Il magico orsetto Peluche

di Antonietta Del Vecchio

 

Un piccolo orsetto Peluche correva veloce nella stanza, intorno intorno. Il tempo passava troppo in fretta e lui era ancora lì fra tanti giocattoli immobili – trenini, macchinine, robottini, palle ed altri ancora. Il suo viaggio era già finito, poco, troppo poco era riuscito a visitare, perché ormai Baby stava per arrivare e lui doveva tornare immobile, come tutti i giocattoli.

Certo, il piccolo orsetto Peluche non si poteva considerare un qualunque giocattolo. Lui, appena la porta della stanza si chiudeva, prendeva vita: le sue braccia cominciavano a muoversi, la sua testolina si girava tutt’intorno, i suoi occhi iniziavano a frugare un posto nuovo fin allora sconosciuto e le sue zampe saltavano e si arrampicavano da un tavolo ad una sediolina, da una montagna di bambolotti fin dentro la manica di un maglione lasciato per caso sul lettino.

Certo, viaggiava soltanto nella stanzetta di un bambino di quattro anni, pochi metri in fondo di spazio a disposizione, ma lo stesso era tanto felice, perché scrutava, osservava, imparava e poi correva, inciampava, curiosava; il suo era un viaggio meraviglioso, di certo meraviglioso come lo può essere per un giocattolo.

Si trovava a testa in giù fino a toccare un modellino di aereo a reazione, quando all’improvviso sentì il rumore dei passi di Baby che si avvicinavano veloci sempre più veloci, perché non vedevano l’ora di ritrovarsi fra i tanti giocattoli. L’orsetto Peluche rimase subito fermo proprio là dove si trovava, tra piccoli mostri senza volto e paperette di gomma morbida. Il bimbo entrò come una furia nella stanza e incominciò a giocare con tutto quello che si trovava davanti; anche il piccolo orsetto Peluche per un momento, un solo breve momento, fu preso in braccio e accarezzato, ma subito dopo scaraventato come un normale giocattolo in un grosso scatolone.

Si sentiva triste perché la sua voglia di viaggiare era più forte di ogni cosa, pure dell’amore che aveva verso il suo padroncino Baby. Lui era nato per scoprire nei cassetti cose nuove, per saltare sul trenino a corda, per dondolare sul cavallo di legno o perlustrare cosa mai nascondesse quello scatolone giallo di marionette.

Ma che stava succedendo? Qualcuno lo prendeva dalle zampe di peluche color marrone e lo tirava fuori con un po’ di violenza dal mucchio di giocattoli. Era proprio Baby, il bel bambino biondo che lo portava con sé. Ma dove? Fuori della stanza. Incredibile, avrebbe conosciuto qualcosa di nuovo, forse di più grande, di più meraviglioso. Baby infatti, stava per fare una gita in campagna con i suoi genitori e aveva deciso di portare con sé il piccolo orsetto Peluche. “Andiamo papà, fai presto mamma, non vedo l’ora di montare l’aquilone e correre sull’erba.” Veniva messo in macchina sul sedile posteriore accanto al bambino. Doveva restare immobile per tutto il tempo, ma con un occhietto cercava di guardare al di là del finestrino. Era troppo bello, c’era tanto spazio con strani esseri alti marroni e verdi – sentì poi che si trattava di alberi – e il cinguettio degli uccelli e farfalle che svolazzavano rincorrendosi e poi infine un fiumiciattolo lungo e stretto. Oh non aveva mai visto niente di simile! La sua stanza ora già gli sembrava un piccolissimo mondo. Questo invece era ciò che aveva sempre desiderato: viaggiare, viaggiare. Ma era solo un piccolo magico orsetto Peluche, come avrebbe mai potuto abbandonare il suo adorato padroncino? Cosa mi succede? Non so che fare. Rimanere o andarmene? Ma il desiderio di conoscere il mondo era troppo forte, di far capriole sull’erba, di arrampicarsi sugli alberi e poi andare ancora più lontano in altri paesi.

Pensò fra sé: Baby in fondo ha tanti giocattoli senza vita che possono fargli compagnia, con una corda persino il Pinocchio di legno si sarebbe messo a camminare e sarebbe bastata una pila per far correre nella stanza la macchinina rossa.

Ma lui era un magico orsetto Peluche che aveva la vita dentro e così andò via lasciandosi alle spalle tutto il resto. Corse, corse forte e nessuno lo vide più. Forse ancora adesso è da qualche parte del mondo a curiosare felice.

 

 

                                                                                              

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