Un soffio di primavera

di Graziella Cupidi

 

Erano giorni eccitanti per Davide e Fabio, due fratellini che frequentavano la Scuola Materna di Casteldebole.

Tra pochi giorni ci sarebbe stata una gran festa di Carnevale ed erano impegnatissimi ad aiutare le Maestre e le Dade a preparare i festoni di carta  per decorare il Salone della Festa.

Tutti i bambini erano indaffarati: chi arrotolava le strisce colorate, chi tagliava, chi incollava, chi arricciava i nastri, chi faceva i fiocchi e le coccarde, chi colorava le mascherine da appendere alle pareti.

I due fratellini erano in gioiosa attesa e tranquilli perché i costumi che avrebbero indossato erano già pronti.

La mamma aveva esaudito le loro richieste.

Davide aveva scelto di impersonare Sandokan. L’eroe di Mompracem era in gran voga. Era stato visto in TV. Tutti avevano ammirato la sua prestanza e l’ardore nel combattere per liberare il suo popolo dai dominatori stranieri.

Il papà aveva comprato anche il  disco e il libro illustrato da cui la mamma aveva copiato il costume: casaccone profilato di passamaneria, barba e capelli lunghi in lana nera, bandiera con la tigre dipinta, stivali alti, pantaloni arricciati e sciabolone.  Sandokan  era perfetto.

Fabio aveva scelto il Pirata Long John. Tutti uomini di azione, arditi e coraggiosi. Qui era stato facile: benda  nera sull’occhio, teschio sul fazzolettone legato dietro la nuca, anello all’orecchio, un tubo di cartone per coprire la mano cui era applicato un gancio di metallo rubato ad una gruccia per abiti, cinturone e coltello (di plastica) e bandiera nera con teschio ancora più grande. Ogni accessorio era stato trovato e tutto era pronto.

Nel salutarli quel giorno la maestra disse: Alla Festa sono invitate tutte le famiglie, fratelli  e  sorelle, genitori e  nonni.  Più saremo, più ci divertiremo.

A casa i bambini lo dissero alla mamma che rispose: certo, verremo tutti.

Uhm, nasceva un problemino: la sorellina Giulia non aveva il costume.

Come si poteva portare una bimba alla Festa di Carnevale senza costume? Bisognava inventare qualcosa. Comprarlo era escluso perché il bilancio familiare era quasi a zero, troppi i conti da pagare per quel papà che lavorava sodo 10 o 12 ore al giorno per mantenere la famiglia e proprio non si potevano fare altre spese.

La mamma dopo tanto pensare, cominciò  a scartare: damina? No troppo pomposa, Mary Poppins? No, la bimba è troppo piccola, Fatina? No, troppo ovvio, ce ne saranno tante. Ci voleva una buona  idea.

Pensò di dare un’occhiata nell’armadio e l’occhio cadde su un vestito, anzi una gonnellina con gilet di panno verde prato. Era stato confezionato utilizzando un tessuto di recupero. Una volta quel panno verde erano i pannelli di un armadio che erano stati sostituiti. Invece di buttarli, una volta ben lavati e stirati erano diventati  una gonnellina e un gilet. Ora ci voleva poco altro: ritagli di tessuto colorato, ago e filo, forbici e tanta fantasia. Su un verde prato nascono fiori variopinti, corolle, boccioli, foglioline da applicare, coccinelle e formiche da ricamare, un alberello di pesco fiorito, nuvole, farfalle svolazzanti e rondini gioiose intente a costruire il nido. Tutto questo finì in quel vestito per annunciare la Primavera.

La mamma lavorò per due notti mentre tutti dormivano. Alla fine il costume  era  pronto e anche un bel cestino di fiori di  carta crespa: margherite, papaveri e fiordalisi che sembravano appena colti.

Quando i bambini videro il costume chiesero chi l’avesse portato.  In quella casa di tanto in tanto succedeva qualcosa di misterioso. Durante la notte, cadevano sulle magliette, sui tovaglioli o sui fazzoletti dei pesciolini o delle farfalle, ochette,  pulcini o topolini che rimanevano impressi per sempre. Qualche volta i misteriosi folletti della  notte lasciavano la loro firma: Cupidi. La mamma spiegò che erano angioletti che in quel modo  esprimevano il loro amore.

Tutta la famiglia partecipò alla festa che fu bellissima, ricca di colori, allegria, dolci e con tanti tanti bimbi felici. Tra i bambini c’erano anche Lorenzo ed  Agata in costume da Torero e Ballerina spagnola  che  abitavano nel loro  stesso palazzo al piano di sopra.

