Scurelle

Scurelle è al centro della vasta e ridente pianura alluvionale percorsa dai torrenti Maso e Chieppena, ai piedi del dosso del Castellare e dei colli di Spera.
Si trova in quel tronco della Valsugana, unico e irripetibile in Trentino, in cui la forza delle valli alpine si accompagna all'amibilità di quelle prealpine. Un paesaggio incantevole, verde e severo, mai aspro.

La storia ci insegna che, in epoche andate, i Romani scelsero Scurelle come caposaldo strategico della loro difesa e ne fecero una fortificazione. Ne è testimonianza la strada Claudia Augusta Altinate che permetteva ai conquistatori Romani di mantenere rapidi contatti tra il mare Adriatico e le regione Danubiane.
Scurelle non potè evitare le scorrerie dei Barbari e i passaggi delle armate. Comprensibili i saccheggi e le devastazioni che dovettero subire gli abitanti, se si pensa come viaggiavano gli eserciti di allora e soprattutto quanto dovevano rimanere lontani dai luoghi d'origine. Una terra fertile e ricca era dunque un obiettivo da non perdere per fare incetta di viveri e vettovaglie e per rinfrancarsi dalle fatiche del viaggio.
Tra l'altro, una zona così importante come la Valsugana e Scurelle in particolare, ha dovuto subire un'altalena di "passaggi di proprietà" tra il Ducato di Feltre e Trento prima, e tra Guelfi e Ghibellini poi. Tra il 1223 e il 1260 Ezzelino da Romano, in lotta con il Vescovo di Feltre cui apparteneva la Valsugana, trovò alleati in Paolo e Ezzelo di Grigno. Le distruzioni e le devastazioni di interi paesi erano cronaca quotidiana ed ebbero a soffrirne in particolare i centri tra i torrenti Maso e Ceggio, finchè Ezzelino non cadde in battaglia a Cassano e la famiglia di Scurelle cominciò a governare di fatto sull'intera Valsugana. Proprio durante il periodo dei signori di Scurelle sembra sia stato fondato Castel Ivano.
Dopo alterne vicende nel 1314 la famiglia Caldonazzo-Castelnuovo ebbe ufficiale riconoscimento del proprio dominio sull'intera valle.

Proprio di questo periodo sono le prime notizie della chiesa di Scurelle, una tra le più antiche della valle. L'evangelizzazione della Valsugana, con ogni probabilità venne dal Veneto e, vista la prevalenza del dominio feltrino, proprio da quel vescovado. Di probabile influsso veneto dunque doveva essere anche la chiesa di S.Maria Maddalena : peccato che oggi non resti nulla di quanto venne eretto attorno al 1300. Vale la pena comunque di seguire le vicende della chiesa di Scurelle,anche per trarre dalla documentazione di Ferruccio Romagna raccolta nel volume " il Pievado di Strigno ", uno spunto di riflessione su come veniva interpretata la religiosità nei secoli scorsi. La chiesa di un paese, del resto, è sempre stato lo specchio economico, anche della collettività che vi sta intorno.
Nel 1312, dunque, a Scurelle esisteva solo la chiesa di S. Maria Maddalena. Ma la solitudine di questo edificio durò poco. Nel 1517 infatti in paese c'erano già altri due edifici sacri: quello di S. Valentino e quello della Madonna . Quest'ultimo però venne abbattuto l'anno successivo quando il Vescovo trovò che sorgeva in un luogo poco adatto. La chiesa di S. Maria Maddalena rimase dunque la più importante, tanto che nel 1576 ebbe un proprio sacerdote. Con l'andare degli anni la chiesa subì dei lavori di manutenzione anche vistosi, ma solo nel 1618 venne ampliata in maniera decisa. Nel 1827 venne riedificata; ventitrè anni dopo venne consacrata dal vescovo Giovanni Nepocumeno de Tschiderer (la Valsugana allora era sotto l'impero austriaco) e nel 1860 venne nuovamente restaurata.Arriviamo infine ai nostri tempi, esattamente al 22 marzo 1929, per vedere la chiesa di S. Maria Maddalena assurta a parrocchia con decreto firmato dal vescovo di Trento Celestino Endrici.
Con la descrizione della chiesa di Scurelle, abbiamo aperto una breccia nella storia per entrare nella quotidianità.

