Lo gnomo Roc e la fata Gemma

di Licia A. Callari Gambino

 

In una di queste vallate un giorno, al levar del sole, quando la terra e le piante sono umide per la brina della notte, la vita del bosco era ancora avvolta dalla magica aura del sonnoveglia.

Soltanto il suono di un chiacchierio sommesso faceva vibrare i rami del vecchio olmo; là, dove le foglie si intrecciano formando un riparo da occhi curiosi, erano riunite le fate. Apparivano agitate per lo scintillio sempre più sfavillante procurato dal battere delle ali.

“Calma! Calma! – Fu l’invito della fata-regina – La situazione appare grave, ma esaminiamola attentamente: la nostra fata più giovane, Gemma, è innamorata di Roc, lo gnomo, e vuole sposarlo - e mentre parlava sbatteva nervosamente le ali. -  Ma c’è un problema: - continuò - un matrimonio tra una fata e uno gnomo non è mai avvenuto; siamo troppo diversi per poter formare una famiglia! Ma Gemma non vuol sentir ragioni. Non è così fata-mamma?”

“E’ vero! Gemma non mangia più, non dorme più, piange e si dispera  – singhiozzò la fata-mamma – Ha giurato che si lascerà morire se non sposerà il suo Roc”.

“Ma noi non lo permetteremo – affermò con decisone la fata-regina – Andremo a parlare con gli gnomi e chiederemo il loro aiuto”.

Un coro di “Ih! Oh! Uh!, che paura!” si levò dal drappello delle fate, mentre il battere frenetico delle ali produceva bagliori simili a lampi.

“Gli gnomi sono nemici delle fate. Ci uccideranno!”

“Non possiamo scendere nel mondo degli gnomi. Ci faranno prigioniere!”

“Il regno degli gnomi è buio e profondo, moriremo prima ancora di arrivare!” Gridavano le fate piene di spavento.

“Un po’ di silenzio, per favore! – la voce della fata-regina si levò più alta delle altre – Controllate le vostre paure. Se la giovane Gemma si è innamorata di uno gnomo, forse gli gnomi non saranno poi così cattivi. Io vado laggiù, nel loro regno a battermi per una causa giusta.” Così dicendo le guardò con dolcezza, una per una, per infondere sicurezza e coraggio.

“Vengo con te” disse la fata-mamma. “Anch’io…Anch’io…Anch’io…” dissero tutte.

“Ne ero certa – affermò sorridendo la fata-regina – E adesso, avanti con me, verso il regno degli gnomi”.

E mentre il sole cominciava timidamente ad affacciarsi dal grande monte che fa da guardia a tutta la vallata, una scia luminosa scese rapidamente lungo il tronco dell’olmo, giù giù fino a terra. Lì, dove le radici dell’albero si uniscono formando una croce, lì c’è l’ingresso del regno degli gnomi; appare scuro e più nero del cielo tempestoso, perché il sole non lo accarezza mai.

“Dov’è la fata-sentinella?” chiese la fata-regina.

“Eccomi” rispose la fata-sentinella facendosi avanti.

“Tu resterai di guardia. Se non torneremo tra dieci minuti, darai l’allarme.” ordinò la fata-regina.

La fata-sentinella aveva tanta paura a restare sola in quel luogo buio e quando le sue compagne si inoltrarono tra le radici dell’albero, le sue ali cominciarono a battere sempre più lentamente, perdendo così il loro scintillio.

“Uno, due, tre, quattro… per arrivare a dieci minuti fino a quanto dovrò contare? – mormorava la fata-sentinella – Fino a cinquecento o forse più? Ma come si fa a calcolare il tempo?”. Avvilita, la povera fata si lasciò cadere su un letto di foglie ancora fresche e profumate.

“Devi contare fino a seicento – le rispose una lumachina che si aggirava tra le foglie, sperando di trovarne una buona da brucare – Io sono lenta e piccolina, però so fare bene i conti. Per far trascorrere dieci minuti devi contare fino a seicento. Comincia con me: uno, due, tre, quattro, cinque…”.

