ma questa volta proprio non ce la faccio.

Eppure devo dargli un’occhiata. Devo farlo. Si, lavoro in un ufficio stampa, sono considerata una giornalista di serie B, posso evitare di interessarmi di politica, ma devo farlo. “Una storia italiana” (strano non abbia usato l’articolo determinativo!) è momentaneamente accantonata insieme ai vari depliant pubblicitari.

Voglio affrontare la questione a pancia piena, dopo il caffè e la sigaretta. Ma tra uno spaghetto e l’altro la tentazione è forte. Abbandono il mio pasto da single e prendo la rivista. Si era parlato di un libro, invece (menomale!) è solo un’edizione speciale del giornale di Forza Italia... il profondo amore che nutro per i libri mi avrebbe fatto digerire ancora peggio spaghetti e “strategia di comunicazione”.

La mia cuginetta lo avrebbe apprezzato tanto: è così pieno di fotografie, così colorato che mi meraviglia il fatto che non ci sia, insieme ad oroscopo e fotomontaggi, la pagina del cruciverba e quello degli indovinelli (3 orizzontale: Chi sarà il prossimo presidente del consiglio? Risposta due caselle: io; 4 verticale; Chi è stato il miglior Presidente del consiglio della storia: risposta otto caselle: sempreio; Chi sarà il Presidente del Consiglio del 2006? Risposta 22 caselle: ancoraiooppuremiofiglio).

E così vedo il Grande Fratello (abuso è vero, ma io “1984” l’ho letto davvero!) mentre finge di raccogliere i fiori piantati per l’occasione dallo stesso fotografo, mentre si affanna a fare jogging nel prato con il maglione di cachemire affiancato dal bel Piersilvio, anche lui in tenuta poco sportiva (solo il cane sembra correre per davvero, magari inseguiva un gattocomunista, chissà….) e penso chissà quanto avrà sudato il Presidente Giardiniere, o il Presidente Maratoneta.

Provo anche a leggere qualcosa, per esempio le splendide pagine dedicate ad Azzurra, la nave che circumnavigò la nazione alla conquista di terre inesplorate. Ovviamente si parla del totale coinvolgimento dei 60 giornalisti a bordo, dei grandi meccanismi massmediologi scatenati dalla sua presenza nei vari porti italiani, di bande musicali pronti a riceverlo in ogni dove. Io ricordo una serie di comici incidenti, di fischi e di sfighe che accompagnarono quella crociera. Ovviamente queste cose non si dicono e come Orwell insegna, qualcuno evidentemente ha già iniziato a riscrivere il passato abbinandolo al colore delle cravatte di Silvio Berlusconi.

Gli spaghetti ormai sono immangiabili e a me l’appetito è già passato da un pezzo, il caffè è già tutto riverso sulla cucina, la sigaretta continua inutilmente a bruciare nel posacenere. Continuo velocemente a sfogliare le pagine e mi soffermo sulle ultime: Lettera agli italiani. Io sono italiana. E sono ancora orgogliosa di essere tale. Probabilmente dopo il 13 maggio scapperò in Svizzera, ma questa cosa credo interessi solo alla mia mamma.

“Cara amica , caro amico, l’appuntamento elettorale del 13 maggio sarà un appuntamento con la Storia, una scelta decisiva per cambiare l’Italia e garantire la nostra libertà, la nostra sicurezza, il nostro benessere. Viviamo nel 2000 ma la nostra amministrazione pubblica è rimasta quella di un secolo fa……”. Amica???Io? E cosa glielo fa credere? Ma l’amicizia non era un “nobile sentimento”? Possibile che si possa permettere il lusso di abusare anche su cose in cui io credo profondamente?

“Dimezzamento del numero di parlamentari” “Dobbiamo mettere mano al complesso delle leggi” “mettere in cantiere le grandi opere” “guerra alla povertà, alla disoccupazione, alle tasse ingiuste, alla criminalità” : “Questa è la missione che ci assegniamo per l’Italia. Per l’Italia del 2010, per l’Italia del nuovo millennio”.