Ritorniamo ora ai fatti salienti che disegnarono nei secoli l'attuale Valsugana. Eravamo rimasti al 1314 quando il vescovo di Feltre concesse alla famiglia Caldonazzo-Castelnuovo il potere sulla valle.
Dal 1333 al 1488, per 155 anni dunque, le terre valsuganotte conobbero le denominazioni più svariate, sempre in altalena tra Feltre e Belluno. L'obiettivo più appetibile, durante questi anni di intense battaglie, era Castel Ivano.
Nel 1365 Francesco da Carrara si impadronì del castello, nonostante la strenua opposizione di Biagio da Ivano. Nel 1388 Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano, si impadronì dei territori già appartenenti a Francesco da Carrara e li governò fino alla sua morte.
Nel 1413 la Valsugana rientrò nell'orbita di casa d'Austria dove essa rimarrà per ben cinque secoli.
In questo periodo, la popolazione di Scurelle aveva dimostrato, più di altre, capacità di dialogo e contrattazione con il "potere" tanto che nel 1552 la baronessa Welsperg, sotto la cui giurisdizione si trovava la zona, concesse la "Carta di Regola". Questo codice rappresenta l'antesignano del diritto pubblico e privato e il simbolo di una civiltà che ha, quantomeno in germe, i presupposti della democrazia. La Carta, tuttora conservata nell'archivio frazionale del paese, si compone di un'introduzione in latino e di tre ulteriore divisioni comprendenti 48 capitoli relativi all'economia della zona di pianura, 25 relativi all'economia montana ed un'ultima parte relativa a tasse e gabelle.

La Valsugana fu anche teatro di calamità naturali che misero duramente alla prova la tenacia e la forza di volontà degli abitanti di quella zona. Nell'agosto del 1647, infatti, il cielo ad un tratto di oscurò e feroci ondate di vento cominciarono a fischiare lungo la valle. Caddero pioggia e grandine come difficilmente se ne vedono. I vigneti che coprivano i pendii vennero distrutti. I gelsi che davano lavoro a decine di filatori vennero sradicati. Ma il pericolo non veniva solo dal cielo. I capricci dei torrenti hanno provocato spesso danni, per improvvise inondazioni e straripamenti. Il più pericoloso dei torrenti era il Maso, quando si scatenava causava rovina e distruzione, in tempi normali però costituiva una fonte di ricchezza. Lungo il suo corso, infatti, sorsero le prime filande ad acqua che presero il posto dei più faticosi e lenti filatoi a mano. Si intensificò così anche la coltivazione del gelso e prese piede una vera e propria industria della seta.

La Valsugana conobbe anche l'invasione delle truppe Napoleoniche che riportarono il dolore, la miseria e la sopraffazione dei saccheggi e delle ruberie. A tanta rovina si aggiunse la pericolosa precarietà di governi provvisori e di sovranità incerte.
Nel 1813 le truppe austriache conquistarono il castello di Trento: da quel momento la popolazione trentina seguì le sorti austriache, tanto che un anno dopo l'annessione venne ufficialmente siglata. La situazione che ereditarono gli austriaci non fu delle migliori: debiti di guerra, carestia, fame, malattie e mortalità. La ripresa economica e sociale cominciò nel 1817, quando finalmente le campagne cominciarono a produrre e i raccolti furono abbondanti. La cartiera e il filatoio ebbero nuovo impulso e furono in grado di occupare un buon numero di lavoratori della zona.Tutto ciò contribuì a frenare l'ondata di emigrazione, anche se si trattava in gran parte di emigrazione stagionale. La fiducia nel futuro e la ripresa industriale consentirono agli abitanti del posto di affrontare con determinazione la ricostruzione in seguito ai danni dell'alluvione del 1824. Si costruirono infatti barriere che costringessero il corso d'acqua del torrente Maso entro una a precisa direzione.

