Trenta righe


 

Sapete com'e', non sapevamo come piazzare in pagina alcuni pezzetti che ci arrivano. Non sono notizie secche secche. Quelle le mettiamo nel notiziario del mese. Non sono nemmeno lettere. E neanche articoli veri e propri. Sono proprio pezzetti brevi. Quindi e' nata questa nuova pagina. Trentarighe. Se poi sono trentuno o ventinove, fa niente. Scrivete, gente, scrivete. Finche' si scrive c'e' speranza.


 

30 Marzo 2001 - Troppi cani, troppi gatti

Gentile Barbiere, innanzittutto vi volevo ringraziare per aver pubblicato la mia lettera-sfogo-denuncia. Pubblicazione che ha sortito effetti andati ben oltre a quello che potessi desiderare. 

Volevo soltanto raccontare la mia triste storia di giornalista mafioso e scrivere un pezzo che fosse un po' più lungo delle solite 10 - 15 righe che quei sadici di Mediaset ci costringono a fare con la scusa dei tempi televisivi. 

Ebbene, a giudicare dalla posta elettronica arrivata, non solo ho fatto ridere qualcuno ma ho anche avuto l'onore di una replica di una firma di Repubblica: Silvio Buzzanca. Nella lettera poi mi chiama anche collega, io, umile redattore ordinario (e neanche dei più bravi), confronto ad una firma che come minimo deve essere inviato (e se non lo è glielo auguro, se è di più tanto meglio per lui). 

Ringrazio Silvio (Buzzanca s'intende, anche se questa frase la devo proferire ogni sera pena frustate a sangue) che è contento per me anche se il tono della sua lettera è un filino livoroso. Ma forse perchè deve far parte del suo carattere: tenero di cuor ma duro di scorza. 

Che sia un duro e coraggioso d'altronde lo dimostra lui stesso quando racconta le sue gesta, fatte di domande al vetriolo a Berlusconi. Beh, questo è sprezzo del pericolo allo stato puro, perchè in Italia di giornalisti che incuranti della loro incolumità personale si gettano nella selva di una conferenza stampa e sparano nei denti una domanda al vetriolo al cavaliere ce ne sono davvero pochi. Altro che Medici senza Frontiere, è qui che ci vogliono gli attributi, grinta e determinazione e, già che ci sono, fare la barba al palo, l'asfalto reso viscido dalla pioggia, il pallone nel sette e farò quanto mi dice il mister. 

Purtroppo però su di me il collega Silvio (posso chiamarti così?) si sbaglia. Non sono affatto allegro. Sono triste, anzi tristissimo, ma il patto di sangue mi obbliga a essere felice e sorridere tutti i giorni "h 24", escluso le corte dove piango ininterrottamente per la mia misera condizione.

Eppoi, anche se lo ringrazio per la fiducia, non faccio nè parte dell'ufficio legale di Mediaset nè tanto meno decido gli ospiti dei telegiornali. In poche parole: non conto un cazzo. L'ho già scritto: il mio ingresso fa parte di un piano di affiliazione adepti a Camorra, Casa delle Libertà, Casa delle Aie (è tra Cervia e Ravenna e fanno una piadina stracchino e rucola che tuona. Se vieni da 'ste parti Buzzanca chiamami che ti ci porto volentieri).

Se il coraggioso Silvio è d'accordo (se non è d'accordo fatti suoi) chiuderei qui la querelle Mischi - Buzzanca che francamente penso interessi veramente poco. Per par condicio però racconto anch'io una storiella.  

Correva l'anno 1992, per l'esattezza il 10 marzo. La commissione d'esame dei giornalisti sottopone a un candidato la prima di Repubblica che apre con un titolo enorme, "Troppi cani, troppi gatti", che sintetizza una grande, ma davvero grande notizia: la proposta del ministro della Sanità (De Lorenzo? boh, questo non lo ricordo) di sterilizzare appunto cani e gatti. 

Nella stessa pagina, in basso, proprio in basso, che più taglio basso di così non si può, nascosto fra la più pubblicità, un riquadratino piccolo, piccolo, ma proprio piccolo che più piccolo di così non si può con la "notiziola" della condanna di De Benedetti per disavventura finanziarie di cui non ricordo bene (comunque c'è sempre l'archivio). Segue dibattito fra candidato e commissione sull'autonomia o meno dei giornalisti...   

Poi mi venite a parlare come unici paladini delle verità? Ma fatemi il piacere, fatemi. Oh, Buzzanca t'aspetto per la piada che c'ho un altro po' di storie da raccontare. 

Alessandro Mischi, Tg4, sede Mediaset Bologna, via del Fonditore 18 cap 40127, telefono 0516035111 interno 247, posta elettronica: alessandro.mischi@mediaset.it
30 Marzo 2001 – Il colore dei soldi

"A pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca"
(Giulio Andreotti)

E dunque, auguri alla nuova Unità e va bene. la dirige Furio Colombo, che cita il Kentucky e la Libertà, e va bene. "Apre" sul costo della campagna elettorale di Berlusconi ("Cento miliardi per comprare l'Italia") senza citare un dato nuovo od originale che sia uno, e va bene. Seguono pagine e pagine sulla vecchia, di "Unità", quella degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, e questo va strabene, va benissimo.

Però, quella striscia rossa - in gergo giornalistico si direbbe che "batte" contro il titolo di apertura sotto e il nome della testata sopra - non solo a me, ma a molti altri colleghi che ho sentito proprio stamane, ha fatto storcere il naso: ma come "l'Unità" tutta rossa (persino negli apostrofi e negli accenti) sceglie di farsi accompagnare da una pubblicità di Telecom Italia (l'aziendina in mano a Roberto Colaninno), che reclama la pubblicità del "12" degli ex telefoni fissi di Stato (pubblicità che continua, a tutta pagina, a pagina 32).

Complimenti... Sapete chi mi ricordate, cari compagni? I vostri amici-nemici di "Libero", sì proprio il giornale diretto da Vittorio Feltri, che - nel suo primo giorno di uscita e, a seguire, per molti mesi - misero sotto la loro testata verde una bella pubblicità di Libero Infostrada, una delle tariffe della società Infostrada (aziendina in mano oggi al gruppo Wind-Enel). Franco Tatò, al primo attacco di Libero all'Enel, ritirò la pubblicità da "Libero"

 Chissà se "l'Unità" di Furio Colombo si cimenterà mai in una bella inchiesta "all'americana" sulle tariffe Telecom o se riprenderà quella di Bonini&D'Avanzo su "Repubblica"... Insomma, che farete, cari colleghi-compagni della nuova sinistra "liberal" che ha deciso di tornare sulle barricante contro il ritornante Cavaliere nero?

Sceglierete la cara, vecchia politica dell'adelante, sed cum juicio"?
Giovanni dalle Bande Nere 


30 Marzo 2001 – Se Jörg diventa Jorge

Premetto che - ovviamente - vanno inviati i migliori "in bocca al lupo" ai colleghi della rinata Unità. Ho notato però che il giornale ora diretto da Furio Colombo ha iniziato col piede sbagliato; e dico "iniziato" non a caso.

Se guardate la PRIMISSIMA parola del giornale (nello strillo su sfondo rosso sopra il titolo, quello dedicato ad Haider) vedrete che il nome del destrissimo politico austriaco è SBAGLIATO!!! Accidenti, proprio la PRIMA parola di un nuovo giornale! Haider si chiama Joerg (Jorg con la "umlaut" o dieresi sopra la o) e non "Jorge" come riportato dall'Unità.

Ho pensato anche che si sia voluto storpiare "alla spagnola" il nome di battesimo del demagogo - che in effetti qualche tentazione sudamericana evoca se non altro per certi atteggiamenti.

Ma mi sembra una dietrologia troppo fina, dunque incomprensibile. Comunque, tutto il bene possibile alla "nuova" Unità, anche con gli errorini irrilevanti. Il resto del giornale è PIU' che buono, spero solo che continui così.
Salon Sandro


29 Marzo 2001 – Lo stipendio non si molla mai 


Caro Barbiere, mi sa che la tua pretesa (e ragione di esistere) di ridare un po’ la faccia al giornalismo italiano sia davvero un’impresa impossibile. Guarda un po’ cosa tocca scoprire oggi. Non avevo fatto in tempo a stupirmi, a dire guarda questo che coraggio, finalmente.... che mi arriva puntualmente la smentita: Giuseppe D’Avanzo si è dimesso dall’incarico di vicedirettore di Repubblica, non dal giornale”.

Ma sarà che una volta qualcuno si dimetta dallo stipendio? Voglio vedere quanto devo aspettare per vederne uno.

La storia del giornalismo sushi, secondo me, tenta di mascherare il travaso di bile contro il suo direttore per la nota vicenda Telecom Serbia (giustamente, peraltro, visto che lo scoop era a mio avviso debole debole).

Ora decide di restare, ovviamente, perché tiene famiglia, “mica voglio fare questo favore a questi stronzi”, avrà detto agli amici. Gli daranno una stanza e una scrivania, dove potrà passare le giornate a fare telefonate per trovare un altro lavoro.

Bene, andiamo avanti così. Non lamentiamoci però se gli editori esigono il diritto di licenziare a piacimento i quadri del giornale. Hanno perfettamente ragione. Se fossi Mauro o Benedetto, io licenzierei su due piedi un mio uomo di fiducia che mi manda insulti via posta e poi si ritira nella stanza a fianco. Mi volete dire in quale altra azienda o giornale del mondo questo può succedere? Solo da noi, dove ci sarà sempre un pretore pronto a reintegrarlo, il poveretto.


Già odo le voci di migliaia di colleghi e tuoi lettori, caro Barbiere. Ha ragione D’Avanzo sì sì bravo, così si fa. Dimettersi dal giornale??? Ma quando mai?

 D’altronde, caro Barbiere, questo è il paese dove i vicedirettori entrano in aspettativa per andare a guadagnare centinaia di milioni in tv. Oppure, come nel caso di un noto settimanale milanese in crisi, gli ultimi due direttori accettano l’incarico “con l’elastico” e un posto di editorialista futuro del giornale madre, se va male, neh...

Tengono famiglia, d’accordo, e la faccia di bronzo, soprattutto.
Dimissionato ‘58


28 Marzo 2001 – Trieste ha una scontrosa grazia

A Trieste il clima è drammatico e si prevede un netto peggioramento dopo Pasqua. Per colpa dell’ex sindaco Riccardo Illy, che ha reso visibile la città, e di Silvio Berlusconi (che a suo tempo affermò che pur di avere il Municipio giuliano avrebbe rinunciato ai seggi di Camera e Senato della Venezia Giulia) tutti i politici italiani hanno scelto la ‘porta tra oriente e occidente’ nonché il ‘crogiuolo di razze e culture’ per la campagna elettorale.

Tanto per fare un esempio, in un noiosissimo martedì di marzo, sono stati presenti in città:

-   i convegnisti di un congresso di pneumologia (che, avendo prenotato in anticipo, disponevano della sala grande dell’unico hotel attrezzato per banchetti e quindi di un signor buffet)

- i ministri e le delegazioni dei Ministri della Giustizia dei paesi Ince, Iniziativa Centro Europea, capeggiati dal Ministro Fassino, con corrispondenti al seguito, che indistintamente cercavano d’infilarsi nel buffet dei medici e venivano dirottati in quello balcanico dell’Ince.

- la Nazionale Azzurra di calcio e quella Lituana, con giornalisti sportivi al seguito.

Premesso che a Trieste i posti letto non sono più di ottocento (attualmente, con le tre manifestazioni, completamente esauriti), che i ristoranti decenti chiudono quasi tutti di domenica e lunedì, che nel ‘crogiulo’ dopo mezzanotte non si può far altro che andare a dormire, che Trieste non è abituata ad avere a che fare con l’informazione, sono certa di fare cosa grata ai colleghi che saranno costretti a seguire le prossime iniziative, elettorali e non, fornendo consigli per la sopravvivenza (si preannuncia l’avvento di Berlusconi, Bossi, Fini, Fassino per l’ennesima volta, il ritorno di Rutelli, Casini, Di Pietro, soprattutto Bordon, ecc.):

1)     Come entrate in un ristorante spiegate con parole chiare al ristoratore che siete un giornalista e che avete bisogno di una fattura. Dimostrate anche a gesti subito come la volete e, dal momento che vi arriverà tutt’altro da quanto richiesto, non cedete ai pianti dell’oste in questione e fategliela rifare, anche dieci volte se necessario.

2)     Non fidatevi assolutamente dei consigli degli amici che dieci anni fa hanno mangiato splendidamente in un posticino delizioso. A parte casi rarissimi, è cambiata sicuramente la gestione. Seguite il branco nei posti canonici e non avventuratevi in esperienze che, nel cuore della notte, potrebbero influenzare irrimediabilmente l’immagine della città. Evitate i buffet: pasta scotta, risotto appassito, salmone e branzino insipidi e verdure crude, dolci dozzinali. Ottimi, comunque e di solito, i vini, ma a pranzo abbioccano.

3)     Vestitevi a cipolla. Si passa, nell’arco di poche ore dal freddo siberiano con pioggia e bora al caldo tropicale. Non portate il pigiama fino al termine ultimo determinato dal Comune per l’apertura del riscaldamento, perché in hotel rischiate di bollire. Dopo munitevi di tute termiche, perché, se fa freddo, il congelamento è assicurato. Inutile sempre il costume da bagno,se non conoscete qualcuno con la casa in Costiera: non ci sono spiagge degne di tale nome (anche se il mare è meno inquinato di quel che sembra).

4)     Trieste è apparentemente collegata a un aeroporto (mezz’ora, minimo, di macchina), da cui i voli per e da Roma e Milano partono a ore disumane. Il mezzo migliore per raggiungere la città da Roma è il Wagon Lit (partenza da Tiburtina alle 22 e 12), avendo l’accortezza di farsi svegliare a Monfalcone (20 minuti bastano per la toilette)- che sembra vicina, ma per ferrovia non lo è. Quanto a Milano, comode tradotte con cambio a Mestre vi permetteranno di rivivere atmosfere da prima guerra mondiale e i fasti di ‘Triestecaralcuore’. Per un bravo giornalista è un’esperienza indimenticabile.

5)     Nel caso il vostro soggiorno si prolungasse oltre le 24 ore, con tempo libero, non dimenticatevi di visitare il Caffè San Marco (dove, con un po’ di fortuna potreste incontrare Claudio Magris o comunque omaggiare il ritratto dello scrittore) e il Caffè Tommaseo, attuale sede ufficiosa dei DS

Tra i luoghi comuni della città va bene anche Pepi Sc’iavo, porcina e luganighe, il bagno La Lanterna (unico in Europa che divide le donne dagli uomini), l’ex sindaco Illy (facilmente reperibile mentre percorre in bicicletta la città), la chiesa serba- ortodossa (l’ingresso assicura miracoli), la libreria di Saba, la (le) casa (case) di Joyce. Sconsiglio il Castello di Miramare (porta notoriamente sfiga) e il Colle di San Giusto (terribile sfacchinata). Per restare nell’attualità, è d’obbligo un passaggio alla Risiera e alla Foiba di Basovizza. In entrambi i casi evitate di riportare i numeri, eventualmente giocateveli al lotto. In entrambi i casi infatti nessuno ha mai ascoltato gli storici.

6)     Non dimenticatevi di aprire un eventuale servizio con ‘Trieste ha una scontrosa grazia’, ricordatevi che ha dato i natali a Italo Svevo, Umberto Saba, Nereo Rocco, Giorgio Strehler, Nino Benvenuti, Claudio Magris e Susanna Tamaro e che da Trieste è partita, con Franco Basaglia, la riforma della psichiatria. Senza ignorare i poli scientifici, per carità…

7)     Trieste è l’unico porto del mondo dove non esistono puttane (evito d’affrontare, in questo contesto, la realtà portuale). Per una serata in allegria bastano dieci minuti di macchina. La vicina Repubblica di Slovenia offre ai visitatori un’accurata selezione di professioniste provenienti dalle grandi scuole dell’est europeo, nonché accoglienti Casinò.

Spero di essere riuscita a fornire ai colleghi che nei prossimi giorni saranno deportati a nord est particolari utili quanto meno a trovare nel nulla di ciò che li attende un alibi di notizia. Nel caso fossero interessati a conoscere Trieste, il porto più a nord dei Balcani, li invito a mettersi in contatto col Barbiere della sera, che spero si presti da intermediario. Posso farvi da guida nella riserva. Al limite, e con un po’ di fortuna, condurvi in inferi e purgatorio… al paradiso ci penserà il politico che seguite…
Virgilio


28 Marzo 2001 – Il mio pianto libero di giornalista mafioso

Gentile Barbiere, sono un giornalista professionista sadicamente strappato dalle liste di disoccupazione per essere assunto in quella cosca mafiosa che è l'azienda Mediaset. Ebbene sì, la puntata di Satyricon, le inchieste di Travaglio, nonchè le intonse e inequivocabili dichiarazioni di Paolo Borsellino, hanno finalmente squarciato il velo d'omertà e a me fatto trovare il coraggio di questa lettera-sfogo-denuncia.

Che lavorare nelle redazioni di Mediaset sia veramente dura d'altronde lo si era capito dal pianto libero di alcuni colleghi che avete ospitato sul vostro sito ("non vogliamo il voto al pezzo" per il Tg5, "non siamo famosi come quelli del Tg5" per Studio Aperto). 

Ma tutto questo è niente se si pensa al giorno più triste e infame che ogni trenta giorni l'azienda Mediaset fa passare ai suoi 4.000 e passa dipendenti: il 27 del mese. Puntualmente ci viene recapitata questa busta paga lorda di sangue e odorante di morte. 

 E pensare che per ottenerla, io redattore ordinario al Tg4, ho dovuto giurare fedeltà a tutto: dal Pnf (il Partito nazionale fascista) alla PFM (Premiata Forneria Marconi), da Totò Riina a Topo Gigio (fa parte della sezione spettacoli), dalla Sacra Corona Unita alla Nuova Camorra Organizzata, dai Ricchi e Poveri al Fantasma Formaggino (fa parte del settore commerciale). 

A mia parziale scusante c'è stata l'ingenuità iniziale: io portavo notizie e "loro" hanno iniziato a pagarmi. Non potevo immaginare che dietro al fatto di essere pagato per il mio lavoro pur avendo solo due tessere nel portafogli (quella dell'ordine e quella della federazione italiana tennis) si celasse la strategia di raccogliere adepti da affiliare, nell'ordine, a: mafia, camorra, n'andrangheta, P 2, P Greco, Ordine Nuovo, Ordine Nero, Ordine Vero e, già che ci siete, ordinatemi una pizza che m'è venuta fame.

Adesso, con tutte queste tessere, non riesco neanche a tenere in tasca il portafogli quando vado a fare la spesa e rimpiango il romantico periodo della disoccupazione quando non c'erano un sacco di problemi tipo caricar la batteria del cellulare aziendale, riempire correttamente il foglio note-spese, dovermi ritirare personalmente la mazzetta dei giornali.  

