Il Fiume Calore,

le risorse idriche

e l'inquinamento ambientale

Il massiccio dei Monti Picentini è il bacino idrografico più ricco del meridione e le acque che sgorgano dalle sue numerose sorgenti soddisfano il fabbisogno di varie regioni: Campania, Puglia e Basilicata.

La spiegazione di questa ricchezza di acque va ricercata in diversi fattori che vanno dalla natura geologica del territorio alle abbondanti precipitazioni, dovute alla folta e ricca vegetazione che ne ricopre l’intero territorio.

Infatti esso è costituito principalmente da terreni di natura calcarea e calceo-dolomitica che, avendo subito delle fratturazioni, nel corso delle varie ere geologiche, ed avendo assunto quindi un aspetto carsico, hanno acquisito caratteristiche di spiccata permeabilità.

Allo stesso tempo, l’abbondante e rigogliosa vegetazione che, fortunatamente, ne ricopre la quasi totalità del territorio, fa si che le precipitazioni siano alquanto copiose.

La combinazione di questi due fattori: la vegetazione, che con le sue radici trattiene buona parte dell’acqua piovana, e la carsicità del terreno, che permette a questa di infiltrarsi facilmente in profondità, rende possibile la formazione di un enorme falda da cui traggono origine le più importanti sorgenti dell’Italia Meridionale.

Dai Picentini traggono la loro origine fiumi come l’Ofanto (134 km), il Sele (64 km), il Sabato (50 km), il Picentino (24,5 km), l’Irno, il Solofrano, il Tusciano, il Calore Irpino (108 km) ed altri corsi minori, e le numerose e copiose sorgenti che da essi sgorgano danno origine all’Acquedotto Pugliese, a quello di Napoli, di Serino, dell’Ausino e dell’Alto Calore.

Ma veniamo al fiume Calore: questo fiume, che con molta probabilità deve il suo nome alla limpidezza delle sue acque (dal latino "cal" cioè bianco, limpido), e che, per la ricchezza delle sue acque è stato da sempre molto importante per la vita delle popolazioni rivierasche, è formato da vari ruscelli che discendono dai Monti Acellica e Terminio.

Più specificatamente, dalla Celica sgorgano le sorgenti dei Ninni dell’Accellica, del Vallone della Neve, di Saucito (Savina e Savinella), della Cerasella (Ceraso), delle Petiniti (v.ne Cupo e v.ne Selecone), della Ferrera, della Melella, e della Rotonda, mentre dal gruppo del Terminio scaturiscono le Acque degli Uccelli, delle Loggie, dei Candraloni, della Madonna, della Pietra, del Fosso della Campana, le Acque Nere1, della Tufara, del Troncone e Tronconciello e della Scorzella.

Poco prima della Jonta, cioè il punto dove confluiscono le acque provenienti da questi due rami principali, il Calore si arricchisce delle acque del v.ne Fiumicello, provenienti dal monte Cercetano.

Più a valle dell’abitato di Montella vi è un nuovo apporto idrico derivato dalla confluenza delle acque provenienti dai v.ni Orto dei Taralli, Scorzone, Sorbitello e Tronconito.

Un ulteriore incremento della portata idrica del fiume Calore si ha allorché, poco prima di San Francesco a Folloni, confluiscono le acque provenienti dai valloni Canalicchio, Campolacciano, dell’Annunziata, dal torrente Lacinolo, dal Lavinella e dai torrenti provenienti dal territorio di Bagnoli Irpino.

Nel territorio di Montella, vi sono numerose altre sorgenti come la sorg. Pedaggine, la sorg. Lagarelli, la sorg. Ischia la sorg. Verteglia e la sorgente della "Fonte Irpina", situata a circa 3 km dall’abitato, dalla quale scaturisce una particolare acqua ricca di bicarbonato sodico, e di vari solfati.

Da segnalare la presenza di un laghetto situato sul Piano di Verteglia, il Lago della Madonna, che prende il nome dall’omonima sorgente.

Comunque, nonostante la ricchezza di acque del territorio, fino a quando non fu costruito l’Acquedotto dell’Alto Calore, Montella aveva una certa difficoltà nell’approvvigionamento idrico.