Nel 1882, tuttavia, gravissime alluvioni colpirono duramente tutti i paesi e le valli del Trentino. Le condizioni delle campagne della Valsugana si fecero insostenibili, tanto che molti, che avevano perso case e terreni, furono costretti ad emigrare. Chi conosce la storia di Stivor, la comunità degli emigrati trentini in Iugoslavia, sa che essa fu originata da un gruppo di famiglie della Valsugana che, dopo le terribili alluvioni del 1882, aveva deciso di abbandonare le proprie terre. L'intenzione era di recarsi nelle Americhe, ma un mediatore di pochi scrupoli, cui erano stati affidati gli ultimi risparmi per acquistare i biglietti per il viaggio in nave, fuggì con il denaro.
L'imperatore, cui gli emigranti si erano rivolti, li dirottò, non certo disinteressatamente, in Iugoslavia,nelle terre dove si erano ritirati i turchi, affinchè consolidassero i confini del regno. La storia dell'emigrazione in quelle zone fu una delle più brutte e dolorose del Trentino. Per alcuni fu una vera tragedia: comunità decimate dalla fame e dalle malattie, furono costrette ad un drammatico e penoso viaggio di ritorno. I superstiti, al rientro in patria, furono assistiti dalla pubblica carità.
L'emigrazione di massa fu quindi la dura necessità per la sopravvivenza di intere famiglie. Un fenomeno che, nelle valli trentine era sempre stato presente stagionalmente, soprattutto verso il Veneto e la Lombardia, ma che proprio in quegli anni assunse la caratteristica dell'emigrazione definitiva, in particolare verso le Americhe.

Ma Scurelle non è solo storia, è anche arte. Prima di entrare nel paese, provenendo da Strigno, s'incontra la parrocchiale di S. Maria Maddalena con annesso cimitero. Di forme neoclassiche, con la facciata simile a quella dell'arcipretale di Strigno con alte colonne in stile ionico, l'edificio è ricordato nel secolo quattordicesimo e fu ampliato nel secolo diciassettesimo; riedificato nel 1818, fu restaurato nel 1921 dopo la prima guerra mondiale. Ad una sola navata, presenta all'interno colonne sormontate da capitelli corinzi ed una decorazione ad affresco del padre francescano N. Barcatta eseguita nel 1930-1931.
Dell'antica chiesa conserva le statue di S. Pietro, S. Rocco e S. Antonio Abate, poste su mensole addossate alle pareti. Ancora più interessante la chiesetta di S. Valentino, eretta su di un colle che si raggiunge percorrendo una scala interrata,che sale da circa metà paese.La costruzione è del secolo sedicesimo, ma fu modificata nel secolo successivo, come si può dedurre dalle date poste l'una sulla mensola destra che sostiene la tettoia a riparo della porta principale e l'altra sull'architrave della porta laterale sud, risalente al 1664. Archittetonicamente ha un certo movimento nella parte absidale e all'inizio del fianco sud per la presenza di un campanile snello che si apre in alto con una bifora. Su di esso è affrescato un grandioso e tradizionale S. Cristoforo, visibile un tempo da ogni punto del paese. Restano visibili, anche se rovinati, gli affreschi sulla parete Sud, raffiguranti la Madonna in trono e S. Giorgio e il drago. Questi affreschi, attribuibili a Francesco Corradi, pur di epoca rinascimentale risentono di influenze gotiche.

