I Kings

Ennio Ottofaro
Andy De Bruyn
Pierpaolo Adda
Renato Bernuzzi
Gilberto Storari

 
 

Prima del Festival degli Sconosciuti di Ariccia (1963) la storia del gruppo che sarebbe divenuto famoso col nome de I Kings assomiglia a quella di migliaia di altri gruppi: aggregazione e abbandono dei singoli componenti per i motivi più disparati (una bocciatura, il possesso di uno strumento particolarmente pregiato, la disponibilità di uno spazio per le prove), esibizioni nei teatrini locali per i primi concorsi musicali, le prime offerte di lavoro nelle balere della riviera adriatica o di altri luoghi turistici, ecc.. Il tutto, naturalmente, all'insegna del più entusiastico e autentico dilettantismo. Poi, la nascita ufficiale del gruppo - versione discografica - , nella sede della RCA, via Tiburtina km. 12 - Roma. E, come in occasione di ogni nascita, avviene il trauma; del gruppo che il talent scout Teddy Reno aveva invitato a succedere a Rita Pavone, vincitrice del Festival l'anno precedente, la RCA sembrava apprezzare in modo quasi esclusivo la voce solista. Dotato di un'estensione vocale incredibile, di un timbro piuttosto metallico, e con un istinto interpretativo eccezionale per un quattordicenne, Dino appariva un prodotto ideale per occupare una parte di mercato discografico melodica e sofisticata. Il ciuffo biondo, la figura slanciata e gli occhi azzurri non facevano che sottolineare ancor più la ragionevolezza della scelta. Da allora in poi risultava chiaro che il complessino - dal punto di vista discografico - veniva smembrato. Dino avrebbe avuto la facciata A, mentre la facciata B sarebbe stata riservata ad una nuova entità chiamata Dino e I Kings. Inoltre, motivazioni tecniche e personali hanno determinato la necessità di cambiare metà dei componenti dei Kings , cioè la chitarra ritmica e il batterista. La formazione dei Kings a questo punto era la seguente: Ennio (chitarra solista), Damiano (basso), Gilberto (chitarra ritmica), Pierpaolo (batteria). Il primo 45 giri esce con Eravamo amici (facciata A - orchestra e arrangiamento di Ennio Morricone) e Così come sei (facciata B - Dino e I Kings). Il lato A del secondo singolo era un pezzo particolarmente bello di Endrigo - Te lo leggo negli occhi - mentre il lato B vedeva impegnati Dino e I Kings nella versione italiana di "I Should Have Known Better" dei Beatles. La scelta di quest'ultimo brano era di Bardotti, il quale spingeva per far prendere una piega decisamente beat al binomio Dino e I Kings. Sua era infatti l'idea di far incidere altri pezzi dei Beatles (che poi saranno raccolti nel primo LP di Dino), e cioè "I Wanna Hold Your Hand" e "I Saw Her Standing There".Ma la direzione artistica della RCA andava in tutt'altra direzione: un semplice sguardo alle copertine non farebbe che rendere palese l'intenzione della casa discografica di dar rilievo sempre più a Dino e a riservare ai Kings una parte analoga - nel migliore dei casi - a quella rappresentata dai Flippers per Edoardo Vianello. Già nel secondo 45 giri era sparita la foto del gruppo, e dal 33 giri sparirà anche il nome dei Kings dalla copertina. L'imminente uscita del terzo singolo, La Bussola, chiarì la situazione una volta per tutte. Sul tavolo del Direttore artistico furono portate la versione orchestrata da Morricone e quella arrangiata ed eseguita da I Kings. La scelta era scontata, anche se la versione del complesso era particolarmente pregevole. Poiché si rifiutavano di andare al Cantagiro con un pezzo che non li vedeva coinvolti nel disco, I Kings posero alla RCA, a Teddy Reno e (a malincuore) a Dino l'aut aut: o loro o Morricone... La casa discografica scelse - com'è ovvio - il famoso maestro arrangiatore e il sodalizio finì in modo traumatico: Dino proseguì la sua strada di apprezzato cantante melodico.Ma, come si è già osservato, il trauma diede vita ad una nuova e definitiva entità: I Kings. A Damiano subentrò un bassista giovanissimo e talentuoso, l'americano di Boston, Andy; al posto di una voce solista si preferì un cantante alla Mick Jagger, cioè una personalità che meglio si amalgamasse con il gruppo. La scelta cadde su Renato, che già aveva inciso due singoli con la Durium: Ricordandomi i tuoi baci (Twenty tears for every kiss) e Sei la sola (Oh, Pretty woman). Anche la RCA fu sostituita dalla DURIUM. La nuova casa milanese, che si trovava improvvisamente a gestire un gruppo portatore di una musica e di uno stile del tutto nuovi rispetto ai