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L'ARGOMENTO DELLA GRAMMATICA:
IL PREDICATO IN UNA FRASE E' TUTTO CIO' CHE SI AFFERMA DEL
SOGGETTO.
L'assenza dell'articolo davanti a theòs
(e la sua presenza davanti a lògos ) è necessario per l'individuazione del soggetto.
Theòs
e lògos non sono intercambiabili.
Se Giovanni avesse scritto "ho theòs èn ho lògos" sarebbe stato
impossibile capire se il soggetto era " ho theòs "
oppure " ho lògos ".
L'apostolo usò theòs senza l'articolo perché voleva
distinguere la persona della Parola da quella del Padre, ma nello stesso
tempo voleva affermare la piena deità del Figlio di Dio.
Theòs privo dell'articolo che precede il verbo, ha primariamente
significato qualitativo, cioè descrive la natura della Parola e non ne
identifica la persona; indica che il lògos ha la
stessa natura o essenza di Dio. La Parola è in quanto all'essenza deità,
ciò che Dio è la Parola è.
Theòs usato con significato qualitativo, cioè, che serve per
determinare, la natura della Parola, non può considerarsi indeterminato
(un dio) perché la forma non suggerisce alcuna idea di inferiorità di
natura, esso trasmette semplicemente l'idea della deità della Parola.
Se Giovanni avesse voluto dire che la Parola era "un dio" (inferiore) o una esistenza di qualche
specie, appartenente alla categoria di "dio" ma ben distinto da
quella di "DIO", avrebbe scritto: "ho lògos èn
theòs" (la Parola era dio), con il predicato nominale posto per
ultimo e dopo il verbo.Theòs in Giovanni 1:1 ha più il significato di un aggettivo (che
qualifica e determina il soggetto) che di nome. Non c'è nessuna base per
considerare determinato il predicato theòs. Il predicato determinato è
quello che si premette a un nome per indicarlo in modo determinato.
Giovanni ha giustamente posto in termini di relazione e di differenziazione
ho lògos e ho theòs: pròs tòn theòn
mette in evidenza la partecipazione della Parola
alla stessa essenza della natura divina. La prima si riferisce alla personalità,
mentre l'ultima si riferisce all'uguaglianza di natura di questi esseri
personali.
La Parola era Dio, ma essa non era tutta la deità:la Parola non era tutto ciò che Dio è, cosa che, se
l'articolo fosse stato usato con theòs, avrebbe significato
. La Parola era nella sua natura Dio, ma questo non era la
deità del Padre, bensì di Uno che è personalmente distinto dal Padre eppure
intimamente unito con Lui nella stessa sostanza dell'unico vero Dio.
IN CHE MODO I TDG GIUSTIFICANO LA TRADUZIONE "... E LA PAROLA ERA UN DIO. "
"L'uso dell'articolo permette di distinguere lo specifico dal generico o
aggettivale. Per esempio, in Giovanni 1:1, il termine theòs, "dio", la
prima volta che ricorre nel versetto, è preceduto dall'articolo. Questo lo
distingue dallo stesso termine theòs senza l'articolo che ricorre nel
secondo caso. Parola per parola, una traduzione letterale del greco sarebbe: "In
un principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e un dio era la Parola"
. Qui il primo theòs, con l'articolo determinativo, si riferisce
evidentemente al Creatore Geova Dio. Mentre il secondo theòs in greco non
ha l'articolo. Nella traduzione viene aggiunto l'articolo indeterminativo "un"
dove in greco non c'è l'articolo. Poiché in greco un nome privo di articolo può
essere generico o aggettivale, il secondo theòs viene tradotto "la Parola
era un dio" o " la Parola era dio".(Ausiliario per
capire la Bibbia, pag. 633).