Per non parlare degli obblighi al quale ti vincola il patto di sangue: dagli esercizi spirituali pro Cavaliere, ai baci da effondere con Bagarella, con Badalamenti, con Di Maggio, con la Zuppa inglese se c'è rimasta altrimenti va bene anche Bacio e Panna cotta, grazie. 

Vorrei firmarmi sotto uno pseudonimo esotico oppure americaneggiante che fa molto figo, tipo "The last hurrà" come quel cavallo che ha vinto tanti concorsi ippici, ma più che da corsa mi reputo cavallo da soma. Poi da quando sono diventato un "uomo d'onore" devo per forza firmare con il mio nome.

Inoltre scrivo anche l'indirizzo così chi mi vuole insultare oppure darmi del mafioso potrà farlo senza consultare elenchi telefonici e Ansa, data la comprensibile difficoltà di tanti colleghi nel trovare la benchè minima notizia che non si trovi di fronte al loro computer.

Alessandro Mischi, Tg4, sede Mediaset Bologna, via del Fonditore 18, cap 40127. Centralino 0516035111 - interno 247.
Indirizzo di posta elettronica: alessandro.mischi@mediaset.it


28 Marzo 2001 – In hoc signo vinces

Per fortuite circostanze sono entrata in possesso del testo che ha ispirato in questi anni la politica del centro- sinistra in materia elettorale, su invito della componente cattolica, e ha portato alla nomina di Rutelli a leader dell’Ulivo.

 ‘L’astenersi dalla votazione senza motivo sembra almeno peccato veniale, se il candidato buono ha un controcandidato meno idoneo. Può essere grave, qualora con l’astensione si favorisca l’elezione di un candidato cattivo, soprattutto in determinate circostanze politiche.

A un candidato cattivo si può dare il voto solo quando ciò sia necessario per evitare l’elezione di un candidato peggiore; però, con opportuna dichiarazione, si deve indicare, nel caso, il motivo di questo modo di agire. In via di eccezione, si potrebbe dare una volta il proprio voto anche a un candidato indegno per sfuggire uno svantaggio personale eccezionalmente grave’. (Dal Compendio di Teologia morale, Eriberto Jone, Marietti, 1955)
La solita giornalista sconosciuta


27 Marzo 2001 – A Ramo', ma che stai a guarda' il capello?

Invitata ieri sera alla "Domenica Sportiva", la bella Ramona Badescu ha cortesemente protestato per come Bruno Pizzul ha storpiato i nomi dei calciatori romeni, nella telecronaca della partita contro l'Italia. Ilie, ha spiegato Ramona, si pronuncia con l'accento sulla seconda "i", mentre Pizzul ha fatto il contrario. Codrea deve essere accentuato sulla "o", Serban si legge "Scerban", in Galca le due "a" sono quasi mute e così via.

Le osservazioni di Ramona Badescu hanno suscitato l'ilarità generale. "Ma noi leggiamo all'italiana", ha detto per tutti, con tronfia sicurezza, il conduttore della trasmissione, Marco Mazzocchi, mentre gli altri avevano un'espressione che, tradotta in romanesco, sembrava significare: "A Ramo', ma che stai a guardà il capello?".

A bottega pensiamo invece che la ragazza avesse ragione da vendere. E' diritto dei telespettatori che i nomi stranieri vengano pronunciati nel modo più fedele possibile. Ed è diritto, in particolare, della comunità romena in Italia, sempre più numerosa, come ben sappiamo. Un servizio, oltretutto, che è assai facile assicurare: non c'è bisogno di una laurea in lingua e letteratura straniera. A Pizzul sarebbe bastato, con la formazione romena in mano, chiedere la pronuncia al barista dell'albergo. O al taxista che l'ha portato allo stadio. O all'uno e all'altro, come ripasso. Certo, ci vuole un po' di sensibilità per le altre culture e anche un po' d'umiltà. Punizione per Bruno: vedersi per quattro recite consecutive il Riccardo III di... Skakespare.
Bds


28 Marzo 2001 – Cominciamo a dire “no”

Caro Figaro, che la rubrica "ciccia" sia cosi' sguarnita di interventi dovrebbe dirtela tutta sul senso di smarrimento che attraversa ancor piu' in queste ore, la nostra professione. Per primi come giornalisti dovremmo sottrarci al gioco al massacro di queste ore. Eppure in molti continuiamo ad acconsentire a prestarci a interviste a porte chiuse, senza contraddittorio.  

La  commissione di vigilanza in queste ore ha varato il regolamento sulla par condicio, ma noi dobbiamo impedire che a scegliere gli interlocutori per le interviste siano i partiti o lobby d'interesse. Chiudere le telecamere a abbassare i taccuini se il sindaco di turno, come ha fatto solo due giorni fa a Milano Gabriele Albertini, pretende di rilasciare dichiarazioni alle telecamere senza la presenza dei giornalisti di cui teme domande sullo stato disastroso dei rapporti con la sua giunta. Insomma, e' ora che torniamo a fare tutti il nostro mestiere.   

Ecco perche' provo un senso di profondo smarrimento, che deriva dalla consapevolezza che abbiamo perso negli anni un ruolo irrinunciabile: quello di essere, come giornalisti, non solo i professionisti dell'informazione, nel senso di quelli che la fanno, ma i garanti della qualita' e della liberta' di questa informazione.  

Negli anni le iniziative, idee, progetti, incontri non sono mancati, per la verita'. Penso al ruolo che ha giocato il Gruppo di Fiesole, che gia' dieci anni fa avvertiva che la categoria stava cambiando che il paese era gia' cambiato e che anche noi dovevamo ripensare il nostro ruolo.  

Purtroppo la pur proficua esperienza del Gruppo Fiesole, capace gia' allora di grande trasversalita' nelle ideologie, che voleva essere ed e' stata a lungo un progetto permanente di dibattito e di elaborazione, sul ruolo dell'informazione nell'epoca delle nuove tecnologie, si e' interrotta.

Non e' questo il luogo ne' io sono la piu' adatta nel raccontarne il cammino e per fortuna nulla si e' perso di quella proficua esperienza. Ma oggi piu' che mai del senso, dell'origine di quella esperienza avremmo bisogno per rimettere insieme quei pezzi della categoria che vedono, come tu denunci, il pericolo che le regole della democrazia si trasformino in (pericolose) autocensure, che nulla hanno a che fare con la par condicio, men che meno con la dialettica democratica. 
 

L'attacco del Polo non e' a una presunta negata par condicio, ma e' alla liberta' dell'informazione. Il bel documento che e' uscito dall'assemblea dei giornalisti Rai a Saxa Rubra testimonia quanto il senso di questo attacco sia evidente. Nelle ore in cui veniva decisa la quattro giorni di autocensura della Rai, mi sono detta che come cittadina, prima ancora che come giornalista sentivo tutto il peso di una decisione che mi toglieva un diritto costituzionale irrinunciabile: quello ad essere informata.  

Ma tornando a noi, giornalisti, per lo stesso motivo, non condivido nel documento dei colleghi de La Stampa sulle dimissioni di Petrina, quella frase che dice: Petrina non difende i colleghi che fanno la professione. Petrina non ha difeso la liberta' d'informazione, questo e' il punto. Un presidente dell'Ordine assolve il suo ruolo e rappresenta i giornalisti perche' difende prima di tutto la liberta' d'informazione.  

Non vorrei essere fraintesa: la gestione dell'Ordine del signor Mario Petrina non e' da quando e' andato in televisione ad attaccare Marco Travaglio che ha smesso di essere rappresentativa della categoria.

Non e' la prima volta che lo dico e non sono certo la sola ad averlo scritto. In molti lo dicemmo tre anni fa, quando venne rieletto il Consiglio nazionale dell'Ordine. Ma come ho gia' avuto modo di scrivere dalle ospitali colonne del Barbiere, per cambiare ci vogliono i voti. Ricordiamocelo quando fra due mesi saremo chiamati di nuovo a votare, tutti. Potrebbe essere l'occasione non solo perche' Mario Petrina vada a casa, ma perche' si possa avere la forza di riformare davvero un istituto importante della categoria che sia davvero a tutela della qualita' e della liberta' d'informazione.
 

Concluderei tornando al prologo: ricominciamo a discutere del nostro ruolo, abbiamo molta stima da recuperare come categoria nei confronti dei cittadini. E' un patto di lealta' cui non possiamo abdicare.
Vera Paggi


26 Marzo 2001 – La ragazza del bar e il caffe' della pace

Signor Figaro, io, prima di portare caffè e cornetti ci ho provato. Il nostro bar vuole essere all’altezza del suo salone e, sebbene piccolino e senza posti a sedere, offre caffè di marca e anche zucchero di buona qualità.

Per i cornetti ci fidiamo da anni del nostro panettiere. Così ho chiesto sia al dottor Guzzanti che al dottor Morrione di sfogarsi per poi magari ritrovarsi nel nostro locale. In verità, lo confesso, l’ho chiesto prima al dottor Guzzanti, ma solo per casualità di tempi. Lui non mi ha ancora risposto e spero che sia un problema solo di mail. Comunque il dottor Morrione ha risposto subito e la cosa, a me, ragazzina da bar che viene dalla provincia, è piaciuta molto. Ma sa, io non capisco tante cose, a me piace che la gente mi saluti... Magari i suoi clienti hanno qualcosa da aggiungere. Comunque le allego la corrispondenza.

La ragazza del bar

Ps: Mamma quanta gente famosa passa per il Suo salone….


Egregio dottor Morrione, rivolgo a lei, come al dottor Guzzanti, alcune domande sullo scambio di querele e controquerele nel corso della trasmissione di Santoro sul caso Travaglio/Luttazzi/Berlusconi, con la preghiera di rispondermi.

Ho appurato dal dottor Loche che la querela era preesistente, determinata dalle accuse di aver manomesso la famosa cassetta con l’intervista a Borsellino e che esiste una controquerela.

Ciò premesso (spero di aver capito bene, noi ragazze del bar non siamo molto sveglie e preferiamo chiedere due volte piuttosto che mai), mi farebbe piacere avere una sua opinione sul meccanismo 'querele' in ambito professionale

Non sarebbe meglio, avendone gli strumenti, rispondersi attraverso l'informazione, piuttosto che adire a vie legali? In realtà, con tutta l'ingenuità che mi deriva dall'essere una provinciale di passaggio per una barberia, vorrei offrire a lei e Guzzanti un caffè della pace, magari con un cornetto. Mi sappia dire anche quanto zucchero. Cordialmente 

La ragazza del bar


Gentile ragazza del bar, nei miei (ahimè) 37 anni di professione sono stato criticato, attaccato, vilipeso e diffamato molte volte, ma di querele ne ho fatte pochissime.

Sono anch'io convinto che la polemica anche aspra non dovrebbe mai finire nelle aule di tribunale, a parte la fatica e la perdita di tempo che ciò comporta... Ovviamente la polemica e il confronto d'opinioni richiede 2 cose, lealtà e buona fede e pari opportunità di far conoscere i propri argomenti: nel caso in questione non credo alla lealtà e alla buona fede e non ho pari opportunità.

Un giornale, nel caso specifico "Il Giornale", può ripetutamente dire cose false e gravissime, Rai News 24 non può materialmente difendersi e rispondere: qui scatta la querela, esplicitamente prevista dalla legge come estrema difesa dell'onorabilità e del lavoro svolto, in questo caso non solo mio, ma anche dei miei giornalisti.

Apprezzo pertanto la sua offerta del cappuccino con cornetto della pace e spero di poterlo prima o poi assaporarlo con lei, ma non certo con il collega da Lei nominato.

Con lui ci incroceremo, spero presto, al bar della Procura di Milano e , dopo la balla colossale e volgare che mi ha lanciato addosso in diretta al Raggio Verde, circa un inesistente licenziamento che avrei operato verso un caporedattore dissenziente (6 milioni di spettatori, tra i quali mia figlia e forse anche la sua) pure al bar della Procura di Roma.

Un tempo questi veleni si spazzavano via incrociando le lame all'alba, la storia del giornalismo italiano ne è piena. Oggi, andate in disuso le lame e nell'impossibilità (mia) di incrociare un po' d'inchiostro, mi lasci almeno la consolazione di fare inviare qualche atto giudiziario. I migliori saluti e grazie comunque per la buona intenzione 

Roberto Morrione - direttore Rainews 24

Caro Morrione, qui a bottega riteniamo che tu possa anche avere tutte le ragioni del mondo ma le querele tra colleghi non ci piacciono lo stesso.

Cosi’, all’invito della nostra ragazza del bar, aggiungo il mio. Se il problema e’ che non puoi, su Rainews 24 replicare a Paolo Guzzanti, ecco qui, sul Barbiere della Sera, tutto lo spazio che desideri. Ma le carte bollate lasciamole a chi non e’ capace di mostrare i suoi buoni argomenti con le parole. Se vuoi accomodarti in poltrona…

Va da se' che l'invito e' valido anche per il vice direttore del Giornale.
Figaro


26 Marzo 2001 – Io un sassetto l'ho lanciato

Egregi, io un sassetto l'ho lanciato. La seguente lettera (mia) è stata pubblicata su Il Foglio di mercoledì scorso. Stabilite un po' voi se in diverse testate - e a mie spese - non sia successo un bel casino. Non so, a me sembrano temi da Barbiere. Anche se francamente, da un po' di tempo, non riesco più a capire bene quali siano effettivamente i temi del Barbiere. Boh. 

Signor Direttore ­ Non è che dovremmo rivalutare il qualunquismo? Senta questa. Sabato mi ha telefonato un cronista che durante Mani pulite veniva bollato come forcaiolo. E mi ha sfottuto così: “Beh, ma che succede? Nessuno scrive niente? Nessun vibrante articolo contro le gogne a mezzo stampa? Basta? Fine?”.

Parlava della prima pagina del Corriere appunto di sabato, il cui titolo “Arrestato davanti ai cronisti” evidenziava l’irriguardosa presenza di fotografi e giornalisti mentre un politico, il vicepresidente della Toscana, veniva arrestato dai finanzieri. Sotto il titolo del Corriere c’era anche un corsivo di Gad Lerner che giustamente esorcizzava il ‘rito mediatico sovrapposto alla funzione giudiziaria’ e che s¹intitolava così: “Severi, ma la gogna no”. 

Ecco: il problema è che accanto al corsivo di Lerner c’era anche la foto (relativa ad altro articolo) di un uomo ammanettato tra i poliziotti: quella di Michele Profeta, presunto killer padovano.

Chiaro lo schema? Da una parte si esorcizza la gogna (per un politico) e tre centimetri più in là te ne architettano una per un cittadino cosiddetto normale, che, pure, è solo indagato e neppure rinviato a giudizio esattamente come il vicepresidente della Toscana. Peraltro il corsivo di Lerner (“Ma la gogna no”) si conclude in questo modo: “Bisogna anche saper sottrarre alla gogna l’indagato. Scrive al singolare. Giustamente.

Bello, vero? Faranno festa manipulitisti e qualunquisti che volessero un giorno ribadire, dal barbiere o al bar, che c’è un garantismo per i potenti e uno per gli straccioni.

Ma si prosegue. Sabato pomeriggio un cronista del Foglio che mi ha fatto notare un’altra cosa: che su Panorama c’erano altre foto di Michele Profeta (immagini di ogni tipo) e che tra queste ve n’erano un paio del 1955 che l’immortalavano in vacanza sull’Etna, da bambino: ecco, quelle in compenso erano criptate.

Perchè è un bambino, eh, qualcuno potrebbe riconoscerlo. Capito? Aspetti. Mi ha telefonato anche un cronista de l’Espresso che a suo tempo veniva pure lui bollato come forcaiolo. E mi ha raccontato di come lui ­ forcaiolo ­ si fosse vanamente opposto alla copertina fatta dal settimanale la settimana precedente: megafoto di Erika e Omar (i mostriciattoli che hanno fatto la strage di famiglia in un interno) a sua volta criptata, ma ridicolmente, tanto che i volti dei due minorenni erano chiaramente riconoscibili.

Il cronista dell’Espresso mi ha detto che dapprima i due volti non volevano criptarli proprio. Bene: sempre sabato - avevo poco da fare ­ a quel punto ho impacchettato un articolo che raccontava tutte queste cose e l’ho spedito al quotidiano garantista per eccellenza, Il Giornale.

L’hanno impaginato. Ma alle 22 e 30 è stato tolto per far spazio alla seguente: “ Cassazione costretta a occuparsi di mucche e cinghiali”. Insensibili? Per fortuna no. In prima pagina infatti spiccava il milionesimo corsivo in cui si sfotteva certo neo-garantismo progressista e e in cui si ricordava che di episodi analoghi a quello del vicepresidente della Toscana, in passato, ne sono accaduti moltissimi. Per esempio: “In pieno G7 a Napoli, nel novembre 1994...”. Ah, già. Mi riporto alla domanda iniziale.  
Filippo Facci


26 Marzo 2001 – Vulvia, hai gia’ dimenticato Alberto?

Cosa succede all'Ottavo Nano? Come mai Vulvia non ha parlato di Alberto Angela?

Forse l'attesa di Sabina Guzzanti-Berlusconi (comunque di certo non una delle sue migliori interpretazioni), forse le manovre del gruppo Dandini dopo questa settimana di passione della RAI, ci hanno reso meno attenti.

Dunque Vulvia non ha parlato di Alberto. Eppure ne è innamorata e come si fa ad impedire ad una donna innamorata di parlare dell'unica cosa che conta nella sua vita? 

Presto detto: sembra proprio che papà Angela, stanco della presa in giro settimanale indirizzata all'indifeso figlio (che in realtà pare invece divertirsi molto), abbia minacciato addirittura di andarsene dalla RAI e trasferire il suo programma altrove.

Sarà vero? Sembra proprio di si, almeno stando a fonte certa.  E questo porta un'altra domanda: ricordate in anni e anni di trasmissioni rai che qualcuno abbia mai imitato papà Angela? Ma davvero nel suo contratto c'è una clausola scritta che impedisce a chiunque di prenderlo (bonariamente) in giro? Mah...
Non bruciate l'aglio


22 marzo 2001 - Vuoi vedere che Repubblica non se ne accorge?

Un'ulcera perforante ha costretto Roberto Rosso, aitante candidato alla carica di sindaco di Torino per la casa della libertà,  a improvviso ricovero ospedaliero lunedì mattina 19 marzo.

Scartabellando i quattro quotidiani torinesi di questa mattina (martedì 20), la sorpresa: due (La Stampa e La Repubblica) danno la notizia, due (Il Giornale del Piemonte e Torino Sera) la tacciono. Non sfugge che gli abbottonati, l'inserto del quotidiano di Paolo Berlusconi e il piccolo Torsera filo An, sono proprio i fogli che  appoggiano quella candidatura.

Non deve, soprattutto, sfuggire  che - com'è ovvio - entrambe le testate erano avvertite del  ricovero del loro beniamino: fin, dalle 14.30. Boatos vogliono altresì che i due direttori (Pierangelo Coscia per Il Giornale e  Beppe Fossati per Torino Sera) si siano accordati per tacere (Vuoi  che quei sonnacchioni de La Stampa e La Repubblica se ne  accorgano?).