suoi artisti tradizionali, affidò la produzione discografica e la cura dell'immagine dei cinque ragazzi all'entusiasmo di Luciano Giacotto. La novità, e il desiderio di sperimentare, probabilmente presero la mano un po' a tutti: nel giro di sei mesi furono prodotti e lanciati tre singoli, senza lasciare al mercato il tempo necessario per metabolizzare dei pezzi del tutto innovativi - se non dirompenti - per il panorama discografico del momento. Al primo 45 giri (Fai quello che vuoi), seguirono Bambina non sono io e La Risposta, rispettivamente le versioni italiane di Time is on my side dei Rolling Stones, It ain't me babe di Bob Dylan e Blowing in the wind, sempre di Dylan. Bastano questi titoli per rendersi conto della assurda pretesa che generi tanto diversi potessero far subito presa su un mercato discografico che - nonostante il gran parlare di beat - continuava a premiare canzoni "facili" e comunque coerenti con un certo gusto "italiano". Per quanto strano ciò possa sembrare, la nuova formazione era percorsa da una sorta di "fondamentalismo" musicale, una specie di intransigente fedeltà ad un modo di far musica che niente doveva concedere al gusto "commerciale". Da qui l'ostinata ricerca di suoni duri, autentici, freschi e grintosi, lesinando addirittura sull'effetto "eco" per timore di rendere il tutto troppo "palatabile". Il fatto è che il gruppo era radicalmente cambiato; la sostituzione di Dino con Renato aveva permesso di liberare energie fino ad allora in qualche modo represse. Nelle esibizioni in pubblico il gruppo dava senza dubbio il meglio di sé: le doti istrioniche, oltre che vocali, di Renato, l'esuberanza trasgressiva del giovanissimo Andy, la trascinante batteria di Pierpaolo, il gusto musicale della chitarra di Ennio, e il discreto "accompagnamento" ritmico di Gilberto, costituivano un "mix" esplosivo che catalizzava il pubblico scatenandone l'entusiasmo. Trovandosi molto più "avanti" della direzione musicale della Casa discografica - oltre che dei tecnici della sala di incisione - i cinque ragazzi furono lasciati liberi di esprimere tutta la loro potenzialità e creatività. Il risultato fu il tentativo - per certi versi ben riuscito - di trasferire a livello discografico l'atmosfera che essi riuscivano a creare sul palco: cioè, grinta, freschezza di esecuzione, autenticità espressiva. Il miglior risultato artistico di questo periodo è quel Long Playing che ancor oggi costituisce per gli appassionati del beat anni 60 una "chicca" da intenditori. Ancora una volta, tuttavia, fu il Cantagiro (quello del 1966) a spingere il gruppo ad una svolta radicale. Costretti a trovare un pezzo all'ultimo momento a causa del rifiuto da parte della Ricordi di consentire alla Durium la produzione su 45 giri di Io ho in mente te - che i Kings avevano già registrato per il Long Playing - Ennio e Pierpaolo diedero finalmente sfogo alla loro vocazione di compositori. Il pezzo che ne uscì, Cerca, era forse troppo sofisticato per competere con le cover tradotte in italiano dagli altri gruppi in gara, e cioè L'Equipe 84, I Rokes, The Sorrows, I Corvi, ecc. solo per citare i più famosi e, certamente, meglio indirizzati dalle rispettive case discografiche. Il Cantagiro, tuttavia, costituì una conferma del nome e del gradimento che Kings si erano fatti nel frattempo guadagnati in tutta Italia. La coppia Ennio-Pierpaolo, autori di Cerca, oltre che di Tu non puoi (la facciata B del primo singolo lanciato dopo il 33 giri), cominciò a credere con maggior fiducia nella propria creatività. Ne risultarono pezzi di squisita fattura, vuoi per l'intensità emotiva dei testi di Pierpaolo, vuoi per la delicatezza melodica delle musiche di Ennio. Dedicato alla mia ragazza, e Caffè amaro reggono ancor oggi - dopo più di 30 anni - il cosiddetto "test delle nuove generazioni". Caffè amaro, infatti, continua ad essere richiesto - quasi un'ossessione - a Renato, l'unico componente del gruppo che, con una certa continuità, prosegue a cantare portando in giro il suo nome completato dal suffisso "dei Kings", quasi fosse un titolo nobiliare. Certamente un omaggio dovuto a cinque ragazzi degli anni 60, che senza dubbio avrebbero meritato maggiore attenzione dagli addetti ai lavori, … anche di quelli che, attualmente, continuano a campare in TV sulla riscoperta di quegli anni irripetibili.

 
 

Il testo e i file midi sono opera di
Ennio Ottofaro
Per maggiori informazioni visitate il sito:
www.kings-club.it