1914: scoppia la prima guerra mondiale. Quanto dolore, morte e distruzione avrebbe portato la Grande Guerra soprattutto a Scurelle e Castelnuovo che si trovarono proprio sulla linea di confine e di fuoco tra gli eserciti italiani e quello austriaco. Fu una guerra tremenda, odiosa perchè si combattè tra conoscenti, amici e parenti, schierati gli uni contro gli altri. Alcuni con l'Italia, altri, più numerosi, con l'Austria.
Ma sentiamo dalle parole di Licia Boso, che ha vissuto in prima persona quelle vicende, un'interessante testimonianza.

"Era tutta una desolazione e Scurelle si trovava proprio al centro delle operazioni militari. La Valsugana divenne ben presto prima linea e le truppe italiane si attestarono sul torrente Maso. L'esercito austriaco si appostò sulla Panarotta da cui controllava i movimenti del nemico.
Una circostanza rendeva ancora più drammatica la nostra condizione: gli stessi abitanti di Scurelle, arruolati nell'esercito austriaco, bombardavano il loro paese. Un colpo lontano, un rombo di tuono, un fischio: arrivavano le truppe italiane, iniziavano i bombardamenti.
Correvamo tutti nei rifugi. Un indimenticabile mattino qualcuno gridò che il paese andava sgomberato. Poco dopo la gente camminava verso sud, verso Bassano portandosi dietro le cose più incredibili: forme di formaggio, materassi, animali domestici. Io sono andata a piedi, da sola fino a Grigno, dove ho ritrovato mia madre. Bassano era il centro di smistamento, da lì i profughi venivano inviati in tutta Italia. L'angoscia maggiore, tuttavia non la provammo al momento della partenza ma al ritorno. Trovammo un paese completamente devastato, le ortiche avevano invaso le strade e quel che restava delle nostre case.
Passammo i primi giorni a rovistare tra le macerie nel disperato tentativo di trovare qualche ricordo, qualche oggetto che potesse farci sentire ancora a casa. Ma anche questo gesto desolato era fonte di pericolo per i numerosi residuati bellici ovunque disseminati. Gli abitanti di Scurelle e Castelnuovo, comunque non si persero d'animo, si rimboccarono le maniche e cominciarono la ricostruzione".

Il 10 agosto 1920 venne proclamata l'annessione del Trentino all'Austria. La speranza di pace, tuttavia, non durò a lungo, in quegli anni a Trento e a Bolzano erano operanti i primi fasci. Gli effetti della politica fascista non tardarono a farsi sentire anche a Scurelle che dovette subire l'accorpamento al comune di Strigno. L'affronto, il danno economico, l'orgoglio ferito fomentavano desideri di vendetta.
Una volta tanto furono le donne a prendere l'iniziativa. Riviviamo l'emozione di questo eccezionale avvenimento ascoltando, ancora una volta le parole di Licia Boso.

"Era la primavera del 1928,ci trovammo in piazza in una cinquantina di ragazze con gli zoccoli ai piedi, i grembiuli, i fazzoletti da lavoro.
Ci avviammo in colonna al municipio di Borgo. Dopo essere passate sotto gli sguardi increduli della gente, siamo entrate nella sala del consiglio dove abbiamo esposto le ragioni del nostro malcontento per l'annessione di Scurelle a Strigno.
Nel frattempo la linea telegrafica con Trento era diventata incandescente: si chiedevano istruzioni, non si sapeva come affrontare una situazione che aveva dell'incredibile. In breve tempo giunse da Trento un Commissario. Tanto abbiamo fatto e tanto abbiamo detto che abbiamo ottenuto una promessa: avrebbero fatto qualcosa".

A parte questi episodi, la vita a Scurelle nel periodo tra le due guerre si svolgeva senza grandi sussulti. In paese c'è sempre stato da mangiare e non è mai mancata la possibilità di lavorare vicino a casa.
La presenza sul territorio comunale della cartiera e del lanificio, ha potuto evitare la tragica odissea dell'emigrazione che ha investito invece gran parte della Valsugana, come un'epidemia. Il paese si è potuto rimettere dalle ferite della Grande Guerra, ha completato la ricostruzione anche ampliando la propria estensione.