E mentre la fata-sentinella e la lumachina contavano, le fate erano già arrivate nella zona più profonda del sottosuolo. Avevano studiato sui libri che tutto laggiù era tetro e spettrale; ma non era così. Con sorpresa sempre più crescente, ascoltavano la musica che le sorgenti d’acqua producevano saltellando tra le rocce; sembrava di sentire il tintinnio festante delle campanelle appena sbocciate, quando sono agitate dal capriccioso vento di primavera. Vedevano con meraviglia quale luce emanavano le pietre preziose racchiuse tra le rocce: il blu ora brillante ora cupo degli zaffiri, il viola intenso delle tormaline, il rosso cupo dei granati, il turchese cangiante dei topazi, il verde luminoso degli smeraldi; sembrava che l’arcobaleno del cielo si fosse trasferito sotto la crosta scura e pesante della terra.

Mentre le fate stavano lì ad ammirare quello sfavillio di luci e di colori, un corpo ancora più splendente attrasse la loro attenzione; somigliava ad un cristallo di neve bianco e luminoso, che roteava velocemente su se stesso, come una trottola impazzita. Gira di qua, gira di là, in giù e in su, finalmente quel magico cristallo si fermò dinanzi alla fata-regina che disse: “Seguiamo questa luce, mie care; essa saprà indicarci la strada giusta per arrivare dagli gnomi”. Il cristallo, felice di portare a buon fine il suo compito, si pose a capo del drappello delle fate. Volando tra cunicoli e gallerie, arrivarono al centro di un grande spazio, circondato da stalattiti e stalagmiti. Là, in mezzo, dove la magica mano del tempo aveva scolpito uno sgabello nella roccia, sedeva il re degli gnomi. Il suo corpo, simile per segni e per colore al pezzo di roccia sul quale era seduto, emanava una luce rosso- porporina. La sua figura, nobile e fiera, incuteva rispetto. “Cosa spinge la fata-regina del magico olmo e le sue compagne a lasciare il loro regno di aria e di luce? – chiese con voce autorevole lo gnomo-re – Ci sarà certamente un valido motivo!”.

“Più che valido, nobile re, anzi è una questione di vita o di morte! – rispose la fata-regina – La nostra fata più giovane, Gemma, si è innamorata dello gnomo Roc e giura che si lascerà morire se non lo sposerà. Ma come può una fata sposare uno gnomo? - Gridò accorata la fata-regina - La fata vive nell’aria, tra i fiori e le foglie, si bagna nella rugiada, si specchia nelle nuvole, si alimenta coi raggi del sole. Lo gnomo, invece…” 

“… vive dentro la terra. – proseguì lo gnomo-re - Questo, dove siamo, è il nostro mondo; infatti se restassimo per lungo tempo esposti alla luce del sole moriremmo. Lo so bene che è così; cosa possiamo fare dunque per aiutarli?”.

Un lungo silenzio seguì alle parole, poi lo gnomo-re ordinò:

“Roc, coraggio, fatti avanti!”.

Come per incanto, una folla di gnomi spuntò da dietro ogni colonna di roccia e di ghiaccio: innumerevoli luci rosso-porporine circondarono le fate e si posero a semicerchio davanti al re. Dal gruppo si staccò uno gnomo; era giovane perché la sua pelle appariva levigata come quella dei ciottoli accarezzati dal dondolio dell’acqua.

“Roc, vuoi davvero sposare la fata Gemma?” chiese lo gnomo-re.

“L’amo più della mia vita e intendo sposarla. Sono pronto a vivere con lei nel regno dell’aria e della luce.” Rispose Roc con piglio deciso.

“Ma così morirai!” replicò lo gnomo-re.

“Non m’importa! Meglio pochi mesi con Gemma che un’intera vita senza di lei!” affermò sicuro lo gnomo innamorato.

“Com’è romantico!” disse una voce.