Ho paura: non solo parla ormai da un anno da Presidente del Consiglio nonostante è noto come nel nostro Paese, e in tutti quelli dove vige il sistema democratico, non si voti con i sondaggi ma con strumenti che, sebbene siano altrettanto costosi, anche noi poveri elettori possiamo permetterci. Non solo parla di grandi riduzioni, come se un minor numero di parlamentari possa davvero garantire il rispetto delle elementari regole di democrazia, non solo “vuole mettere mani” sul nostro sistema legislativo e sull’uso di questa indegna espressione stendo un pietoso velo, ma fa già progetti per l’Italia del 2010. Questo vuol dire che ha intenzione di rimanerci a lungo al Governo e sa già che sarà rieletto.

Impallidisco di fronte all’ovvietà delle sue espressioni così come inorridisco quando leggo che “Il sud, infine è la nostra grande opportunità (….) Il Piano di decollo del Sud è un punto fondamentale del nostro progetto per l’Italia”. Io credo di essere in una posizione abbastanza “svantaggiata” nella mia vita.

Senza scadere nel patetico, vi dico solo che sono: donna, meridionale, giornalista pubblicista. Ho 29 anni e mio padre non è un imprenditore. Né un giornalista famoso, né un avvocato, né nulla che mi possa garantire un posto nella gerarchica e nepotistica società della quale faccio parte. Ma parlare a me come “Amica” mi fa venire il mal di stomaco, parlarmi in veste di rappresentante di un partito che farà decollare il mio sud, mi fa schifo: un decollo presuppone che ci siano perlomeno degli aerei da far volare. Qui di aerei ce ne sono pochi, e quelli che ci sono funzionano a pedali: magari lui sarà il Presidente Biciclettaio, tutto può essere ormai.

O magari a pedalare sarà Bossi, che dopo aver permesso al suo giornale di pubblicare qualcosa riguardante le “malattie che portano gli extracomunitari”, dopo aver parlato troppe volte del Sud Italia come di un sacco di pidocchi da cui sbarazzarci, ora metterà mano al progetto di decollo per il meridione per farci atterrare magari al Polo Sud, dove potremo dar fastidio solo ai pinguini.

Sono sicuro che l’Italia che ho in mente io sia come quella che hai in mente tu: un paese nel quale nessuno debba sentirsi un cittadino di serie B (e se mi sentissi di C2? Avrà mai provato l’ebbrezza di vivere con seicento milalire al mese?), un Paese dove nessun debba sentirsi abbandonato nella malattia e nella povertà (non mi dica che verrà Casini a tenermi compagnia quando mi ricovero la Policlinico la prossima volta, perché davvero non reggerei il colpo …..), un Paese dove tutti possano sentire lo Stato e le sue istituzioni come la propria casa e non come un nemico in agguato (vuol dire che potrò venire a dormire nel giardino di Arcore in tenda?O che potrà scegliere di passare le vacanze al Ministero degli Interni? O che invece di pagare 400 mila lire al mese a nero in una stanza potrò contare sulla dependance del suo giardiniere?).”

Stanca e avvilita, chiudo “una storia italiana” per riaprire quella mia: nell’attesa del “paese libero, prospero e giusto” continuo a fumare le mie sigarette, a mangiare quel che resta di un panino e soprattutto, vado a buttare l’immondizia. Niente raccolta differenziata: mando l’azzurra rivista in discarica. Non vorrei ritrovarmela domani tra le pagine di un quaderno di carta riciclata. 
Magicabula


5 Maggio 2001 - Editori e leccapiedi

Topo di biblioteca ha scovato e tradotto per noi questi gustosi pezzetti da Bluff your way in journalism" di Nigel Foster, Ravette Books, 1988,  prezioso libello ormai pressoché introvabile. Ringraziamo e pubblichiamo dal capitolo "Impara chi conta davvero".

