Un amico per Pippo

di Antonietta Del Vecchio

 

A tutti sarà sicuramente capitato di aver avuto un amico del cuore, uno vero, con la A maiuscola, un amico a cui si può dire tutto e si è sicuri che ogni segreto sarà sempre conservato, come in un cassetto chiuso a chiave a doppia mandata.

E a tutti, o quasi, sarà anche capitato di averlo perso, nel tempo che passa, non si sa per quale ragione.

Forse, solo perché sì.

Pippo invece questo amico non l’aveva mai avuto. Sarà stato per quel cappello così strano che portava sempre in testa, per quel giacchino troppo corto che faceva intravedere una cintura fuori moda o forse a causa di quel paio di scarponi due misure più grandi, che gli davano un’aria da pagliaccio di circo di paese.

Ogni volta che passava, la gente sorrideva, sussurrando una parolina al vicino; i più sfrontati addirittura intonavano a voce alta una canzoncina che qualcuno aveva inventato. Pippo di tutto questo se ne accorgeva e certo ne soffriva. Ma continuava per la sua strada, ogni giorno un po’ più solo. Di solito, appena il sole incominciava a scomparire piano piano all’orizzonte, offrendo ancora per poco il tepore dei suoi raggi, Pippo si sedeva su una panchina di pietra di un giardinetto piccolo piccolo dove non si incontrava quasi mai nessuno, per ammirare questo spettacolo meraviglioso che ogni sera si ripeteva di fronte ai suoi occhi. E così fantasticava… Il sole diventava una nave che portava lontano la sua donna e lui era lì a salutarla sapendo che un giorno sarebbe tornata, oppure diveniva un disco volante che ritornava deluso nel suo pianeta dopo aver visitato la Terra: i suoi piccoli esserini tutti verdi e un po’ mostruosi, infatti, non avevano trovato nulla di straordinario né di interessante, tranne un curioso individuo grosso, basso e solitario, diverso però da quella massa di persone tutte uguali che correvano a piedi o su strani cosi chissà per dove.

Un giorno Pippo era lì, al solito posto e alla solita ora, allorché sentì un rumorino. “Chi è?” chiese un po’ seccato per essere stato interrotto in una delle fantasie più belle che forse aveva creato, ma nessuno rispose. Dopo qualche attimo, di nuovo il rumorino si fece sentire, più forte e insistente di prima. Pippo guardò a destra, guardò a sinistra, guardò su, guardò giù. Ma nulla e nessuno. Eppure quel rumore continuava sempre più vicino. Ad un tratto sentì qualcosa che si muoveva nella tasca della sua giacca. Abbassò il capo e cosa vide?

Una piccolissima testina di un piccolissimo uccellino cascato dal ramo dell’albero dietro la sua panchina e finito proprio lì, nella sua tascona grossa e rassicurante.

Pippo prese in mano l’animaletto con tanta grazia e dolcezza per non fargli male e si accorse che era ferito ad una zampa. “Ed ora cosa faccio?” pensò Pippo fra sé; non aveva mai avuto un uccellino e tanto meno un uccellino da curare. Ma non si perse d’animo, era l’occasione della sua vita. Qualcuno aveva bisogno del suo aiuto, la sua monotona giornata sempre uguale gli offriva qualcosa di diverso. Per una volta il sole sarebbe tramontato senza trasformarsi in aereo o in sirena, il suo fedele spettatore non poteva fantasticare, aveva lì di fronte una realtà da affrontare. Pippo quindi prese un’asticella di legno, la mise intorno alla zampetta ferita, poi tolse dalla piega dei pantaloni un filo di cotone (rendendo così ancora più stravagante il suo aspetto) e lo passò attorno piano piano in modo da non farla muovere. Sembrava proprio un lavoro ben fatto! L’uccellino rimaneva fermo fra le sue grosse mani senza ribellarsi, forse perché sentiva che di quel viso un po’ strano poteva fidarsi. Pippo si tolse il cappello e vi posò con delicatezza il piccolo esserino, ma questo incominciò a cinguettare con una vocina flebile flebile.

“E ora che cosa ti succede?” disse il nostro Pippo rivolgendosi all’uccellino che cercava disperatamente qualcosa da mangiare nel cappello del suo salvatore. Ma invano, non c’era proprio nulla. Pippo allora capì e tirò fuori dall’altra tasca un panino che portava sempre con sé, fresco e croccante, e ne mise qualche briciola nel suo cappello. L’uccellino non aspettò un solo istante; prese a beccare con gusto e si fermò solo dopo aver finito l’ultimo pezzettino di pane. Pippo lo guardava intenerito e dentro di sé si sentiva tanto ma tanto felice.

Aveva forse trovato un amico.

Intanto, però, dovete sapere, proprio quel giorno alcuni monelli curiosi avevano deciso di seguire Pippo per vedere dove andava e cosa faceva sempre alla stessa ora. Si erano nascosti dietro un albero e così avevano visto proprio tutto. Quell’uomo così strano e curioso aveva un cuore d’oro, forse più grande di tutti loro che invece passavano il tempo a prenderlo in giro e non avevano mai pensato di offrirgli la loro amicizia. I bambini si guardarono in faccia e non ebbero bisogno di parlare.

Uscirono piano piano dal loro nascondiglio e gli andarono vicino, lo salutarono con gentilezza, gli chiesero scusa per il loro comportamento e lo abbracciarono.

L’uccellino cinguettava soddisfatto e Pippo guardava quei visi di bambini con dolcezza e amore. Pensava fra sé: “Grazie, mio piccolo uccellino, d’ora in poi non sarò più solo!”

E poi? E poi basta, vi ho offerto solo qualche minuto di fantasia.

 

 

                                                                                               

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