Albert
Einstein (1879 - 1955)
Einstein,
nato nello stesso anno dei due altri grandi scienziati premi Nobel Otto Hahn e
Max von Laue, trascorse la prima giovinezza a Monaco educato nel rigido sistema
scolastico bavarese.
Nonostante
alcune dicerie, era un buon studente, soprattutto nei riguardi della matematica
e della fisica, difficilmente riconducibile a un genio in gioventù, specie per
certe difficoltà nella prontezza dei riflessi e nella capacità oratoria.
In una
intervista verso la fine della sua vita disse che le parole gli erano alcune
volte di impedimento al pensiero e che le sue intuizioni erano talvolta
piuttosto lente, in quanto spesso cominciavano a prendere forma con delle
immagini prelevate da alcuni Gedanken Experimenten (esperimenti mentali).
Dopo
un breve soggiorno a Milano si trasferì a Zurigo, dove continuò gli studi fino
al dottorato in matematica e fisica presso il Politecnico. Dopo la laurea
continuò a dedicarsi intensamente ad alcuni problemi di fisica teorica, anche
quando, per risolvere le difficoltà economiche più immediate, prese la
cittadinanza svizzera per assumere un modesto impiego presso l’Ufficio
Brevetti di Berna.
Anche
se si trattava di poca cosa, e non certo di una prestigiosa cattedra
universitaria, era ciò che ci voleva per iniziare un nuovo modus vivendi.
Proprio in quel periodo, infatti, il giovanissimo Einstein (certe rivoluzioni
concettuali le possono spesso fare soltanto i giovani) realizzò alcuni fra i più
sorprendenti sconvolgimenti teorici nella storia delle scienze.
Nel
1905 pubblicò sugli Annalen der Physik tre articoli, il primo sui quanti
di luce, il secondo sul moto browniano, destinato a confermare in
modo definitivo l’atomicità della materia, il terzo sui fondamenti della
relatività ristretta.
Questi
ormai storici lavori furono l’avvio di una lunga e brillante carriera
accademica, iniziata a Zurigo e proseguita in terra tedesca fino al 1932 quando,
a causa delle persecuzioni antisemitiche naziste, fu costretto ad abbandonare la
Germania per essere accolto a braccia aperte in USA.
Einstein,
naturalizzato cittadino americano, si stabilì a Princeton, dove insegnò presso
l’Institute for Advanced Studies fino al 1945, anno del suo ritiro
dall’attività accademica.
Indubbiamente,
specie per un uomo mite e semplice, la vita di Einstein, almeno fino al 1932, fu
alquanto tumultuosa; alcune frasi tratte dalle sue memorie e dalle sue lettere
sono, a questo proposito, significative: “Sono un uomo senza radici”, “Un
viaggiatore solitario”, “Non è molto importante dove ci si stabilisce”,
“L’ideale per un uomo come me è quello di sentirsi a casa sua ovunque con i
suoi cari… anche se non sono mai appartenuto al mio paese, ai miei amici o
alla mia famiglia, con tutto il cuore”.
Nella
storia del potere creativo del pensiero umano Einstein rappresenta un simbolo,
un personaggio che ha colpito la fantasia della gente, uno scienziato che ha
dato un alto e qualificato contributo allo sviluppo della fisica moderna.
La sua
posizione di fronte alla scienza è sintetizzata da queste parole, tratte da un
suo scritto: “Con l’aiuto delle teorie fisiche cerchiamo di aprirci un varco
attraverso il groviglio dei fatti osservati, di ordinare e intendere il mondo
delle nostre impressioni sensibili. Aneliamo che i fatti osservati discendano
logicamente dalla nostra concezione della realtà. Senza la convinzione che con
le nostre costruzioni teoriche è possibile raggiungere la realtà, senza
convinzione nell’intima armonia del nostro mondo, non potrebbe esserci
scienza”.
Quest’uomo
che disprezzava la violenza e la guerra fu, suo malgrado, doppiamente coinvolto
nella realizzazione della più terrificante arma utilizzata nell’ultimo
conflitto mondiale. Einstein, infatti, oggi viene considerato dall’opinione
pubblica (senza alcuna realtà storica) il padre della bomba atomica: in primo
luogo perché uno dei risultati della teoria della relatività, riguardante la
cosiddetta equivalenza massa-energia (E = mc^2), doveva
rappresentare il punto di partenza del successivo sviluppo dell’energia
nucleare; in secondo luogo perché si deve al suo intervento (voluto da altri) e
al peso della sua autorità scientifica se il governo degli Stati Uniti
d’America mise a disposizione i colossali capitali che portarono alla
costruzione (progetto Manhattan) della bomba che fu lanciata su Hiroshima.