Abbiamo già ricordato che la Torre di Guardia non dispone di esperti
traduttori biblici accreditati. Così cerca tra gli studiosi del settore delle
dichiarazioni favorevoli alla sua traduzione. William Barclay è stato
chiamato in causa dalla Società:
"Ora di norma, eccetto ragioni speciali, i nomi greci sono sempre preceduti
dall'articolo determinativo; … Quando un nome greco non è preceduto
dall'articolo, diviene più una descrizione che un'identificazione, e ha più il
carattere di un aggettivo che quello di un nome. Si può vedere la stessa cosa in
inglese [o, in italiano]. Se dico: "Giacomo è l' uomo", allora identifico
Giacomo con qualche determinato uomo a cui penso; ma se dico: "Giacomo è uomo",
allora semplicemente descrivo Giacomo come una persona umana, e la parola uomo è
divenuta una descrizione e non una identificazione. Se Giovanni avesse detto
ho theòs èn ho lògos, facendo precedere entrambi i nomi dall'articolo
determinativo, allora avrebbe definitivamente identificato il lògos [la Parola]
con Dio, ma siccome l'articolo determinativo non precede theòs esso
diviene una descrizione, e più un aggettivo che un nome. Per dirlo piuttosto
alla buona, la traduzione quindi diviene: "La Parola era della stessa classe di
Dio" (attenzione a questi punti di
sospensione! Vedi in basso) Qui Giovanni
non identifica la Parola con Dio. Per dirlo molto semplicemente, egli non dice
che Gesù era Dio" -Many Witnesses, One Lord (1963), pagine 23,
24" (Citato ne 'La Torre di Guardia 1 novembre 1977,
pagg. 671,672).
Riguardo a questa citazione del Prof. Barclay vi sono diversi problemi:
W. Barclay traduce così la parte contesa di Giovanni 1:1: "La Parola
era della stessa classe di Dio, apparteneva allo stesso ordine di essere Dio".
Ma questo concetto non è condiviso dalla Torre di Guardia.
Barclay non afferma che Gesù (la Parola) era "un dio"
inferiore al Padre. Egli vuole solo far notare che grammaticalmente
Giovanni non identifica la persona della
Parola con quella del Padre (ho theòs èn ho lògos), ma che il testo
presenta due esseri personali della stessa natura, uno ho lògos
e l'altro tòn theòn e che " THEOS 'EN HO LOGOS "
non vuol dire che Gesù era il Padre, ma che Gesù era Dio per natura.
La Torre di Guardia ha operato una grave omissione citando Barclay : dove
vediamo i puntini di sospensione nel testo originale c'è questa frase:
"Il solo traduttore moderno che ha affrontato questo
problema con chiarezza e precisione è Kenneth Wuest, che traduce:
'La Parola era in quanto all'essenza essenzialmente deità'. Ma troviamo anche che la NEB ha risolto
brillantemente il problema traducendo con estrema accuratezza: ' Ciò che Dio era la Parola era' ".
Poteva dirsi contento il Prof. W. Barclay del modo in cui la Società si
servì del suo pensiero?
In una lettera inviata al Prof. Shoemaker, così egli contesta l'uso che la
Società ha fatto del suo scritto:
William Barclay, 32 Holmhead Road, Glasgow, G44 3AR
26 agosto 1977
Dott. Donald P. Shoemaker, Dipartimento di Studi Biblici, Università di
Biola.
Caro Professor Shoemaker,
Grazie per la sua lettera dell'11 agosto.
L'articolo della Torre di Guardia mi ha, mediante studiate mutilazioni, fatto
dire l'opposto di ciò che intendevo dire. Ciò che volevo significare, come lei
sa, è che Gesù non è lo stesso che Dio, o, se la vogliamo porre con molta
crudezza, che egli è della stessa sostanza di Dio, cioè che è della stessa
essenza di Dio, ma il modo in cui la Torre di Guardia ha stampato il mio
articolo ha semplicemente fatto sì che si traesse la conclusione che Gesù non è
Dio nel modo che a loro conviene.
Se essi omettono dalla loro risposta la traduzione di Kenneth Wuest e della
NEB, omettono l'intero punto.
Lei ha fatto bene a scrivere ed io non credo che sia necessario aggiungere
altro per chiarire la mia posizione.
Con ogni osservanza
Sinceramente suo,
William Barclay.
A questo punto riteniamo di dover chiarire un aspetto della
questione.
Da un punto di vista terminologico sembrerebbe non esserci alcuna differenza
tra ciò che hanno asserito emeriti traduttori e ciò che afferma la Torre di
Guardia. Difatti l'ultima proposizione
Dio era la Parola" diversi traduttori traducono
"e la Parola era divina" sia per
specificare che theòs, riferito alla Parola, è un predicato, sia per fare
la distinzione tra la persona del Padre e quella di Gesù. Di fatto, la Torre di
Guardia propugna questa lettura del testo in alternativa a "e la Parola era
un dio". Ma ciò che gli
esperti intendono per il termine "divina" è l'essere
Dio nella sostanza, cioè, la Parola è ciò che Dio è. Ma,
giocando d'astuzia con le parole, e non certo a causa di un malinteso, la Torre
di Guardia intende, e vuole far intendere anche ad altri, che il significato sia
tutto un altro, e cioè una qualità della deità, non la sostanza
stessa. Ora, sebbene la differenza sia sostanziale, è però facile avere buon
gioco con degli sprovveduti e "dimostrare" con accorte citazioni che
eminenti studiosi corroborano la loro tesi. Da questo momento in avanti
invitiamo i lettori a fare attenzione alle citazioni di studiosi proposte dalla
Torre di Guardia e si vedrà che se non si tiene conto di questo che abbiamo
detto è facile cadere in errore.