Improvvisamente, il 10 giugno 1940, il Duce proclamò guerra alla Francia e all'Inghilterra e la Valsugana ripiombò nel terrore e nel caos. Il secondo conflitto, comunque, non ha lasciato a Scurelle e Castelnuovo, lo strascico di distruzione e di morte che lasciò la Grande Guerra. Non sono mancati i bombardamenti e le corse nei rifugi antiaerei, ma non vi fu lo sfollamento del paese, così come non vennero rasi al suolo gli edifici.
Non mancarono, comunque, momenti di alta drammaticità e di grande tensione.
Sono ancora le parole di Licia Boso a farci tenere il fiato sospeso per un episodio della guerra partigiana.

" Eravamo al rifugio Carlettini a fare la stagione. Con noi c'erano i bambini e si trascorrevano le giornate lavorando, chiacchierando la sera davanti al fuoco e, se non fosse stato per la scarsità di cibo, forse non avremmo nemmeno avvertito la presenza della guerra. Poi un giorno abbiamo visto un grande movimento attorno al rifugio, militari andavano e venivano, si aggiravano come cercando qualcosa. Più tardi abbiamo saputo che stavano cercando Rosanelli di Borgo, il capo dei partigiani. E Rosanelli era proprio al rifugio senza che noi lo sapessimo. Era trattato meglio degli altri dai proprietari, mangiava burro e carne; noi ci dovevamo accontentare di polenta e latte.
Tutto, comunque si è risolto bene Rosanelli, avvertito da una soffiata, era riuscito a mettersi in salvo".
La guerra porta con sè anche episodi che, pur in un contesto di tragedia, riescono a dare il giusto significato alla parola umanità. Episodi che insegnano molto sui sentimenti di amicizia e di fratellanza tra persone che un assurdo comando dovrebbe trasformare in nemici. Ascoltiamo un'altra testimonianza di Licia Boso.

"Una notte si sentiva nell'aria che sarebbe accaduto qualcosa, i militari avevano deciso di far esplodere la cartiera, che era divenuto un deposito di materiale bellico. Ma tra la popolazione e le truppe tedesche si era ormai instaurato un rapporto di amicizia che scongiurò il pericolo".

Un unico episodio di violenza si ricorda del periodo in cui a Scurelle c'erano i tedeschi, gli italiani ed i turchi. Riviviamo l'accaduto ascoltando le parole di Tullio Osti.
" Una sera del marzo del '45, un soldato tedesco, ubriaco, prese una ragazza che passava per la strada e urlando minacciò di volerla uccidere. Nella colluttazione intervenne, a difesa della ragazza, il ventenne Alfredo Girardello che rimase ucciso da un colpo di pistola. La lapide che ricorda la sua tragica fine si trova tuttora al Faoro ".

E anche la seconda guerra, così come la prima, finì: la Valsugana aveva pagato il suo tributo di sangue e di dolore, ma Scurelle e Castelnuovo riuscirono ad uscirne senza troppe ferite. E la vita riprese a scorrere, così come continua oggi e, tutti se lo augurano, continuerà ancora senza guerre e distruzioni.