Nel frattempo, l'addetto stampa di Rosso, Giovanni  Monaco, si affannava a stendere un velo di fitto e assoluto  riserbo: illudendosi di giustificare quattro giorni di assenza del  candidato con improbabilissime visite a Milano, Arcore e dintorni.

In fondo Rosso è stato ricoverato nel più grande ospedale di  Torino: impensabile che i cronisti della concorrenza abbiano fonti  in grado di informarli. In fondo a Torino lo aspettavano solo  macellai, commercianti, rappresentanti di quartiere e quant'altro. 

D'altra parte, a Torino, quello del candidato è mestiere duro. La  sinistra ha già perso Domenico Carpanini, stroncato da un ictus  durante il suo primo confronto con Rosso. Così, ha pensato il  cervello della Casa delle libertà, meglio non gufare il povero  Rosso. Morale: buca con acqua.
Piero La Cimice


22 marzo 2001 - Un banalissimo controllo delle fonti

Mentre voi vi fate barba e capelli, pelo e contropelo, prima di portare il caffè, vi propongo di sospendere per un attimo la querelle sull'intervista a Borsellino e andare a dare un'occhiata a http://www.misteriditalia.com/newsletter/speciale1/speciale-Borsellino.doc
sito Misteri d'Italia diretto dal giornalista Sandro Provvisionato.

Il confronto tra le due versioni, quella televisiva- ovviamente ridotta per necessità tecniche- e quella pubblicata dall'Espresso -integrale- è altamente istruttivo. Si tratta peraltro del primo lavoro che tutti i giornalisti (tranne Luttazzi, che giornalista non è) avrebbero dovuto fare prima di partecipare al circo massmediatico. In gergo è un banalissimo 'controllo delle fonti', operazione più rischiosa di Desert Storm dal momento che spesso inficia polemiche e misteri. E cosa sarebbe l'Italia senza un po' di veleno?

Chi sosterrà che Provvisionato lavora per Mediaset non avrà diritto al cornetto.  Anche Santoro ha cercato di mettere le due versioni a confronto, limitato purtroppo dai rischi della diretta. In questo caso invece 'computer canta'...

Consolatevi. Ci sono altre occasioni per parlare del Cavaliere. Suggerisco una bibliografia che è difficile, ma non impossibile, reperire. Si tratta di due pubblicazioni di L'AltraItalia 'Berlusconi Blob. Chiacchiere, promesse e decreti in 120 giorni di governo' (1994) a cura di Laura Formica e 'Mi consenta' (con musicassetta allegata e rap del Cavaliere, attualissimo), sempre 1994.

Sempre L'AltraItalia aveva pubblicato 'Berlusconi, una biografia non autorizzata' di Claudio Fracassi e Michele Gambino, mentre la Baldini & Castoldi '1994. Colpo grosso', di Corrias, Gramellini, Maltese. Affascinante anche 'Ridateci Berlusconi', 1996, edito da Cuore collana Blob.

Non voglio sembrare di parte e quindi vi suggerisco di Renzo Barbieri Editore 'Il manuale del Cavaliere', 1994. E' uno zuccherino... a proposito, quanti caffè e cornetti? Latte?
La ragazza del bar


21 marzo 2001 - In fondo rimaniamo dei privilegiati

Carissimi, sono Paolo Bellino, giornalista dell’Adnkronos, recentemente preso a calci e manganellate dalla polizia, a Napoli. Vorrei raccontarvi cosa ho visto e sentito durante quella mezz’ora di panico in piazza Municipio a Napoli sabato scorso.

Sia chiaro, vi scrivo non perche’ indignato dai calci presi dalla mia persona, ma dalla violenza fuori controllo dimostrata da polizia, carabinieri e –mai visto prima- anche guardia di finanza in tenuta antisommossa.

Come tutti saprete, gli scontri duri si sono verificati in piazza, ma un anticipo era stato fornito in corso Umberto e via Depretis: i primi a colpire sono stati gli Incappucciati (anarchici, vestiti di nero), e in tre scaramucce diverse le varie polizie si erano comportate tutto sommato bene: contro sampietrini, bastoni, un palo divelto e due molotov hanno risposto con cariche brevi, manganellate e lacrimogeni: un rapporto, a mio giudizio,  equilibrato.  

Lo squilibrio, la follia li ha presi  dopo, in piazza: anche li’ i primi ad attaccare sono stati i manifestanti, ma solo spingendosi contro i cordoni di polizie che impedivano l’accesso a piazza Plebiscito; respinti, hanno iniziato a lanciare sassi, bottiglie e dare bastonate. In cambio la polizia ha caricato. Ma l’azione e’ stata radicalmente differente da quelle di poco prima e, a mia memoria, da quelle viste altrove, corteo anti Haider compreso.

La piazza e’ stata accerchiata e le uscite chiuse, le ondate di cariche si sono susseguite a breve distanza, gli obiettivi erano ragazzi e ragazze  in piedi e per terra, a braccia alzate, di schiena, fermi o in movimento, poco importava.  

Poco prima di essere buttato a terra, ero indeciso se seguire (mi trovato al centro della piazza, nel giardinetto di fronte al municipio) la vicenda di un uomo con la barba, in terra, preso a calci sulla testa da dietro da un poliziotto in abiti civili, o quella, che poi ho scelto, di una ragazza con il viso coperto di sangue che veniva trascinata via da due poliziotti, che nel frattempo la colpivano ai fianchi.

Per cavalleria, ho scelto la ragazza, che nel frattempo veniva trascinata verso un muro, dove apparentemente l’intenzione era di continuare a pestarla. Lei gridava, piangeva e non opponeva particolare resistenza, forse stordita dai colpi in testa. Fortunatamente questa scelta e’ stata seguita da due cameramen e qualche fotografo, visivamente piu’ giornalisti di me, che avevo solo il passi. Questo forse l’ha salvata da un’altra gragnuola di colpi.  

Torno al mio posto di osservazione, e dopo pochissimo vengo atterrato da dietro da un poliziotto, che mi stringe il collo mentre mi schiaccia a terra; seguito da un gruppo di colleghi, che inizia a manganellarmi e darmi calci. Mi sono subito coperto faccia e inguine con le mani.

La cosa ha avuto un senso, visto che mi e’ subbito arrivato un calcio sulla mano che copriva l’inguine. Il poliziotto che mi stringeva il collo ha allentato la presa e sono finalmente riuscito a dire ‘’sono un giornalista’’, ricevendo un ‘’chissenefrega’’ e un ‘’questo e’ un fermo di polizia’’ urlati in risposta.

Poi sono stato trascinato fuori dal prato, nel frattempo avevo avuto modo di staccare il passi dal suo posto (altezza fianchi, sul giubbotto annodato intorno alla vita) e lo tenevo alto per far capire il mio status di osservatore, e non ‘’facinoroso’’ come dicono loro.

E’ intervenuto un dirigente, funzionario, ispettore o che so io che li ha allontanati fisicamente da me. Mi sono alzato, ho raccolto telefonino e occhiali calpestati dal prato e mi sono spostato da li’, visto che il posto non era poi tanto buono. 

All’altezza del Maschio Angioino, contornato di Maschi Poliziotti, Finanzieri e Carabinieri,  raccolgo un pezzo di fumogeno come souvenir: prontamente strappatomi di mano da un finanziere di mezz’eta’, cicciottello, che mi dice ‘’questo te lo ficco in culo’’; un altro mi dice ‘’stronzo, vattene’’, e due poliziotti mi assestano altri due calci. Ancora un ispettore mi porta via. 

Il tutto e’ avvenuto mentre tenevo in evidenza, con la mano in alto, il mio inutilissimo passi da giornalista. Agli altri e’ andata molto peggio, in fin dei conti siamo ancora una categoria di privilegiati
Paolo Bellino


19 marzo 2001 - L'ora che alla free lance intenerisce il core...

Nell’ora in cui metto a bollire le patate e sfrigolo lo strutto, base della minestra, i colleghi e le colleghe a posto fisso non possono permettersi il lusso di seguire il Tg di Emilio Fede. Si danno alla ‘bassa cucina’ con l’ansia di chi sa che da lì a poche ore il giornale chiuderà, mentre io affetto in tutta calma le carotine novelle, sbuccio piselli, sminuzzo prezzemolo e sedano, e rosolo le cipolle.

Piango anch’io, ma è un pianto diverso, che libera le coane e fa bene agli occhi. A una certa ora, free lance e giornalisti a posto fisso, siedono al desco: entrambi seguono ‘Il raggio verde’, i primi degustando un minestrone primaverile di ‘risi e bisi’ freschi, i secondi un pastone scongelato. Entrambi godono dello spettacolo offerto da Santoro, Guzzanti, Cavallaro, Purgatori- per una volta nelle vesti di giornalisti sul serio, ognuno secondo le necessità, ognuno secondo il bisogno.

L’apoteosi è, per tutti, quella dell’editore, Silvio, che sveste i panni di futuro e potenziale capo di stato per indossare i propri. Ma si è già arrivati al secondo, formaggi freschi con verdure lesse e crude in vinaigrette (aceto di mele, lievissimo) per i free, fettina bruciacchiata per i ‘posto fisso’, magari single e senza fissa dimora. Quando si arriva alla frutta, come del resto Silvio, i free affondano il cucchiaino in una macedonia in salsa di limone, i ‘posto fisso’ addentano una mela ammaccata per non buttarla via.

Il commento sulla trasmissione di Santoro è invariabile. Free o fissi, si asseconda la propria esperienza, più o meno aspra. Non dipende dal limone, né dalle quantità di zuccheri. A sera, anche per i bambini, i Pokemon assumono fattezze umane. Ma…


Ma il (in questo caso la) free, sbucciando patate, ha visto cose che un umano non potrebbe immaginare. Non Emilio Fede. Lui è una simpatica abitudine, come Striscia la notizia o Blob. Petrìna o Pètrina, che dir si voglia. Cioè l’Ordine. Ossia il caos in cui versiamo. Fango o, nel caso in questione (il minestrone), olio extravergine d’oliva.

Petrìna o Pètrina, che dir si voglia, di fronte a Emilio Fede nel consueto ruolo di paladino della berlusconità, bisbiglia accuse contro un signore, Luttazzi, che, fino a prova contraria, ha sostenuto molte prove, ma non quella che l’inchioda a fare il giornalista a vita. Fede gongola e conclude con un calembour tra imbecilli e coprofagia. Petrìna o Pètrina, che dir si voglia, ringrazia e saluta. A nome di tutti, free e fissi.
Da free posso, anzi devo, arrabbiarmi con chi firma contratti facendosi scudo del tempo che dedico alla cucina, quella alta. Da giornalista, iscritta all’Ordine, non posso che dissociarmi da chi, rappresentandomi, partecipa a spettacoli di satira ufficialmente non dichiarati come tali. Per il nervoso stavo quasi per brucciacchiare un pisello….
La solita giornalista sconosciuta


19 marzo 2001 - Brutte, sporche e neanche tanto cattive

Caro Figaro, sono giorni convulsi, Luttazzi che deflagra, l'Unità che riapre, i giornalisti, gli ingegneri, i metalmeccanici che scrivono in massa sulle busta-paga della categoria più sopravvalutata del pianeta.

Ho 25 anni, ho superato gli esami da giornalista professionista un anno fa. Dirai: che giovane, che brava....
Adesso ti racconto. Ho lavorato come praticante presso una testata locale, il glorioso "Mediterraneo", arena circense del mago del circo e domatore di pulci Vinicio Boschetti, area Ds, e per giunta senza vergogna. Le pulci erano i giornalisti, i giochi di prestigio gli stipendi: uno ogni tre, quattro mesi, con quelli in redazione che spegnevano i fuochi fatui degli scioperi ridicoli del cdr.

Sono stata licenziata (avevo incominciato a rompere le scatole credendo di poter cambiare le cose, con un sindacato provinciale che baratta le assunzioni e un Ordine Regionale che in un anno ha accolto più o meno tre dozzine di riconosciute pratiche a collaboratori che scrivevano tre pezzi alla settimana).

Il mio credito nei confronti del domatore di pulci è di 54 milioni: la società editrice è fallita, la cooperativa che l'ha sostituita pure, spero solo nelle tre mensilità e nel Tfr dell'Inpgi, che infatti è leggermente imbufalita.

Ma tant'è, pagare e sorridere. Da qualche mesetto il domatore con i suoi fedeli assistenti ha aperto il quotidiano "L'Ora", sì, proprio quello prestigioso e agguerrito delle inchieste sulla mafia e dei giornalisti scomodi.

Pubblicano una ventina di pagine al giorno brutte, sporche e neanche troppo cattive. Ma a me girano le balle lo stesso. Sul vostro sito leggo di stipendi bassi, di buste-paga che lasciano insoddisfatti. Io mi accontenterei, anche se sono giovane e più o meno libera. Perché io, l'anzianità di servizio di certi colleghi dinosauri non me la posso neanche sognare.

Nel frattempo neanche più mi indigno, perché forse non ne ho neanche tanto il diritto. Grazie per l'ospitalità.
Federica


19 marzo 2001 - E' che sono un sentimentale, scusate...

Che strana la vita dei giornalisti. Ti capita di conoscerne uno - o più di uno - tanti anni fa e lo ritrovi - anni dopo - completamente diverso, cambiato. Un altro uomo e, ovviamente, un altro giornalista. Prendiamo Giuseppe (Peppino) Baiocchi, direttore (S)terminator della "Padania" leghista, protagonista d'una storia con un corrispondente, finita in tribunale.

Chi ha avuto la ventura di conoscerlo, come me, negli anni '70, ricorda un giovane universitario assiduo frequentatore del centro studi di via Mercato, mitico covo di giovani, e meno giovani, democristiani di sinistra, istruiti e catechizzati dall'indimenticabile Giovanni "Albertino" Marcora, cofondatore della corrente di Base. Aveva un desiderio grande come il mio, Giuseppe Peppino Baiocchi: diventare giornalista. Albertino Marcora, uomo generosissimo, fece carte false per accontentarlo.Tanto per cominciare lo mandò a farsi le ossa all'Avvenire.

Un periodo di gavetta trascorso malvolentieri dal Peppino che ambiva a ruoli, e giornali, ben più importanti. Marcora, commosso dai lamenti quotidiani di Baiocchi, face faticoso esercizio d'umiltà presentandosi al cospetto del direttore del Corrierone, all'epoca (cioè come sempre) per nulla tenero con la sinistra dc. Arrivato in via Solferino, a Giuseppe Peppino Baiocchi occorsero pochi mesi per capire da che parte stare. Puntò tutto, e giustamente, allora, su Giorgio Santerini e il suo sindacato parasocialista. Arrivò fino alla qualifica di redattore capo. Missione compiuta? Neanche per sogno.

Peppino Baiocchi puntava più in alto. Alla direzione. Non del Corrierone, almeno per ora. Un giorno seppi che era in pista per sostituire Luca Marchi alla direzione della "Padania". Lo chiamai: gli chiesi come fosse possibile. "Voglio provare se sono in grado di dirigere un giornale", mi rispose. Ma proprio la "Padania"? Con la tua formazione, il tuo passato.... "Cose d'altri tempi. La realtà è un'altra cosa. Quelli erano solo passioni giovanili".

E Marcora, via Mercato?.... "Sentimentalismo superato. Quei nomi non esistono più. Oggi ci sono via Bellerio e Umberto Bossi". Davvero grande, la lezione di Baiocchi. Peccato che per alcuni (o tanti?) sia difficile da digerire.
Nino Russo

19 marzo 2001 - Bassanini, da che parte stai?

Guarda, guarda chi si vede! Il prode paladino dei comunicatori della Ferpi, il grandissimo comunicatore Toni Muzi Falconi è nientepopò di meno che colui il quale sovraintende alla comunicazione del Global Forum di Napoli organizzato dal superministro Franco Bassanini in questi giorni.  

Vi ricordate il nostro amico Toni Muzi Falconi quando dalle colonne del Barbiere voleva spiegare ai colleghi giornalisti che negli uffici stampa era illegittimo che ci stessero solo loro. Vi ricordate con quanta veemenza ha attaccato la legge 150/2000 sulla comunicazione e informazione pubblica perché in quel testo si diceva un fatto sacrosanto, e cioé che negli uffici stampa ci devono stare i giornalisti?  

E vi ricordate come "casualmente" sia iniziata una campagna di stampa su La Repubblica (complice la penna di Mario Pirani) che attaccava la legge 150 e la vituperata azione lobbistica dei giornalisti per ottenere questa ignobile normativa frutto del peggiore consociativismo? 

Ebbene, se ben vi ricordate, dopo una polemica durata giorni e dopo la risposta, un po' risentita, del presidente del sindacato dei giornalisti, Pirani rispondeva, candidamente, che il ministro Bassanini lo aveva chiamato al telefono per congratularsi con la sua posizione.

Ma come,non ci posso credere!  Il ministro Bassanini d'accordo con Toni Muzi Falconi? Eppure, tanti giornalisti hanno sentito con le loro orecchie al Salone della Comunicazione di Bologna, per ben due edizioni di fila, che lui era d'accordo con la legge. Ma una ragione ci deve essere a questo voltafaccia: forse non si era consultato con l'amico Toni. Certo non può essere che così.
Massimo Filippini


19 marzo 2001 - Ma si', cazzeggiamo un po'

Caro Figaro, dai, dopo tante polemiche cazzeggiamo un po'. Chi e' quella biondina che da qualche tempo appare sempre alle spalle dei politici che transitano davanti alle rispettive sedi di partito?   Ha un registratore in mano, si direbbe una collega, ma la sua preoccupazione non e' tanto quella di mettere il microfono davanti alla bocca del soggetto, quanto di mettere la sua faccetta davanti alla piu' vicina telecamera.  

Oggi l'ho vista addirittura accanto a Soffocatelo-coi-suoi-preservativi-Paolini e mi sono chiesto se c'e' una squadriglia in azione a supporto del noto "inquinatore di telegiornali", come l'essere ama definirsi. A proposito, a Paoli': se mai ti beccassi dietro di me sappi che farei come la buonanima di Paolo Frajese, Dio l'abbia in gloria. Sai i calci nelle palle? Anzi, mi appello ai colleghi: regalateci un sogno in diretta! Ciao! 
Deusexmachina


17 marzo 2001 - Tu piazza il microfono e poi sgomma

Parliamoci chiaro, spesso questa professione (che respinge sempre al mittente le critiche) mostra di se’ il lato peggiore. Lavoro come precaria in una radio di un grande gruppo editoriale. E’ tanto che sono qui. E più passa il tempo più il mio lavoro si sta svilendo.

 Sapete perché? Perché fare la giornalista in una radio privata oggi, equivale a dover fare le comparsate alla Paolini. Come Paolini chi? Quello dei preservativi, che da anni si piazza dietro il conduttore in diretta per testimoniare, dice,il suo impegno a favore dell’uso dei profilattici.