"Il noto erudito Wescott e Hort, coproduttore del famoso testo greco di
Wescott e Hort delle Scritture cristiane, dice: 'Descrive la natura della Parola
e non ne identifica la Persona' Data la natura descrittiva della forma nominale
del predicato equivalente a 'dio' nel greco originale, An American
Translation rende Giovanni 1:1 in questo modo: "La Parola era
divina"
(La Torre di Guardia 15-7-1976 pag.
447).
Abbiamo già ricordato chel'assenza
dell'articolo davanti a theòs (e la sua presenza davanti a lògos)
serve per l'individuazione del soggetto. Se Giovanni avesse scritto "il
Dio era la Parola" sarebbe stato impossibile capire se il soggetto era
la Parola o il Dio.
Un complemento predicativo determinato
prende l'articolo quando segue il verbo; non prende l'articolo quando precede il
verbo. Il primo versetto del Vangelo di Giovanni è uno fra i tanti passi nei
quali questa regola suggerisce la traduzione del complemento predicativo come
sostantivo determinato. La mancanza dell'articolo non rende né indeterminato né
qualitativo il complemento, quando questo precede il verbo; in tale posizione il
complemento è indeterminato soltanto quando il contesto lo richiede. Il contesto
non lo richiede nel Vangelo di Giovanni…"( E.C. Colwell
A Definite Rule for the Use of the Article in the Greek New Testament" -
Journal of Biblical Literature, LII, pag. 21, 1933).
Un'applicazione pratica della regola di Colwell, riconosciuta anche dalla
Torre di Guardia si trova in Giov. 19:21, che dice: "Non scrivere 'il re
dei Giudei' ma che egli ha detto: 'Io sono Re dei Giudei'" (Trad.
N.M.).
Benché nella prima parte del versetto la parola Re prenda l'articolo
determinativo (ho basileus = il Re) nella seconda parte la stessa parola si
trova senza l'articolo determinativo (basileus eimi toon Ioudaioon = Re sono dei
Giudei ). Il costrutto corrisponde qui proprio a Giov.
1:1, perché basileus è un sostantivo predicativo che nel testo
greco precede il verbo copulativo eimi (io sono).
Secondo la teoria dei testimoni di Geova, queste parole avrebbero
dovuto essere tradotte "io sono un re dei Giudei", ma
incoerentemente, essi considerano qui il sostantivo predicativo come
determinato, anche se manca l'articolo determinativo.
PRIMA DI PROCEDERE FACCIAMO UNA RIFLESSIONE:
Alla luce delle testimonianze presentate, la Traduzione di Giov. 1:1 dei
Testimoni di Geova è grammaticamente, esegeticamente e contestualmente errata.
Inoltre, (e la cosa stupisce non poco) i dirigenti della Torre di Guardia hanno
fatto ricorso al falso distorcendo il senso del pensiero di eminenti studiosi e
citandoli fuori dal contesto. Facendo questo sono ricorsi alla menzogna, e vi
hanno trascinato i loro seguaci. Se gli scrittori sacri avessero agito nello
stesso modo nello scrivere i libri della Bibbia oggi le Scritture sarebbero
giustamente denigrate e giudicate inaffidabili. I testimoni di Geova dovrebbero
riflettere seriamente sulla responsabilità che hanno nel diffondere il loro
credo e dovrebbero ricordarsi delle accuse che rivolgono a coloro che essi
giudicano nell'errore, poiché dimostrano di non essere affatto migliori.
Lo studioso A.W. Wainright osserva: "Comunque,
è stato osservato che in questa proposizione (giov. 1:1) theòs, essendo
senza l'articolo, viene usato come aggettivo e significa 'divino'. Ma se,
in questo caso, fosse stato richiesto l'aggettivo, si sarebbe adoperato la
parola 'theios' che appare tre volte nel Nuovo Testamento (Atti 17:29; 2
Pietro 1:3,4)" (The Trinity In The New Testament, pag. 6).
