LA NEVE "CHIMICA"




Le situazioni invernali che vedono l'alta pressione incontrastata, sono spesso fonte di delusione per gli amanti della neve, che vedono sfumare giorno dopo giorno la possibilità di vedere le proprie zone imbiancate da tanti centimetri di manto candido. In montagna può anche andar anche peggio, perché l'inversione termica mantiene elevate le temperature e impedisce persino ai "cannoni" di salvare una stagione turistica. In pianura le cose vanno diversamente, ed ecco cosa può accadere quando la persistenza della nebbia impedisce da troppi giorni al Sole di riscaldare il terreno.

Quando iniziano le giornate nebbiose, l'escursione termica diurna è molto ridotta. Nel pieno inverno poi, giorno dopo giorno si assiste ad un lento ma inesorabile calo delle temperature, sia minime che massime, perché a differenza del cielo coperto da nubi, con la nebbia in genere non si ha rimescolamento, con conseguente inversione termica ed isolamento dalla circolazione delle quote superiori. Il bilancio energetico negativo dell'inverno poi rende tutto ancora più facile, trattenendo in situazioni come quella illustrata più avanti le temperature sempre sotto lo zero, sia di notte che di giorno.

Normalmente con temperature sotto lo zero e con nebbia abbastanza fitta si ha il fenomeno della galaverna. Questo avviene perché se la temperatura è negativa per pochi gradi, la nebbia rimane allo stato liquido, ovvero "sopraffusa" e non appena giunge a contatto con un corpo solido, ad esempio un ramo, gela immediatamente. L'accumulo di queste goccioline congelate genera appunto la galaverna, rendendo "nuovo" il paesaggio intorno a noi. Quando la temperatura si spinge ancora più in basso e si avvicina ai -5°C molte goccioline gelano e diventano cristalli di ghiaccio, in questo momento oltre che attaccarsi attorno ai rami si posano anche come un sottile velo sulle superfici piane.

In situazioni urbane dove la presenza di pulviscolo è maggiore è facilitata anche l'aggregazione di questi cristalli di ghiaccio con le gocce di acqua sopraffusa. Praticamente manca il rimescolamento dell'aria, ma per il resto le condizioni sono del tutto simili a quelle nelle nubi quando si genera la vera neve. Alcune industrie provvedono a fornire alla massa d'aria stagnante una piccola scossa. L'esempio più ecclatante a Cremona è rappresentato da una raffineria, che con alcune grosse ciminiere, immette solo vapore acqueo molto caldo nell'atmosfera. Questo è sufficiente a generare sempre nella medesima zona il fenomeno della neve chimica, ovvero viene artificialmente fornita la componente di contrasto presente nelle nubi, quando la turbolenza fa collidere le particelle di acqua sopraffusa con i cristalli di ghiaccio, generando i fiocchi di neve.

Le due foto che seguono, non sono molto rappresentative perché scattate non pensando ad un reportage, ma sono l'esempio di una lieve nevicata chimica, durante un periodo di alta pressione e con nebbia persistente da diversi giorni.

Nella prima foto possiamo vedere un misto di galaverna, attaccata ai rami delle piante, e di neve chimica, che avvolge la strada asfaltata ed imbianca i tetti della cascina sullo sfondo.



Nella foto seguente è più evidente la neve chimica che, data la temperatura di alcuni gradi sotto lo zero, non si scioglie sulla strada e vola via quasi senza attaccarsi.



La zona interessata da questi fenomeni a volte ha visto il verificarsi di "precipitazioni" che hanno portato lo spessore a circa 2cm in una notte. L'accumulo nel 1990 di vari giorni con neve chimica, ha portato in alcuni punti uno spessore di 6-7 cm di manto bianco. L'unica differenza con la "vera" neve è la consistenza; la neve chimica infatti è molto effimera ed anche un certo spessore seppure possa rendere otticamente come la neve, svanisce molto in fretta non appena la temperatura supera lo 0.



di Luca Ronca -Meteostratus-