Editori
Ne esistono due tipi fondamentali: quelli che s'intendono di giornalismo, e  quelli che non se ne intendono. Entrambi sono intenti a far soldi in egual  misura. Entrambi sono quasi impossibili da incantare. I primi, perché la  sanno molto più lunga di voi; i secondi, perché probabilmente non si  accorgono nemmeno della vostra esistenza. E' ben noto, infatti, che  l'egocentrismo di un editore cresce in misura inversamente proporzionale al  talento che possiede.

Gli Editori Che Se Ne Intendono sono di solito circondati da individui altrettanto brillanti. L'unico possibile bluff, in questo caso, è fingere di  non essere minimamente impressionati da loro. Nessuno vi crederà, ma  guadagnerete parecchi punti per averci provato. 

Gli Editori Che Non Se Ne Intendono sono di solito circondati da una turba  di consiglieri simile a una corte medievale, del genere che sarebbe stato  assai gradito a Lucrezia Borgia (vedi "Leccapiedi d'alto grado").  L'editore conta più di tutti. Dopo di lui, contano i membri della sua  famiglia. (Gli editori sono invariabilmente maschi, tranne in America dove  per legge deve esserci fra loro una determinata percentuale di femmine, neri  e omosessuali). 

Leccapiedi d'alto grado   
Non tutti gli editori hanno un leccapiedi-capo, ma quando esiste, può rivelarsi un individuo davvero pericoloso. I leccapiedi d'alto grado non sembrano svolgere alcuna specifica funzione. Tuttavia, ignorarli solo per  questo metterebbe a nudo la vostra inesperienza. Per dirla in breve, i  leccapiedi d'alto grado esistono perché l'editore vuole che esistano. Li  paga un minimo di cinque volte più del loro valore di mercato; è così che  compra la loro lealtà. Tutti i leccapiedi d'alto grado, infatti, sono  abbastanza svegli da sapere che incredibile fortuna rappresenta per loro un  lavoro così ben retribuito, e sono disposti a fare qualsiasi cosa per conservarlo. Assolutamente qualsiasi cosa. 

Gli editori usano i leccapiedi d'alto grado per:  - svolgere tutti quei compiti sgradevoli che gli altri rifiutano, come  licenziare il giornalista più bravo e anziano della testata perché ha  irritato la moglie dell'editore  - dire all'editore, a intervalli frequenti, quanto è brillante  - mettere a tacere qualsiasi obiezione ai progetti dell'editore nelle  riunioni  - assicurarsi che a scrivere la biografia dell'editore sia un autore assolutamente obiettivo. 

Poi assumersi la colpa quando il resto del mondo  protesta, o ride, per la sua assoluta parzialità. (Talvolta il  leccapiedi-capo s'incarica egli stesso di una così ardua impresa).  I leccapiedi d'alto grado sono sempre uomini: le donne hanno un senso  dell'assurdo troppo sviluppato.
Topo di biblioteca


4 Maggio 2001 - No, coi colleghi non si può

Non e’ una questione di etica professionale, ma solo pratica e di convenienza. Il narcisismo della categoria non porta nulla di buono sul fronte del sesso: l’alta opinione di se’ fa precipitare verso il basso tutto il resto.

Naturalmente portati ad elaborare i dati reali, spesso i colleghi calcolano pero’ male le prospettive e cio’ che e’, poniamo, di misura cinese, svetta a vette africane. Come a dire che un delizioso dipinto 50 per 60, opportunamente elaborato dall’inconscio, puo’ diventare facilmente un trittico da altare. Sara’ anche un problema d'ipermetropia, guaio oculistico di molti, non dico di no. 

Naturalmente non tutti i colleghi hanno di questi problemi, e anzi, di questi sette circola una lista segreta tra le colleghe di tutta Europa. 

Molte inchieste (realizzate da colleghi maschi) da anni ci vogliono  convincere che “non e’ la quantita’, ma la qualita’” a contare. Ebbene, una volta per tutte vorrei dare una risposta articolata e precisa a questa convinzione: maddeche’!  

