Sos Arese: salviamo
la nostra fabbrica Dopo anni, Fim, Fiom e Uilm si
parlano con Cobas e Flmu MANUELA CARTOSIO - MILANO
Non succedeva da anni. All'Alfa Romeo
di Arese, da qualche settimana, si fanno riunioni ed assemblee
unitarie. Fim, Fiom, Uilm da una parte e Slai Cobas e Flmu
dall'altra hanno ripreso a parlarsi. Dire che la guerra è
finita è prematuro; di certo è stato raggiunto un armistizio,
se si tiene conto che ad Arese la consuetudine consolidata era
quella dei separati in casa, della perenne rissa tra il cane
confederale e il gatto di base. A stimolare il riavvicinamento
il fatto nuovo accaduto lo scorso dicembre: l'acquisto per 400
miliardi di tutta l'area dell'Alfa di Arese, sia la parte
dismessa sia quella ancora usata dalla Fiat, da parte della
finanziaria Estate Sei. Dietro la finanziaria, una cordata di
imprenditori bresciani guidata da Riccardo Conti (neo
parlamentare della Casa delle libertà). Estate Sei ha ceduto
il pacchetto di maggioranza al colosso Usa Aig-Lincoln
(assicurazioni e immobili) che intende realizzare un maxi polo
logistico sull'area dismessa. I capannoni ancora in attività
restano alla Segefar, controllata da Estate Sei, che li ha
affittati con contratto rinnovabile di sei anni alla Fiat. Una
campana a morto per uno stabilimento dove, dopo 14 anni di
cura dimagrante Fiat, l'occupazione - in gran parte
terziarizzata - è scesa a 3.800 addetti, si assemblano
giornalmente 140 Vamia (la multipla a metano) e si producono
una settantina di motori a 6 cilindri. "Che la Fiat voglia
chiudere baracca e burattini è ormai evidente a tutti", dice
Renzo Canavesi, dello Slai Cobas (30% dei voti alle ultime
elezioni delle Rsu), mentre le reali intenzioni della nuova
proprietà sono tutte da verificare. Per ora il bresciano Conti
fa propaganda. E' chiaro, comunque, che siamo alla stretta
finale. "Errori, chi più chi meno, in passato ne abbiamo fatti
tutti", ammette Canavesi. Ora non è il momento di rivangare,
"l'unica carta che ci resta da giocare è quella di una
piattaforma unitaria, sostenuta da tutti i lavoratori e da
tutte le sigle sindacali presenti in Alfa, rivolta sia alla
Fiat che alla nuova proprietà dell'area". La piattaforma è
appunto l'oggetto degli incontri di questi giorni. Al testo -
redatto da Fim, Fiom e Uilm - Cobas e Flmu hanno proposto
"limature e aggiustamenti". Il problema vero non sembrano
essere le eventuali modifiche, ma la disponibilità reale dei
confederali a fare una vertenza unitaria. Maria Sciancati,
responsabile di zona della Fiom (che con il 36% è il primo
sondacato all'Alfa), pur caldeggiandolo lascia intendere che
non è cosa fatta: "Abbiamo ancora bisogno di discutere al
nostro interno". "Se ce la faremo a rimettere insieme i
cocci", afferma Pierluigi Sostaro dell'Flmu (11%), "non sarà
per un improvviso innamoramento, sarà un matrimonio
obbligato". Non considera "un atto volontaristico", "una
speranza rituale" la richiesta che ad Arese si continuiono a
produrre automobili: "Il marchio Alfa Romeo è legato
storicamente a questa fabbrica, chiuderla potrebbe avere
contraccolpi negativi indesiderati per la Fiat e per Gm".
Quanto al misterioso polo logistico american-bresciano,
l'ambientalista Sostaro la pensa così: "Qualsiasi cosa
facciano, non deve aggiungere traffico. L'area è vincolata a
uso industriale è deve essere industria in senso stretto.
Questa è la mia opionione personale". Maurizio Zipponi,
segretario della Fiom lombarda, ammette senza perifrasi che,
se le cose restano così, Arese è destinata a chiudere. "Si può
impedire che la deriva segua il suo corso, solo se tutti i
lavoratori e tutte le organizzazioni sindacali presenti
all'Alfa costruiscono una piattaforma comune per riaprire il
conflitto con la Fiat". Se qualcuno, per vicende del passato,
lo impedirà, "si assumerà la responsabilità di mettere la
parola fine a quella che resta comunque la fabbrica più grande
dell'area milanese. Il rischio adombrato è che qualcuno dei
confederali faccia da sponda alle obiezioni che la Fiat
sicuramente solleverà sulla composizione unitaria della
delegazione titolata a trattare. "Noi dobbiamo tenere fermi
tre punti", riassume Zipponi. "Alla Fiat chiediamo nuovi
investimenti e nuove produzioni. Ai padroni dell'area
chiediamo buona occupazione, a tempo indeterminato e dentro i
contratti nazionali. La terza cosa tocca a noi farla:
sindacalizzare i lavoratori terziarizzati e pretendere
un'unica rappresentanza di sito per tutte le aziende oparanti
nell'area di Arese".
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