Ecco, ogni giorno che passa mi chiedono di fare la Paolini di turno. Ovvero di seguire gli avvenimenti solo e unicamente con lo scopo di piazzare il microfono della mia radio davanti alle telecamere quando il politico - o l’uomo del giorno di turno- sta per parlare.

Poi chissenefrega di quello che ha detto, tanto in radio non lo passeranno mai. “Anzi”, mi dice il mio capo, “appena se ne vanno le telecamere sgomma anche tu”.

 L’importante è che nel tg della sera si veda ben bene il mio bel microfono con il logo della radio. E se abbiamo fatto un buon lavoro, se il nostro logo era in primo piano, ci chiama addirittura il direttore per complimentarsi con noi.

Perché tutto questo? Ma perché è tutta pubblicità gratis, non l’avete ancora capito? Ma ci avete fatto caso al numero di microfoni che si vedono ad ogni telegiornale? E la situazione sta peggiorando. Tanto che alla sala stampa della Camera hanno dovuto regolamentare la grandezza dei loghi per i microfoni: si era arrivati a situazioni imbarazzanti.

Per farla breve, non ci mandano più da nessuna parte se non ci sono telecamere (e gli operatori dei tg lo sanno bene). Nessuno se la sente di dire niente su questo? Nessuno si ricorda che siamo pagati (poco) per fare i giornalisti e non i pubblicitari? E poi parlano di contratto!
Una microfonista


16 marzo 2001 - 'Sti giornalisti così poco "global"

Caro Figaro, con trecentoventi giornalisti accreditati da tutto il mondo, il terzo Global Forum che si è avviato a Napoli giovedì per durare fino a sabato, è un interessante terreno di sperimentazione delle potenzialità della rete come canale di dialogo fra un ufficio stampa e i giornalisti.

Come può osservare chiunque visiti www.globalforum.it il sito consente - a chi è a Napoli o a Seattle - di:
-connettersi in video/audio con i lavori in corso
-leggere le (brevissime) sintesi giornalistiche degli interventi
-leggersi le sintesi degli interventi preparate dai relatori
-scaricare immagini e grafici
-leggersi i testi integrali degli interventi più significativi
-documentarsi con testi predisposti ad hoc sui singoli temi in discussione
-raggiungere, tramite un elenco ragionato di link, tutti i siti sul tema compresi quelli dei centri sociali che contestano il forum
-interagire direttamente con l'ufficio stampa per ottenere contatti diretti con i vari protagonisti del forum.  

Napoli, dislocati nelle scuderie di palazzo reale, a due passi dalle sei sessioni parallele e dalle tre sessioni plenarie di cui si compone l'evento, i giornalisti accreditati hanno libero accesso a tutti i lavori, possono seguire le sessioni, anche quelle parallele, direttamente da un video collocato in sala stampa, possono ritirare, man mano che vengono prodotti, gli elaborati preparati dalla redazione ad hoc.

I problemi? Diversi.

Da un lato, non tutti i giornalisti sono familiari con la rete. Telefonano dalle redazioni per chiedere informazioni che da giorni sono disponibili e continuamente aggiornate sul sito e chiedono documenti e immagini senza rendersi conto di poterli scaricare in diretta, 24 ore su 24, 7 giorni la settimana.

Ma quel che più stupisce è che, per molti di loro, quando li si informa del servizio, si sentono - come dire - defraudati, disintermediati e tendono a considerare una informazione sul sito come una informazione già 'bruciata' e quindi non di prima fonte.

Un altro problema sono le esigenze di sicurezza. Le restrizioni all'accesso hanno duramente colpito, inducendo seccature, ritardi e improperi di diversi giornalisti contro l'organizzazione.

Bene per i non napoletani. Meno bene per quei pochi napoletani che, verosimilmente seccati perchè hanno dovuto fare code per registrarsi, alla pari dei delegati dei 122 paesi presenti, si sono vendicati lamentandosi dei disservizi dell'ufficio stampa su agenzie e quotidiani locali anziché prendersela con le autorità che quelle restrizioni hanno imposto.

Senza, naturalmente, mancare di sottolineare la ingiustizia che proprio i giornalisti venissero trattati alla stregua di un qualsiasi ministro o direttore generale di ministero dei Paesi ospiti!
Poco male....
Un caro saluto dall'ufficio stampa


15 marzo 2001 - Sogno, o son giornalista?

 

Redazione de Il Giornale
Cervi non
crede alle proprie orecchie. A urlare è lui, Paolo Guzzanti, inferocito. ‘Mi rifiuto. L’ennesimo editoriale sui comunisti come Luttazzi all’attacco di Berlusconi ve lo scrivete da soli! Io sono un giornalista e questa volta faccio a modo mio. Travaglio, chi era costui? Esiste sul serio quest’intervista a Borsellino? Verifico accusa per accusa…’.

Cervi è molto teso
‘Sei sicuro?’ 
‘Certo. Non sarò in grado di fare delle domande a Silvio? Sei convinto che Silvio non sia in grado di rispondere?’.

Cervi tenta di calmarlo. ‘Ma la notizia è l’attacco indegno a Berlusconi in piena campagna elettorale, le denunce di Confalonieri, il siluramento di Freccero, la crisi della Rai, della satira di sinistra, l’intervento di Andreotti…’
Ficcateli nel boxino…’


Tg Uno. 
Albino Longhi ha convocato l’intera redazione. ‘O salta fuori l’intervista a Borsellino o siete tutti licenziati’.
 ‘Ma ce l’ha Rai Sat…’ suggerisce timidamente uno. 
‘Sempre Rai è…apriamo con quella’
‘Ma capo…’. 
‘Tra mezz’ora la voglio in onda..’. 
‘E l’intervista a Gamaleri?’
 ‘Mandagliela a Rai Sat…’


Corriere della Sera.
 ‘Galli della Loggia con la crisi della Repubblica e sulle indicazioni del Presidente per la campagna elettorale? Ma non se ne parla nemmeno’.
Ferruccio De Bortoli è visibilmente eccitato.
‘Siamo giornalisti e questo è il miglior giornale d’Italia. Cavallaro va a Palermo e mi tira fuori tutto quello che c’è su dell’Utri, Mangano e Berlusconi’.

Sbatte il libro ‘L’odore dei soldi’ sulla scrivania.

 ‘Qualcuno se lo legga immediatamente’. 
‘Ma l’abbiamo già recensito
…’ obietta timidamente un redattore. 
‘Ho detto leggerlo, fino a recensirlo sono bravo anch’io…Chi abbiamo a Arcore? Dite a Stella che esigo un’intervista col Cavaliere, pressing, domande fino a sfinirlo, voglio sapere tutto, i lettori devono sapere tutto…’.
 ‘E Luttazzi?’
‘Mettetelo negli spettacoli e fategli dire perché ha sbattuto un uomo col culo all’aria in tivù…tra mutande e merda non si capisce più dove va a finire il giornalismo…’


Redazione di Repubblica.
‘Tu adesso taci, tiri fuori le carte e mi fai un bel servizio sui documenti. Voglio solo i documenti, la trascrizione dell’intervista, atti, chiaro?’ Travaglio è stanco, ma Mauro è irremovibile. Prima giornalisti e poi star della televisione.


Squilla il telefono. Mi sveglia uno che ignora che alle nove e mezza sono nel pieno della mia attività onirica...un rompicoglioni…per una volta che facevo bei sogni…

La solita giornalista sconosciuta


15 marzo 2001 - L'informazione desaparecida

Caro Barbiere, ho seguito con attenzione e trepidazione l'uscita in rete del nuovo sito della rai. Nonostante la mia abitudine a scrivere e descrivere, in questo momento sto rivivendo la vecchia paura del foglio bianco. Ma insomma, devo sforzarmi e raccontarti questo scempio.

La nuova testata Rai è stata affidata a Gianluca Nicoletti, quello di Golem.  Ebbene lunedi' della scorsa settimana finalmente il debutto. Mi collego alla rete, digito www.rai.it e aspetto, si sa la rete è lenta.

E aspetto, troppo mi dico, si tratta della Rai. E finalmente la home page si compone. E' costata 8 miliardi. In realtà Etnoteam aveva strappato un contratto per 12 miliardi, ma dopo qualche giorno, meraviglia dell'auditing, ha fatto a mamma Rai uno sconto di 4 miliardi, meraviglie della new economy.

Sono impaziente di vedere la parte dell'informazione, la voglio. E clicco e aspetto, ancora troppo. E finalmente l'editoriale di Nicoletti: sui 5 torinesi in cerca di sesso al Carnevale di Rio, mi dico: stravagante come apertura, ma è quello di Golem, un po' bizzarro.

Cerco le notizie, Novi Ligure, le decisioni di Camera e Senato, insomma, come dire, le Notizie. No ci sono i marziani, inchieste su Barbie, qualcosa sul primo turista spaziale. E l'Informazione? non c'è. Mi dico: oggi è il primo giorno forse domani. No, l'Informazione continua a non esserci. La Rai, 1200 giornalisti, molti strapagati, un esercito di vicedirettori, capiredattori, graduati di ogni genere, ma l'informazione sul sito non c'è. Ci sono gli editoriali di Nicoletti, quello di Golem, sempre sui marziani.
M.B.


13 marzo 2001 - Hai voluto il mercato? Ora pedala

Caro Barbiere, leggo sempre con interesse le notizie che riguardano l’Unità. Dopo tutto, è il giornale in cui ho fatto la gavetta, ormai non pochi anni fa, e da dove sono andato via, con sollievo (e appena in tempo prima del botto, riuscendo persino a riscuotere la buonuscita), nel periodo della direzione di Mino Fuccillo, seguito dalla definitiva bancarotta di quello che pure era stato un grande quotidiano.

Al poco nobile periodo, per onestà, bisogna riconoscere che hanno contribuito in tanti. Da Renzo Foa (il genio che al congresso di Rimini che sancì la fine del PCI, organizzò la festa d’addio del giornalista comunista, finendo poi per bazzicare dalle parti del defunto settimanale Liberal, quello di Adornato e Romiti) al buon Peppino Caldarola (che, dopo aver firmato l’ultimo numero del giornale e aver tuonato fuoco e fiamme contro i DS, per le prossime elezioni ha rimediato una candidatura nella natia città di Bari). E poi, certo, i grandi manager come Velardi e Azzellino, e molti altri... Per chi ha avuto il piacere di averci a che fare, basta la parola.

Epperò, diciamocelo, che redazione bollita, moscia, sciatta, senza palle né voglia, che era avanzata in via Due Macelli al momento della chiusura.

Se il giornale faceva pietà, e non serviva più neppure a incartare le patate (missione nobile, per altro), la colpa non era mica solo di Veltroni e D’Alema, ma anche, e soprattutto, di chi pensava, scriveva, titolava e metteva in pagina l’Unità ogni santo giorno.

Per carità, gente di valore al momento della chiusura ce n’era eccome (qualche nome: Alberto Crespi, Daniela Amenta, Gianni Cipriani, Umberto Di Giovannangeli, Pietro Greco, Stefano Di Michele). Non a caso, vari colleghi si sono ricollocati in fretta, e bene (per esempio: Maurizio Fortuna, Omero Ciai, Roberto Giovannini, Maddalena Tulanti, Antonio Pollio Salimbeni). E immagino che alcuni vecchi maestri già in pensione abbiano continuato a dare una mano fino alla fine (vero, Vladimiro Settimelli, Bruno Ugolini, Fausto Ibba, Enrico Pasquini?).

Ma il compito di Furio Colombo e di Antonio Padellaro – selezionare una redazione di 44 persone disposte a trottare molto e bene – non è di quelli facili.

E mi viene da ridere quando leggo sul Barbiere dei mugugni di vecchi tromboni che si lamentano perché gli stipendi offerti da Dalai sarebbero troppo bassi.

Parlando chiaro: tranne qualche ultimo sognatore che crede ancora che l’Unità possa avere un improbabile ruolo nella ricostruzione di qualcosa di sinistra (o suppergiù), come Alberto Leiss e Letizia Paolozzi, quasi tutti gli altri che ricordo vagare spenti in quei corridoi grigi, stavano lì per una ragione tanto basilare quanto prosaica: lo stipendio di fine mese.

Sinistra? Un giornalismo diverso? Ma chi? De che? Ahó, parlamo de cose serie, hai visto che forza ‘a Roma?! Sono, anche, gli stessi colleghi che, ormai, praticavano degli esorcismi tipo “vade retro, Satana” quando qualcuno, in riunione, proponeva un servizio su operai, licenziamenti, morti di fame, terzo mondo e cose simili: basta, ahó, che palle, nun se regge.

Piuttosto, facciamo una bella intervista a Folena, che precisa le dichiarazioni di Mussi sull’intervento di Gavino Angius. O magari un bel paginone sulle nuove terapie di coppia: proprio come se fosse su Repubblica...

Un altro piccolo dettaglio: credo che alla fine, dei 150 giornalisti in organico, i redattori ordinari non fossero più di una dozzina. Il resto era un esercito di inviati, capiredattori, capiservizio, non so più quanti vicedirettori, direttori vicari, viceré e imperatori di Posillipo. Ben pagati e pieni di sé. Ed erano dolori quando bisognava trovare qualcuno per il turno di notte o andare a chiudere gli interni: io? Io no, sono un inviato/a... C’ho i figli, c’ho i miei cazzi, nun me vá.

E quindi, cari colleghi, ecco a voi il famoso mercato. Quello che molti di voi tanto apprezzavano, a parole, quando si trattò di buttare a mare il “vecchio” giornale ed il PCI.

Non vi vanno bene le condizioni offerte da Dalai? Trovatevi un altro lavoro con una retribuzione all’altezza di quelle che ritenete siano le vostre capacità. Se no, beccatevi ‘sti tre milioni al mese e ringraziate il santo protettore dei disoccupati di non essere rimasti a spasso. E ringraziate, anche, la fortuna di avere per direttore un galantuomo come Furio Colombo. A tutti, in bocca al lupo.
Corto Maltese


13 marzo 2001 - Ansa, che stayle!  

Agenzia ANSA, giovedì 8 marzo 2001. Titolo sul varo della riforma del Codice della strada: "Codice strada, restAyling in nome della sicurezza": Seguono quattro lanci su i canali A, B e 4 (motori) RestAyling? Resto stupefatto, non conoscevo questa grafia. Compulso un dizionario della lingua parlata nei Paesi anglosassoni... Style c'è...Stayle no, trovo stayless "senza sosta, incessante"... "Ma che bel gioco di parole sull'emergenza traffico", penso, "hanno creato i colleghi!"  

Poi mi punge il pensiero che non sia un calembour voluto...in materia di stile, cedo il passo al collega "arbiter elegantiarum" che ha deciso di rinnovare l'ortografia dell'inglese per adeguarla alla pronuncia italiana. tanto di cappello. (Ma al desk centrale di via della Dataria non c'è nessuno che parli inglese o che sappia consultare l'Hazon?) Saluti e stilettate
Guglielmo Scuotilancia

12 Marzo 2001 - Barbiere dimmi, cos'e' una notizia?

Caro Barbiere della Sera, un dubbio mi ronza nella testa ormai da qualche mese e, onde evitare che diventi una fissazione, ho deciso di chiedere il tuo illuminatissimo parere.

La storia che sto per illustrarti rappresenta o no una "notizia"? Lo scorso 6 dicembre un gruppo di settantacinque italiani si trovava sul volo della Royal Jordan partito alle 9,45 da Amman e diretto a Roma Fiumicino.

Mentre stavano sorvolando la linea di confine con lo stato di Israele, l'aereo compie una brusca manovra: senza nessuna segnalazione preventiva, senza che la spia che indica di allacciare le cinture si fosse accesa, prima scende e poi sale in una manciata di secondi.

Inutile raccontare le scene di panico che dicono essersi verificate a bordo, unite alla consapevolezza che non si trattava nè di un turbolenza (cielo strasereno) nè di un banale vuoto d'aria.

"Quattro aerei militari israeliani ci hanno affrontato in atteggiamento di guerra e ci hanno seguito", dirà poco più tardi il capitano Teisir Hadadin, parlando al microfono solamente in arabo - senza tradurre in inglese il suo discorso - per spiegare le brusche manovre (il radar aveva segnalato la massima allerta).

L'incontro aveva infatti costretto Hadadin prima a scendere e poi a risalire di circa tremila piedi, mentre il passaggio a grande velocità della squadriglia - due degli aerei si trovavano al di sopra e due al di sotto del velivolo giordano - aveva provocato un'area di vuoto.

Gli israeliani avevano poi continuato a seguire l'aereo hashemita per qualche altro momento prima di invertire la rotta. A spiegare la dinamica, alcuni medici giordani imbarcati sul volo che avevano tradotto le parole pronunciate dal capitano subito dopo l'incidente.

Il pilota avrebbe detto senza tanti mezzi termini che gli aerei israeliani avevano compiuto una manovra rivolta a mettere in pericolo l'aereo hashemita, il primo che quel giorno aveva sorvolato Israele.

Avrebbe poi aggiunto che era stato solamente grazie al suo sangue freddo di ex pilota militare che era stata evitata quella che poteva essere una tragedia dell'aria. Un atto intimidatorio, un gesto dimostrativo e insieme un "avvertimento" delle forze armate israeliane per mostrare i muscoli dopo l'attentato di qualche giorno prima ad Amman che aveva provocato il ferimento del diplomatico ebreo Shlomo Razabi?

Sull'aereo erano molti i giordani a pensarla così. Una versione confermata qualche ora più tardi dallo stesso capitano. Già dall'aeroporto di Fiumicino partono le prime telefonate dei passeggeri dirette ad alcune delle più importanti e autorevoli testate. Ma a nessuna di esse i fatti sono sembrati di un qualche interesse, comunque tali da essere presi in considerazione. Insomma: la notizia, a quanto pare non c'era. Mi chiedo e vi chiedo: ma questa storia non valeva nemmeno una breve?
Baci
Blowing_in_the_wind  


9 Marzo 2001 - L'agguato della mimosa killer 

Da una giornalista infelice. Anche quest'anno sono riusciti a ricordarmi che sono nata sfigata o, come ebbi modo di dire al mio ex marito annunciandogli l'arrivo di una seconda figlia femmina, 'con una malformazione incorreggibile: non c'è il pisello'.

Quest'anno m'ero organizzata al meglio. La spesa l'ho fatta al sette per evitare le mimose del verduraio (che per giunta me le mette comunque in conto). Ho deciso di non comprare i giornali per evitare di leggere le interviste alle mie compagne di sventura che affermano che è arrivato il momento di smetterla di saccheggiare mimose, ma di approfittare della giornata per una riflessione sulle conquiste e il ruolo della donna nella società moderna.

Ho fatto pure finta di non leggere Famiglia Cristiana per non farmi venire l'insana idea di scrivere a Rutelli che le prime ad essere contrarie all'aborto sono proprio le donne, dal momento che un raschiamento, anche nella miglior struttura sanitaria, non è propriamente una carie dentaria. Ma comunque preferibile al prezzemolo o all'impossibilità di allevare il frutto dell'amore.

Ho rinunciato a presenziare all'ennesima articolazione di preposizioni, 'di a da in con su per tra fra' le donne, e, da free lance, mi sono risparmiata qualsiasi proposta a tema femminile. Giornata apparentemente di vacanza, utile per mettersi avanti col lavoro arretrato.