Ma lasciamoci pure trasportare dalla dialettica e prendiamo per buona la questione della qualita’: colleghi, voi siete oltreche’ narcisi anche assai stressati. Infatti pochi di voi fanno un pasto regolare al giorno. Fumate troppo. Bevete male. Pensate peggio. Non parliamo di come vestite, tra lo stile pinguino di chi fa il politico a quello da naufrago dei cronacari. A pochi manca il conforto mistico di un’amante, cosa carina per un po’ (“dio, erano anni che non mi sentivo cosi’ vivo: grazie!”) ma alla lunga una gran seccatura.

La vita sedentaria non vi consente un adeguato movimento intestinale e le vostre ossa strokstrokkano a partire dai trent’anni. Sbanfare e scatarrare di tanto in tanto sul campo di calcetto e rischiare la buccia su quello da tennis fa piu’ survivor che sport. Mettiamo pure che la carriera logora sia quelli che ce l’hanno che quelli che non ce l’hanno e avremo il nostro mocio vileda quotidiano. Perche’ non e’ che quando arrivate tra le pezze tutte queste cose non abbiano un peso… Queste si’, hanno un peso. 

Ricordo una collega (bella, delicata, sciuretta tutta “pippippipippippi’”,  si occupa di cultura) alla quale non era stata data la lista dei magnifici 7 e che quindi era passata dall’esser moglie di un collega ad amante di un altro… lo so, e’ una situazione molto triste, specialmente in questo depressivo periodo elettorale, ma sentite… Un giorno la collega decide di cambiare territorio e accettare la corte discreta ma inequivocabile di un suo fornitore. Fornitore di carni, naturalmente, poiche’ l’inconscio e’ oltreche’ spiritoso anche spietato. L’uomo era (e’ ancora) di bellezza ulissea e della sua chincaglieria faceva bella mostra sia attraverso jeans adeguatamente scoloriti, che attraverso quell’armeggiare tipico dei maschi italici altrimenti detto “estrazione del lotto”.  

Dunque, si organizza un weekend romantico. La collega e’ estasiata da lui che parla poco, ma la ricopre di attenzioni. Prima sera, cena in piazzetta, due passi, poi in camera, terrazza sul mare, luna, stelle e quant’altro, abbracci… Lui sempre silente. Finalmente, l’amore.  La faccenda si anima, un’ora (un’ora, non dieci minuti a partire dal garage…) di ”fischi, botti e numeri a colori”, lei, disabituata, e’ felice… ”E tu?” chiede dopo la pulzella. E lui:”Si’ puro io bella, ecchime!”. 

Be’, si sono lasciati dopo quel weekend, ma ancora oggi  la scopro con gli occhi lucidi e persi nel territorio della memoria.
Topo Gigio


3 Maggio 2001 -  Metti un righello in redazione 

Care colleghe e cari colleghi, la questione sollevata (è il caso di dirlo) da Magicabula e dalla Ragazza del bar mi appare tutt’altro che irrilevante.

Soprattutto per la nostra categoria, che è stata qualche mese fa relegata fra i “bocciati” - sessualmente parlando - da una ricerca statistica della Società Italiana di Andrologia.

Secondo l’autorevole studio (che ha avuto notevole eco sulla stampa nazionale, dal Corsera al Gazzettino de’ Centocelle), giornalisti e giornaliste si meriterebbero un bel 4 in pagella, surclassati da casalinghe (voto 8), pensionati e impiegati statali (voto 7), insegnanti (voto 6).

Peggio di noi lo fanno solo gli avvocati e i palestrati (voto 3) e, fra le donne, le separate e le divorziate (voto 2).

La sottoscritta, giornalista e separata, è francamente terrorizzata!

Perciò, ragazzi e ragazze, parliamone! Confrontiamoci sull’argomento, seguendo l’esempio e gli spunti di Magicabula e della Ragazza del bar. Informiamoci, facciamo circolare dati e notizie e, se non ne abbiamo, procuriamoceli di prima mano (si può dire, non sarà troppo allusivo?).

