Ondina Dona e ondina Dina

di Licia A. Callari Gambino

 

 

Quella magica sinfonia si sentiva anche lungo il fiume che ha il suo letto nel grande monte che protegge la vallata. Lassù, dove il cielo si può toccare con un dito, c’è la sorgente del fiume e lì vicino vive una famiglia di piccole onde.

Le ondine vivono nelle acque dei mari e dei fiumi, dei laghi e degli stagni; dovunque l’acqua si dondola, lì c’è almeno un’onda. Sembrano virgole di colore azzurro: le onde adulte vibrano di azzurro intenso e scuro, quelle giovani di azzurro vivido e brillante e quando per loro giunge il momento di congiungersi al grande Oceano di luce, l’azzurro diventa così chiaro da sembrare quasi bianco.

La famiglia che abita nelle acque vicino alla sorgente è formata da quattro onde: papà-onda somiglia ad una virgola tonda e grassa e lavora tutto il giorno lungo il fiume, per liberare i pesci dagli ami delle lenze; mamma-onda invece sembra una virgola piccola e sottile e si occupa della casa e dell’educazione delle due figlie; ondina-Dona è la figlia maggiore sempre ombrosa e taciturna, come una virgola scura dal tratto deciso; ondina-Dina, la più figlia piccola,  è sempre allegra e sorridente come le virgole tracciate dalle mani incerte dei bambini.

Per questa diversità di carattere litigano tutto il giorno, da appena sveglie fino a quando vanno a dormire; e come se non bastasse, litigano anche papà-onda e mamma-onda, perché lei prende le difese di ondina-Dona e lui quelle di ondina-Dina.

Tutti gli abitanti del fiume chiamano questa famiglia di onde “famiglia Litigoni”. Proprio per questo, l’atmosfera intorno a loro è sempre scura e triste e l’acqua del fiume, in quella zona, è sempre agitata; persino i pesci impauriti scappano via.

“Mamma, la colpa è sua!” strillò un giorno ondina-Dona.

“No è sua!” strillò ancora più forte ondina-Dina.

“No è sua, no è sua!” continuarono a strillare.

“Basta!- urlò mamma-onda, mandando per aria il gomitolo di alga e i pesci-aghi – Non ne posso più! Ogni giorno è sempre la stessa storia. Tu, Dina, vai nella tua stanza e tu, Dona, starai qui con me”.

“Ecco, è sempre così! Lei resta con te e io sono cacciata via!” gridò ondina-Dina allontanandosi.

“Non c’è un momento di pace in questa casa – sospirò mamma-onda mandando bagliori azzurro cupo – qualche giorno andrò via e vi lascerò da sole; forse così imparerete a sopportarvi e a volervi bene”. E con aria triste riprese a lavorare.

‘E’ colpa mia – pensò avvilita ondina-Dona – sono io l’ondina nera della famiglia! Papà non c’è mai perché è stufo delle nostre liti  e in più, quando è a casa, litiga con la mamma. Se andrò via io, loro potranno essere felici’.

Così, quella sera stessa, non appena il Sole andò a coricarsi dietro il grande monte, ondina-Dona mise in atto il suo piano di fuga. Aspettò che tutti dormissero e sgusciò via da casa.

“Addio per sempre” mormorò, e con  l’azzurro scuro del suo cuore scrisse questo messaggio sul muro di casa. 

“Dove vai? – chiese la tartaruga da guardia, aprendo a stento un occhio – Non vedi che la Notte ha colorato tutto di nero?”

“Scappo via da questa casa, perché sono stufa di sentir litigi e perché nessuno mi vuol bene” rispose ondina-Dona un po’ sulle sue, perché la tartaruga aveva scoperto la sua fuga.

“Lo sai che non è vero! – ribadì la tartaruga ormai ben sveglia – In questa casa non manca l’amore, mancano la pazienza e le buone maniere. E tu lo sai bene”.

“Stai zitta, bugiarda! – gridò indispettita ondina-Dona –Loro non mi vogliono bene ed io scappo via.”

“Allora vengo con te.” rispose la tartaruga, pensando che ad aver bisogno di una guardia in quel momento non era la casa, ma quella testa calda di ondina-Dona.

“Se vuoi, vieni pure, ma non pensare di farmi cambiare idea”. Così dicendo iniziò a nuotare freneticamente lungo il fiume, giù, verso la vallata. Non aveva paura, non aveva rimpianti; aveva solo voglia di mettere tanta distanza tra lei e la sua famiglia.

“Aspetta! Aspetta! Non riesco a starti dietro!” gridava la tartaruga cercando di raggiungerla.

Ma ondina-Dona non vedeva niente, non ascoltava nessuno, nuotava e basta; non si era resa neppure conto che il fiume aveva ripreso a vivere dopo il torpore della notte. Già il Sole aveva cominciato ad accarezzare dolcemente il fiume e tutta la vallata e un suo raggio colpì ondina-Dona.

“E’ già mattino! – esclamò con stupore, mentre usciva sulla superficie dell’acqua – Ho nuotato tutta la notte e non me ne sono accorta”.