W. Martin, seguendo la stessa linea di pensiero dice: "E' stato osservato, che essendo theòs senza l'articolo, viene usato come
aggettivo e significhi 'divino'. Ma se, in questo caso, fosse stato richiesto
l'aggettivo, si sarebbe dovuto adoperare la parola theios 'divina'. Non
si può dire che un semplice sostantivo può essere tradotto divino, e che un
sostantivo senza l'articolo esprime soltanto l'idea di qualità, come sostenuto
dalla Torre di Guardia, che rendendo poi nella loro traduzione, lo stesso
termine theòs come 'dio' o 'un dio' con l'idea di non
qualità. Nel contesto, dunque, questo è una contraddizione" (The Kingdom of
the Cults, pagg. 76,77).
R. Brown osserva che Moffat "vorrebbe tradurre": 'Il Verbo era divino'; poi
aggiunge,"Ma questa traduzione è troppo debole. Dopo tutto, il greco ha un
aggettivo per 'divino', che l'autore non ha voluto usare" (Gesù Dio e Uomo, pag.
38).
L'ARGOMENTO DELLA SINTASSI.
( Lo studio delle relazioni che le parole hanno nella frase e
l'insieme delle norme che regolano queste relazioni).
In un articolo riportato in Journal of Biblical Literature (1973) vol.
92 pag. 75,87 intitolato "Predicati nominali qualificativi privi di articoli:
Marco 15:39 e Giov. 1:1", Philip B. Harner riporta cinque modi ipotetici in
cui poteva essere scritta la frase ' la Parola era
Dio ':
A: ho Lògos én ho theòs
"La proposizione "A", con un predicato preceduto dall'articolo,
significherebbe che lògos e theòs siano equivalenti e
intercambiabili. Non ci sarebbe alcun ho theòs che non fosse in pari
tempo ho lògos. Ma una simile equivalenza dei due contraddirebbe la
proposizione precedente di 1:1, in cui Giov. Scrive ho lògos én pròs tòn
theòn (la Parola era con Dio). Questa proposizione suggerisce una
relazione 'personale' fra i due" (In questo costrutto non è possibile
sapere se il soggetto sia ho lògos oppure ho theòs)."
D:
ho Lògos én theòs
"La proposizione "D", col verbo che precede un predicato senza articolo,
probabilmente significherebbe che ho lògos sia 'un dio' o un
essere divino di qualche specie, appartenente alla categoria generale di theòs, ma come un essere distinto da ho theòs."
E: ho Lògos én theios
"La proposizione "E" sarebbe una forma attenuata della proposizione "D".
Essa significherebbe che ho lògos era 'divino' senza
ulteriormente specificare in che modo e quanto lo fosse. Potrebbe anche
implicare che ho lògos, essendo soltanto theios, sia subordinato
a theòs."
theòs én ho Lògos (Giov. 1:1)
ho Lògos theòs én
"La proposizione "B" e "C", con un predicato senza
articolo e che precede il verbo, hanno primariamente un significato qualitativo.
Esse indicano che ho lògos possiede la natura di theòs. E' infondato considerare il predicato theòs come
essendo determinato. Ciò renderebbe B e C equivalenti ad A, e come A, quindi
essi sarebbero in contraddizione con la frase precedente di 1:1.
Essendosi appena espresso in termini di rapporto e differenziazione tra ho lògos e ho theòs, Giovanni implicherebbe in B o in C che essi
condividono la stessa natura appartenendo alla stessa realtà theòs. La
proposizione B e C hanno identico significato ma differiscono lievemente per
quanto riguarda l'enfasi.
Nell'Appendice 6A della Traduzione del Nuovo Mondo (rev. 1987), la
Società cita un articolo di P.B. Harner di nuovo fuori dal suo contesto,
facendogli dire cose che lo studioso non ha mai detto:
"Nel suo articolo 'Predicati nominali privi di articolo: Marco 15:39 e Giov.
1:1', pubblicato in Filadelfia, 1973, Philip B. Harner afferma, a p. 85, che
proposizioni come quella di Gv. 1:1, "con un predicato privo di articolo che
precede il verbo, hanno primariamente significato qualitativo. Indicano che il lògos ha la natura di theòs. Non c'è alcuna base per considerare
determinato il predicato theòs". A p. 87 del suo articolo Harner
conclude: In Giovanni 1:1 penso che la forza qualitativa del predicato sia cos'
notevole che il nome non può essere considerato
determinato".