L’unica condotta che portava l’acqua in paese era quella che ancora oggi affianca la SS 164 e prelevava l’acqua della Scorzella, che veniva captata mediante una diga in legno posta ove attualmente c’è il "Ponte del Fascio".

Questa condotta, costruita fra la fine del secolo scorso e l'inizio del questo secolo, distribuiva acqua al casale della Piazza e agli altri casali più bassi del paese tramite fontanine pubbliche, ma la precarietà dei materiali con cui erano costruiti la diga e la conduttura facevano sì che, molto spesso, la prima veniva spazzata via dalle piene del fiume e la seconda subiva ingenti perdite lungo il percorso, per cui la portata non era né costante né certa.

Gli abitanti dei casali più alti erano costretti a rifornirsi d'acqua alle fontane degli altri casali o al fiume nei pressi del "Ponte della Lavandaia".

Le vasche per il deposito dell’acqua erano situate in località "Libera" e da queste partivano le diramazioni che rifornivano d’acqua i casali bassi e le varie fontane: quella della piazza, che era ad otto getti ed era la più grande di tutte, e quelle di via Chianche Vecchie, via Piediserra, via Pendino e via Annunziata.

La costruzione dell'acquedotto "Alto Calore" ebbe inizio nel 1938, e precisamente, la posa della prima pietra fu fatta il 29 maggio di quell’anno.

L’avvenimento, a cui presenziò l’allora ministro del lavoro, Cobelli-Gigli, rappresentò, per tutta la provincia e per i montellesi un fatto straordinario.

Inizialmente, per costruire questa imponete ed utile opera, che nonostante la sua vetustà ed il fatto che abbia subito solo dei lievi interventi di manutenzione, ancora oggi fornisce egregiamente i suoi servigi, aderirono al Consorzio Idrico dell’Alto Calore, 32 comuni della provincia di Avellino e 6 di quella di Benevento e solo successivamente sono entrati a farne parte moltissimi altri.

L'odierno acquedotto consta di due rami: quello occidentale, che fu eseguito per prima ed è alimentato dalle varie sorgenti che sgorgano dal monte Accellica, e quello orientale che convoglia verso la valle dell’Ofanto le acque del Troncone, della Scorzella e dei Candraloni, che sgorgano non lontano da Verteglia.

A queste acque vanno poi ad aggiungersi quelle prelevate dal le sorgenti di Cassano Irpino (Bagno della Regina, Pollentina) e a Casa Arsa.

Ma torniamo al fiume Calore: questo fiume è stato sempre utilizzato per usi civili e fino a qualche tempo fa era ricchissimo di fauna ittica.

Lungo il suo corso, limitatamente al tratto che scorre nel nostro territorio, vi erano vari mulini ad acqua: uno a "Baruso", uno in località "Bagno" di Cassano Irpino e quello fatto edificare, nel 1565 dal conte Garsia II Cavaniglia, in località "Ponte della Lavandaia", che dopo molti crolli della diga finalmente fu completato nel 1599.

La diga di quest’ultimo è rimasta salda per oltre quattro secoli, ed il resto dell’opera, anche se malridotta, potrebbe ancora essere salvata da un appropriato restauro considerato che, insieme al ponte romanico, è un bellissimo ed interessantissimo angolo storico-paesaggistico del nostro paese.

Un’altra opera di notevole interesse e la diga che si trova in località Serroni, costruita nel periodo fascista per rifornire, mediante una condotta sotterranea, il bacino artificiale di Poppano da cui si diparte la condotta forzata che alimenta la centrale idroelettrica di San Mango sul Calore, dopo di che queste acque tornano ad immettersi nel fiume.

Il Calore, lungo il suo corso, ci offre la visione di incantevoli posti: maestose cascate, profonde ed inaccessibili gole, tratti ove il fiume scorre limpido e puro, fra rocce e balzi circondato da una natura rigogliosa ed incontaminata.

Putroppo, c’è da dire che il Calore è noto anche per l’alto inquinamento delle sue acque: pulitissimo fino al Ponte della Lavandaia, da quel punto in poi diventa sporchissimo.

Nella zona alta del suo coso, e quindi pulita, si possono trovare delle bellissime e succulente trote fario*2, mentre nei tratti più a valle si possono trovare immondizia, buste di plastica, lavatrici e frigoriferi vecchi.