Pensavo di essere salva. E invece no. Esco a comprare le sigarette e, già che ci sono, decido di bere un caffè in una bettola vicina a casa. E mi becco la mimosa. Accompagnata dagli auguri di tre avvinazzati.

Sull'angolo, prima di rientrare, un amico mi decanta la geniale trovata di non so quale eccezionale quotidiano nazionale che ha deciso di festeggiare l'8 marzo facendo scrivere tutto solo alle donne

Per un giorno anche le free lance come me, con un po' di puzza in meno sotto il naso, spero abbiano lavorato. Sennò hanno lavorato il doppio quelle della redazione. E se ciò è vero, per un giorno hanno anche cambiato il direttore?

Visto che mi sono comunque rovinata anche quest'anno l'8 marzo, ho deciso di inviarvi questa mia riflessione sulle conquiste e il ruolo della donna, alla donna, dalla donna, nella donna, con la donna, sulla donna, per la donna, tra la donna e fra la donna nella società moderna. 

Andiamo alla grande, merito anche di un'informazione attenta e sensibile. Siamo il futuro. Il nostro contributo è fondamentale. Le pari opportunità sono praticamente cosa fatta. Bellissima. Un po' come le iniziative previste dal nuovo contratto per noi free lance. Una vera botte di ferro.
Attilia Regolo


Ps: che ne dite di indire un'assemblea di free lance sul contratto? Difficile, lo so. Ma si può sempre fare una giornata del free lance, magari il 2 novembre...


5 Marzo 2001 - Morti, tragedie e giornalisti di serie B

Caro Barbiere,  circa un anno fa lavoravo per la redazione online di un grande gruppo editoriale italiano. Era il 28 gennaio e mi arriva la classica telefonata che uno scalzacani come me può aspettare per mezza vita. 

"Vai su internet, cerca questo sito, c'è il rapporto dell'ente francese che indaga sull'incidente dell'aereo del Pam. Te lo ricordi l'aereo del Pam, vero?"Certo che me lo ricordo, era successo da qualche mese. 24 morti. Per lo più volontari che andavano in Kosovo con il Programma alimentare mondiale, ma l'aereo si schiantò contro una montagna invece di atterrare a Pristina.

Scarico il rapporto. Mi faccio spiegare cosa c'è scritto. Aiutato dai miei colleghi, tiriamo fuori una storiona. Interviste, testimonianze, le conclusioni del rapporto preliminare, tutto concordava. 

Non era stata una disgrazia, ma l'aereo si era schiantato perché un militare in servizio alla torre di controllo di Pristina aveva dimenticato l'aereo dei volontari e aveva dato la precedenza ad un volo militare. Andiamo avanti per qualche giorno con ritorni e nuovi spunti nel disinteresse pressoché generale. 

Ci riprendono, imbeccati, il Manifesto, Radio 24 e il Giornale di Sicilia. Questi ultimi due ci citano anche. Una delle testate del gruppo per il quale lavoro, informalmente, mi fa sapere di non essere interessata alla storia. Ne parlo anche con un piccolo ma prestigioso settimanale con il quale collaboro, ma anche loro non sembrano entusiasti.

Passa un mese, io inizio a pensare che sono troppo giovane per essere un buon giornalista. Guardo le notizie e vedo cose che mi fanno incazzare e indignare. Evidentemente non funziona così, mi dico. Si sono dimenticati un aereo e adesso fanno finta di niente, mi dico. Ma se lo sono dimenticato proprio tutti, mica solo il controllore

Sono incazzato e indignato,  continuo a raccogliere materiale e a rompere le scatole e invece dei sogni di gloria penso a quelle persone, ancora distrutte dal dolore, che hanno salutato i propri cari che andavano ad aiutare qualche disgraziato e non li hanno più visti.

Passa un mese ed esce il rapporto definitivo dell'ente francese. Conferma quanto scritto in precedenza: Anche se stempera le responsabilità, il fatto resta. Noi lo diciamo ancora, siamo i primi ma non i soli, stavolta: c'è anche la Reuters. Il giorno dopo nessun giornale italiano riporta la notizia. Passa ancora qualche giorno, arriviamo ai primi di marzo e arriva il Corriere della Sera

Una pagina intera, richiamo con foto grande in prima, nel riquadro sotto l'apertura. La firma sotto è quella di una redattrice della redazione romana. Ne parlano i tg. C'è un dibattito in Parlamento, la Procura di Roma apre un inchiesta, partono gli editoriali ("tragedia di serie B", scrive D'Avanzo, e non sapeva quanto aveva e avrebbe avuto ragione).

"Nel rapporto del quale il Corriere è entrato in possesso..." scrive il più importante giornale italiano. Era su internet, bastava volerlo cercare. 

Scoppia il caso e la mia indignazione si trasforma nella rabbia per l'occasione sprecata e per le storture del mondo dell'informazione ("tragedie di serie B, testate di serie B, giornalisti di serie B..."). Scrivo due pezzi per il Manifesto. Ho ancora qualcosa in più rispetto al Corrierone e penso che vabbé la coscienza civica, ma forse è il momento che qualcuno legga anche il mio nome. Tutti gli altri pezzi non erano firmati. Da allora è passato quasi un anno, io ho cambiato lavoro ma la tragedia dell'aereo del Pam è rimasta "di serie B".
Pierpaolo


3 Marzo 2001 - Ricci, sei proprio un provolone

Squittisco a Sanremo in questi giorni e confermo punto per punto la ricostruzione che Repubblica ha fatto della rissa tra i Sottotono e Striscia

Detto questo aggiungerei due o tre cosette .  C'e' un signore di Mediaset che coordina i servizi di Striscia, fisicamente tra il mozzarellone e quel comico che mima le zucchine, i ravanelli eccetera (aspe', come si chiama... Gianni Fantoni mi pare), che al momento della rissa e' scoppiato a ridere proprio di gusto. 

Ora delle due l'una: o ha delle bizzarre reazioni nervose, o stava assai contentone per il raggiunto obiettivo. Cioe' quello di far picchiare Staffelli.  Che, detto tra noi, non ha un fisico leopardiano, ma e' anzi un gran bel pezzo di figliolo, alto, palestrato...Buono quasi quanto una fetta di emmenthal. 

Staffelli non e' una foglia al vento, ha due mani che sono due pale, forti abbastanza per bloccare una le porte dell'ascensore con i Sottotono, l'altra di tenere il microfono . No, Staffelli magari ha la pelle delicata, ma non e' una pesca rugiadosa.  

Ora io non credo che un coordinatore, se sa fare il suo lavoro, quando vede il suo inviato subire "un'aggressione brutale e inaspettata" se ne possa stare a ghignare  li'  nell'arena aspettando il sangue. E a filmarlo con la sua telecamerina digitale!  

Non so come  la pensino a Mediaset, ma da che mondo e' mondo, i "tuoi" li proteggi e li tuteli. Li avvolgi come una burrata avvolge il suo morbido cuore.  E un'altra cosa non credo. Se l'ufficio stampa di Striscia, deliziosa signora,  era  tanto convinta di avere la giusta versione dei fatti, come mai fino a mezzanotte ha tormentato i suoi colleghi della carta stampata per sapere cosa avrebbero scritto il giorno dopo? Aveva forse una provola sullo stomaco e non riusciva a dormire?

 Bella mia, sei sicura, fai il tuo comunicato e te ne freghi,  chi ti puo' smentire? Hai detto una verita' che e' stata sotto gli occhi di tutti. O no?  Poi:  due giorni fa Striscia ha mostrato le immagini di un accompagnatore dei Sottotono che spintonava una loro telecamera . Bene, Topo Gigio era li', in attesa di entrare nel ristorante e conquistarsi il suo tozzo di cacio quotidiano, e quella del (peraltro piccoletto, "bassino perduto") accompagnatore non e' stata un'aggressione, bensi' la  reazione ad una telecamerata sul cranio.

 Questo, col caciocavallo che e' stato mandato in onda!  Quelli di Striscia stanno sempre sotto alla gente, spintonano e incalzano: sinceramente, sono piu' irritanti di  uno stracchino arrancichito.  

A noi topi non piace chi si comporta da gatto, e quelli di Striscia cosi' fanno. Si fanno le unghie sui divani della stampa. Perche' , per esempio, non hanno partecipato alla conferenza stampa dei Sottotono, dove i due rapper hanno spiegato tutte le differenze tra il loro pezzo e quello degli N-Sync? Eppure le loro telecamere erano presenti... Evidentemente non gli interessava la musica, copiata o meno che fosse, ma solo fare un po' di baraonda

Pero' poi non vi lamentate, cari i miei caprini senz'olio, se i colleghi vi tirano dietro gli "scemo scemo". Capisco che a Ricci non  faccia piacere passare da scemo, ma stia sicuro che nessuno di noi e' disposto a passarci al posto suo.  
Topo Gigio


3 Marzo 2001 - Incredibile. Maffucci chiede scusa

Si dice che con l'andare degli anni sono poche le cose che non ci capiti di vedere. E ieri ci e' toccata la visione di un imbarazzatissimo Mario Maffucci, direttore artistico Rai del Festival di Sanremo, che chiede scusa a Striscia la Notizia per  questa storia tra Staffelli e Sottotono. Eppure pensavamo che non fosse capace di pronunciare quelle parole...In tanti anni di organizzazione del Festival mai una volta che Maffucci avesse chiesto scusa per quelle vittorie di non si sa chi, non si sa come e, soprattutto, non si sa perche'. Mai una scusa ai telespettatori, agli artisti, a noi giornalisti della sala stampa che timidamente, a volte troppo timidamente, facevamo domande che venivano liquidate con risposte ufficiali, anche un po' seccate.

Ma no, questa volta Maffucci chiede scusa, "profondamente scusa". Lo comprendiamo: e' in pensione, e' diventato un produttore indipendente e non si sa con chi potrebbe lavorare il prossimo anno.

Ma non ci sia la scusa che "la satira va salvaguardata" come un panda tibetano, perche' quella di Striscia satira non e'. Come si puo' considerare satira quella di un gruppo editoriale che mette al bando ( e lo annuncia, e con che fierezza, per bocca di Greggio e Jachetti!) dalle "sue" radio la canzone dei Sottotono...Aggiungerei che poco ci importa dei Sottotono, che gia' hanno avuto il massimo della pubblicita' possibile, ma ormai sono un simbolo. Un simbolo insieme alla faccia contrita di Mario Maffucci apparsa su Canale 5. Maffucci che non e' Alice nel Paese delle Meraviglie e conosce bene le cose per le quali,negli anni, incolpevole lui esattamente come in questa vicenda, le scuse dell'organizzazione sarebbero state accolte con grande simpatia.
 
Simboli. Questo e' quello che ci aspetta, dunque, c'e' solo da aspettare le elezioni. Colonizzati da Mediaset e dai suoi concetti di spettacolo, satira, etica...Ci diranno loro se e come dovremo ridere, se e come dovremo indignarci, quando chiedere scusa anche se non abbiamo fatto niente...Ci diranno pure cosa dovremo ascoltare dalle loro radio e leggere dai loro giornali o dai loro libri. Soprattutto cosa dovremo vedere e subire dalle loro televisioni.

Evviva. Dalla sala stampa di Sanremo, dove anche alcuni colleghi hanno l'aria di chi ieri, attaccando Striscia, ha osato troppo, il saluto di un sopravvissuto. Meno male che domenica si torna a casa.
Vecchia Guardia


2 Marzo 2001 - Salviamo il Centro Stampa del Giubileo

Dei miliardi andati in fumo per cattedrali usa e getta, grida allo scandalo la fine ingloriosa che è destinato a fare l'ex Centro-stampa del Giubileo. In barba alle promesse per la crescita culturale della capitale, Comune, Regione e Provincia, i principali azionisti dell'Agenzia del Giubileo posta in liquidazione, hanno deciso di sbarazzarsi dei "gioielli di famiglia" (messi all'asta), a cominciare dal moderno complesso informatico di Porta Castello condannato a scomparire sotto la mannaia degli interessi mercantili.

Un ennesimo supermercato, questa volta dietro via della Conciliazione a un passo da San Pietro, invece dell'atteso Centro multimediale di documentazione e stampa sul patrimonio culturale, economico e sociale dell'area metropolitana? Qualunque sia il suo destino, si è persa un'altra occasione per Roma, dove non solo non esistono un circolo o una sala stampa o un auditorium per conferenze-stampa, convegni, seminari ecc., ma nemmeno un archivio storico e cronistico tecnologicamente avanzato, un'emeroteca completa e modernamente attrezzata, insomma un punto di riferimento a disposizione di studiosi, ricercatori e giornalisti di ogni parte del mondo.

Possibile che i giochi siano ormai fatti sotto gli occhi dei responsabili dei beni culturali e che, per quattro soldi, non si abbia il coraggio di salvare il Centro-stampa, cacciando i mercanti dal tempio e garantendone la vocazione naturale al servizio di tutta la città?
Romano Bartoloni, presidente Sindacato cronisti romani


2 Marzo 2001 - Una rissa Sottotono. Chi sa la verita', parli

Come si sa Staffelli di Striscia la Notizia è stato malmenato dai Sottotono  perchè voleva consegnare un Tapiro d'oro in quanto la canzone dei Sottotono sembra essere copiata da un'altra di un gruppo straniero. Nel servizio di giovedì sera di Striscia si vede l'increscioso fatto, il commento dice che Staffelli voleva solo consegnare il Tapiro e che poverino è stato malmenato. Ma Repubblica.it ne da una versione diversa:

"Le avvisaglie della tempesta arrivano quando i Sottotono salgono sulla postazione dei fotografi. Non fanno in tempo a mettersi in posa che Staffelli salta sul palchetto col suo Tapiro. E incomincia la sua tiritera: questo è il Tapiro per aver plagiato la canzone degli N'Sync e così via. Ma viene interrotto dall'ira dei fotografi: "Dai Staffelli, togliti di lì che dobbiamo lavorare". "E levati dai...".

Finite le foto, Staffelli torna all'attacco. I Sottotono la prendono sul ridere, addirittura Fish lo abbraccia, e seguiti dalle telecamere vanno verso l'ascensore. Niente, il guastatore non molla. Insiste, spinge il Tapiro addosso prima a Fish poi a Tormento. Continua a ripetere come un mantra "devo solo consegnarvi il tapiro per...". Siamo davanti
all'ascensore, Staffelli è praticamente addosso ai due, lo staff dei cantanti e quello di Mediaset sono accalcati gli uni sugli altri.
Microfonate, prime spinte, il mantra continua insistente. Risuona la parola "plagio, plagio plagio". Basta: i nervi cedono, qualcuno stacca il cavo della telecamera e la rabbia esplode. "Siete dei provocatori", dicono i cantanti. Parte uno sputo che prende in pieno Staffelli che continua la parte: "Devo solo consegnare...".

Uno schiaffo, un altro, altre spinte, insulti e così via. Le due squadre provano a suonarsele in uno spazio strettissimo. Quando gli uomini della sicurezza placano la zuffa, Staffelli perde sangue da una guancia, si
infila in ascensore e va al pronto soccorso. I Sottotono fanno sapere di non voler più continuare la loro campagna promozionale perché, dicono, non possono rischiare una rissa ogni volta che si presentano in pubblico."

Insomma appare evidente che la versione dalla parte dei giornalisti sia  diversa: nel servizio di Striscia si sentono urla contro Staffelli e si  dice che è l'"accolita dei Sottotono", quando invece Repubblica rivela che  sono i fotografi e gli altri giornalisti che sono stufi di avere Staffelli  di mezzo.

Nel servizio di Striscia, Staffelli appare come una vittima  malmenata, ma si vede benissimo che tenta di tenere aperto l'ascensore dove  sono i Sottotono. Si lamenta di venir preso a calci ed intanto tiene la  porta dell'ascensore? Insomma Staffelli è stato una povera vittima o sarà  mica un'altra bufala di Striscia?

O sono i soliti mezzucci utilizzati per  cercare lo scontro, lo scoop, il colpo da sbattere come piatto forte della  trasmissione? Forse possiamo avere un resoconto obiettivo delle provocazioni di Striscia,  visto che erano presenti molti colleghi. Chi ci racconta meglio come è  andata veramente, al di là di quello che quel buontempone di Ricci ci vuol  far credere?
F.E.


23 Febbraio 2001 - Corvo nero, non avrai il mio scalpo

Ma perché? Perché ho così forte la sensazione che somigli tanto a qualche piccolo giornalino locale, di quelli dove racconti del marciapiede sbertucciato e del semaforo spento da mesi?

Perché quando varco la soglia della redazione la mattina mi assale la paura di non trovarla più, la redazione? Oppure di trovare ad aspettarmi alla scrivania la notizia: "ragazzi, ci abbiamo provato, è andata male, chiudiamo, spegniamo il sito, siete stati bravi ma sapete com'è: la crisi, la pubblicità che non c'è, la disorganizzazione, l'invasione delle cavallette...".

E' l'incertezza la compagna di tutti i giorni, il corvo nero che ti porti sulla spalla mentre passi agenzie, "cucini" pastoni, titoli e mandi on-line. Eppure la mia scrivania è in una redazione che è, a sua volta, nella pancia di un grande gruppo editoriale, uno dei tre che in Italia producono i maggiori, i più letti, quotidiani, settimanali, mensili, bimestrali, annuali ecc.

Di quelli che per entrarci fai una fatica del diavolo, quando ci riesci. Per non parlare del contratto che quando lo firmi ti sembra di aver fatto sei al superenalotto. Intendiamoci, non mi lamento e non mi voglio lamentare: sono giovane, professionista e assunto, udite, udite, come giornalista. Vengo dalla carta stampata, da piccoli giornali locali sino a testate importanti del gruppo. Come sono arrivato a una testata on-line sarebbe lungo da spiegare ma sono qui e tant'è. E qui c'è qualcosa che non va. 


Giornalisti-metalmeccanici, metalmeccanici-giornalisti, programmisti registi -project managergiornalisti-manager e pochi, davvero pochi giornalisti tout-court. Entri in una redazione on-line e ti rendi conto che tutto quello che pensavi di conoscere qui non ti serve a granché. E' il nuovo che avanza, direbbe qualcuno. Sarà ma in fondo sempre di un giornale si tratta, o no?

E allora ecco che ti accorgi che la prima cosa che ti perdi per strada sono le fonti. Le senti sempre meno, soprattutto quando si tratta di verificare una notizia. Perché? Perché non c'è tempo, non fai in tempo a passare un'agenzia, a scrivere trenta righe che ne arriva un'altra e si ricomincia e dove lo trovi il tempo di chiamare qualcuno per approfondire, per verificare magari per trovarla tu la notizia.

Ma quanto leggeranno 'sti lettori che stanno sempre attaccati al sito per trovare la notizia nuova, l'ultimissima? Qualcuno mi aveva insegnato che una notizia non è tale se non l'hai verificata, già ma il nuovo avanza e bisogna mettersi al passo.

