La soglia del dolore

di Vittorino Carollo

                                                                                                            

Settantaquattro anni varranno pure qualcosa: l’olio nel motore delle auto, d’inverno è di tipo diverso, più fluido. Succederà così con il sangue? Ogni primavera mi sottoponevo agli esami, andavo dal medico per la richiesta e poi via… all’Ussl.

Però, qualcosa non andava e lo scorso settembre, aspetto il mio turno nell’ambulatorio del medico generico. Un paio d’ore e finalmente tocca a me, il dottore mi guarda e capisce il mio imbarazzo:

“Noi uomini abbiamo più difficoltà delle donne a curarci. Stentiamo a parlare…”.

“Giusto”.

“Coraggio. Si raffiguri e dica dove, dall’alto in basso”.

“Non facendo caso alle gambe, in basso. Molto in basso”.

“Ho capito. Apparato idraulico o smaltimento rifiuti?”.

“Davanti non ho problemi”.

“Ah, il signor Bucodonosor…”.

“Prego?”.

“Roba per il proctologo. Dolori, emorragie eccetera?”.

“Mai avuto dolore né perdite di sorta. Il problema è la pulizia…”.

“Faccia vedere”.

“Come?” Ai medici è permesso violare la privacy in maniera scandalosa, pensavo calando brache e mutande. Allora, ero ancora settantatreenne.

“Ahh!” L’esclamazione sarebbe stata sufficiente, ma l’altro proseguì, “un bel prolasso caro mio”. Poi si era messo a scrivere.

A casa, ricorro all’enciclopedia. Prolasso? La soluzione è unica, chirurgica. Alle donne può capitare in tre posti: all’interno, davanti e didietro; uno agli uomini. Cerco Procto nel librone, è subito prima di Prolasso, la parola viene dal greco. E chi è il proctologo? Un medico specializzato sull’intestino retto. Mi consolavo, almeno conoscevo parole nuove.

Avevano proposto d’operarmi l’ultimo giorno dell’anno. "Neanche morto, se il chirurgo è festaiolo ed ha bevuto?" Ci ripenso e indago, scopro che durante le feste l’ospedale Ca’ Foncello è meno frenetico. Faccio altri sopralluoghi. Mi visita il chirurgo proctologo e l’esame è reciproco. Non mi fido dei vecchi e questo chirurgo è sui quaranta o poco più, è sposato e ha due figli, va benissimo. Se negli Usa sono così puritani con i loro politici, non ho diritto di esserlo verso il chirurgo? Scrivono male degli ospedali e studio il reparto, mi ha colpito l’estrema pulizia, decido per il sì: entrerò in ospedale il 31 dicembre alle sette del mattino e nella serata del primo giorno del 2004 tornerò a casa. Sorge un dubbio e in una stanza ci sono tre infermiere…

“Scusate, dopo l’operazione sarò in grado di sedermi in macchina e tornarmene a casa?”

Silenzio, finalmente una delle tre: “Caro signore, non conosciamo la sua soglia del dolore”.

Porca miseria a chi rivolgermi, gli uomini sono riservati e tutti tengono nascosto, però... Mi viene in mente qualcuno che vent'anni prima è stato operato al Bucodonosor e vado a trovarlo. Che fatica farlo parlare, subito negava, poi finalmente apre le cataratte: "Dio mio che male dopo l'intervento, ma soffrivo molto anche prima".

Soglia del dolore, che significa? Sapevo che il dolore è un’emozione opposta al piacere, sono fortunato, di là del male ai denti non ero andato. Il dolore non è per tutti uguale, né definito. Non è misurabile; il cervello è simile ai giornali, molto più interessato alle cattive notizie. La spina dorsale era come la corsia del bowling e il dolore, la boccia: per la miseria, ero malandato dove iniziava la corsia, su, su per il midollo spinale fino a quando la boccia colpiva come tanti birilli…, …il talamo.

Emisi un sospiro lunghissimo, quand’ero giovane una affittacamere affermava che come me non sospirava nessuno. Avrei preferito avere uno sguardo penetrante, così potente da perdersi nel vuoto. Quanti dubbi, nel mio mestiere rifilavo tubi, li facevo combaciare l’uno all’altro: alle volte rifilavo troppo, diciamo un tubo ogni cento; mi arrabbiavo per il lavoro inutile e il materiale sprecato. In fondo quest’intervento chirurgico che sarà? Abbiamo il terminale di un tubo di tessuto muscoloso, si trattava di rifilarlo a spirale. Uhm, e se rifilano troppo…, sbagliano anche loro, no? Questa volta, il sospiro lo sentono nell’appartamento accanto. Mi vergognavo di aver paura, però…, ero depresso e ricordavo cosa avevo detto alla signora affittacamere tanti anni prima: forse, quel che si definisce l’ultimo respiro, è un sospiro di sollievo.

Sono stato operato all’ano l’ultimo dell’anno. Divertente. Un dato incredibile, non ho sentito dolore, né prima né poi. Venti giorni dopo l’intervento emerge un enorme dubbio, e se…, titubo, parlare col chirurgo costa 69 euro. Accetto lo sforzo e vado a trovarlo.

          “Signor chirurgo, sa com’è, si leggono certe cose… Forse vi pagano un tanto all’intervento e…, insomma…, non ho sentito dolore, possibile che abbiate finto di operarmi?”

Il chirurgo dapprima serio, scoppia a ridere, si alza e mi abbraccia: “Grazie, grazie, nessuno mi aveva fatto un pari complimento”.

Meglio così, pensavo tornando a casa, forse morirò senza conoscere il dolore, pazienza. Mi mancavano molte esperienze: non so cosa siano i titoli spazzatura, mai avuto a che fare con avvocati e magistrati, né sparato con la pistola o con un fucile; sì, al Luna Park, ma le armi non erano vere. La depressione è scomparsa e credo nell’esperienza degli altri più che alla propria. Conosco a memoria una massima vecchia come Tolomeo: "chi non approfitta dell’esperienza altrui, diventerà lui d’ammonimento agli altri".

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