Rosée d'Autore |
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di Filippo Nibbi |
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Esiste
nei prelati un disturbo così distinto, che li costringe a lunghe sedute
al bagno o cesso, a riflettere sui propri bisogni. A
Salisburgo, la città di Mozart in viaggio verso Praga, chi visita il
duomo, vede quattro prelati: vere “figuracce”, che tengono in
pectore la cattedrale, inginocchiati sul proprio de-cesso sopra
morbidi cuscini, e si rivolgono ai visitatori mostrando quattro culoni
grossi come trichechi.
“Come si calcola l’aria dei prelati?”, chiese la signora
Mozart.
“Prelato per prelato”, rispose il marito. Da
una mezz’oretta, a causa del caldo eccezionale di quel mese, egli si
è levato il soprabito e siede comodamente in carrozza, a testa nuda in
maniche di camicia, come ha scritto Eduard Mörike. La
signora Mozart indossa un comodo abito da viaggio verde pallido a righe
bianche. “Avrei
dovuto capirlo”, disse la signora Mozart, bella da mozartare il
fiato, legata in treccia alla robusta capigliatura del marito. Ella si
lagnò: “Ecco perché da un pezzo si sentiva un odore così forte!
Peccato, un intero flacone di Rosée d’Aurore buttato via! Lo
risparmiavo come fosse oro, per salvarmi dalle tue arie”. Dopo
quel viaggio, Mozart non compose più arie da camera.
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