Mons. Antonio Coradello


Terziario Francescano

 

Egli amò con tutto il suo grande cuore N. S. Gesù Cristo, la chiesa, le anime. Nel suo apostolato sacerdotale spese senza risparmio uno zelo più grande delle sue forze. Ebbe un programma tratto da S. Paolo e da S. Francesco d'Assisi.

Da S. Paolo: "Gratiam in veritate" difesa dei principi, della verità fino alla sofferenza, fino alla morte, ma sempre con carità, con dolcezza e con grazia, facendo passare le anime dal semplice servizio di Dio ad un amore ancor più vivo, ad una vita intima con il Buon Salvatore, creando familiari di Dio ed amici del Salvatore.

Da S. Francesco: Monsignore Coradello, o meglio Don Antonio, soleva dire: "Noi siamo figli della tenera carità". Non chiedeva altro che di poter dare, con la parola, con le sue direttive spirituali, col suo esempio sacerdotale, ritenendosi in funzione di Ambasciatore di Cristo ed anche materialmente privandosi delle cose più necessarie e più indispensabili a favore dei poveri. Tale il quadro.

Un giorno lontano chiese a sua sorella, tuttora vivente, e ministra T.O.F. di Castelnuovo, se volesse conoscere il segreto per arricchire ed avendo risposta affermativa, "non stancarsi mai, disse, di fare molta carità: diverrai ricca".

Ancora cooperatore, ebbe una visita in sagrestia, dove stava deponendo i sacri paramenti , di un povero che gli chiese se avesse un paio di scarpe da regalargli, aggiungendo di non poter recarsi nel bosco per procurare la legna necessaria alla famiglia e di essere sprovvisto di denaro per comprarle. Subito si levò le scarpe, mandando in canonica a ritirare per se l'unico paia malandato che gli restava. All'osservazione interessata della domestica sulla non opportunità di tale privazione, rispose: "Sono soddisfatto di quanto feci: ho aiutato un povero e la sua famiglia".

Profugo a Padova (1915-1918) incontrò un giorno un povero che gli stese la mano, ma accoratamente dovette rispondere di non avere un centesimo. Giunto in canonica, trovò una persona che lo attendeva per far celebrare una S. Messa. Riscossa l'offerta, Uscì frettolosamente, rintracciò il povero gli fece l'elemosina e, ritornando in canonica, disse che non avrebbe potuto dormire la notte successiva se non avesse fatto l'elemosina richiesta.

Da curato raccomandò a sua madre e sua sorella che "quando si presentasse un povero a chiedere da mangiare, fosse subito esaudito e non fosse accolto sulla porta di casa o sulla scala, ma invitato a sedere al tavolo e trattato con tutta urbanità.

Da Arciprete-Decano offre tutta una fioritura di episodi commoventi fondati sulla carità e sulle sue privazioni a favore dei poveri su generose rinunce, frutto efficacissimo dello spirito di S. Francesco, di cui era (profondamente) devoto figlio nel Terz' Ordine che largamente diffuse in mezzo al popolo.

A sepoltura avvenuta, mentre l'anima del santo sacerdote gioiva in cielo, i parenti, col cuore infranto, raccolsero le poche cose personali di lui e trovarono il misero importo di Lire duecento venticinque. Tale somma, insufficiente per sfamare una persona giornata, indica che lo spirito di povertà del poverello d'Assisi lo invase in tutto il senso della parola e che unico suo intento fu quello di salvare le anime, di dirigerle alla santità sull'esempio di S. Francesco.

Parlò e fece e, se dal pergamo rappresentava la giustizia di Dio, dal tribunale della Misericordia ne annunciava la bontà e l'amore

Tutti sono unanimi nel riconoscere a Don Antonio l'applicazione dei principi di giustizia e di carità cristiana, spinte fino allo eroismo.

A Strigno, ultima sua residenza, dove con la sua giornata terrena, ringiovanì la Biblioteca Parrocchiale, provvedendola di nuovi, numerosi e moderni volumi, atti a fronteggiare la stampa cattiva, che mina le basi della fede e della morale cristiana.

"E sì come una giornata ben spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire" (Leonardo da Vinci).

Sulla soglia del 50.mo di sacerdozio incontrò il Buon Pastore che lo volle in cielo a celebrare la sua Messa d'oro. Era il 21 gennaio 1951. E se ne andò sereno, avverandosi in quanto scrisse S. Francesco di Sales: "La presente giornata ti è concessa per poter guadagnare la giornata futura dell'eternità".

La cara e buona immagine di Lui veglia ora su tutti noi e su quella casa che fu la sua ultima fatica e il suo testamento, l'Oratorio.