Un paese come Scurelle, pur favorito da una posizione geografica privilegiata,pur dotato di fertili superfici coltivabili non avrebbe superato le ardue prove dei secoli se i suoi abitanti non si fossero rimboccati le maniche e non avessero saputo sfruttare al meglio le potenzialità, chiaramente anche quelle del mercato.
Ecco sorgere, quindi, anche a Scurelle, già nel 1715 l'industria della manifattura cartaria. Durante i primi decenni di vita la cartiera, in verità, costituiva un semplice accessorio annesso al preesistente filatoio, ma con il tempo conquistò sempre più terreno, aiutata anche da una gravissima crisi della seta che, nei primi decenni dell'ottocento, travolse definitivamente il filatoio. L'attività della cartiera continuò in ascesa fino al nostro secolo, quando dovette subire due interruzioni in occasione della prima e della seconda guerra mondiale. Ma dopo il '45 la cartiera risorse con inestinguibile vitalità orientando la propria produzione verso carte speciali, pregiate e filigranate per scrivere e per stampa. Le dimensioni che ha assunto la cartiera negli ultimi tempi la collocano tra le medie aziende italiane del ramo, forse in quella fascia produttiva dove più intensa è l'attività e più umana la collaborazione tra i partecipanti all'impresa.

Ma non può esserci industria, agricoltura, artigianato e commercio senza adeguato supporto finanziario da parte di strutture idonee a conviogliare il risparmio del singolo in profittevoli attività produttive. Merito dello sviluppo sociale ed economico del paese va senza dubbio alla cassa rurale di Scurelle che nacque grazie al movimento cooperativo trentino, nella figura di don Clemente Benetti,autentico pioniere della cooperazione.
La Cassa rurale di Scurelle, fondata nel 1894, fu la terza del trentino. I membri della prima direzione furono, oltre il presidente don Benetti: Luigi Faitini vicepresidente, Giovanni Rigotti, Quirino Girardelli, Quirino Vallandro, Beniamino Dalceggio ed Ernesto Micheli. Nel 1894 nacque il periodico Cooperazione popolare, giornale ideato e redatto da don Luigi Cerruti. Costui, nel solco della dottrina sociale cristiana, capendo l'importanza di collegare e coordinare le iniziative di stampo cooperativo che nascevano un po' dovunque nelle campagne, diede voce e diffusione ai principi di solidarietà su cui si basavano e si basano tuttora le casse rurali. Ascoltiamo un significativo stralcio dell'articolo di fondo del primo numero del periodico.

"La Cooperazione popolare si augura di trovare buoni amici dappertutto e di fare del bene in ogni paesello, spera vivamente che le faranno buona accoglienza le società di mutuo soccorso, le casse rurali e le cooperative cattoliche esistenti. Spera una buona accoglienza nelle case del reverendissimo clero delle borgate e delle campagne e dei cattolici di buon valore cui esporrà quel molto che altrove fu fatto e si presterà volentieri a dar loro schiarimenti volendo essere come un buon amico che a volte chiederà assistenza e corrispondenza e a volte sarà da loro richiesto dell'opera sua ".

Ed è con questa logica che, nel tempo, ha lavorato e lavora la cassa rurale di Scurelle per promuovere l'economia della sua gente e delle sue terre.
I brillanti risultati raggiunti, non possono che confermare come questi auspici abbiano avuto concreto e soddisfaciente riscontro. Le due c intrecciate, credito cooperativo, che compongono il simbolo della cassa rurale, stanno infatti,ad indicare gli anelli di una lunga catena che unisce e fortifica gli individui nell'impegno quotidiano per lo sviluppo e la promozione del tessuto sociale ed economico del territorio. Le casse rurali, essendo costituite da uomini che vivono la nostra stessa realtà, non sono certo banche come le altre: sono più vicine alle necessità della gente comune e alle sue aspettative. Sono aziende in cui i soci esprimono liberamente la loro opinione su tutto ciò che concerne la vita della cassa rurale. Sono banche che rappresentano una realtà vicina alla nostra, ne conosciamo personalmente il direttore, i singoli impiegati, dietro i quali non c'è un imperscrutabile vuoto, ma semplicemente la speranza di una vita migliore.
Finalmente vogliamo citarvi una massima di Chesterfield che può ben rispecchiare il concetto di risparmio sul quale si fonda l'attività di cooperazione " Abbiate particolar riguardo agli spiccioli, ché le lire si guardan da sè".