Altra causa dell'inquinamento sono gli scarichi delle poche fabbriche presenti e, maggiormente, delle fogne di Montella e di Bagnoli Irpino, che si riversano direttamente nel fiume.

Per risolvere, almeno in parte, questo drammatico problema, recentemente, alla c.da Baruso, è stato costruito, un depuratore, a servizio dei due comuni interessati, ma, per stupidi problemi burocratici, non è stato ancora possibile farlo entrare in funzione.

Poiché le tubature che dovrebbero portare i liquami al depuratore, interessano l’attraversamento della sede ferroviaria, nel tratto tra Montella e Bagnoli Irpino, l'Ente "ferrovie S.p.A.", non ha, a tutt'oggi, concesso il nulla osta3 ad eseguire i lavori, per cui il fiume rimane sporco!

Fortunatamente si tratta di inquinamento organico per cui, dopo qualche chilometro, le acque del fiume tornano ad essere, se non proprio pulite, quantomeno accettabili.

Certo questo non può esimerci dall’adoperarci affinché il fiume torni ad essere pulito lungo tutto il suo corso; non può essere un’attenuante il sapere che altrove, come ad esempio dopo Benevento, il fiume Calore diventa una "cloaca a cielo aperto" e quindi da noi "è più pulito"; non può in alcun modo esserci di conforto il fatto che anche gli altri fiumi sonno più sporchi; il fatto che l’inquinamento è un problema che coinvolge gran parte dell’Italia e del mondo non può bastare per mettere a posto la nostra coscienza e, ancor di più la coscienza di quelle autorità (Amm. Comunale, Comunità Montana, Corpo Forestale dello Stato, Provincia, ecc.) che dovrebbero provvedere al benessere ed alla salvaguardia dei cittadini e quindi dell’ambiente in cui vive.

Eppure, a quanto sembra, nessuno si interessa della cosa, nessuno fa niente, nessuno promuove delle iniziative o prende dei provvedimenti.

Vogliamo ricordare uno slogan pubblicitario che di tanto in tanto si vede in televisione e che dice: "chi inquina, prima o poi beve l’acqua !", ed al quale noi aggiungiamo che la beve anche chi permette che gli altri possano inquinare.

L'inquinamento, a Montella, però, non interessa soltanto le acque, ma anche le montagne ed i boschi.

A Verteglia, come altrove, molti, e non solo i napoletani, ma anche certi montellesi, dopo aver fatto i picnic, lasciano i rifiuti per terra, sporcando e deturpando l'ambiente circostante.

Anche questa forma di inquinamento produce i suoi danni, e non solo in superficie, perché, insieme alle acque piovane, alla falda acquifera arrivano anche questi "prodotti".

Quindi bisogna rendersi conto che per mantenere pulito l’ambiente non bisogna guardare solo e sempre gli altri, scaricarsi sempre e comunque ogni responsabilità: "sono gli altri a inquinare", ma avere un ambiente pulito è il frutto dell’impegno di tutti, è il risultato del comportamento giornaliero di ognuno di noi.

L’ambiente è anche il tuo, difendilo !

NOTE: (per tornare al testo fare clic sul numero della nota)

1.

Le Acque Nere, nonostante il loro nome, non sono meno limpide delle altre ed il loro nome, con molta probabilità, deriva dalla voce osca "ner" (principe) ad indicare l’importanza della sorgente e non dal latino "niger" (nero). Comunque le acque che scendono dal Terminio danno alle pietre del letto del fiume una patina di colore più scuro, dovuta alla presenza di sali minerali; tale fenomeno è molto evidente alla confluenza delle acque provenienti dal Terminio e dalla Celica, la Jonta, dove il contrasto è evidentissimo.

2.

La varietà di Trota Fario (Salmo Truta Fario), che si trova nei nostri corsi d'acqua, è una specie autoctona presente solo nel massiccio del Monti Picentini e, a differenza delle altre varietà, presenta la caratteristica pigmentazione di puntini rosso.arancio anche sulle pinne.

3.

Pare che, allo stato attuale delle cose, tale autorizzazione sia stata concessa ed i relativi lavori siano stati già eseguiti, ma, purtroppo, non si sa per quale motivo, il depuratore ancora non assolve alle sue funzioni.