Andiamo sul posto, armati di metro e righello, indaghiamo nelle discoteche e nei locali di tendenza. Ma anche, e soprattutto, nelle redazioni. E, infine, dopo esserci coscienziosamente documentati (come vuole anche la deontologia professionale) mettiamo in pratica la teoria, smentiamo le statistiche e dimostriamo orgogliosi al mondo che “i giornalisti lo fanno meglio”.
Gelsomina


3 Maggio 2001 - Il Calabrese suonato 

Caro Figaro, ho passato la domenica, aihmè, in casa a guardare la tele e sono molto, molto preoccupato. Retequattro, dopo avermi promesso "Il sipario strappato" (il capolavoro di Alfred Hitchcock), ha mandato in onda un comizio di Rutelli (sfigato in mezzo a qualche decina di sfigatissimi giovani elettori molto marginali e a qualche confuso corrispondente straniero di improbabili testate) e quello di Berlusconi-no-limits: bello, giovanile, perfetto.  

Quasi due ore di delirio-mediatico. Rutelli è bravo, educato e tollerante e lo applaudono: rapite, convinte, caricatissime. Il Cavaliere affronta la questione della modifica della Costituzione Italiana: un argomento che pare marginale ma non lo è affatto. E dice: se avremo i numeri la cambieremo anche senza l'accordo del centro-sinistra. Io non so se i giornalisti italiani afferrino il concetto: per oltre 50 anni il sistema italiano si è basato su un sistema di fondo condiviso, nel quale maggioranza ed opposizione condividevano le regole di fondo (la Costituzione, scusate se è poco...). 

Adesso si cambia: come? Il 13 maggio il Cavaliere vince le elezioni. Il 14 maggio c'è un forte rischio, certezza dico io, che una parte consistente del centro-sinistra gli si presenti col cappello in mano: la grande industria che non è già passata con lui lo farà: vi immaginate la Fiat (uguale "La Stampa") o Telecom Italia (uguale "Telemontecarlo"), o le banche all'opposizione di un governo che durerà almeno 5 anni? Non scherziamo.  

A quel punto il gioco sarà fatto. Berlusconi lo ha spiegato domenica pomeriggio. Alla sera è andato in replica. Capite o no? Alle 23.30, quindi, su Raitre è andato in onda "Telecamere" il programma della giornalista La Rosa con, in studio, l'ex direttore del Messaggero (e fino a ieri grande sponsorizzato da Rutelli allora sindaco di Roma) Pietro Calabrese.

Un'ora e mezza di maxi-spot: Berlusconi-no-limits ha detto qualunque cosa senza che i due colleghi accennassero mai ad incalzarlo seriamente. Il mio amico Pietro sembrava un pugile suonato:l'unico attimo di risveglio da un torpore che pareva infinito si è registrato quando ha ricordato con orgoglio i suoi anni giovanili nella squadra palermitana del Bacicalupo. Una compagine guidata da un grande di Forza Italia: l'on Marcello Dell'Utri: bei tempi, bel calcio,eravamo giovani allora, ah come ci piaceva, dice Calabrese a un Berlusconi compiaciutissimo.   

Mafia? Frequentazioni ambigue? Amicizie molto, molto imbarazzanti? Certo, ne parlano già i giornali di mezzo  mondo, che bisogno c'è di parlarne ancora, deve essersi chiesto Calabrese che evita di parlarne e anzi si lancia in valutazioni lusinghiere per quel giovane di Palermo che lo ha fatto tanto divertire da giovane.

Caro Figaro, due colleghi per un'ora e mezza non provano neppure ad incalzare il candidato del centro-destra, anzi.
Ma quale giornalismo anglosassone, ma quale giornalismo e basta... Nessuno che abbia chiesto al Cavaliere, per esempio, se  è al corrente che il direttore generale della sua Mondadori e il capo delle relazioni esterne della sua Mediaset hanno convocato nei giorni scorsi l'editore di "Diario", Luca Formenton, uno dei pochi giornali che sta tentando di porre domande "scomode" al Cavaliere per dirgli che così proprio non va. Perché une editore apparentemente estraneo all'impero Fininvest viene convocato in piena campagna elettorale? Guardate il "tamburino" del Diario e capirete...  