“Finalmente ti ho raggiunta!- disse ansimando la tartaruga – Ti prego, torniamo a casa! Non vedi com’è cambiato il fiume? L’acqua è schiumosa e piena di massi”. Ondina-Dona si fece attenta. “Anche la musica è diversa. – continuò la tartaruga – Non ti sembra di sentire il fragore dei tuoni quando rotolano giù dal grande monte, mentre giocano a rimpiattino? Ho paura che stiamo andando verso la parete di cristallo”.

“La parete di cristallo? – balbettò ondina-Dona – Ma io non voglio andare dall’altra parte del fiume! Da lì non potrò più tornare a casa”. Così dicendo scoppiò in un pianto dirotto. “Ti prego, aiutami! – singhiozzava – Voglio tornare da mamma e papà!”.

“Da qui, non so più come tornare; – rispose la tartaruga – fermiamoci su questo scoglio per ora. Vedrai, prima che ritorni la notte qualcuno ci troverà”. Così dicendo guidò ondina-Dona verso lo scoglio, rincuorandola con dolci parole.

Frattanto a casa Litigoni, mamma-onda aveva scoperto la fuga della figlia e aveva dato l’allarme.

“Dona è fuggita – disse piangendo – c’è un messaggio di addio sul muro di casa!”.

“Forse è fuggita   per colpa mia – singhiozzava ondina-Dina – perché stiamo sempre a litigare”.

“Se è fuggita la colpa è nostra e del nostro egoismo – disse severo papà-onda – vado subito a cercarla”.

“Vengo con te” aggiunse pronta ondina-Dina.

“Ma dove andrete a cercarla? – chiese preoccupata mamma-onda – Non abbiamo alcuna traccia”.

“Non preoccuparti – rispose fiducioso papà-onda – ci guiderà la luce dell’amore”.

Così papà-onda e ondina-Dina cominciarono la ricerca seguendo la corrente, giù verso la vallata. Alle carpe, ai lucci che incontravano chiedevano: “Avete visto ondina-Dona?” Ma la risposta era sempre la stessa: “No, mi dispiace”.

Nuotarono per ore e ore, ma non vedevano brillare la luce azzurra di ondina-Dona da nessuna parte. “Dona, dove sei?” gridavano. Ma non ricevevano risposta. Finché stanchi e disperati si fermarono per pregare nel buio di una notte senza Luna.

“Ascolta la mia preghiera, Grande Fiume – disse papà-onda – fino ad oggi non sono stato un buon padre, ma se mi farai ritrovare Dona sana e salva, ti prometto che cercherò di esserlo. Ti prego, aiutami!”.

“Anch’io ti prometto che cambierò. – fece eco ondina-Dina – Sarò più buona e comprensiva. Ti prego, Grande Fiume, fa’ che Dona sia viva”.

E mentre erano intenti a pregare, si fece loro incontro l’anguilla dalla pelle d’argento, l’Anima del Grande Fiume.

“Le vostre preghiere sono state ascoltate – disse muovendo sinuosamente il suo corpo- Dona si trova su uno scoglio vicino alla parete di cristallo. Sbrigatevi a raggiungerla” e riprese a risalire maestosamente il fiume.

In quel mentre, una virgola di Luna venne fuori da una nuvola e si specchiò nel fiume, formando una strada di luce.

“Presto Dina, seguiamo questa strada, sono certo che ci porterà da Dona” disse papà-onda e riprese a nuotare con nuova lena.

Intanto per tutto il giorno ondina-Dona aveva osservato di qua e di là il fiume, nella speranza di vedere arrivare qualcuno. Ma passavano le ore, si era fatto buio e nessuno si vedeva: né una trota, né un gambero, neppure altre onde come lei; sembrava un posto dimenticato da tutti. Alla fine, stanca e sconfortata,  abbracciò la sua fedele tartaruga e disse:

“Sto, ormai, perdendo le forze e la speranza. La luce azzurra della vita sta per diventare bianca e presto arriverà per me il momento di unirmi al grande Oceano. Ti prego, fedele amica- diceva parlando tra i singhiozzi - quando la corrente mi trascinerà via, tu tornerai a casa per portare a mamma, papà e Dina il mio abbraccio. Solo adesso che non potrò più vederli, mi rendo conto di volergli bene”.

Così dicendo si distese sullo scoglio, aspettando che la corrente la trascinasse con sé.

Improvvisamente, però, la strada di luce formata dalla Luna illuminò lo scoglio e papà-onda poté vedere un fievolissimo bagliore azzurro.

“E’ lei – gridò – ne sono certo. E’ Dona!”.

Rapidamente raggiunse lo scoglio e strinse Dona vicino al suo cuore. La luce azzurra della vita ricominciò piano piano a circolare nel corpo di Dona, illuminandola sempre più.

Come fu dolce per loro quel momento! Un grande abbraccio unì papà-onda, ondina-Dona e ondina-Dina, mentre la tartaruga faceva nell’acqua capriole di gioia.

“Torniamo a casa dalla mamma” sussurrò commosso papà-onda  e insieme ripresero la via del ritorno.

L’Anima del Grande Fiume vibrava di gioia, rendendo splendente la strada che le riportava a casa.

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