“E’ davvero innamorato!” fece eco un’altra.

“Dobbiamo aiutarlo!” aggiunse un’altra ancora.

“Sì, sì!” esclamarono gli gnomi in coro.

“E’ vero, dobbiamo aiutarlo! Ma come?” domandò lo gnomo-re sconsolato.

“Forse io una soluzione l’avrei.” Disse timidamente la fata-mamma, facendo un passo avanti.

Immediatamente migliaia di luci rosso-porporine si girarono verso di lei.

“Dì pure” disse lo gnomo-re.

“Su parla!” la incoraggiò la fata-regina.

“Ho pensato che potremmo aiutare Roc e Gemma a coronare il loro sogno d’amore, suggerendo di seguire il ritmo di Padre Tempo e di Madre Natura. – disse la fata-mamma – Venite pure avanti fate-custodi dell’olmo”.

Con un battito d’ali, avanzarono tre fate. Quella dalle ali d’argento disse: “Quando in inverno la neve e il freddo vento del Nord regneranno sulla vallata, loro potrebbero abitare quaggiù, nel regno degli gnomi: Roc estrarrà le pietre preziose dalle rocce e Gemma illuminerà e terrà calda la casa con la luce e il calore delle sue ali”.

“Quando poi a primavera –continuò la fata dalle ali di smeraldo - le piante cominceranno a germogliare riscaldate dalla lieve brezza dell’Est, Gemma e Roc vivranno nel regno dell’aria e della luce: Gemma colorerà i petali ai fiori e dipingerà di verde le foglie; Roc l’aiuterà, con la sua forza, a rassodare la terra e a distribuire alle piante le gocce di pioggia”.

“Il sole dell’estate e il caldo vento del Sud – proseguì la fata dalle ali d’oro - riporteranno ancora gli sposi nel sottosuolo, per riposarsi al riparo delle rocce amiche. Da lì ritorneranno sulla Terra per dare alle pinte i caldi colori dell’autunno e per aiutarle a ripararsi dal frizzante vento dell’Ovest.”.

“Così, seguendo il cammino alternato delle Sorelle Stagioni – concluse la fata-mamma – Roc e Gemma potranno vivere insieme senza correre il rischio di morire”.

“Brava, è un’ottima idea!- esclamò felice lo gnomo-re – Andiamo tutti da Gemma a dare la bella notizia”.

“Sì, andiamo tutti a festeggiare gli sposi!” gli fece eco la fata-regina.

“Viva gli sposi! Viva gli sposi!” esclamavano gli gnomi e le fate in coro mettendosi ordinatamente in fila. Il cristallo di neve che girava come una trottola apriva il corteo, seguivano Roc e la fata-mamma, poi lo gnomo-re e la fata-regina, e infine le fate e gli gnomi.

Si poteva vedere muovere tra le rocce un curioso ruscello di luce rosso-porporina e il suo allegro mormorio si mescolava alla musica delle acque sotterranee, formando un’armoniosa sinfonia di suoni.

Intanto…

“598…599…600!” la fata-sentinella aveva appena finito di contare che fu travolta da quel ruscello di luce e di suoni, e con lei la lumachina che rientrò precipitosamente nel suo guscio.

“Viva gli sposi!” si sentiva gridare da ogni parte.

“Viva gli sposi!” esclamò felice la fata-sentinella, dandosi un’aggiustatina alle ali un po’ malconce per l’impatto.

“Viva gli sposi!” esclamò pure la lumachina uscendo dal suo guscio. E insieme si aggiunsero al corteo.

Fu la cerimonia più bella e commovente che si svolse quell’anno nell’intera vallata, perché si univano per la prima volta in matrimonio una fata e uno gnomo, due creature che si credevano nemiche.

Da quel giorno, ogni volta che tra loro avveniva un nuovo matrimonio, si diffondeva nella vallata la magica sinfonia dell’amore che aveva benedetto l’unione tra Roc e Gemma.

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