L'incertezza
, dicevo. Ogni volta che il Nasdaq e il Numtel vanno giù si portano appresso buona parte del mio buon umore e questo senza che abbia una lira investita in azioni. A ogni scivolone del "nuovo mercato" c'è un sito che chiude e un amministratore delegato che decide di non ripianare le perdite di questo o quell'altro portale e noi a guardare l'altalena che sale e che scende pensando se domani la ritroviamo, la redazione.

"Guarda che questo è il giornalismo del futuro" mi disse qualcuno quando accettai il trasferimento. Ora che sono qui credo che in Internet il giornalismo bisogna ancora cominciare a farlo

Far crescere la credibilità di quello che si scrive su un sito è la chiave perché possa diventare un mezzo d'informazione al quale rivolgersi, al pari del caro vecchio quotidiano o settimanale di carta e per far questo c'è bisogno di giornalisti, che siano messi in condizione di fare i giornalisti
 ovvero abbiano la possibilità di trovare e verificare le notizie, approfondirle, insomma di fare il loro lavoro. 

E questo passare sopra allegramente all'ortografia della professione giornalistica acuisce il senso d'incertezza. Ora scusate ma si sono accumulate una decina di agenzie e non ho più tempo di scrivere.
 
Rael

Che dire? Non torna anche a voi alla mente il grande Ivan Denisovic?


23 Febbraio 2001 - Dacci oggi il nostro Emilio quotidiano

"La depressione è una roba da ricchi, mica per chi ha da alzarsi presto tutte le mattine" (Ken Loach, "Riff Raff").

Cioè, uno al mattino si sveglia - presto, intendo - e se vuole svegliarsi con la musica (chiamasi radiosveglia, fogge diverse, io ce l'ho nera, con i numeroni grandi in rosso, tutto in fm, una figata, anche se un po' retrò, accanto al letto, sul comodino, intendo), è vagamente di sinistra e soprattutto se sta a Milano ha solo due scelte: sintonizzarsi su radio Popolare (network o milanese) e godersi le aperture musicali, i notiziari, il Robecchi di "Piovono Pietre" (altro titolo di film, ma sempre di Ken Loach si tratta...), le rassegne stampa curate ogni mattina da un giornalista diverso e, poi, gli approfondimenti, le rubriche, la satira di "Sansone".

Ma quando su radio pop ci sono cose tipo "Aem, gas, luce, sì, ci dica", rubriche di libri o scienza o peggio ancora le odiosissime interferenze di "Radio Maria" che trasmette novene e "è arrivata la fine del mondo" ogni cinque minuti, non resta che buttarsi su qualche radio commerciale.

Radio Italia solo musica italiana? Troppo ripetitiva. Radio 24? Troppa economia. Radio Dee Jay? Troppo giovanilista. Rds, tl o Radio 105? Troppo frastuono, troppe rubriche gridate, troppo di tutto. E allora? Miracolo! Radio Montecarlo. Intelligente, briosa quanto basta, buona musica, conduttori dotati di belle voci e piglio giornalistico.

Ma se per caso uno s'attarda a sistemare le faccende di casa, telefonare all'Aem (quella vera), alla Sip o comesichiamaadesso, alla banca (la propria) o alla mamma (anch'essa la propria, ma non sempre più comprensiva o espansiva della stessa banca...) incoccia, dalle 10 in poi, in una rubrica - "Il curiosone", "condotta da Max Venegoni per la parte musicale e da Monica Sala per la parte giornalistica" che - stiamo citando dal breviario del bravo teledipendente, "Tv Sette" - "introducono alle curiosità della giornata. Alle 10.50 le notizie scelte da Emilio Fede con punte di tagliente ironia". Ecco, appunto, proprio qui sta il problema.

Perché passi "Parlamento In" di Piero Vigorelli - in onda tutti i sabato sera su Canale 5 e domenica sera su Rete 4, in replica - passino pure (in blocco) i tg del Tg4 o di Studio Aperto, passino i mega-spot che Maurizio Costanzo, Mike Bongiorno, chiperloro (compresi Antonio Ricci e quelli di Striscia la notizia) regalano al cav. dott. pres. Silvio Berlusconi, il quale non ne ha bisogno, al fine di vincere le prossime elezioni politiche, ma che persino su una radio "estera" (tale mi risulta essere Radio Montecarlo, come dice il nome stesso, proprietari - credo - i fratelli Hazan, veri lupi dell'editoria radiofonica) mi tocchi di sentire gli spot a favore della Casa delle Libertà mi sembra francamente troppo!!! Non fosse altro per il trascurabile particolare che siamo oramai entrati in campagna elettorale e che le radio "libere" (ma libere veramente?!) dovrebbero rispettare (anche loro?!) la par condicio.

Chi vuole, altrimenti, può sintonizzarsi tutte le mattine su radio Montecarlo ed ascoltare gli spot dell'Invidiato Speciale, il caro Emilio (ahi ahi ahi se faccio un figlio...) che discetta di quanto fa schifo il Governo, di quanto è buono re Silvio e di quanto sono cattivi i comunisti.

Stamane, in particolare, si è prodotto in una esilarante (e involontaria gag). Titolo "immigrati raus!", oggetto (e relative frasi, più o meno testuali, giuro...) "rispedite a casa quei porci assassini schifosi albanesi iugoslavi zingari che violentano uccidono rapinano le nostre donne-case-lavoro-genitori-nonni-figli, i cittadini non possono più sopportare questo oltraggio, gli extracomunitari tornino a casa loro!", bieca e pallida imitazione della xenofobia e del razzismo più beceri.
Insomma, buona giornata, con il vostro "tagliente" (e obiettivo e pacato) Emilio quotidiano, ascoltatori di radio Telemontecarlo...
Giovanni dalle Bande Nere


22 Febbraio 2001 - The Abruzzow's Connection

DON'T YOU KNOW THE ABRUZZOW'S CONNECTION? Cari colleghi, non voglio parlar male di Vespa perché tutto sommato mi è quasi simpatico (a parte quella volta in cui invitato in un'altra trasmissione ha messo le grinfie intorno alla vita - meglio dire sotto le tette - di una 'non ricordo chi' e NON HA MOLLATO la presa!, il che dimostra che il potere ahimé non riesce sempre a saziare tutti i suoi appetiti), ma una cosa so di potervi dire senza paura di sbagliare: negli anni Settanta i redattori del quotidiano Il Tempo che in tarda mattinata scendevano a prendere il secondo caffè, nel bar all'angolo di piazza Colonna, incontravano di frequente un giovane bruno in immancabile abito blu che con aria circospetta ma passo sicuro saliva le scale, diretto all'ufficio del direttore.

Avete tutti indovinato che si trattava proprio del Bruno nazionale, il quale portava al direttore di allora, guardacaso Gianni Letta - detto oggi "il Mazarino di Arcore" - , il solito corsivo incentrato per lo più su pallosissime polemiche e beghe di deputati dc abruzzesi (ricordate Remo Gaspari e Lorenzo Natali?). Letta di Avezzano e Vespa dell'Aquila avevano lavorato ambedue, in ruoli e uffici diversi, come corrispondenti de Il Tempo del rutilante Renato Angiolillo.

Venuti a Roma, continuavano ad alimentare sul giornale romano il dibattito politico abruzzese a colpi di editoriali. Un'eterna campagna elettorale che ha verosimilmente funzionato da rampa di lancio per i due amici-colleghi. Dopo Letta, più anziano, anche Vespa fece carriera (come? beh, era anche bravo e colto, no?). Era entrato nel Tg nel 1969, fece Tam Tam dal 1977 e infine ottenne il monopolio, come dice Curzio Maltese, della Telepolitica.

Intanto il suo mentore Gianni diventava il braccio destro del Cavaliere. Detto questo, non è difficile capire come mai il nostro Bruno faccia fare al Berlusca quello che vuole nel suo salotto di Porta a Porta. Forse Paolo Franchi - e neanche Maltese a quanto pare - non sapeva della potente "Abruzzow connection" che ha nutrito e sdoganato nel gran mondo della politica e del giornalismo queste due vite parallele.

Con Berlusconi insomma Vespa, che sa cos'è la gratitudine, ha fatto benissimo il suo "lavoro" ..., facilitato dal dinamismo (e diciamolo!) del suo ospite e dalla acquiescenza dei presenti. Ancor più in quel caso, come suggerisce VIP citando lo "strafigo" Pansa, ci voleva uno pronto a rompere le palle, ma uno - se mi permettete - che avesse VERAMENTE qualcosa da dire.
Athos P.


22 Febbraio 2001 - La Banda Bassotti in cerca di impunita'

Che tempi caro Barbiere. Neanche la Lega è più quella di una volta, popolana e assetata di ghigliottina. I cappi sventolati minacciosamente a Montecitorio sono lontani anni luce. Oggi Bossi e compagni, saldamente a braccetto di Berlusconi, riscoprono perfino l'immunità parlamentare

Anzi lanciano perfino l'ideuzza di una blindatura inossidabile per onorevoli e senatori, anche a prova di Corte costituzionale (che come tutti sanno è in mano ai comunisti). Previti e Dell'Utri, per non parlare del Cavaliere, non saranno dispiaciuti.

Leggere "la Padania" di oggi 21 febbraio per averne conferma.

A presentare il disegno di legge per l'impunità totale è il Senatore Luciano Gasperini, che è anche l'avvocato difensore del Carroccio nel processo della Procura di Verona contro una quarantina di esponenti leghisti, Bossi compreso

Bene, la sua proposta è semplice: aggiungere un quarto comma all'articolo 68 della Costituzione che recita così: "Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati hanno competenza IN VIA ESCLUSIVA a decidere sulla insindacabilità del proprio membro". 

Chiaro il concetto? Neanche un conflitto di competenza sollevato presso la Corte costituzionale potrebbe rimettere in discussione "l'assoluzione" di Camera e Senato. A contare sono solo i rapporti di forza: "Se il Parlamento sbaglia - concede Gasperini - dovrà risponderne politicamente davanti agli elettori". 

I giudici (ma anche gli italiani) sono avvisati: se vince il centrodestra cala la saracinesca su qualsiasi processo che coinvolga un onorevole. Inizio a sospettare che noi giornalisti non abbiamo indagato abbastanza le appendici giudiziarie del famoso accordo Bossi-Berlusconi. Omaggi.
Grisaglia


21 Febbraio 2001 - A Fra',  dacce la notizia

E cosi' anche la bella, brava, dolce e minuta Delia e' stata irretita dal magmatico fascino del Grande Affabulatore, zio Franco. Il Titano della Pubblica amministrazione (parole di Delia, circa), l'uomo che con due parole non ci fa niente, il Grande Nemico della sintesi, che noi tanto amiamo (''a Fra', dacce la notizia'' dovrebbe essere la maglietta ufficiale dei giornalisti che affranti lo seguono) e' riuscito a farsi difendere dalla sua Prima Vittima, Dolcedelia del Toboso.  

E che grazia, quanta comprensione mette la nostra beneamata (concordo totalmente con Adriana) nel segnalare l'impresa sovrumana che l'alluvionale ministro si sobbarca ormai dal '96. Lasciando da parte, con un gesto degno della marmorea Pieta', le digrignanti dimostrazioni di vile animosita' che solo un drappello di cani da strada, incarogniti e maleodoranti come noi cronisti di agenzia, dimostra nei confronti del Magnifico Semplificatore: ad esempio - neghi chi puo' - MAI fermare Bassaninix per un 'a margine' mentre sta entrando nel luogo ove Egli si appalesa.  

Questa e' una regola spontanea nata durante uno dei Forum della PA che si tiene ogni anno all'Eur, se non sbaglio era il '99, dal ringhiante gruppo di cui sopra, e poi risuonata con sordido tamtam nelle buie stanze di agenzie nazionali. La prima volta che accadde, il ministro passo' tra due ali di cronistoidi dapprima in formazione di testuggine ma poi apertisi come una cozza nella pentola, senza che alcuno proferisse motto: primo caso, a memoria di cane d'agenzia, di un totale abbandono del taccuino e dell'''a margine' nei confronti di un ministro della Repubblica...  

Franchino era letteralmente basito, ma da grand'uomo par suo fece finta di niente, lanciando occhiate di sbieco per vedere se qualcuno, suvvia, lo fermava. Provate voi a chiedere una sua posizione ''politica'' su questa o quella polemica tra poli o istituzioni: vi si rivolge contro, lento, un volto leonino, in realta' nobile e alto di spirito, dal quale (dopo qualche secondo di silenzio atto a farti valutare quanto sei imbecille a rompere gli zebedei su sciocchezze tipo le dimissioni di un qualche vertice Rai o l'avviso di garanzia a qualche presidente del Consiglio che nel frattempo stanno frantumando il paese mediatico) esce un sibilo, o nel migliore dei casi una specie di eco ieratico: ''Non e' di questo che si parla oggi''. A mani giunte, chiedi perdono al dio degli schiocchi.  

Anch'io amo Delia - non me ne voglia l'ottimo marito - per la sua abnegazione e per la strenua difesa del suo protetto: e' solo per Lei che i cani, a volte, non si strappano con le zampe la museruola... 
Sebastian Dangerfield


20 Febbraio 2001 - Telekom Serbia. Finalmente un vero scoop

Finalmente si legge su un giornale italiano un vero Scoop. Giuseppe D'Avanzo, che dopo il suo trionfale ritorno a Repubblica sembrava essere finito nel dimenticatoio (per improvvisi e inattesi dissapori con Ezio Mauro), eccolo di nuovo a firmare un grande reportage d'inchiesta. Tema: lo scandalo della Telecom Italia e del suo misterioso contratto con la Telekom serba.

Viaggio a Belgrado.... misteriose gole profonde... informatori altolocati.... grande esclusiva!!!! Ma è davvero così? Gran parte delle cose lette nelle paginate di sedicente Scoop, sono disponibili da tempo nel più inaccessibile degli archivi mondiali: INTERNET. Non ci credete? Ecco a voi una piccola raccolta di links:

1) www.peacelink.it/webgate/yugoslavia/msg00033.html
2) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon33.htm
3) www.amnistia.net/news/articles/balkdoss/telecom/telecom.htm
4) www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon34.htm
5) http://www.ecn.org/est/balcani/serbiamont/sermon39.htm

Se aveste la pazienza di leggere tutti i dossjer sopra-indicati, scoprireste persino notizie che D'Avanzo (o più in generale Repubblica) non hanno avuto il coraggio - per il momento - di pubblicare. Una per tutte: che il ministro delle privatizzazioni Milan Beko, ad esempio, gran patron del famigerato contratto, e' diventato in seguito (e lo è stato fino al settembre scorso) direttore generale della Zastava, azienda a partecipazione italiana dell'IVECO, cioè della Fiat. Ma guarda un po', della Fiat però non si parla....

Ma perchè scrivo questo? Per sbugiardare un collega? Certamente no, D'Avanzo e Repubblica hanno avuto il coraggio di scrivere cose note ma che nessun grande giornale italiano aveva avuto l'ardire di pubblicare. Gia' un' altra testata del gruppo, l'Espresso, ha scritto di questa storia.

Andate a spulciare a questo indirizzo: http://www.espressonline.kataweb.it/ESW_articolo/0,2393,9050,00.html
E' un articolo dell'Espresso datato 16 febbraio e nel quale si parla dello stesso scandalo Telecom. Insomma, l'Espresso ha anticipato lo scoop di Repubblica. Forse le due maggiori testate del gruppo hanno deciso di lavorare in sinergia.
Re Pubblico


20 Febbraio 2001 - Lo facciamo un controllino?

Perché devo ascoltare al TG3 delle 19 uno che mi racconta che Rutelli è andato in Vaticano in occasione dell'anniversario del concordato con la Chiesa Cattolica. Ma oggi è il 16 febbraio. L'atto del 1929 fu firmato l'11 febbraio. Quello del 1984 fu siglato il 18 febbraio. A quale anniversario si riferiva? O febbraio è il mese del concordato? Lo sa questo collega che da quest' anno lo Stato torna a ricordare l'evento il 18 febbraio?

E ancora. Perché devo sentire che sono stati condannati gli assassini della bimba Silvia Ruotolo? Ma non era una madre uccisa  mentre teneva per mano la figlia? Ma come si fa a spiegare agli italiani che il generale Cadorna, 1870, attaccò Porta Pia per ordine di Camillo Benso di Cavour? Il Cavour non era morto nel 1860? Non è questione di giorni, ma di anni: dieci anni. 

Può un giornalista essere alla stessa stregua degli italiani che fanno la fila per andare ad uno dei tanti quiz tv? Magari per rispondere che il Muro di Berlino è caduto nel 1992. O che Keynes, secondo una studentessa in Economia, era un aviatore inglese.

M a questo è spettacolo. Il servizio pubblico, invece, può disinformarmi?. Pago il canone Rai e da cittadino, non da collega, mi attendo francamente di più. Io lavoro in un giornale e sbaglio molto, ogni giorno. E ogni volta mi rattristo e mi macero, non ci dormo la notte.  Ma non sono il servizio pubblico. Sono un ciuco che disinforma qualche migliaio di lettori. Invece un tg è seguito da milioni di persone.

E allora mi chiedo: ma alla Rai perché nessuno controlla i servizi? Che cosa costa controllare una norma, una data, un nome? Perché mi annunciano una notizia e il servizio me ne dà un'altra? Vorrei continuare, dire la mia sul vespismo, sul modo di fare giornalismo in tv e sui giornali. Vespa è stato mio insegnante alla scuola di giornalismo e devo dire che è un fior di professionista. Ma mi sembra che predichi bene e razzoli male. Mi fermo qui. Più penso a queste vicende, più penso al mio lavoro quotidiano e più nella mia testa si ingarbugliano i pensieri..

Silvio Buzzanca
 


20 Febbraio 2001 - Costanzo e' buono e gli altri sono imbecilli

Caro Figaro,ho avuto la sventura di seguire un incontro tra il Ministro per gli Affari Sociali, Livia Turco e le famiglie di bambini e ragazzi disabili all'Istituto 'Leonarda Vaccari' di Roma. Incontro coordinato dal collega (posso chiamarlo cosi'?) Maurizio Costanzo, il cui impegno a favore dei portatori di handicap e' arcinoto. 

Merita sicuramente un premio, Oscar di bonta', quel bonaccione di Costanzo. Tutta per Lui la platea e la scena. Un 'Maurizio Costanzo show' in versione mattiniera, con una spumeggiante Livia Turco ad elencare tutti i provevdimenti assunti dal suo dicastero a favore dei disabili e con la sua solerte addetta stampa ad 'aiutare' i giornalisti nel lavoro di sintesi. 

Mancava solo che i tre dessero indicazioni di voto per le prossime elezioni politiche. Perche' in verita' non c'era nessuna notizia degna di questo nome, solo propaganda. E fin qui non mi sono scandalizzato piu' di tanto. Cio' ho ho trovato disgustoso e scandaloso e' l'attacco violentissimo di Costanzo ad altri colleghi della carta stampata o televisivi tacciati di essere "Imbecilli" in quanto si sono permessi di criticare Sua Maesta' di 'sfruttare' la sofferenza dei disabili portati sul palco del 'Maurizio Costanzo Show'. 

