LA LAPIDE DELLA CALCHERA

Per iniziativa dell'Assessorato alle Attività Culturali del Comune di Borgo è stato recentemente completato il recupero ed il restauro della lapide commemorativa dell'incidente sul lavoro occorso il 24 agosto del 1912 in Sella.

Per la cronaca di quel tragico evento rimando alle trattazioni curate da don Armando Costa (Ausugum - vol III - pagg. 565-566), da Aldo Masina (La Valle di Sella - pagg. 141-142) e da don Giuseppe Smaniotto (Voci Amiche - settembre 2002 - pagg. 23-24).

Mentre nel volume di mons. Costa troviamo una fedele trascrizione dell'articolo riportato sul quotidiano Alto Adige del 26 agosto 1912, gli altri due autori hanno completato il racconto con un cenno alla lapide che fu collocata nelle vicinanze del luogo in cui avvenne la disgrazia, e precisamente presso il bivio fra la strada comunale che sale dal Dosso e la strada provinciale, presso l'Hotel Legno.

Il testo scolpito sulla lapide è riportato nelle due pubblicazioni in modo quasi identico, salvo una imprecisione in Aldo Masina, per il quale la morte di Secondo Coradello avvenne a quattro giorni dall'evento, mentre in realtà il poveretto fu colpito da crisi cardiaca la mattina del successivo 25 agosto (registro dei morti dell'Archivio Parrocchiale di Olle), a causa dell'emozione patita per i convulsi ed inutili tentativi di salvare i due compagni di lavoro, irrimediabilmente condannati ad una morte atroce.
La lapide si trovava da alcuni anni in un magazzino di Borgo, essendo stata rimossa per i lavori di costruzione del nuovo ponte sul Moggio e salvata dalla distruzione, come purtroppo non è avvenuto per la medesima che si trovava ai piedi della strada della Canevèta (vedi Voci Amiche di luglio-agosto 2002).
Va pure precisato che anni prima essa era stata oggetto di atto vandalico che ne aveva frantumato una copiosa porzione a colpi di martello, o più probabilmente con una pesante mazza, visto che il suo spessore è di circa 12 centimetri. Per completare la devastante opera di sfregio, qualche bontempone l'aveva inoltre fatta bersaglio di una fucilata a pallettoni, con conseguente ulteriore cancellazione di alcune parti del testo.
Nella scrupolosa fase di ripulitura della pietra dalle incrostazioni e dai licheni depositatisi negli anni, sono emersi alcuni importanti elementi di novità che possono costituire un contributo di completamento per la conservazione della memoria di questa triste vicenda. All'estremità superiore ed in posizione abbastanza centrale è comparsa la scritta "POCH", inoltre, nonostante la grave mutilazione, è risultato evidente come la lapide non fosse nata con la classica forma quadrangolare, bensì con la parte sommitale a tutto sesto, vale a dire a forma di semicirconferenza regolare. Di valido aiuto si sono dimostrate alcune tecniche di interpretazione utilizzate dagli studiosi di antichi manoscritti, quali l'analisi di combinazioni casuali di tutte le lettere dell'alfabeto e della successiva esclusione delle parole prive di significato logico. Altro importante procedimento è stato quello dello sticometria - letteralmente: calcolo del numero di lettere - che unito al primo, restringe il campo delle ipotesi secondo un criterio di oggettiva probabilità.

Tenendo conto della forma semicircolare, lo scalpellino ebbe a disposizione uno spazio crescente dall'alto verso il basso, per cui la stesura del testo deve aver rispettato questa esigenza in termini di lunghezza delle righe iniziali.
Una prima affermazione è quindi che il testo fin'ora conosciuto, che comincia con i nomi degli sventurati operai, è incompleto nella parte iniziale, e che deve essere integrato con altre parole da ricercare. A destra del nome LUIGI MOLINARI è comparsa, a caratteri più piccoli, la scritta "DA" ed è parso subito probabile che ciò stia per "DANNI 18", ipotesi confortata anche dalla cronaca riportata da mons. Costa.
Analoga considerazione risulta ovvio applicare anche al compagno GIUSEPPE GIACOMETTI DANNI 43, aggiunta pienamente ammessa dallo spazio disponibile corrispondente alla parte asportata. Altro importante elemento è stata la constatazione di un'anomalia nella quarta riga (ma che ora poteva essere la quinta o la sesta), nella quale vi è la parte più deturpata e lunga del testo, come si evince dalla ridotta distanza fra le parole ancora leggibili.
Ebbene, la vasta scheggiatura provocata dal colpo di fucile nascondeva parte della vocale "I" e lasciava chiaramente intuire che non si trattava semplicemente di uno spazio fra le parole "COLPITI" e "ORRIBILMENTE", poiché queste sarebbero state sproporzionalmente distanti l'una dall'altra.
Si può ammettere che l'omissione di una qualsiasi parola fra queste due mantiene coerente e comprensibile il significato, ma l'inclusione della probabile "IVI", oltreché soddisfare il criterio suggerito dalla sticometria, essendovi esatta collimazione fra grandezza, numero e spazio fra i caratteri e le parole, risulta interessante per una ragione ben precisa: il termine IVI (lì - in quel luogo) completa la funzione della lapide che specifica in tal modo l'avvenimento sia in termini di tempo che di luogo.
Essa infatti non si trovava sul luogo della disgrazia, cioè sul versante di destra orografica all'imbocco della Valle dell'Erba, (si veda la mappa nel libro di Masina a pag. 142) sicuramente perché ritenuto troppo decentrato e quindi poco frequentato. Tuttavia esso era ben noto a tutti, poiché "la notizia del tragico evento ebbe larga diffusione in Regione e suscitò ovunque commiserazione e rimpianto" (così riferisce don Smaniotto).
Tenuto conto di tutte queste osservazioni, sono pervenuto ad un testo possibile che, anche a parere delle nostre "memorie storiche" mons. Costa e don Smaniotto, può ritenersi alquanto verosimile, e che è stato riprodotto su una targa trasparente applicata nella parte bassa della lapide, sopra una zona bocciardata, ovviamente priva di scritte scolpite.
Essa verrà quanto primo collocata in prossimità della chiesetta di S. Maria ad Nives, al riparo dalle intemperie e dalla rozza mano di chi, con volgare profanazione e con bravate inqualificabili, pretenderebbe di irridere perfino l'umana pietà.
Saggia e lodevole quindi la decisione dell'Amministrazione Comunale di salvaguardare il ricordo di una terribile disgrazia, in un luogo oncor più vicino a dove si trovava la "calchera" maledetta.
Un evento che, nonostante sia trascorso quasi un secolo, per la sua drammatico e raccapricciante dinamica, continua ancora ad impressionare ed a commuovere.

E. R.


Da "Voci Amiche", Ottobre 2004, pag. 10-12