ilgiorno,1-2-03

Alfa, tregua sulle barricate


ARESE — Si è concluso ieri sera il presidio di protesta (nella foto) dei lavoratori dell'Alfa Romeo di Arese, davanti alla portineria del Craa (consorzio reindustrializzazione Alfa Arese). Come annunciato hanno stretto i denti, acceso un grande falò, attrezzati con bevande calde e piatti di spaghetti, e presidiato i cancelli per tutta la notte. «Siamo molto soddisfatti, contavamo sulla presenza di una quindicina di lavoratori, invece eravamo in 50 — spiega Renzo Canavesi, dello Slai Cobas — speriamo che ai nuovi proprietari delle aree sia arrivato il nostro messaggio, qualche disagio lo abbiamo creato, qui sono rimasti fuori almeno 400 camion. La settimana prossima decideremo con tutti i sindacati se ripetere il blocco della portineria».
Una cosa è certa: se dopo l'incontro dell'11 febbraio con i «nuovi padroni», le parti sociali non raggiungeranno un accordo, le tute blu torneranno a manifestare e bloccare i cancelli, con tanto di roulotte, giorno e notte, per intere settimane. «Quello che vogliamo loro lo sanno da tempo — spiega Vincenzo Lilliù, del sindacato di base — nell'area dell'Alfa si devono continuare a produrre auto, nell'area già dismessa ci devono essere lavori qualificati, non in mezzo ai rifiuti in condizioni di lavoro disumane. Questa reindustrializzazione non ci piace». Ieri mattina il numero di manifestanti è salito, quasi 300 operai che fino a sera, a turni, hanno bloccato il cancello. C'erano i cassintegrati con la busta paga di dicembre in mano, «guardate ho preso 600 euro, come faccio a vivere?», spiega un'operaia, madre di due figli. C'erano gli operai della meccanica che hanno scioperato per un'ora e si preparano alla cassaintegrazione di febbraio.
«Anche noi siamo preoccupati, facciamo 80 motori al giorno, ma molti restano in reparto, non vengono nemmeno usati — spiega Antonietta Fortunato, operaia Alfa da 25 anni - abbiamo aderito allo sciopero perché siamo tutti nella stessa barca, anche se purtroppo alcuni miei colleghi ancora non lo capiscono». C'erano i rappresentanti sindacali preoccupati: «L'annuncio della cassa integrazione per la meccanica complica le cose — spiega Maria Sciancati, della Fiom Cgil — stiamo assistendo ad un lento processo di smantellamento della fabbrica, il rischio è che poi non ci facciamo produrre nemmeno il motore a sei cilindri. La situazione è difficile per tutti, ricevo telefonate di operai che mi raccontano di situazioni di vita drammatiche». Tutti con un'unica consapevolezza: «La lotta deve continuare, dobbiamo stare uniti, non abbiamo alternative», spiega Carmela Tassone, attivista sindacale. E intanto si pensa alle prossime iniziative, magari a Torino, a Roma, «e non ci ascolteranno andremo a bussare alle porte dei padroni — avverte Corrado Delle Donne, rappresentante dello Slai Cobas — perché se hanno i soldi per comprare queste aree devono avere i soldi anche per portare lavoro e produzione».
di Roberta Rampini

 

cobasalfaromeo,1-2-03