Anche i tre fratellini, con i genitori e i nonni furono molto felici. Al momento della passerella, ad ogni personaggio che entrava c’era una musica di accompagnamento.

Naturalmente suonarono il disco di Sandokan  per Davide, per il Pirata cantarono: 15 uomini sulla cassa del morto.....ed una bottiglia di rum. Per la Primavera ci aveva pensato la mamma. Aveva registrato una cassetta  al parco giochi, vicino al fiume.

Si sentivano gli uccellini cinguettare, soffiare il vento, scorrere l’acqua del fiume e di sottofondo le vocine allegre dei bimbi che stavano giocando.

Quando sfilò la Primavera andò in onda questa registrazione e tutti fecero silenzio.

La piccola  Primavera  lanciava a tutti i fiori del cestino e incantevoli  sorrisi.

Fu un momento  magico, poi tutti applaudirono.

Il giorno dopo era brutto tempo: grosse nuvole grigie minacciavano pioggia. Non si poteva uscire.

Al piano di sopra il Ragionier Bonfiglioli, austero e severo uomo d’affari, se ne stava seduto in poltrona  dietro al suo giornale finanziario. Lorenzo e Agata erano annoiati. Dopo la festa,  ora era tutto finito e stavano tristi davanti alla TV. Avrebbero voluto andare al parco, ma se veniva la pioggia avrebbero dovuto tornare precipitosamente a casa bagnandosi e magari buscando un raffreddore. La mamma non dava il permesso. Parlottavano fra loro, sottovoce, per non disturbare papà. Ma lui capì che i bambini erano tristi e  parlò dicendo: “Ci vorrebbe la Primavera... ma bisogna aspettare. Abbiate pazienza”. La loro mamma ebbe un’idea. Passò nell’altra stanza e telefonò alla mamma di Giulia. Si conoscevano appena queste due mamme. Si erano incontrate qualche volta di sfuggita nel portare i bambini all’asilo e nel negozio del salumiere. “Signora, mi scusi”, disse al telefono, “ vorrei chiederle un grosso favore. Mio marito vorrebbe vedere la Primavera. Sarebbe così gentile da vestire la sua bambina e mandarla su da noi?” La richiesta era un po’ strana, ma  formulata così gentilmente  non  si poteva  rifiutare.

Anche noi eravamo in casa, silenziosi  per il brutto tempo e perché la Festa era solo un bel ricordo. La Giulia fu contenta di indossare  nuovamente il suo costume: in pochi minuti fu pronta: la maglietta e le calze gialle spiccavano dal vestito verde come fossero i raggi del sole. Fiori, farfalle, rondini, nuvole: tutto era a posto, la cassetta nel registratore a pile e i fiori  nel cestino. La mamma l’accompagnò e i fratellini dietro a dovuta distanza. Suonò dai Signori Bonfiglioli. Si sentirono le vocine di Lorenzo e Agata chiedere: “Chi è?”  e contemporaneamente la mamma aprì e fece entrare Giulia nella stanza dove si trovava il marito e i bambini al seguito. Intanto partì la registrazione. Si rinnovò la magìa del giorno prima. Lo scorrere dell’acqua del fiume, il fruscio del vento fra l’erba, il cinguettio degli uccellini e i trilli delle rondini che felici stavano costruendo i loro nidi e le vocine dei bimbi che stavano giocando...

Che emozione in quel momento!  Davanti agli occhi  sgranati dei bambini, il serio Ragionier Bonfiglioli si tolse gli occhiali, appoggiò il giornale e memore di quello che aveva detto poco prima: “Ci vorrebbe la Primavera”, si stropicciò gli occhi, forse incredulo e certamente molto sorpreso. Lui alla festa non aveva potuto andare perché troppo impegnato col lavoro, perciò la visione era, per lui, nuova e assolutamente inaspettata.

Dopo lo stupore, e davanti alla bimbetta sorridente, anche lui sorrise e fece mille esclamazioni.  In quella casa era entrato un soffio di anticipata Primavera e da quel momento tra le due famiglie nacque una vera amicizia. Dopo trent’anni quei bambini cresciuti sono diventati amministratori, ingegneri, programmatori, informatici, operatori sociali, uomini d’affari, ma la bella amicizia nata  fra le due famiglie resiste ancora.

 

         Basta poco per farsi voler bene: qualche ritaglio di stoffa, ago e filo,  carta crespa colorata......... tutto uscito dalla fantasia e dall’amore di una mamma.            

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