Nella
storica lettera del 2 agosto del 1933 inviata da Einstein al Presidente
Roosevelt si legge tra l’altro: “Alcuni recenti lavori di E. Fermi e di L.
Szilard, che mi furono presentati manoscritti, mi convincono che l’elemento
uranio possa essere usato come nuova e importante fonte di energia, una sola
bomba…”.
Tornando
alle ricerche teoriche di Einstein, dobbiamo ricordare la classica memoria
apparsa nel 1916, Die Grundlagen der allgemeinen Relativitätstheorie (I
fondamenti della teoria della relatività generale), frutto di oltre dieci anni
di studio. Questo lavoro, considerato dallo stesso autore il suo maggior
contributo scientifico, riuscì fra l’altro a spiegare alcuni effetti prodotti
dai campi gravitazionali, come le deviazioni dell’orbita del pianeta Mercurio,
la curvatura dei raggi luminosi e il cosiddetto spostamento verso il rosso delle
righe spettrali della luce proveniente dal Sole.
A parte qualche primo lavoro giovanile, tutta l’opera di Einstein praticamente
è rivolta alla geometrizzazione della fisica. Fino agli ultimi anni di vita
egli tentò più volte di elaborare una teoria unitaria dei campi, una teoria
capace, cioè, di unificare su una comune base geometrica i fondamentali campi
allora meglio conosciuti: il campo gravitazionale e quello elettromagnetico.
Nonostante lo sforzo di elaborazione teorica, i risultati non furono quelli
sperati. “La natura non si lasciò convincere a fare ciò che forse non è
nella sua stessa natura”.
Grande
fu anche l’impegno di Einstein nel cercare di presentare in forma accessibile
al più largo pubblico i concetti più significativi delle sue qualificate
ricerche. Spesso soleva affermare che nessuno pensa con le formule e che le idee
fondamentali della fisica si possono anche esprimere in forma chiara, semplice e
intuitivamente logica, in modo che queste idee possano incidere sul costume, sul
modo di pensare e sul senso comune della gente. Nella prefazione di una sua
monografia a carattere divulgativo (Relatività: la teoria speciale e
generale) afferma: “Il libro è scritto per coloro… che non hanno
conoscenza del formalismo matematico… Per raggiungere la massima chiarezza mi
è parso inevitabile qualche volta ripetermi; senza avere la minima cura per
l’eleganza dell’esposizione ho scrupolosamente seguito il precetto del
geniale fisico L. Boltzmann, secondo cui i problemi dell’eleganza vanno
lasciati al sarto e al calzolaio”.
Dopo
la Seconda guerra mondiale, Einstein cercò in tutti i modi di favorire la pace
nel mondo, promuovendo una vasta campagna popolare contro la guerra e le
persecuzioni razziste. Proprio una settimana prima della sua scomparsa,
unitamente ad altri sette premi Nobel, compilò insieme a Bertrand Russell una
dichiarazione pacifista contro le armi nucleari. Questo messaggio postumo
all’umanità, che rappresenta una specie di testamento spirituale dello
scienziato, termina con queste parole: “Noi rivolgiamo un appello come esseri
umani a esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se
sarete capaci di farlo è aperta la via di un nuovo paradiso, altrimenti è
davanti a voi il rischio della morte universale”.
Per
concludere vogliamo sottolineare come l’idea della morte non lo turbava molto;
spesso diceva che se ognuno riflettesse sulla ineluttabile realtà della fine a
cui è destinata l’umanità, forse gli uomini cambierebbero in meglio il loro
modo di vita.
Alcuni
mesi prima di morire, già fortemente ammalato, disse: “voglio andarmene con
eleganza quando decido io (aveva più volte rifiutato una operazione consigliata
dai medici); in fondo ho fatto la mia parte; ormai è ora di andarmene”.
Poco
tempo dopo queste lugubri considerazioni Einstein moriva il 17 aprile del 1955.
Per sua volontà il corpo venne cremato (a parte il cervello) e le ceneri
disperse in una ignota località.