Che Costanzo sia sempre alla ricerca di personaggi 'particolari' e' cosa evidente a tutti: bisogna solo inchinarsi alla Sua bravura, al suo giornalismo-spettacolo. Guai a sollevare critiche. Si viene tacciati di essere "Imbecilli". 

Ma guarda un po' dove sono finito, mi son detto, e cosa mi capita di sentire: le paternali di Costanzo! Ormai Lui puo' tutto: persino 'curare' i depressi, impartire lezioni di 'bon-ton' a tutti, stilare programmi elettorali, discettare di mafia e delinquenza. Nel piu' assoluto silenzio stampa. A Lui e' permesso tutto. Come appunto 'curare' i giovani depressi che porta sul palco a raccontare le loro storie di tentati suicidi, di sofferenza e dolore. 

E' accaduto qualche settimana fa: un ragazzo di 22 anni con la madre tra il pubblico racconta la sua storia di depressione. La madre una contadinona dalle spalle e braccia grosse fa sapere che suo figlio ha tentato il suicidio, che passa le giornate chiuso in casa. Il 'bonaccione' col baffo sprona il ragazzo a seguire la madre nei campi, ad uscire di casa, perche' gli dice "devi strutturarti dentro". La 'cura' della depressione e' finita. E tutti dobbiamo dirgli grazie per la sensibilita' dimostrata, altrimenti saremmo imbecilli?  

No, il primo grande e grosso imbecille e' proprio Lui, il meraviglioso Costanzo che dietro il faccione di bonta' professata cela una violenza inaudita. Per ogni disabile nel fisico e nella mente portato sul palco, la Comunita' deve riverire Sua Maesta', Re Costanzo, anch'egli Unto dal Signore. Noi continueremo a seguire per sventura incontri di questo tipo dove gli imbecilli credono di impartire lezioni: e noi che siano davvero buoni glielo lasciamo credere, tanto loro sono Unti dal Signore, hanno una missione da svolgere sulla terra che noi atei non abbiamo.
Carlo Patrignani Agi Roma
 


15 Febbraio 2001 - Evviva Delia Ciciliani

Caro Barbiere, pur essendo una convinta sostenitrice del centro-sinistra, a volte mi capita di sperare che Berlusconi&Co. vincano presto le elezioni. Il motivo? E' quasi banale. Alcuni ministri di questo Governo sono delle vere prime donne: bizzose, ammalate di protagonismo, egoiste, insomma insopportabili!!!

Tra tutti, mi riferisco a Bassanini. Sono una collega che lavora al servizio economico di una "gloriosa" agenzia di stampa e tutti i giorni (dico tutti i giorni!!!!) vengo presa d'assalto dai comunicati di Bassanini, che deve puntualizzare su ogni cazzata sparata dall'ultimo dei sindacalisti o dal più infimo dei personaggi politici. Per non parlare del venerdì pomeriggio...al termine del Consiglio dei Ministri. Viaggiamo ad una media di cinque comunicati!!!

Se ho la forza di passarli tutti, lo faccio solo per una persona di rara simpatia e intelligenza: l'addetto stampa di Bassanini, Delia Ciciliani. Nei miei dodici anni di esperienza non ho mai conosciuto una portavoce come lei che riesce a coniugare le esigenze dei giornalisti con quelle del suo Ministro. Se lei decide di alzare la cornetta lo fa solo se c'e' una valida ragione. Delia è gentile, simpatica e (non so come ci riesca con Bassanini) sempre calmissima e sorridente.

Noi tutti proviamo per lei grande stima perchè: 1) è una brava giornalista; 2) scrive dei comunicati comprensibili (e quando sono stati scritti da tecnici ce li spiega; 3) con lei Bassanini diventa docile come un agnellino. In conclusione: forza Delia tieni duro. Siamo tutti con te
Adriana


13 Febbraio 2001 - Anch'io ho gridato: "Maremma maiala!!!"

Cara Mata Hari, hai ragione a deplorare lo stato miserando in cui versa quello che, ahimè, era un tempo un prestigioso e battagliero settimanale d'informazione. Ma, perché il tuo cruccio si trasformi in un lieto e speranzoso sorriso, ti basterà distogliere lo sguardo dalle nebbie di Segrate, e rinfrancarlo allo smagliante sole romano di via Po. Qui infatti, immoto e tetragono, si erge da oltre quarant'anni il vero, l'unico, l'incrollabile bastione del giornalismo italiano. L'Espresso! Solo lui ci rimane!

L'ultimo numero è l'ennesima riprova di come il più antico newsmagazine del nostro Paese non abbassi mai la fiaccola dell'informazione libera, impegnata, scomoda. Non voglio certo rovinare a te e ai lettori il piacere settimanale di sfogliare quelle pagine patinate e scoprirle traboccanti di notizie esclusive, inchieste affilate, reportage appassionanti, opinioni fuori dal coro. Ma basta accennare a un paio di pezzi, pur nascosti nelle pagine interne, per farsi venire l'acquolina in bocca.  

Ad esempio, ecco a pagina 81 il ritratto di un industriale che si batte per trasformare Trieste in provincia autonoma. Come fornire al lettore di Roccasecca o Canicattì gli strumenti per capire al meglio la realtà sociopolitica giuliana? Ma certo: con un bel boxino sul primato di Trieste nel consumo procapite di Viagra! Nel titolo poi, "Quando San Giusto non basta", gli eredi di Pannunzio, Benedetti ed Ernesto Rossi riversano tutto l'impegno laico e anticlericale dei loro maggiori. 

Del resto, la sapienza nel trovare titoli sempre arguti e brillanti e mai banali è tuttora il marchio di fabbrica dell'Espresso: "Fiorin Fiorello lo share è bello", "E il procuratore disse: 'Tanto di Capello'", "C'è un Torquemada dentro il Forno": come faranno a pensarne tante, quei diavoli di via Po?

Ma il vero capolavoro, l'articolo che da solo basterebbe a giustificare l'acquisto del giornale, (sebbene un inopportuno senso di modestia abbia consigliato di non "spararlo" in copertina) è quello a pagina 70-71. Una puntuale, dettagliata inchiesta, di quelle che non guardano in faccia a nessuno, su un film a luci rosse girato, appunto, nella Maremma toscana. Ma come, proprio "nella blasonata zona di Capalbio?" Ebbene sì. Proprio nel "rifugio esclusivo dell'intellighenzia romana progressista?". Proprio lì.

Ecco che l'Espresso si rivela per quello che, per fortuna, non smette di essere: un giornale di servizio. Io stesso, che come tutti i lettori (e i giornalisti, ça va sans dire) del settimanale, faccio parte dell'intellighenzia romana progressista, e quindi possiedo un casale a Capalbio, non sapevo niente degli exploit erotici dei miei probabili vicini di ombrellone. L'Espresso me ne informa in dettaglio, e, non pago, condisce il tutto con una sferzante intervista a nientedimeno che Alessandra Acciai, "una delle protagoniste della telenovela Incantesimo, assidua frequentatrice della spiaggia maremmana". Incalzata dallo spietato intervistatore, la ragazza ammette che "Quando ho cominciato ad andare a Capalbio, 11 anni fa, si sentiva parlare di festini un po' spinti...ma adesso non più". Meno male, grazie al mio settimanale preferito, non dovrò rinunciare a portare i bambini al mare.  

Ma è nel titolo, come al solito, il colpo di genio: "Maremma che maiala", parafrasi ardita di una delle forme più schiette e veraci dell'eloquio popolare, che trova le sue radici nella secolare tradizione letteraria toscana. Chi non vi avverte l'eco di un Collodi, di un Fucini... 

La stessa eco si sente nell'attacco del pezzo, che per chi non l'avesse capito, ribadisce. "Se avete voglia, stavolta potete proprio dirlo forte, anzi gridarlo: Maremma maiala!" Finalmente! Autorizzato e anzi spronato dalla più autorevole rivista di opinione, confesso di essermi abbandonato a un lungo, liberatorio, urlo a squarciagola. 

L'impiegato del catasto


13 Febbraio 2001 - In questa radio per voi non c'e' futuro

Radio Città Futura cerca di cambiar pelle e provoca liti e sconcerto dentro e fuori la redazione. A ottobre, la Cooperativa proprietaria della storica emittente romana ha deciso di interrompere la collaborazione con la milanese Radio Popolare, che le forniva tre notiziari al giorno, rassegna stampa e vari programmi dal '93, per sostituirla con quella di Area, agenzia stampa vicina ai Ds guidata da Renato Sorace. Il presidente della Cooperativa Nicola Roumeliotis: "Vogliamo bene a Rcf e cerchiamo di farla camminare sulle sue gambe, senza spese eccessive". Una radio più bella e rilanciata, un informazione di qualità, insomma. 

L'operazione è però contestata dalla maggioranza dei sostenitori e degli ascoltatori, che temono una "mutazione genetica" di una radio che è sempre stata un punto di riferimento della sinistra romana. Il presidente dell'Associazione ascoltatori, Roberto Giovannini, redattore della Stampa: "Certo, si arriva nel Duemila e ci si accorge che l'emittente ha un valore che va sfruttato, ma c'è il forte rischio di snaturare la radio da quello che è stata e perdersi per strada gli ascoltatori. Quelli di Area sono bravi, ma insomma, hanno un'altra formazione":

I timori dell'Associazione non sono campati in aria: lo dimostrano le violente mutazioni all'interno della redazione. Direttore della testata è diventato infatti lo stesso Renato Sorace. Il primo atto dopo l'insediamento, il 19 gennaio, una letterina di tre righe per licenziare Elisabetta Ramogida, collaboratrice da cinque anni e contraria all'operazione Popolare/Area

Due giorni dopo, agli altri redattori non graditi viene comunicata la "messa a disposizione": non servono più, giacché a fornire i notiziari locali saranno d'ora in poi i giornalisti di Area. Non solo: ai collaboratori , che nel frattempo si sono rivolti all'Associazione della stampa romana e all'Ordine, viene comunicato che della cosa non è possibile discutere tutti insieme: nelle prossime settimane verranno convocati uno per uno per ragionare sulle loro sorti. 

Per rilanciare la radio, l'Associazione degli Ascoltatori Rcf, insieme a Manifesto, Radio Popolare, Mir, Internazionale, Centro sociale Brancaleone,  aveva proposto tempo fa alla Cooperativa di fondare una Srl. "Pensavamo che la cosa fosse accolta con entusiasmo e gratitudine", racconta Giovannini, "Invece è caduta nel vuoto". L 'assemblea  per discutere la proposta di rilancio non è ancora stata convocata. 

Preoccupata per il "domani dell'emittente" (che da due mesi è senza notiziari)  l'Associazione ascoltatori - che per ora ha deciso di interrompere l'erogazione di fondi alla radio (400 milioni negli ultimi 5 anni, un terzo degli introiti complessivi) - ha convocato un'assemblea pubblica per il 15 febbraio al Centro Sociale Brancaleone, "per parlare di una situazione che va alla deriva - spiega uno dei soci - e per cercare di trovare una soluzione in questo strano gioco a far fuori il più debole".
Costanza


13 Febbraio 2001 - La California? Meglio la Puglia

Caro Barbiere, la Puglia è di nuovo la California nonostante Tatò e il suo libro tanto recensito ma poco letto. Tra un po' avremo più quotidiani che lettori. Da un paio di mesi, infatti, gli edicolanti sono in difficoltà: la quasi contemporanea uscita di Repubblica e Corriere del Mezzogiorno, con annesse signorine in pettorale sponsorizzato, ha ridotto gli spazi già esigui di numerose edicole. Da oggi, poi, anche il Roma si è rinnovato presentandosi come "Puglia d'oggi", ovvero "edizione regionale del quotidiano Roma".

Alla faccia di Bossi, poi, a Napoli si stampano sia il Corriere del Mezzogiorno che il Roma-Puglia d'oggi e napoletani sono i direttori (Marco De Marco e Gennaro Sangiuliano). Anche il capo di Repubblica non è barese ma (forse) calabrese e risponde al nome di Ettore Boffano. A due mesi e più dall'uscita pugliese delle due corazzate è possibile tracciare un primo, sia pur sommario, bilancio.

Repubblica di Bari è molto barese e poco regionale. Cerca di fare opposizione al governatore regionale Fitto ma soprattutto al podestà cittadino Simeone di Cagno Abbrescia. In una città (e una regione) in cui il Polo viaggia sul 60 per cento ed è in crescita costante, Repubblica cerca di smuovere le acque, utilizzando il popolo delle e-mail e schierandosi apertamente con tutto ciò che è di sinistra

Peccato che ignori la Provincia, unico Ente cittadino in cui il centro sinistra e' in maggioranza. Le firme di spicco? Quella di Mimmo Castellaneta, ex capocronista della Gazzetta del Mezzogiorno, e quella di Gianni Messa, capo dello sport.

Altra storia, invece, per il Corriere del Mezzogiorno, che punta anch'esso sulla politica ma lo fa con classe, eleganza ed intelligenza. D'altro canto quando hai un tale Peppino Caldarola tra i tuoi collaboratori, puoi permetterti di tutto. Non a caso sia il direttore De Marco che il caporedattore Maddalena Tulanti sono cresciuti (e pasciuti) all'Unità. Eppure non si può dire che il Corriere sia di sinistra. E neanche di destra. Di centro, allora? Neanche per idea! Il Corriere e del Corriere, punto e basta.

La Gazzetta del Mezzogiorno in tutto ciò non ha perso una copia che sia una; ha chiamato Onofrio Pagone a sostituire Castellaneta e ha messo tutti i suoi cronisti in campo. Con risultati invisibili, nel senso che il giornale è sempre quello da 100 e passa anni, con un occhio di riguardo per il potere (politico, economico, sindacale, ecc), qualunque esso sia e chiunque lo rappresenti!

Emblematico, infine, è il trattamento che i tre quotidiani hanno riservato alla vicenda di Punta Perotti. La Gazzetta sta lavorando perché i costruttori possano completarla, nonostante la sentenza della Cassazione. Il Corriere prova a mettere tutti d'accordo mentre Repubblica ha già pronta la dinamite necessaria per abbatterlo. Un pluralismo così, la California se lo può solo sognare! 
Giesse


12 Febbraio 2001 - Italiani brava gente. Mica come gli albanesi

Caro Barbiere, sono convinto che in Italia stia crescendo il germoglio del razzismo e sono altrettanto convinto che noi giornalisti contribuiamo ad alimentarlo. Poiche' combatterlo credo sia un nostro dovere civico, ti sottopongo una notizia e una riflessione. Intanto leggi (per sintesi) questa notizia apparsa sul sito della Repubblica del  9 febbraio 2001. La stessa notizia peraltro è presente su molti altri portali, sulle agenzie di stampa e domani, immagino, sui giornali. Ecco l'estratto del pezzo (verifica: http://www.repubblica.it/online/cronaca/autonapoli/confessa
/confessa.html
)

ROMA - Negare, scappare, inventare qualche storia? E' stata una notte piena di domande tormentate quella dell'automobilista che stanotte ha investito due extracomunitari, uccidendone uno, e poi è scappato via, lasciando sulla strada, a pochi passi dal Colosseo, le sue vittime. 

Una notte che all'uomo, cognato del proprietario della Volvo Station Wagon grigia che ha investito e ucciso i due immigrati, ha portato un pessimo consiglio: stamane alle otto, infatti, ha denunciato alla polizia il furto della vettura. Per questo l'uomo, un produttore discografico di 35 anni, compositore e musicista, Sandro Mattoccia, è stato denunciato non solo per omicidio colposo e omissione di soccorso ma anche per simulazione di reato. (...) "E' un uomo normale, senza precedenti, lavoratore. Non era ubriaco, né aveva assunto sostanze stupefacenti. Gli è capitata una cosa più grande di lui. Ha sbagliato per lo spavento", osservano gli inquirenti. (9 febbraio 2001) 

La storia è identica per dinamica e comportamento del pirata a quella che vide protagonista qualche mese fa il celebre albanese Panajot Bita. Lo ricordiamo tutti: investì un povero bambino (certamente incolpevole), fuggì, fu catturato, processato, condannato, poi lapidato a fine pena, esposto al pubblico ludibrio... il parlamento si è riunito, la procura si è autoconvocata di sabato sera e infine il pericolo pubblico è stato espulso dall'Italia con tanto di scorta di polizia. 

L'Italia, indignata insieme alla stampa, tirò un sospiro di sollievo. Ora accade il contrario: un italiano investe due extracomunitari uccidendone uno e poi bellamente fugge. Lui nelle cronache piange, si dispera, passa una notte insonne e quando infine viene scoperto, si becca una bella denuncia (a piede libero). Mentre gli inquirenti rassicurano: ''...gli è capitata una cosa più grande di lui. Ha sbagliato per lo spavento''. Panajot Bita invece no, lui scappò perchè era un albanese criminale e tutto il resto. Naturalmente la storia del pirata assassino-italiano non scuoterà l'opinione pubblica italiana, non scatenerà gli inviati, non finirà in prima pagina e presumo non provocherà nessuna interpellanza parlamentare. Vogliamo vergognarci almeno un po'? Un saluto multirazziale dal tuo 
Re Pubblico  


12 Febbraio 2001 - Giornalista, mamma e casalinga

Sono una giornalista, madre di due ragazzine adolescenti (quasi 15 e quasi 13 anni). Probabilmente non ve ne siete accorti, ma quale sera fa, in prima serata, Rai Due ha mandato in onda, nell'ora di massimo ascolto, un funzionario Rai. La trasmissione mi pare fosse 'Il raggio verde' o qualcosa così (stavo dissurgelando le fiorentine e non prestavo molta attenzione). A un certo punto mia figlia, la maggiore, ha urlato: 'Ma mamma, guarda! Molle...guarda il colore!' . Le ha fatto eco la piccola: 'E' terribile...'.

Sul momento ho pensato fossero rimaste anche loro colpite dal morbo della mucca pazza e che si riferissero a quanto stavo -distrattamente- bruciacchiando. Poi l'occhio è caduto sul funzionario Rai intervistato da Santoro. E ho capito.

E' ora di dire basta. Lo affermo come madre e come casalinga. Non si possono mandare in onda in prima serata immagini che turbano adolescenti che muovono, timidamente, i primi passi nel difficile pianeta della sessualità. Abituate a Taricone, le mie ragazze si sono fatte un'idea del maschio ben lontana dagli stereotipi propinati dalla Rai. 

Tollerano Baudo per motivi storici (sono di sinistra e quindi le ho educate nel rispetto della carta costituzionale), ma non accettano la cruda realtà. Il mollaccioso funzionario Rai ha provocato in loro (che, quando va in onda Porta a Porta, sono già a dormire) un disgusto senza precedenti. 'Mamma- ha affermato con sgomento la piccina- ma è come una m....'.' Sto mangiando, per piacere...' ha urlato la più grande.