Se si tiene conto che per Harner 'qualitativo' determina la
natura e l'essenza del soggetto (Gesù), e se si inseriscono le parole che
sono state omesse nella citazione, e cioè: " ho lògos e ho theòs condividono la stessa realtà di theòs" si comprende
correttamente la conclusione dello studioso: ("penso che la forza qualitativa
del predicato sia così notevole che il nome non può essere considerato
determinato"), cioè basta già il predicato a descrivere la natura
del lògos, non conta che l'articolo sia [giustamente] assente.
L'ASPETTO TEOLOGICO:
Per la Torre di Guardia un Gesù (la Parola) coeterno col Padre e fatto della
stessa sostanza del Padre e quindi Dio, nella su essenza è:
A : una teoria che va contro la logica
una dottrina antibiblica
un insegnamento dalle origini pagane.
Prescindendo dalle considerazioni grammaticali, sintattiche e contestuali che
abbiamo qui esaminato, andiamo a sondare adesso la fondatezza di simili
affermazioni.
A: Una tesi irrazionale: due persone non possono essere un solo
Dio perché 1+1=2. A questa obiezione si potrebbe semplicemente rispondere che
l'assurdità consiste invece nella presunzione di comprendere la logica
di Dio. La matematica, poi, offre tante possibilità (per es.: 1x1=1). Ma le
obiezioni dei testimoni di Geova non sono sincere; lo dimostra il fatto che
spesso confondono volontariamente il concetto di persona con
quello di Ente, Deità. Dire: "Dio è Uno" potrebbe
significare sia che Dio è UNA SOLA persona, sia che nella Deità coesistono più
persone. Nessuno al mondo reputa irrazionale che parole come "famiglia",
"coppia", "società", "comunità" ecc., benché grammaticalmente siano
singolari, stiano a indicare più persone unite da un determinato vincolo. Gli stessi testimoni di Geova usano spesso la parola schiavo (lo "schiavo discreto e fedele") per intendere
un'associazione di ben 144.000 individui!!! Quando essi dicono che più
persone divine non possono costituire UNA deità fingono di non capire. E non
c'è peggior sordo di colui che NON VUOLE SENTIRE!
Padre, Figlio e Spirito Santo, un solo Dio sarebbe antibiblico. Noi possiamo provare il
contrario. Limitandoci alla deità di Gesù Cristo, testi come Ebrei 1:3,8,10; 7:3; Col.2:9; Fil. 2:6 (del quale
riportiamo un commento di Tayer, spesso citato nelle pubblicazioni della
Società: "… anteriormente, quando era lògos asarkos (la
Parola non in carne) il quale sebbene avesse la forma di Dio, non stimò questa
uguaglianza con Dio, qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente") ecc.
non lasciano dubbi (se tradotti fedelmente, è ovvio!).
Antibiblico è sicuramente giustapporre un "dio" piccolo al Dio vero,
così come fanno i testimoni di Geova, soprattutto alla luce di questi
testi: Deuter. 32:39; Isaia
43:10.
Quanto alla tesi che la Trinità (tre Persone, un solo Dio) sia di
derivazione pagana, anzi, addirittura una dottrina diabolica, i
testimoni di Geova sono quanto meno imprudenti. Attribuire a Dio qualcosa che
è del Diavolo, è un peccato contro lo Spirito Santo. Non conosco alcun
cristiano, di qualsiasi denominazione d'appartenenza, che coltivi simili
sentimenti, Questo accostamento lo hanno fatto i testimoni di Geova per scopi
denigratori nei confronti di chi pensa diversamente da loro. Quanto a questo,
coloro che essi definiscono con disprezzo "seguaci della cristianità"
sono senza dubbio più caritatevoli nei loro confronti, dal momento che li
considerano semplicemente ignoranti.
CONCLUSIONE.
Oggi i testimoni di Geova sono all'affannosa ricerca di traduzioni bibliche
che rendono versetti come Giov. 1:1 nello stesso modo in cui hanno essi li hanno
tradotto nella loro Bibbia. Pensano che questo costituisca una prova della
correttezza della Nuovo Mondo, o quantomeno, che sia possibile tradurre
in un certo modo. Però, una traduzione errata non è che diventa corretta solo
perché ve ne sono altre simili. Ci sono, e sempre ci saranno traduttori
liberi, che non usano quel rigore scientifico che dovrebbero usare nel
rendere in una lingua moderna le Sacre Scritture, ma fanno prevalere il loro
pensiero umano, sorvolando anche sulle regole grammaticali. Un cristiano attento
non si lascerà influenzare da tali opere, piuttosto userà soltanto quelle
traduzioni di cui conosce l'onestà intellettuale dei traduttori.
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