E perché nessuno dei giornalisti presenti ha chiesto al Cavaliere se considera giusta la protesta della collega, ebrea, di Studio Aperto che ha protestato pubblicamente per gli incredibili servizi sul 25 aprile che cercavano di mettere sullo stesso piano la Liberazione e i nazi-fascisti, insinuando che la colpa della mancata "rivalutazione" degli "sconfitti" è anche degli ebrei? Il servizio più grave è stato firmato, non da un redattore qualunque, ma dal giornalista-principe, quello che per primo ha lavorato per il Cavaliere, quello che tra i primi si era esposto nella "discesa in campo" del 1994. Mica un pazzoide, un irresponsabile, ma uno che la sa lunga.

Se i toni sono questi prima delle elezioni, cosa capiterà il 14 maggio? Se anche la nostra "categoria" rinuncia sostanzialmente ad un ruolo di critica adesso, cosa diventerà l'Italia tra due settimane? Già abbiamo delegato all' "Economist" il compito di incalzare il Cavaliere,dopo le elezioni dovremo andare a comprare l'"Economist" all'edicola della stazione di Chiasso, Svizzera, come si faceva negli anni '60 col mitico, e vietatissimo "Playboy"?
Apriti cielo


3 Maggio 2001 - Barzellette, mica uno scherzo 

Tra qualche giorno il Cavalier Berlusconi vincerà le elezioni: molto  probabilmente con un margine notevole. Mi chiedo: se il 25 aprile, festa della Liberazione dalla dittatura nazi-fascista il direttore di uno dei suoi tg ("Studio Aperto") ha potuto mandare in onda affermazioni che offendono la sensibilità  di tutti noi, cosa accadrà tra due settimane?

Le battute antisemite non devono ferire solo una giornalista ebrea: devono preoccupare tutti noi. La scelta del direttore Mario Giordano è molto grave: si comincia con le barzellette contro negri, ebrei, omosessuali ma si sa come va a finire.

Mediaset può tollerare queste cose? Il suo presidente Fedele Confalonieri può fingere che si sia trattato di una "ragazzata" (tre servizi nello stesso giorno...)? Secondo me no.
grazie
alfredo


3 Maggio 2001 - Il derby val bene un collega

Prima del derby, un operatore del Tg3 è stato accoltellato per aver ripeso scontri fra teppisti. Più tardi, un altro operatore, del Tg1, è stato ferito e la sua telecamera è stata danneggiata. Alla fine, un giornalista del Tg2 si è trovato un coltello puntato alla gola.  

Se gli stessi fatti fossero successi a inviati di guerra in Bosnia, qualcuno avrebbe speso parole di solidarietà. O se gli accoltellatori fossero stati zingari o albanesi, tutti i giornali ne avrebbero parlato; quelli di destra per soffiare sul fuoco della "gente che vuole sicurezza", quelli di sinistra per dire che non bisogna essere razzisti e che certe cose le fanno anche gli italiani.  

Invece niente. Neppure il solito commentino di Bruno Tucci sul Corriere della Sera parla di questi fatti (mentre riferisce estasiato della partita). Eppure credo che si tratti dello stesso Tucci che quando Lucia Annunziata fu fermata dalla polizia a Belgrado durante la guerra per il Kosovo, arrivò a chiedere per ritorsione l'espulsione dei giornalisti jugoslavi dall'Italia. Eppure è lo stesso Tucci che, come presidente dell'Ordine del Lazio e del Molise dovrebbe avere come dovere morale (e giuridico) l'impegno alla solidarietà attiva e pubblica con chi passa certe avventure per informare i cittadini. Si vede che il derby vale più dei doveri di solidarietà, e non è il caso di disturbare lo spettacolo che "la ggente" vuole .

Durante il fascismo c'era uno slogan che diceva "Me ne frego!", e nei locali pubblici c'era scritto "Qui non si parla di politica". Del derby invece si poteva parlare e nessuno se ne fregava. Ma qui si è fatto un passo avanti: quando c'e' di mezzo il pallone, oltre che di politica non si parla neppure di cronaca nera. E nemmeno quando le vittime sono tuoi colleghi.  
Giovanni Graziani  


 

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