Rendetevi conto. La sera a cena le famiglie, anche quelle dei giornalisti, si riuniscono. Il cibo è quello che è, tanto la conversazione è peggiore. Ragazze cresciute a sbudellamenti, politici e redazionali, sono abituate a tutto. Per loro la merda è, metaforicamente e spesso concretamente, pane quotidiano. E' giusto costringerle a fare i conti, minorenni, con una grande abbuffata?
Francesca Longo


8 Febbraio 2001 - Il comunicato stampa. Che schifezza!!!

Non è che ci si nasce ufficio stampa. No, altrimenti si tratterebbe di una modificazione genetica perseguibile dalla Corte dei diritti dell'uomo. Ci si diventa! Cosi! Semplicemente ci si diventa. Magari perché una è laureata in Scienze politiche indirizzo internazionale ed è figlia di impiegato e quindi a fare l'ambasciatore non ci pensa neanche. Oppure perché qualcosa bisogna pur fare. Allora si diventa ufficio stampa.

Che si chiama ufficio ma è composto da una sola persona. Nella fattispecie da me.. con tanto di biglietto da visita, due cellulari, 4 e -mail, e nessun titolo tipo dott.ssa perché non si usa.

E di chi fai l'ufficio stampa? Del primo che ti capita, ovviamente, se sei senza lavoro da tempo senza ritegno. Partiti politici, di destra, di sinistra, di centro, chiunque ti paghi insomma per apparire sul giornale, purchè il suo nome appaia sul giornale e non nel colonnino delle brevi ma al centro pagina.

Poi, se hai fortuna, se non ti suicidi prima, continui e magari vieni assunta per fare l'ufficio stampa. E inizia la vita.

Intanto il comunicato. Tu, che hai lavorato in un giornale, sai benissimo che cosa si prova a ricevere il comunicato stampa. Un moto interiore di repulsione che finisce per farti cestinare quel foglio. Eppure lo fai perché ti pagano.

E subito dopo la telefonata. Con la ricerca dell'amico in redazione che di solito quando lo cerchi ha la corta e quindi il telefonino staccato. Allora devi parlare con qualcun altro. Chiami, e mentre accendi la 200 esima sigaretta, ti presenti e dici che hai appena mandato un fax.

Di solito di risponde uno: incazzato, stanco, assonnato, che ha appena finito di litigare con qualcuno. E lo capisci dal "Chi è" con cui risponde. E tu sei lì, inerme, a cercare di descrivere il contenuto del comunicato stampa che non contiene nessuna notizia, ma che ti devono pubblicare perché altrimenti, l'indomani:
”Che fa? Non è uscito il comunicato? E come mai non ci siamo noi ma c'è quest'altra associazione? Che fa dottoressa, non riusciamo a fare pubblicare una notizia?”.

E tu vorresti spiegarglielo che hai fatto di tutto, che il comunicato non conteneva nessuna notizia, che se lo mettono è solo perché sei andata a cena con quello che al desk, riesce a fartelo passare, che è solo merito tuo.

Ma non dici niente e allora inventi azioni di sabotaggio, interventi politici di cui sei venuta a conoscenza per bloccare il comunicato, cordate giornalistiche contro quell'associazione e cazzate simili. Il tutto per aspettare l'amico che torna al lavoro e pregarlo di metterlo quel comunicato.

Così è la vita dell'ufficio stampa. Che compra i giornali, che deve sapere tutto, che sa anche quello che non sa, che non può mai essere colto in fallo, che deve far capire ciò che si può passare e ciò che non si può fare passare. Frantumati i sogni dell'università da dieci anni faccio questa vita. Pensate quando ricevete una telefonata dal povero ufficio stampa. Dall'altra parte c'è un aspirante suicida.

Roberto


8 Febbraio 2001 - Io quelli del Manifesto non li capisco

A volte, quelli del manifesto uno non li capisce. Martedì 6 febbraio “festeggiano” con uno spettacolo di Dario Fo e Franca Rame, al teatro Smeraldo di Milano (“Una bomba di solidarietà”) la bomba, appunto, che un neofascista gli ha piazzato nella sede (romana e principale) del quotidiano medesimo. E va bene. 

Poi scrivono sullo stesso quotidiano che l’idea dei coupon (tu acquisti il pacchetto di coupon dalle casse del manifesto, che così respirano un po’, essendo dissanguate, poi vai dall’edicolante, presenti il coupon e quello ti da' il giornale, che tu a questo punto non paghi più, avendolo già fatto prima) è stata geniale e ha ottenuto un riscontro eccezionale, molto superiore alle usuali formule di abbonamento, purtuttavia – recita un avviso in prima pagina – i coupon non sono disponibili, arriveranno, pazientate. 

E va bene. Poi, però, ricorre il decimo anniversario della nascita del Prc (Partito della Rifondazione comunista) e al manifesto, quotidiano comunista da quando era in fasce, ma comunista “eterodosso”, “libertario”, “antisovietico”, “ingraiano”, eccetera, decidono di ricordarlo con una bella intervista - pubblicata sul numero uscito sabato 3 febbraio – a Fausto Bertinotti

Segretario del Prc, come no, e probabile artefice della prossima, rovinosa, debacle (almeno al Senato) della sinistra – comunista o meno che sia – alle prossime elezioni politiche.

Peccato solo che, nel 1991, Bertinotti non solo non c’era, a far da levatrice alla formazione neocomunista, ma militava  – “dissenziente”, ovvio, radicale, radicalissimo – dentro il Pds, quello di Occhetto e Petruccioli, di Adornato e della sinistra dei club, per capirci. Nel 1991 c’era, invece, eccome se c’era, Armando Cossutta, che dal 1998 ha rotto con Bertinotti (dopo averlo elevato al rango di segretario, qualche anno prima) per dar vita al partito dei Comunisti italiani. 

Solo che al manifesto Cossutta proprio non lo possono soffrire, lo detestano da sempre, imputandogli quantomeno la ragione della loro “epurazione” dal Pci, anno 1969. Il fatto è che Cossutta, con quella radiazione, ha poco a che fare (a fare il processo ci pensò Natta). Con la nascita, lo sviluppo, il radicamento e la storia di Rifondazione comunista, al contrario, l’Armando ha a che fare eccome, “a prescindere” – direbbe Totò – se trattasi di meriti o di demeriti. 

Bertinotti, decisamente molto meno, almeno fino al 1995 e seguenti. Tutt’al più, da allora in poi. E sempre a prescindere da meriti e demeriti (rottura con Prodi, caduta del suo governo e conseguente “spostamento a destra”, amerebbero dire al manifesto, dell’asse politico). Ma la goccia che fa traboccare il vaso – sempre in quanto trattasi di quotidiano “comunista”, per carità – visto che se si trattasse di quotidiano “antagonista”, “della sinistra radicale”, “anticapitalista”, “antiglobalizzante” il problema non si porrebbe – è questa: domenica scorsa 4 febbraio è morto Elio Quercioli, storico dirigente del Pci prima, del Pds-Ds poi, nonché giornalista (comunista) di primissimo piano, direttore di molti giornali (comunisti) e persino dell’Unità (quand’era un quotidiano comunista). Peccato che, sul manifesto (quotidiano comunista, appunto) la notizia non c’era. 

Tersìte


5 Febbraio 2001 - Da grande mi cerchero' un lavoro onesto

La mia storia è molto semplice, se ne potrebbe fare un film. Ogni riferimento al virtuale è puramente casuale.

Scena prima: Pleistocene, redazione di un quotidiano politico nazionale, dove gruppi di giornalisti conducono una vita molto contrastata. Io arrivo nel pieno di una zuffa sul tema 'perchè cazzo devo andare quando c'è già l'Ansa' e mi candido per un 'dietro le quinte' (in seguito mi offrirò per fare tre pagine al giorno da casa mia, comprese le indicazioni ai grafici, e salva restando la non assunzione, il non rimborso spese, ovviamente i non contributi e un 'tanto a pezzo'- non quantificabile, dal momento che in certe giornate, soprattutto festive, i pezzi sono anche dodici e gli pseudonimi  almeno sei).

Con un grido di trionfo il direttore mi lancia in aria (sono magrolina) e mi trasformo in un'astronave. Il Discovery, appunto, free lance a tutti gli effetti (al free lance 'professionista' giungerò grazie al contributo della temibile FNSI della mia regione, che mi ha concesso di pagarmi da sola un avvocato e di ricorrere a Stampa romana).

Tutti mi guardano con interesse (gira voce che io sia in grado di usare il congiuntivo, di rispettare le misure e i tempi di consegna dei pezzi, di raccogliere addirittura informazioni di prima mano o, in caso di riciclaggio, di ampliarle con particolari di colore, di esimermi da commenti personali e al limite, con vento a favore, di supportare il pezzo con titoli,  occhielli e fotografie). 

Non è ovviamente la prima volta  che un giornale s'imbatte nella prova dell'esistenza di un extraterrestre, comunque la nuova congiunzione  solare, con un sibilo violento, mi rilancia nello spazio. Collaboro con una ventina di testate, tra quotidiani, settimanali, mensili, agenzie e televisioni. Pagamento a 365/730 giorni (record 912 giorni per Lit. 2.000.000 lordi battuto da Dalai, tanto per consolare i colleghi della nuova Unità), spese e contributi a mio carico.

Scena seconda: dopo un catastrofico esame professionale, cui accedo grazie al riconoscimento d'ufficio del praticantato (mille articoli in due anni e mezzo per una sola testata, più le varie collaborazioni) e che supero solo in virtù degli scritti (ho iniziato tardi e dopo i 40 anni si sa dove reperire le fonti, ma si fatica a mandare a memoria anche la nozione più semplice), ottengo i benefici della disoccupazione, gestiti da HAL 9000.

E' un calcolatore perfetto che mi guida nei meandri di Ordine, Inpgi, Fnsi e Casagit, che m'infila nelle liste dei giornalisti professionisti disoccupati , parla, pensa ed è informato. Io posso quindi permettermi di fare la free lance a tempo pieno. Mi iberno. Non so che HAL non si fida dei giornalisti, che ha dei dubbi sul viaggio intrapreso.

La mia collega free lance 'Poole' (nome fittizio, scelto ovviamente a caso), su errore di HAL, viene incredibilmente assunta da una testata locale, e si allontana per sempre nello spazio siderale. 

E' l'ultima. Le funzioni di noi ibernate vengono interrotte. Mi salvo a stento -sono divorziata con due figlie a carico e, ancora per una decina d'anni, l'ex marito è costretto a versare gli alimenti- e procedo alla disattivazione di HAL, rimandando i vari pagamenti delle quote annuali, trimestruali, quadrimestruali ecc. e l'invio delle centinaia di moduli e dichiarazioni che settimanalmente il computer mi sottopone. Lui reagisce alla 'morte' in modo 'umano' e straziante, con suppliche e lamenti, apre persino un sito Internet, 'Il barbiere della sera'. Io procedo da sola.

Scena terza: tutto ciò che resta è il mio occhio, lo lascio fluire nello spazio e nel tempo, tra immagini e visioni. Elimino volontariamente tutte le testate che pagano in ritardo, non pagano, pagano redazionali o 'diritti d'autore' (che peraltro, sebbene iscritta, non sono tutelati nemmeno dalla Siae). 

E finalmente mi riposo. Sono in un palazzo antico, San Macuto, consulente di una Commissione, una delle poche che a ore chiuderà definitivamente i battenti, anche grazie al mio contributo. Sto passando dalla maturità, alla vecchiaia, all'agonia. Davanti a me s'erge questo feto astrale, il lavoro di free lance, una bolla di sapone in cui si scorgono i lineamenti incerti di un neonato che guarda a voi giornalisti sfocato e quasi pauroso.

Da grande ho deciso che mi cercherò un lavoro onesto. Magari, come gli extracomunitari, uno di quei lavori che gli italiani non vogliono più fare.
Francesca Longo


5 Febbraio 2001 - 

Breve cronistoria dell' importanza della Mucca pazza per l' Ansa negli ultimi 10 anni.  
Nel '93 una notizia: Gb: morbo mucca pazza fra antilopi zoo Londra.  

Nel '94 una notizia: Gb: allarme per morte donatori sangue causa morbo  
Nel 95, a cominciare da ottobre, 4 notizie del tipo: Natale: arrosto canguro per paura morbo mucca pazza.  
Nel '96 cinquecento notizie, forse si comincia a capire di cosa si sta parlando.  

Nell' agosto '95 un cronista dell' Ansa siciliana viene inviato ad Erice dove Luc Montagnier (quello dell' Hiv)  invita autorita'  e comunita' scientifica a non distrarsi  ricercando la cura per Aids ed altri gravi morbi, tra cui mucca pazza, pericolosi per l' uomo. "Se si diffondesse il morbo della pazzia delle vacche - diceva lo scienziato - le conseguenze sarebbero gravissime anche perchè la malattia è poco studiata e non si conoscono gli antidoti".  

Il giornalista scrive un pezzo sull' allarme di Montagnier ma l' Ansa decide che l' allarme di Montagnier non vada diffuso. La notizia non viene rilanciata neanche in Sicilia.  
B.S.


5 Febbraio 2001 - "Non fatemi pensare a quel bavoso di Prodi"

Adg - Agenda del Giornalista, buonasera

??? – (silenzio)

Adg – Pronto?

??? – (silenzio)

Adg – Pronto?

??? – Sono una signora

Adg – Buonasera! In cosa posso esserle utile?
Signora – Io ho telefonato per parlare di quel ministro
Adg – Scusi!?

Signora – Sì, sì quel ministro comunista

Adg – ….
Signora – Sì, Sì da Vespa. Beh guardi, dovrebbe proprio dimettersi. Ma come si fa? Dire a quella poverina che non dovrebbe andare in giro con quel nome. Ma perché cosa hanno fatto questi comunisti che hanno ammazzato milioni e milioni di persone mentre Mussolini, poverino, è… è stato solo ingannato. 

Adg – Signora questo numero….
Signora – Ah sì, il vostro numero l’ho letto sul Giornale. Ma insomma è una vergogna questi comunisti…. sapesse quanta gente che vedo al mercato che raccoglie la frutta da per terra. Ecco cosa dovevano fare, dovevano aumentare la pensioni di quelli che c’hanno seicentomila lire al mese e che non riescono a campare. E invece, niente. Ah ..ma andare al governo è stata la loro rovina.  Che ci sono andati a fare? Perché cosa hanno fatto?….niente!

Adg – Beh forse l’Eu…
Signora – Non mi faccia pensare a quel bavoso di Prodi,… eppoi quel Visco, mamma mia Visco proprio non lo…..lo sa a cosa mi fa pensare Visco?
Adg – mh…no.

Signora – C’ha presente quelli dell’antica Roma i… i… i carnefici. Ecco proprio un carnefice.
Adg – Signora guardi che la redazione dell’Agenda del Giornalista è…. 
Signora – Sì, lo so, il numero l’ho trovato sul Giornale… Ah ma quanto mi piace il Giornale  cioè… Libero. Lo leggo tutti i giorni. Sono addirittura abbonata. Prima al Giornale e adesso a Libero. Mi piacciono anche altri giornali eh…. il nuovo Giornale, Il Tempo di Roma….gli altri no, sono pieni di bugie, di menzogne.
Adg – Ma il Corr….
Signora – Anche la sera sa, quando guardo la rassegna stampa,  se leggono Libero, Il Tempo… così ..li guardo, se no spengo il televisore e poi riaccendo.
Adg – Forse sarebbe bene confront…
Signora – Vabbé adesso mi sono sfogata. Grazie e Buonasera.

Click

Adg- Buonasera. Buonasera Signora!
Madmax

2 Febbraio 2001 - La legge e' uguale per tutti

Storie di immigrazione clandestina. Mohammed ha 34 anni, Alvaro ne ha 24. Uno è marocchino di Casablanca, l'altro viene dall'Uruguay (è nato a Montevideo). Li accomuna - si fa per dire - una disavventura giudiziaria.

Sono due "irregolari". I passaporti con cui sono arrivati in Italia, entrambi intestati alla Questura di Roma, sono risultati falsi. Ottenuti chissà e come e chissà da chi, senza averne diritto. A questo punto la legge italiana parla chiaro. Il documento contraffatto deve essere immediatamente ritirato.

Per i due stranieri scatta la denuncia per falso ideologico e materiale (si rischia anche la galera) e la revoca immediata del permesso di soggiorno. Mohammed e Alvaro devono lasciare l'Italia. Gli verrà consegnato un'intimazione ad uscire dai confini nazionali entro quindici giorni. Ma non solo. Se non sarà verificata  la loro identità finiranno in un Centro di permanenza temporanea in attesa che siano espletate tutte le pratiche necessarie a chiarire con esattezza chi sono e da dove vengono.

E - tra l'altro - per una mostruosità della norma italiana in materia di rimpatri coattivi, se la loro identità verrà effettivamente accertata saranno espulsi, in caso contrario torneranno liberi (e clandestini). Insomma, per farla breve, Mohammed e Alvaro si sono cacciati in un bel guaio.

Ma con una piccola differenza. Mohammed fa il lavavetri ai semafori e vive (o forse sarebbe meglio dire sopravvive) nel casotto abbandonato di un vecchio cantiere edile, mentre Alvaro fa il calciatore e abita in un super-attico di Milano con la famiglia, il procuratore, gli amici, due domestiche ed un cane.

Mohammed, tra insulti velenosi degli automobilisti e mattinate trascorse nelle celle di sicurezza della Questura, fatica a sbarcare il lunario. Alvaro guadagna 15 miliardi l'anno, la massima costrizione a cui è sottoposto è trascorrere la mattinata sul lettino del massaggiatore, e se l'allenatore si permette, non di insultarlo, ma anche solo di criticarlo, lui lo denuncia all'Associazione Calciatori e poi va in televisione e gli pianta un gran casino da Biscardi.

Ma in fondo Mohammed e Alvaro sono uguali. Due immigrati clandestini. Dovrebbero godere dello stesso trattamento. Anche perché in Italia sono arrivati con lo stesso desiderio. Una vita migliore. Che per Mohammed vuol dire una casa decente e un paio di pasti caldi al giorno mentre per Alvaro significa il Pallone d'Oro e la Champions’ League.

Adesso Mohammed è in una grande camerata del Centro di permanenza di Roma. Deve stare attento perché ieri notte un tunisino ha cercato di accoltellarlo per fregargli le scarpe. Aspetta che la sua ambasciata lo riconosca o (molto più probabilmente) se ne lavi le mani. E spera che nel frattempo qualche altro marocchino non gli abbia fregato il posto al semaforo.

Alvaro, invece, è nel suo super-attico a San Siro. Attaccato al telefonino e al sito in Internet con cui ogni giorno "dialoga" con i suoi fans. Il procuratore (inteso come manager e non come magistrato) gli ha detto che la pratica verrà sbrigata in pochi giorni. Dovrà sopportare il tormento di un viaggio in business class dall'Italia all'Uruguay per rifare tutti i documenti. E purtroppo dovrà rinunciare anche a quella lontana zia friulana che gli garantiva la qualifica di giocatore comunitario. Ma il Pallone d'Oro, l'anno prossimo, non glielo leva nessuno. 
Giorgio Lambri
- bogey1960@hotmail.com


 


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